La richiesta di pace, unanime e indistinta, e un secco no alla guerra, insieme alle parole del presidente ucraino Zelenky, in video collegamento. Sono state almento 20mila le persone che hanno affollato piazza Santa Croce a Firenze per la manifestazione ‘Cities stand with Ukraine’, organizzata da Eurocities per chiedere la pace in Ucraina. Una richiesta che ha accomunato centinaia di citta’ europee e che a nel capoluogo toscano ha richiamato, con in prima fila i sindaci, partiti, forze politiche, sindacati, associazioni e semplici cittadini. Tante anime diverse che hanno messo da parte ogni distinguo e divisione, specie sull’invio di armi all’Ucraina, e chiesto unite la fine del conflitto e il ritorno della pace.
A scuotere tutti le drammatiche parole del presidente Volodymyr Zelensky, a cui la piazza ha riservato lunghi applausi, collegato alla manifestazione e visibile a tutti da un maxischermo: “Oggi per noi potrebbe essere l’ultimo momento, come per quei 79 bimbi uccisi dall’intervento della Russia – ha detto -. Le forze armate russe hanno accerchiato le citta’ ucraine, cercano di distruggerci. Questa guerra non e’ solo contro gli ucraini ma contro i valori che ci uniscono, contro il nostro modo di vivere”. E ancora: “Dite ai vostri politici di chiudere i cieli sopra l’Ucraina dagli aerei e da razzi russi – ha sottolineato Zelensky -. Difendera’ noi come voi. Servono sanzioni, perche’ ogni soldato russo capisca il prezzo di ogni sparo contro i civili”. Il sindaco di Firenze Dario Nardella, promotore della manifestazione in qualita’ di presidente di Eurocities, ha esortato: “Siamo qui per chiedere al governo russo: fermatevi, prima che le macerie possano seppellire ogni iniziativa diplomatica, ascoltate la voce che viene dalle piazze europee, perche’ vogliamo la pace. Chiediamo almeno una tregua umanitaria”. In videocollegamento anche Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, che parlando in italiano ha detto: “La nostra civilta’ si basa su valori intangibili, dobbiamo esserne i garanti: pace, liberta’, stato di diritto, non saranno mai negoziabili. Oggi siamo qui uniti dalla parte dell’Ucraina”, “al fianco di uomini e donne che combattono con coraggio contro un’invasione brutale e ingiustificata”.
Ad aprire l’appuntamento un video con il presidente del Parlamento europeo recentemente scomparso David Sassoli che parla di Europa e pace, preceduto da 17 rintocchi di campane, uno per ogni giorno di guerra in Ucraina. Poi l’Ave Verum Corpus di Mozart, eseguito da Orchestra e Coro del Maggio musicale fiorentino, diretti da Daniele Gatti. A chiudere invece le note dedicate alla pace di Imagine di John Lennon. Nel mezzo tanti interventi dei sindaci, da quelli in videocollegamento dei primi cittadini di Kiev, Leopoli, Danzica, Varsavia, Atene, Madrid, Marsiglia, e Edimburgo, ai loro colleghi italiani di Roma, Bologna, Arezzo e Assisi, intervenuti in presenza dal sagrato della basilica di Santa Croce che ha fatto da palco. Con loro anche l’ambasciatore ucraino Yaroslav Melnyck.
In piazza, in una marea di bandiere della pace e dell’Ucraina, un grande ed eterogeneo schieramento, i non equidistanti: dal segretario Pd Enrico Letta, con il suo predecessore Nicola Zingaretti, al leader Iv Matteo Renzi, da Pier Ferdinando Casini al segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, passando per il leader di Azione Carlo Calenda, fino al segretario di +Europa Benedetto Della Vedova e al deputato di Forza Italia Elio Vito. Presenti anche esponenti M5s, Psi e adesioni anche da Articolo 1, Verdi Europei, oltre a Libera, ma anche la Regione Toscana insieme a quelle di Emilia Romagna e Lazio. E poi i sindacati, questa volta uniti, con i segretari generali della Cgil Maurizio Landini, della Cisl Luigi Sbarra, e della Uil Pierpaolo Bombardieri, oltre a Arci e Anpi.
Il 14 febbraio scorso, la Russia ha restituito all’Ucraina il corpo di Viktoriia Roshchyna, giovane giornalista freelance ucraina scomparsa nell’agosto 2023 mentre documentava i crimini nei territori occupati nel sud-est del Paese. La restituzione è avvenuta nell’ambito di uno scambio di salme, ma la condizione del corpo ha subito destato allarme.
Segni di tortura e lesioni inflitte in vita
Secondo le indagini della Procura generale ucraina, rese note da Ukrainska Pravda, il corpo di Roshchyna era in avanzato stato di decomposizione e mostrava chiari segni di tortura: abrasioni, contusioni diffuse, una costola rotta, ferite al collo e probabili scosse elettriche ai piedi. Il capo del Dipartimento della Guerra della procura, Yurii Bielousov, ha confermato che le lesioni “sono state inflitte mentre era ancora in vita”.
Organismi interni mancanti e sospetti di occultamento
La conferma dell’identità è avvenuta tramite test del DNA con una corrispondenza del 99%, ma il padre della reporter ha chiesto ulteriori accertamenti, viste le condizioni del corpo. L’autopsia ha rivelato l’assenza di diversi organi interni, tra cui cervello, bulbi oculari e parte della trachea. Un medico legale internazionale ha ipotizzato che questo possa essere stato un tentativo di occultare prove di strangolamento o soffocamento.
Detenzione illegale e isolamento totale
Roshchyna, 27 anni, è la prima giornalista ucraina confermata morta in un carcere russo. Era stata detenuta senza accuse formali nel carcere Sizo-2 di Taganrog, uno dei centri dove la Russia trattiene civili ucraini in condizioni denunciate da diverse organizzazioni internazionali. Non le sarebbe stata consentita alcuna comunicazione con l’esterno.
Tajani: “Putin bluffa, ma la pace è possibile entro il 2025”
Mentre la vicenda scuote l’opinione pubblica internazionale, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlando dal congresso del Partito Popolare Europeo a Valencia, si è detto convinto che entro il 2025 la guerra finirà.
Secondo Tajani, la proposta di tregua avanzata da Vladimir Putin è “un bluff, come quella di Pasqua”, ma l’Italia è pronta a sostenere la pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il governo italiano sta organizzando una conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina a Roma, preceduta da incontri a Bruxelles e Verona. «Tocca a Putin fare il primo passo», ha dichiarato il ministro, auspicando un coinvolgimento diretto di Europa e Stati Uniti nel processo negoziale.
Di fronte alle morti sul lavoro “il cordoglio, ne siamo consapevoli, non basta”. Giorgia Meloni, in maniche di camicia, si affaccia via social dalle sale di Palazzo Chigi per annunciare un nuovo intervento per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Con un video diffuso proprio mentre i suoi ministri, compresa la titolare del Lavoro Marina Calderone, in conferenza stampa raccontano il Consiglio dei ministri appena finito, la premier prende la parola con un oramai consueto videomessaggio. E’ la vigilia del primo maggio e il governo, dopo i provvedimenti degli scorsi anni, vuole dare un segnale ma stavolta si limita alle dichiarazioni di intenti. Anche perché, prima di “agire”, ci sarà un confronto con le parti sociali. Serve una “un’alleanza tra istituzioni, sindacati, associazioni datoriali per mettere la sicurezza sul lavoro in cima alle priorità dell’Italia”, dice la presidente del Consiglio, usando quasi le stesse parole che pronuncia la nuova segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, unica a commentare accogliendo positivamente l’invito (via web) di Meloni.
La mattina dell’8 maggio ci sarà l’incontro per “raccogliere anche i suggerimenti” delle parti sociali “e rafforzare le misure che abbiamo previsto”. Sul tavolo ci potrebbe essere anche la proposta elaborata dalla commissione ad hoc del ministero della Giustizia, di riconoscere un “benefit penale” alle imprese virtuose. Era stata la stessa premier a preannunciare nuovi interventi ma non sono arrivati testi in Consiglio dei ministri. “Prima serve la concertazione”, dice anche Calderone proprio mentre scorrono i contenuti del video della premier, che annuncia ulteriori “650 milioni” che sono stati trovati “con l’Inail”, che portano la dote per la sicurezza sul lavoro a circa 1,2 miliardi. Risorse che potrebbero non bastare, tanto che si sarebbe alla ricerca di qualche centinaio di milioni in più, ma che intanto serviranno “per potenziare il sistema di incentivi e disincentivi per le imprese in base alla loro condotta in materia di sicurezza con particolare attenzione al mondo agricolo”, spiega Meloni, sottolineando l’importanza della “formazione dei lavoratori”.
Si renderà anche “strutturale” l’assicurazione Inail per studenti e docenti. Di fronte alle morti sul lavoro “non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione”, dice ancora la premier citando Sergio Mattarella. Meloni dà ragione al presidente della Repubblica, mettendo in fila quanto fatto fin qui dall’esecutivo, a partire dalla patente a punti che ora vale per l’edilizia ma, assicura Calderone, dovrebbe essere poi estesa “ad altri settori”. Le opposizioni, scettiche, puntano il dito soprattutto sul passaggio che Meloni fa sull’aumento dei salari. Quelli “reali crescono in controtendenza rispetto al passato” e c’è una dinamica che è “migliore non peggiore rispetto al resto d’Europa” dice la premier facendo un confronto tra “2013-2022” e quello che sta accadendo, da “ottobre 2023” quando la “tendenza” è cambiata”.
“Scopre l’acqua calda” perché ci sono stati dei rinnovi contrattuali ma con “i prezzi al consumo” saliti del “19,7%” tra “2021 e 2024” e un “aumento delle retribuzioni contrattuali dell’8,6%” il divario è “spaventoso”, fa i calcoli la responsabile Lavoro dei dem Cecilia Guerra. “La realtà è che le famiglie italiane non reggono l’aumento del costo della vita, come ha sottolineato il presidente Mattarella”, va all’attacco anche il presidente dei senatori Pd Francesco Boccia mentre la segretaria, Elly Schlein accusa Meloni di raccontare “un paese che non c’è”. Basta “decreti spot” dicono i capigruppo di Camera e Senato del M5s Riccardo Ricciardi e Stefano Patuanelli, che stigmatizza l’ipotesi di “benefit penale”. Ci sono i dati Istat che mostrano stipendi ancora a “-8% sul 2021”, la incalza anche Giuseppe Conte, ricordando anche “il 9% dei lavoratori full time in povertà” rilevati da Eurostat. “Meloni – ironizza il leader M5s – è andata a vivere su Marte, forse con l’aiuto di Musk”.
Il circus della Formula 1 ha attraversato l’Atlantico per l’ultima gara extraeuropea che chiude il primo quarto di stagione, il Gp di Miami, dove è prevista anche una sprint al sabato. Un doppio impegno che renderà più difficile la messa a punto delle monoposto, magari non per una McLaren fin qui dominante ma di certo per le rivali, dalla Red Bull, alla Ferrari fino alla Mercedes, dal rendimento altalenante. La Scuderia “è pronta”, fa sapere il team principal, Frederic Vasseur, in Florida “vogliamo continuare a fare progressi sul piano della prestazione, sull’onda delle incoraggianti prove offerte nelle gare di Bahrain e Gedda”, dove Charles Leclerc ha conquistato il primo podio stagionale per le Rosse in gara lunga. Lewis Hamilton ha trionfato nella Sprint in Cina ma dopo di allora ha mostrato solo difficoltà nel gestire la SF-25, che avrà disponibili aggiornamenti al ritorno dagli Stati Uniti, per il Gp di Imola.
“Dopo qualche giorno trascorso a Maranello, utile per analizzare i dati raccolti nella prima tripletta stagionale, siamo pronti per scendere in pista a Miami – sottolinea Vasseur -, dove è previsto il secondo weekend Sprint della stagione. Ci siamo preparati al meglio in fabbrica dal momento che avremo solo un’ora di prove libere prima della qualifica Sprint, e dunque il peso specifico del lavoro fatto al simulatore e nei briefing preparatori è ancora più elevato”. La Ferrari spera in un risultato brillante anche per celebrare un anno di collaborazione con il title partner, HP. Per questo motivo le due SF-25 scenderanno in pista con una livrea speciale, mentre Leclerc e Hamilton useranno una tuta diversa da quella classica, in bianco e in blu, colori del logo del colosso dell’informatica. Nel 2024 a Miami a vincere fu Lando Norris ed è probabile che sia ancora una monoposto papaya a trionfare tra sabato e domenica prossimi, ma per ottenere il bis il britannico dovrà fare i conti con Oscar Piastri, primo sul podio già tre volte in questa stagione. Unico a interrompere il dominio delle McLaren è stato Max Verstappen, che è ancora una volta il più accreditato riprovarci nonostante gli attuali limiti della Red Bull, dato che le caratteristiche del circuito, sulla carta, potrebbero aiutare, lui e gli altri a ridurre il gap.