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Economia

Fisco: Oxfam, in Italia 186 miliardi di ricchezza offshore

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La ricchezza finanziaria offshore ha raggiunto nel 2022 i 12.000 miliardi di dollari su scala globale, pari al 12% del Pil planetario. Per l’Italia il valore si attesta a 198 miliardi di dollari (oltre 186 miliardi di euro), quasi il 10% del Pil nazionale. Gli utili delle multinazionali trasferiti verso i paradisi fiscali societari hanno raggiunto la cifra astronomica di 1.000 miliardi di dollari. Sono questi alcuni dei dati contenuti nella prima edizione del Global Tax Evasion Report, pubblicato oggi dall’Osservatorio Fiscale Europeo diretto dall’economista Gabriel Zucman e diffuso oggi da Oxfam.

Il rapporto, che verrà presentato in Italia il 13 novembre, in occasione del workshop “Evasione fiscale: dimensione del fenomeno e misure di contrasto”, organizzato a Roma dall’Osservatorio, da Oxfam Italia e dal Dipartimento di Economia dell’Università di Milano-Bicocca, mette in risalto – è scritto in una nota – “elusione fiscale societaria oltre i livelli di guardia, forti criticità nel disegno dell’imposta minima per grandi multinazionali che ne riducono il potenziale di gettito, contribuzione fiscale irrisoria dei super-ricchi, progressi nel contrasto all’evasione fiscale internazionale degli individui in calo nell’ultimo decennio”.

“Il rapporto dell’Osservatorio Fiscale Europeo getta luce sull’occultamento della ricchezza offshore e sulle pratiche elusive delle multinazionali – ha commentato Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia – Fenomeni che interessano in larga misura i membri più facoltosi delle nostre società e i colossi corporate cui la globalizzazione ha offerto ampie opportunità di minimizzare il proprio contributo a favore della collettività”.

Più in dettaglio il rapporto stima che su scala globale, lo stock di ricchezza finanziaria offshore è cresciuto in termini nominali e reali negli ultimi vent’anni, raggiungendo nel 2022 una cifra pari a 12.000 miliardi di dollari (il 12% del PIL planetario). Poco più di un quarto (il 27%) di tale ammontare evade oggi la tassazione. Una quota calata tuttavia drasticamente nell’ultima decade (da circa il 90% nel 2013) in seguito all’implementazione dello scambio automatico di informazioni relative ai conti finanziari. Gli utili delle multinazionali trasferiti dalle giurisdizioni a tassazione medio-alta d’impresa verso paradisi fiscali societari – è un altro dato del rapporto – hanno raggiunto nel 2020 la cifra astronomica di 1.000 miliardi di dollari.

Un ammontare equivalente a circa il 35% di tutti i profitti realizzati dai colossi corporate fuori dalle giurisdizioni delle relative imprese capogruppo. Le pratiche elusive delle multinazionali deprivano, su scala globale, gli erari dei Paesi di risorse equivalenti al 10% del gettito complessivo dell’imposta sul reddito delle società. Il fenomeno è particolarmente sentito nel continente europeo. Per l’Italia l’ammanco erariale è stimato in circa 5,6 miliardi di dollari nel 2020 (poco meno di 5,3 miliardi di euro) Oxfamindica anche un indebolimento del disegno della global minimum tax per le grandi multinazionali, rispetto al modello inizialmente negoziato. Secondo la Ong questo riduce significativamente – da 270 a 136 miliardi di dollari l’anno – gli introiti attesi, su scala globale, nel primo anno di applicazione dell’imposta.

Per l’Italia il gettito atteso (che si manifesterà a partire dal 2025) dalla misura si attesta a poco meno di 500 milioni di euro all’anno a regime, nello scenario prudenziale illustrato nella relazione tecnica al decreto attuativo dell’imposta approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 ottobre scorso Il rapporto denuncia anche che su scala globale i miliardari versano aliquote effettive d’imposta irrisorie (tra lo 0% e lo 0,5%), se raffrontate al valore dei loro patrimoni. Il rapporto contiene inoltre una serie di raccomandazioni volte a migliorare il livello di sostenibilità dei sistemi fiscali, incrementando, in particolare, la contribuzione fiscale a carico dei super-ricchi e delle imprese multinazionali.

La proposta chiave riguarda l’istituzione di un’imposta minima globale, con un’aliquota del 2%, sui patrimoni netti dei miliardari. Un tributo che graverebbe su un numero ridotto di individui (meno di 3.000), ma in grado di generare introiti per circa 250 miliardi di dollari all’anno. Per Maslennikov l’introduzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni sarebbe “una misura in grado di garantire maggiore equità del prelievo e generare risorse considerevoli – fino a 16 miliardi di euro l’anno per il nostro Paese, se l’imposta si applicasse allo 0,1% dei contribuenti italiani più ricchi – per affrontare le sfide impellenti del nostro tempo come il contrasto alle crescenti disuguaglianze economiche e sociali e la lotta ai cambiamenti climatici”.

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Economia

Françoise Bettencourt Meyers lascia il consiglio di L’Oréal

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Dopo quasi 30 anni, Françoise Bettencourt Meyers (foto Imagoeconomica) lascia il consiglio di amministrazione di L’Oréal, pur mantenendo la presidenza della holding familiare Tethys, primo azionista del gruppo. Al suo posto nel board entrerà un altro rappresentante di Tethys, mentre il ruolo di vicepresidente sarà assunto dal figlio Jean-Victor Meyers, 38 anni. Françoise Bettencourt Meyers, 71 anni, è l’unica erede diretta del fondatore di L’Oréal, Eugène Schueller.

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Cambio ai vertici di Engineering: Aldo Bisio nuovo amministratore delegato

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Cambio della guardia al vertice di Engineering, multinazionale specializzata nella trasformazione digitale. Maximo Ibarra (foto Imagoeconomica sotto) ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato con effetto immediato. Al suo posto, il consiglio di amministrazione della società – controllata dai fondi Bain e Renaissance – ha nominato Aldo Bisio (foto Imagoeconomica in evidenza), ex numero uno di Vodafone Italia dal 2014 al 2024.

MAXIMO IBARRA EX AD ENGINEERING

Prima della sua lunga esperienza in Vodafone, Bisio ha ricoperto incarichi di rilievo in Ariston Thermo e in McKinsey. Attualmente siede anche nel board di Coesia, produttore globale di soluzioni industriali per l’imballaggio.

Il bilancio della gestione Ibarra

Maximo Ibarra lascia Engineering dopo quasi quattro anni di gestione che hanno visto la società crescere significativamente: circa 14.000 dipendenti, oltre 80 sedi tra Europa, Stati Uniti e Sud America, con un fatturato che ha raggiunto quasi 1,8 miliardi di euro, generato da oltre 70 società controllate in 21 Paesi.

«Negli ultimi mesi ho maturato la volontà di prendermi del tempo per valutare nuovi progetti professionali», ha dichiarato Ibarra, aggiungendo che resterà disponibile fino al prossimo 1° settembre per garantire un efficace passaggio di consegne e che continuerà a essere investitore nella società.

La sfida per Bisio: crescita e nuove operazioni strategiche

Il presidente di Engineering, Gaetano Micciché, ha ringraziato Ibarra per il lavoro svolto ed espresso fiducia nella capacità di Bisio di guidare l’azienda verso una nuova fase di sviluppo e innovazione.

Tra i primi dossier sul tavolo del nuovo amministratore delegato c’è la valutazione sulla vendita di Municipia, società del gruppo attiva nei servizi ai Comuni. Engineering ha incaricato Klecha di esplorare il mercato alla ricerca di investitori interessati, con una valutazione che si aggira intorno ai 250 milioni di euro.

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Economia

Wsj, Trump verso un alleggerimento dei dazi sulle auto

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Donald Trump intende attenuare l’impatto dei dazi sulle auto prodotte all’estero, impedendo che si accumulino ad altre tariffe dazi da lui imposte e alleggerendo alcuni dazi sui componenti esteri utilizzati per la produzione di veicoli negli Usa. Lo scrive il Wall Street Journal citano una persona a conoscenza del dossier. In base a questa mossa, le case automobilistiche che pagano i dazi di settore non saranno soggette anche ad altri dazi, come quelli su acciaio e alluminio. La decisione sarebbe retroattiva, hanno affermato le fonti, il che significa che le case auto potrebbero essere rimborsate per tali tariffe già pagate.

Il dazio del 25% sulle auto finite prodotte all’estero è entrato in vigore all’inizio di questo mese. L’amministrazione Usa, sempre secondo il Wsj, modificherà anche i dazi sui ricambi delle auto estere – previsti al 25% e in vigore dal 3 maggio -, consentendo alle case automobilistiche di ottenere un rimborso per tali dazi fino a un importo pari al 3,75% del valore di un’auto prodotta negli Stati Uniti per un anno. Il rimborso scenderebbe al 2,75% del valore dell’auto nel secondo anno, per poi essere gradualmente eliminato del tutto. Si prevede che Trump adotti queste misure in vista di un viaggio in Michigan per un comizio alla periferia di Detroit martedì sera, in occasione dei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca. Le misure mirano a dare alle case automobilistiche il tempo di riportare le catene di approvvigionamento dei componenti negli Usa e rappresenterebbero probabilmente un significativo impulso per le case automobilistiche nel breve termine, ha affermato una fonte a conoscenza della decisione. Le case auto dovranno presentare domanda di rimborso al governo, ma non è immediatamente chiaro da dove arriveranno questi fondi.

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