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Politica

Giudici costituzionali, serve un’intesa al fotofinish

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Il primo nome in quota centrodestra non è in discussione, Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della premier Giorgia Meloni. E viene dato per blindato anche quello proposto dalle opposizioni, il costituzionalista Massimo Luciani. Resta però un certo margine di incertezza sull’ennesimo tentativo del Parlamento di riempire i quattro seggi vacanti alla Consulta. Perché all’interno di Forza Italia, a cui spetta indicare il secondo nome in quota maggioranza, ci sono spinte contrastanti, per il senatore Pier Antonio Zanettin e per l’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli. Dubbi che si ripercuotono sull’individuazione del quarto candidato, il cosiddetto tecnico, figura super partes condivisa. Si lavora per chiudere l’accordo, ma se lo stallo non dovesse risolversi nelle prossime sarà inevitabile il ricorso a un nuovo scrutinio. Il Parlamento è convocato in seduta comune alle 13, e solo in mattinata si capirà se le ultime ore di interlocuzioni avranno portato risultati. Alle 11.30, i gruppi parlamentari del Pd si riuniranno alla Camera.

L’obiettivo della maggioranza è chiudere finalmente questa lunga querelle, su cui non sono mancati i richiami del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’urgenza è legata anche alla necessità di ricostituire il plenum della Consulta entro lunedì, quando si riunirà in camera di consiglio sull’ammissibilità dei referendum sull’Autonomia. Per questo si sono intensificati i contatti fra maggioranza e opposizioni per definire i quattro candidati su cui far convergere almeno i 363 voti richiesti (3/5 dei parlamentari), per cui è inevitabile un accordo bipartisan. Alla vigilia dello scrutinio, il tema è stato affrontato a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi in uno dei frequenti vertici del lunedì dei leader della coalizione di governo. Si cerca una soluzione, spiegano fonti di governo, per evitare l’ennesima fumata nera. E tutti concordano che almeno uno dei quattro giudici debba essere una donna.

“Noi siamo pronti a votare anche domani, dobbiamo vedere con le opposizioni per trovare un nome di alto profilo. Vediamo se domani o in settimana, comunque la situazione si sblocca”, si sbilancia Tajani, limitandosi ad aggiungere che dentro FI si pensa a “giuristi di altissimo profilo: vediamo se la scelta sarà di eleggere parlamentari o non parlamentari”. Nel suo partito c’è chi spinge per una soluzione politica, ossia Zanettin, o in alternativa il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. E c’è chi invece punta su Sandulli, profilo che viene considerato pure fra i papabili per la casella di tecnico, anche se gli alleati di centrodestra hanno sollevato perplessità, e complessivamente la tributarista Valeria Mastroiacovo avrebbe più chance di sostegno bipartisan. L’idea di proporre Sandulli in quota FI guarda anche a uno scenario più ampio. Ed è accompagnata dall’ipotesi di proporre alle opposizioni di convergere su un tecnico più vicino all’area di centrosinistra come Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Mario Draghi, e prima con ruoli nei governi Letta, Monti e Prodi.

L’idea di chi mette questa carta sul tavolo (di fatto garantire alle opposizioni due nomine su quattro, anziché una sola più una condivisa) è di provare a chiudere senza forzature la partita sulla Consulta. Non c’è nessun collegamento diretto con lo stallo sulla presidenza Rai, ma all’interno di FI c’è chi è convinto che un’apertura ai gruppi di minoranza sui giudici della Corte costituzionale possa determinare poi le condizioni per riavviare il dialogo e far cadere i veti su Simona Agnes, eletta nel cda della tv pubblica in quota FI, che si è proposta come presidente di garanzia.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Economia

I sindacati in piazza, ‘basta morti sul lavoro’

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Oltre mezzo milione di incidenti sul lavoro e più di mille morti l’anno. Tre al giorno: tragedie in cantieri, fabbriche, campi, a cui bisogna mettere fine. Cgil, Cisl e Uil (foto Imagoeconomica in evidenza) scendono in piazza per il Primo maggio all’insegna della sicurezza sul lavoro, ricordando le tante vittime e dicendo basta. Al governo, che mette sul tavolo altri 650 milioni per la sicurezza, chiedono misure più incisive in vista dell’incontro dell’8 maggio a Palazzo Chigi.

Servono risposte ‘adeguate’ o sarà mobilitazione, avverte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. In attesa del confronto, la premier Giorgia Meloni rivendica l’azione dell’esecutivo in questi due anni e mezzo: oltre un milione di posti di lavoro in più e il numero degli occupati al massimo storico, più di 24 milioni e 300mila. Un impegno che, assicura, continua anche sul fronte della sicurezza. Ma sulle sue parole si riaccende lo scontro con la segretaria del Pd, Elly Schlein: ‘Continua a mentire sui numeri’, attacca la segretaria dem, rilanciando la necessità di una legge sul salario minimo. Nelle piazze riecheggiano anche i referendum dell’8 e 9 giugno. Schlein al corteo a Roma sfila accanto a Landini, che rilancia l’invito ad andare a votare, e conferma che il Pd sostiene tutti i 5 sì al referendum.

VIA SPARANO PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI CGIL CISL E UIL UNITI PER UN LAVORO SICURO BANDIERE CGIL UIL CISL (foto Imagoeconomica)

Mentre il leader M5s, Giuseppe Conte, su Fb scrive che il movimento ‘dirà 4 sì’ ai quesiti sul lavoro (resta fuori quello sulla cittadinanza che non aveva firmato). Il tema unitario resta quello della sicurezza e del contrasto agli incidenti sul lavoro. ‘Questa vergogna deve finire’, dice la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, dal palco a Casteldaccia (Palermo), dove il 6 maggio dell’anno scorso cinque operai persero la vita, guardando alla convocazione dell’8 maggio per costruire una strategia nazionale e ‘un’alleanza’.

Da Montemurlo (Prato), il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ricorda invece Luana D’Orazio, morta lì quattro anni fa in una ditta tessile. E da lì torna a chiedere di istituire il reato di omicidio sul lavoro e una procura speciale. Alla giovane nel pomeriggio viene intitolata una strada, su iniziativa del comune. E alla mamma, Emma Marrazzo, arriva l’abbraccio anche della ministra del Lavoro, Marina Calderone, presente alla cerimonia: ‘Quello che le è accaduto è il peggior incubo’, le dice assicurando l’impegno a fare di più. Nel pomeriggio il concertone del Primo maggio a Roma – aperto da Leo Gassmann sulle note di ‘Bella Ciao’ – omaggia Papa Francesco: ‘La sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo, ci accorgiamo della sua importanza quando viene tragicamente a mancare ed è sempre troppo tardi’, le parole di Bergoglio che riecheggiano in una piazza San Giovanni stracolma.

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Politica

Mattarella: Resistenza non è feticcio ma responsabilità

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Le associazioni combattentistiche “sono l’anima perenne della memoria”: la loro opera è “preziosa” perchè voi trasmettete “il senso di quello che è avvenuto, la custodia della memoria senza farne un feticcio consegnato al solo ricordo, ma facendola vivere come consapevolezza civile, come educazione alla responsabilità. Un ponte ideale tra generazioni nell’attualità dei valori”. Sergio Mattarella chiude le celebrazioni per il 25 aprile con un ennesimo appello a non dimenticare quanto accaduto con la Resistenza e la Liberazione ma soprattutto con un invito a far si che questa data non diventi uno sterile appuntamento ma una spinta ad agire nel nome di quei valori. Ricevendo al Quirinale le associazioni combattentistiche e d’arma, il cui incontro era programmato per il 23 aprile, il presidente della Repubblica è tornato a sottolineare l’importanza della festa della Liberazione.

Infatti per il capo dello Stato il 25 aprile deve essere “un’eredità vissuta nel presente e trasformata in impegno per riflettere sull’attualità di quei valori, a cominciare dal rifiuto dell’indifferenza”. Ma non solo perchè, ha ricordato ancora Mattarella, la Liberazione sprigionò “energia morale” e fu “il frutto di un moto individuale delle coscienze che divenne espressione della dignità del nostro paese, del nostro popolo che non si lasciò sopraffare dalla barbarie”. La rievocazione del presidente con le associazioni combattenti è quindi giocata tutta sul valore degli ideali che portarono al 25 aprile, sulla necessità di non perdere la spinta propulsiva che generò. Infatti ha spiegato come “minacce in forme diverse che pretendono di porre in discussione i valori di democrazia, libertà e pace che furono alla base della Resistenza sono sempre presenti. Conflitti armati sempre più frequenti vicini ai confini dell’Europa.

Tensioni nei rapporti internazionali che con oblio della memoria rischiano di provocare crisi globali dalle conseguenze catastrofiche. Ecco perché – ha ripetuto – il 25 aprile non è mera occasione di formale omaggio”. Non poteva infine mancare un raccordo tra gli ideali di quei tempi e le prime visionarie idee sulla necessità di arrivare ad un Europa unita, unico vero baluardo contro i nazionalismi aggressivi di quell’epoca: “rendiamo onore ai protagonisti della Liberazione e della Resistenza che ci hanno condotto nella nuova Italia, libera, democratica e promotrice di quella che oggi è l’Unione europea, un’Italia protagonista della cooperazione internazionale”, ha concluso il presidente.

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