Chiuse le indagini preliminari sui falsi prosciutti Dop da parte della Procura della Repubblica di Pordenone. Gli inquirenti hanno ipotizzato l’esistenza di una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla frode commerciale, in grado di ottenere contributi per la produzione di prosciutti contraffatti (400 mila più altri 520 mila euro). Non solo, la Procura contesta reati di natura fiscale e ambientale, falso in atto pubblico, frode e contraffazione. Reati che sono stati contestati a 62 persone tra cui responsabili e impiegati del macello di Aviano, allevatori, legali rappresentanti di due prosciuttifici, veterinari, commercianti di prodotti suinicoli, due ispettori del Consorzio di tutela del Prosciutto di San Daniele, un ufficiale dei carabinieri (per aver rivelato a uno degli indagati notizie riservate), i responsabili degli organismo di controllo incaricati della vigilanza sulla filiera del San Daniele. Nei guai anche 25 imprese che operano nel settore ubicate tra Udine e Pordenone. La posizione di altre 13 persone e 3 aziende è stata stralciata ad altra procure del Nord Italia.
Le indagini, avviate nell’estate del 2016, hanno permesso di raccogliere molteplici elementi di prova, corroborati anche dall’esito delle attività tecniche di investigazione (intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, analisi di centinaia di campioni di sangue e di prosciutti), dalle informazioni rese da 180 persone informate sui fatti, dalle informazioni, anche confessorie, rese al pm titolare dell’inchiesta da 10 soggetti, che dimostrano che sono stati immessi in commercio prosciutti a denominazione protetta San Daniele che non potevano fregiarsi di tale denominazione perché tratti da suini allevati e macellati in violazione di molteplici parametri previsti dal disciplinare di produzione, e in particolare perché erano appartenenti a una genetica non ammessa (il duroc danese); alimentati con prodotti non ammessi (scarti della produzione industriale del pane, della pasta, della pizza, dell’industria dolciaria); macellati prima dell’età minima prevista; con un peso medio vivo per partita superiore al massimo ammesso; con carcasse aventi un indice di massa magra superiore al massimo ammesso.
Gli elementi raccolti hanno portato all’emissione di decreti di sequestro di circa 270.000 prosciutti, per un valore di circa 27.000.000 di euro. La maggior parte di tali prosciutti all’atto dell’esecuzione dei provvedimenti cautelari reali era stata già commercializzata e ne sono stati materialmente sequestrati nei prosciuttifici ancora in fase di stagionatura circa 80.000. Una frode che avrebbe riguardato il 10% della produzione annua di prosciutti di San Daniele, e che si sarebbe protratta per almeno dieci anni.