Gli Stati Generali del M5S si terranno il 7-8 novembre. Dopo giorni di attesa Vito Crimi lancia la “boa” a cui, da ora in avanti, si aggrapperanno le varie anime del Movimento. Il percorso comincera’ nelle prossime ore, con le assemblee regionali e provinciali. Poi, a Roma, i delegati locali si vedranno “vis a vis” per delineare agenda e organizzazione. E un’assemblea finale per meta’ in presenza e per meta’ in streaming suggellera’ il nuovo inizio. Tutto facile? Per nulla. Il rischio e’ che l’8 novembre sia anche la data della prima scissione interna se Alessandro Di Battista non tornera’ sui suoi passi. Ma il dado e’ tratto, e il Congresso M5S incidera’ anche sugli equilibri in maggioranza. Solo dopo, eventualmente, sara’ affrontato il nodo del rimpasto, sebbene Nicola Zingaretti torni a frenare con decisione su un suo ingresso nell’esecutivo. I nodi da sciogliere nel M5S, intanto, sono tanti, forse troppi. Ma l’annuncio di Crimi sembra placare la guerra tra Davide Casaleggio e i big. Il capo politico, con equilibrismo d’antan, convoca il tanto agognato (dai gruppi e dai territori) Congresso ma non lo rende deliberante. Il documento finale degli Stati Generali sara’ votato online, da tutti gli iscritti. Su Rousseau, ovviamente. E, forse non a caso, poche ore prima, in una nota, Casaleggio smentisce di aver mai detto di voler portare i vertici M5S in tribunale. Ipotesi che, dal tono e dal merito delle parole usate nei giorni scorsi dal presidente dell’Associazione Rousseau, pareva tutt’altro che peregrina. Ma, per ora, e’ tutto congelato. Gli Stati Generali dovranno dirimere questioni ciclopiche. Innanzitutto, cambiera’ lo Statuto. E il Movimento dovra’ trovare, se ne avra’ la forza, una nuova cornice, politica ed economica, al rapporto tra Rousseau e il M5S. Poi ci sara’ da affrontare il nodo della leadership e delle alleanze, con i “governisti” che puntano ad un organo collegiale e a un’alleanza con il Pd per le Comunali. In queste ore in pochi si sbilanciano. Soprattutto chi, come Stefano Buffagni, da tempo cerca di ricucire sottotraccia, di mantenere canali aperti con tutti, da Luigi Di Maio a Casaleggio. Di Maio che, sabato ,sara’ a Matera, tra le citta’ simbolo del modello coalizione, per ribadire l’opportunita’ della linea. Una linea che potrebbe sancire l’addio dei “puristi”, con Dibba in testa. “Le regole e l’organizzazione non sono il fine, l’obiettivo, ma sono gli strumenti funzionali a definire la nostra nuova agenda”, e’ il ragionamento dei vertici M5S, che vedono negli Stati Generali un “un grande processo di partecipazione, con l’apice nella democrazia diretta”. Gli Stati Generali potrebbero determinare anche un “prima o un poi” nel governo. I nodi del rimpasto e del Mes, ad esempio, potrebbero essere affrontati entro la fine nell’anno, contando sul nuovo assetto del M5S. L’idea di un doppio vicepremierato con Di Maio e Nicola Zingaretti non e’ ancora da escludere del tutto, sebbene il segretario del Pd si lasci andare quasi a uno sfogo sul suo doppio ruolo di leader Dem e governatore del Lazio. “Ne avverto la fatica”, spiega Zingaretti sottolineando “che in questa fase l’impegno di leader e’ importante. Nelle prossime settimane vedremo e discuteremo su come andare avanti”. Parole che, spiegano dal Pd, Zingaretti usa anche per ribadire il suo “no” all’ingresso nel governo. Ma sono parole che, nella maggioranza hanno fatto rumore, complice anche il perdurare dell’ipotesi – nei corridoi dei palazzi romani – di un mini-rimpasto a cui legare l’ingresso di Zingaretti nell’esecutivo. In caso, il tam tam nella maggioranza, per il Pd, parla di due strade: o la nomina del segretario Dem al Viminale al posto di Luciana Lamorgese o il ritorno al dicasetro dell’Ambiente di Andrea Orlando. Si tratterebbe di un turn-over limitato, comunque, al quale magari affiancare poche sostituzioni interne aI pentastellati. E che, se Zingaretti entrasse nell’esecutivo, porterebbe al voto in contemporanea per il sindaco di Roma e il presidente della Regione Lazio.