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Lavoro

Fnsi e Ordine non vogliono discutere di equo compenso con Di Maio che li invita al ministero

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Il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio convoca Ordine e sindacato dei giornalisti per un tavolo di confronto sull’equo compenso e sul precariato. Loro rifiutano. “Prima dovete chiederci scusa per gli insulti” e poi e ne parla. EÈ questa in soldoni la motivazione ufficiale fornita al governo. Dunque è ufficiale, i vertici della stampa italiana non andranno la settimana prossima al ministero dello Sviluppo economico. Anzi, quel giorno il segretario della Federazione, Raffaele Lorusso, e il presidente dell’Ordine, Carlo Verna, saranno già impegnati a Bruxelles, a parlare di libertà di stampa. Un convegno organizzato al parlamento europeo dal Partito democratico. Se Di Maio sperava di seppellire l’ascia di guerra per discutere della famosa legge sull’equo compenso e più in generale del problema del precariato che affligge la categoria, evidentemente dovrà aspettare. Cosa e fino a quando non si capisce perchè la risposta di Ordine e Fnsi  è stata gelida: “Nel ringraziare il ministro per l’invito, il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, e il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, gli hanno fatto presente che un confronto costruttivo fra il governo e gli enti dei giornalisti non può prescindere da un preventivo atto di pubblica ammenda degli insulti rivolti alla categoria”. Gli attacchi sono “infimi sciacalli” del vicepremier e “puttane e pennivendoli” scritto da Di Battista dopo la assoluzione di Virginia Raggi. Ed erano rivolti ai giornalisti che avevano ricamato accuse “false” contro la Raggi. Certo è che non andare a discutere di equo compenso e dei diritti dei precari sottopagati per i litigi con il M5S, aldilà delle simpatie personali o politiche, fa del male non a Di Maio (nella foto con un giornalista che non ha problemi di equo compenso) ma alla categoria, quella parte maggiormente esposta ai quotidiani ricatti degli editori.

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Lavoro

Sbarra difende il Jobs Act e critica l’iniziativa referendaria della Cgil

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Il Jobs Act è stato “una grande riforma”. Mentre l’articolo 18 è ormai “anacronistico”. Il leader della Cisl Luigi Sbarra boccia la proposta referendaria promossa dalla Cgil sul ripristino dell’articolo 18. E, rimarcando le “diverse sensibilità” con Cgil e Uil, che intanto proseguono insieme la mobilitazione sulla sicurezza sul lavoro, va all’attacco, rinfocolando l’acceso dibattito a distanza che va avanti da giorni: “Sono indecenti e demagogici le presunte lezioni che altri vorrebbero dare alla Cisl”.

Il Jobs Act è tornato al centro del dibattito con la campagna referendaria della Cgil, che ha depositato in Cassazione quattro quesiti, di cui due riguardano proprio la riforma del lavoro promossa e attuata dal governo Renzi nel 2015: uno sul superamento del contratto a tutele crescenti, l’altro sull’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo previsto al posto del reintegro per le piccole imprese, introdotti dal Jobs Act. I quesiti sono stati pubblicati oggi in Gazzetta: il prossimo step sarà dunque la data per l’avvio della raccolta firme. La richiesta di superare il Jobs Act arriva anche dalla politica, con Alleanza Verdi Sinistra che si schiera contro una “controriforma” che ha “indebolito le tutele” e “mortificato” il mercato del lavoro. Ma la sfida del sindacato di Maurizio Landini non convince la Cisl, che si schiera invece a favore della riforma.

“Una grande riforma, non priva di lacune, ma anche con aspetti assolutamente positivi”, sottolinea Sbarra. “Oggi la vera tutela che dobbiamo conquistare si chiama formazione, si chiama investimento sulle competenze, si chiama apprendimento, conoscenza: è questo oggi il vero tema”, dice Sbarra che, ricordando i dati sull’occupazione in crescita non vedere “aria di precariato”, ma anzi un “orientamento a stabilizzare” i contratti. E’ in questo contesto che il leader della Cisl mette in guardia dal rischio di riaccendere la battaglia sull’articolo 18. “Fare di tutta un’erba un fascio è sbagliato” ed è sbagliato soprattutto “rialzare oggi la bandiera anacronistica dell’articolo 18”, che è “foriera di tensioni e divisioni”, dice.

“Rispettiamo le iniziative delle altre sigle sindacali – aggiunge – anche se sul merito ci sentiamo di affermare che non condividiamo”. Con Cgil e Uil, del resto, abbiamo “obiettivi comuni”, ma “ci sono sensibilità diverse”, ammette Sbarra. Le sigle di Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri infatti vanno avanti insieme con la mobilitazione sulla sicurezza sul lavoro e, dopo lo sciopero generale di giovedì scorso, si preparano alla manifestazione nazionale del 20 aprile (che sarà presentata lunedì). Per la Cisl, che dall’assemblea nazionale, lancia l’appello ‘Fermiamo la scia di sangue’, la strada è “costruire una grande strategia nazionale”. La linea è quella della “trattativa e confronto sempre, protesta quando serve”, dice Sbarra, che non ci sta a farsi dare “presunte lezioni”, che rischiano solo di “incendiare la temperatura sociale”. “Non si può sperare – chiosa – di mettersi la coscienza a posto con qualche scioperino in più”.

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Economia

Fiom, 150 esuberi alla Maserati di Modena

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Sono 150 le uscite incentivate alla Maserati di Modena, annunciate da Stellantis nell’ambito dell’accordo quadro nazionale non sottoscritto dalla Fiom Cgil “perché considerato solo l’ennesimo segnale operativo della dismissione del Gruppo Stellantis in Italia”. Ai 150 della Maserati se ne aggiungono altri 23 che lavorano con Stellantis. Più di 130 sono ingegneri e progettisti. La Fiom Cgil di Modena, che non ha sottoscritto l’accordo, esprime “profonda preoccupazione per il futuro della Maserati a Modena che sembra sempre più un miraggio, e chiede piani industriali seri che garantiscano sviluppo e occupazione”.

“Si tratta di uscite volontarie – commenta la Fiom – ma in assenza di prospettive credibili quale lavoratore non si guarderebbe intorno? Questo su Modena potrebbe determinare la fine del progetto di ricerca e sviluppo che solo qualche anno fa aveva trovato collocazione nell’Innovation Lab del plant di via Emilia Ovest. Oltre ad avere ripercussioni negative sulle capacità produttive dello stabilimento di via Ciro Menotti, e quindi della sua piena ripresa produttiva, e per le ovvie ripercussione sull’indotto. Maserati, sul sito produttivo di via Ciro Menotti, conferma gli investimenti. Per il 2025 è previsto il nuovo modello elettrico, ma resta la domanda: un solo modello di auto potrà saturare la produzione? Anche qualora l’elettrico diventasse realmente sostitutivo rispetto al motore endotermico, i dubbi sono tanti”.

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Cronache

Morti sul lavoro in Italia, Ministero del Lavoro e Inail danno i numeri

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Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail nei primi due mesi del 2024 sono state 92.711 (+7,2% rispetto a gennaio-febbraio 2023), 119 delle quali con esito mortale (+19,0%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 14.099 (+35,6%). Lo indicano gli open data mensili dell’Inail, che – ricorda l’Istituto – sono provvisori. Nel numero complessivo delle denunce di infortunio, sottolinea l’Inail, sono comprese anche le comunicazioni obbligatorie effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private, degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento. Le denunce di infortunio presentate all’Inail nei primi due mesi del 2024 sono state 92.711, in aumento del 7,2% rispetto alle 86.483 del primo bimestre 2023 e del 12,2% rispetto a gennaio-febbraio 2021 e in diminuzione del 7,4% sul 2019, anno che precede la crisi pandemica, e del 4,0% sul 2020 e 24,0% sul 2022. A livello nazionale i dati evidenziano, per il primo bimestre del 2024 rispetto all’analogo periodo del 2023, un incremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 74.916 del 2023 ai 79.917 del 2024 (+6,7%), e di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, da 11.567 a 12.794 (+10,6%).

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nel primo bimestre 2024 sono invece state 119, 19 in più rispetto alle 100 registrate nel primo bimestre 2023, cinque in più rispetto al 2022, 15 in più sul 2021, 11 in più sul 2020 e due in meno sul 2019. Per i casi mortali, a livello nazionale i dati evidenziano per il primo bimestre 2024 rispetto allo stesso periodo 2023, pur nella provvisorietà dei numeri – sottolinea l’Inail -, un incremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 73 a 91, sia di quelli in itinere (da 27 a 28). L’aumento ha riguardato l’Industria e servizi (da 87 a 105 denunce) e l’Agricoltura (da 11 a 12), con il Conto Stato che invece ha registrato due decessi in entrambi i periodi. L’aumento rilevato nel confronto dei bimestri gennaio-febbraio 2023 e 2024 è legato sia alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 93 a 110, sia a quella femminile, da sette a nove. L’analisi per classi di età registra aumenti tra i 30-39enni (da 8 a 16 casi) e tra i 45-54enni (da 22 a 37) e tra i 65-74enni (da 6 a 14) e diminuzioni, in particolare, tra gli under 30 (da 15 a 8). Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel primo bimestre del 2024 sono state 14.099, 3.700 in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (+35,6%).

L’incremento è del 74,5% rispetto al 2022, dell’80,7% sul 2021, del 33,7% sul 2020 e del 41,9% sul 2019. Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dai tumori e dalle patologie del sistema respiratorio. I numeri dell’Inail riguardano le denunce di infortunio e non i casi accertati, ovvero quelli riconosciuti al termine dell’iter amministrativo. Lo spiegano fonti del ministero del Lavoro ricordando che il totale tiene conto delle assenze dal lavoro anche di un solo giorno (escluso quello dell’evento), mentre possono essere considerati “infortuni sul lavoro” solo quelli riconosciuti tali al termine dell’iter amministrativo e sanitario per ogni singola denuncia. “Indicativamente, spiegano a proposito del dato diffuso dall’Inail sull’aumento delle denunce per infortunio mortale nei primi due mesi del 19%, la metà delle denunce di evento mortale viene poi accertata come infortunio sul lavoro. Ecco perché gli open data mensili sono definiti “provvisori” e il loro confronto “richiede cautele”.

“La reale portata del fenomeno infortunistico spiegano al ministero, risulterà chiaramente definita solo nel momento in cui i dati del 2024 verranno consolidati. Entrando nel dettaglio, l’andamento del 2024 sul 2023 risente del brusco calo di denunce all’inizio dello scorso anno (-29,1%) dovuto soprattutto al notevole minor peso dei contagi da Covid-19 rispetto allo stesso periodo del 2022. Si fa poi notare, per una lettura ragionata e trasversale del fenomeno, l’incidenza della crescita dell’occupazione (+362mila occupati a gennaio 2024 in confronto allo stesso mese del 2023”).

Rispetto al 2019, anno che precede la pandemia e che quindi non risente dell’effetto “distorsivo” dei picchi di denunce correlate al Covid-19, ricorda il ministero, i dati relativi al primo bimestre 2024 sono comunque in calo del 7,4%. Si sottolinea, infine, che la crescita del 28,5% delle denunce di infortunio per le persone sotto i 14 anni è dovuta all’incremento infortunistico degli studenti. Un risultato atteso, diretta conseguenza delle disposizioni del “Decreto Lavoro” che ha esteso la copertura assicurativa Inail a tutto il personale scolastico – docente e non – e agli studenti degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado per gli infortuni occorsi durante tutte le attività formative. L’Inail stima che questa estensione incida per circa 1/3 sulla percentuale di crescita delle denunce nel primo bimestre 2024 sullo stesso periodo 2023″.

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