L’Italia deve installare 85 gigawatt di nuove fonti rinnovabili entro il 2030, ma al momento non sa neppure dove metterle. Il governo non ha ancora dato le linee guide per individuare le aree idonee. Avrebbe dovuto farlo entro la metà del 2022, ma il decreto del ministero dell’ambiente è ancora in lavorazione. Senza linee guida le regioni (che devono indicare queste aree idonee) non possono muoversi. E le aziende del settore rimangono nell’incertezza. “Il decreto energia del marzo 2022 ha semplificato le procedure per le autorizzazioni degli impianti di fonti rinnovabili nelle aree giudicate idonee – spiega il vicepresidente di Italia Solare, l’associazione delle imprese del fotovoltaico, Attilio Piattelli -. Il problema è che la mappatura delle aree idonee non c’è ancora. Il decreto prevedeva che il ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica desse le linee guida entro giugno dell’anno scorso, e che le Regioni individuassero le aree entro dicembre. Ma il decreto non è ancora uscito, e le aree idonee non ci sono”. Senza le semplificazioni previste dal decreto, per installare un impianto solare ci vogliono dai 2 ai 4 anni, per uno eolico in media 6 anni, e si arriva a 10.
Colpa di procedure burocratiche complicatissime e di veti frequenti da parte di Soprintendenze ed enti locali. Il governo Draghi, e poi quello Meloni, sulla spinta delle crisi energetica, hanno velocizzato gli iter e sbloccato diversi progetti. Ma non basta ancora. L’anno scorso sono stati installati appena 3 gigawatt di nuova potenza rinnovabile, contro i 5 della Francia, i 9 della Spagna e gli 11 della Germania. Il piano energetico nazionale, il Pniec, prevede al momento 70 gigawatt di nuova potenza rinnovabile al 2030. Ma per adattarlo ai nuovi obiettivi europei di emissioni del Fit for 55, tutti danno per certo che bisognerà salire a 85 gigawatt. Sono più di 10 gigawatt all’anno, più del triplo di quello che si è fatto finora. Il ministro Gilberto Pichetto ha promesso a breve il decreto con le linee guida per le aree. E gli operatori aspettano. L’eolico ha un problema in più rispetto al solare.
“Il Ministero sembra che voglia definire come aree idonee quelle che non hanno vincoli -, spiega Simone Togni, presidente dell’Anev, l’associazione di categoria delle imprese del vento -. Per il fotovoltaico non è un problema, il sole c’è dovunque. Ma per l’eolico, se ti limiti alle aree senza vincoli, rischi di finire in zone dove non c’è vento”. Secondo Togni, la soluzione è definire aree idonee alle pale “tutte quelle che non hanno vincoli incompatibili con i parchi eolici”. Anche il fotovoltaico comunque ha i suoi guai. Il principale, spiega il sottosegretario della Regione Lombardia alle Relazioni internazionali, Raffaele Cattaneo, “è che le aree industriali, che sarebbero ideali per i pannelli, costano troppo. Le imprese devono rivolgersi alle aree agricole, che costano un decimo o un ventesimo”. Per questo Italia Solare chiede al governo di “favorire l’agrovoltaico, non imponendo regole che lo facciano costare troppo”.