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Cinema

Everything Everywhere All at Once trionfa agli Oscar, delusione italiana: tutti i premiati

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Delusione per l’Italia agli Oscar. La 95/a cerimonia al Dolby Theatre di Los Angeles ha lasciato senza premi la squadra italiana, anche se arrivare in nomination è certamente già un grande traguardo. Torna senza statuette la regista Alice Rohrwacher, data a lungo per favorita, candidata all’Oscar per il corto live action Le Pupille, battuta da An Irish Goodbye di Tom Berkeley e Ross White. Niente da fare neppure per il veterano Aldo Signoretti nel team make up e hairstyling di Elvis: il premio è andato a trucco e acconciatura di Adrien Morot, Judy Chin and Annemarie Bradley per The Whale di Darren Aronofsky.

C’erano anche altri italiani in gara: i produttori Ilbe di Andrea Iervolino e Lady Bacardi e We Do It Together di Chiara Tilesi per Tell It like a Woman, film collettivo di 7 registe tra cui Maria Sole Tognazzi, in gara per la migliore canzone originale Applause di Dianne Warren vinto invece da Naatu Naatu dal film indiano RRR. E c’era anche l’attore Lorenzo Zurzolo agli Oscar protagonista del film Eo di Jerzy Skolimowski tra i candidati come miglior film internazionale, il cui premio è stato vinto però da Niente di nuovo sul fronte occidentale del tedesco Edward Berger.

Alice Rohrwacher

Trionfa Everything Everywhere All at Once

Everything Everywhere All at Once è il miglior film della 95ª edizione degli Academy Awards. Sette le statuette conquistate (su undici nomination) dal film di Daniel Kwan e Daniel Scheinert, i Daniels, prodotto dalla A24 che ne esce trionfante. Tutto, ovunque, tutto insieme, come il titolo del loro EEAAOin cui si sono divertiti a mescolare generi e piani spazio temporali e che ha battuto ogni record di trofei conquistati in questa stagione dei premi

Fraser «The Whale» miglior attore. E Michelle Yeoh attrice.

Brendan Fraser batte i concorrenti come miglior attore con The Whale di Darren Aronofsky. «È questo il multiverso», il suo commento a caldo. «Non sempre è stato facile per me, come una spedizione sul fondo dell’oceano, risalire in superficie non è facile». E tra le attrici trionfa Michelle Yeoh per Everything Everywhere All at Once , la prima attrice asiatica a conquistare la statuetta. A 60 anni. «Signore, non lasciate che nessuno vi dica che avete superato una certa età. Lo dedico a mia madre, a tutte le madri, sono loro le super eroine. Il mio è un sogno che si realizza».

 

I Daniels migliori registi

Daniel Kwan e Daniel Scheinert, i Daniels, battono Steven Spielberg (The Fabelmans) Todd Field (Tár) Ruben Östlund (Triangle of Sadness), Martin McDonagh (Gli spiriti dell’Isola) : va a loro l’Oscar per la regia di Everything Everywhere All at Once che da lunedì 13 marzo il distributore italiano I Wonder rimanda in sala. «Dedichiamo questo premio a tutte le mamme del mondo, in particolare alle nostre mamme».

Miglior canzone «Naatu Naatu»

Naatu Naatu del kolossal indiano RRR (Rise Roar Revolt, ovvero Alzati Ruggisci Ribellati), un kolossal ambizioso che molti sognavano candidato anche in altre categorie capace in 187 minuti di lavorare di fantasia e azione per ricostruire la vita vera di due rivoluzionari in lotta contro il dominio britannico all’epoca del British Raj — vince come miglior canzone. Mentre è Lenny Kravitz a cantare per il Memorial, omaggio ai tanti talenti scomparsi tra cui Gina Lollobrigida e Maurizio Silvi. Momento segnato dalla commozione di John Travolta di fronte all’immagine di Olivia Newton-John.

A «Avatar 2» gli effetti speciali

Avatar 2 vince, come prevedibile, la statuetta per i migliori effetti speciali di Joe Letteri, Richard Baneham, Eric Saindon e Daniel Barrett. Arrivano sul palco i Daniels, che vincono per la sceneggiatura originale di EEAAO, continuando la scia fortunata del loto film che mescola liberamente generi e piani spazio-temporali. Mentre Sarah Polley vince per la sceneggiatura non originale per Woman Talking: «Apprezzo molto che l’Academy non si sia sentita offesa a mettere accanto le due parole women e talking, donne e parlano», dice ironizzando sull’assenza di registe nella cinquina di quest’anno. Miglior suono va a Top gun: Maverick.

Lady Gaga e Rihanna

Aveva detto che non lo avrebbe fatto ma invece si è esibita. Si presenta in maglietta nera e jeans strappati e senza trucco al pianoforte per cantare Hold My Hand da Top Gun: Maverick. «Puoi scoprire di essere il tuo eroe, anche se hai il cuore spezzato», il suo messaggio. Con la dedica alla memoria di Tony Scott, che firmò il primo Top Gun», nell’86, scomparso nel 2012. Standing ovation anche per Rihanna per Lift Me Up da Black Panther: Wakanda Forever.

Miglior film internazionale

Secondo le attese il miglior film internazionale è Niente di nuovo sul fronte occidentale del tedesco Edward Berger, tratto da romanzo di Erich Maria Remarque, targato Netflix a cui va anche miglior scenografia e colonna sonora a Volker Bertelmann. L’ultima volta per la Germania era stato nel 2007 con Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck. L’Oscar 2023 per il miglior corto documentario va a Raghu, il piccolo elefante (The elephant whisperers) di Kartiki Gonsalves e Guneet Monga, mentre il miglior corto di miglior di animazione è a Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo di Charlie Mackesy e Matthew Freud.

Miglior documentario «Navalny». «Le pupille» a mani vuote

Miglior documentario è Navalny diretto da Daniel Roher con Odessa Rae, Diane Becker, Melanie Miller e Shane Boris, sul principale oppositore di Putin. «Famiglia Navalny grazie per il vostro coraggio, il mondo è con voi», dice Roher, ricordano le parole del leader dell’opposizione sulla guerra ingiusta di Putin contro l’Ucraina. «Dedico a te il mio premio, il mondo non si è dimenticato del tuo messaggio, non avere paura». Molto commossa la moglie Julija «Mio marito è in carcere solo perché ha difeso la libertà e la democrazia. Io sogno il giorno in cui lui sarà libero, sogno il giorno in cui sarà libero il mio Paese». Niente statuetta per Le pupille di Alice Rohwacher, rodotto da Alfonso Cuaron: tra i cortometraggi live action vince An Irish Goodbye di Tom Berkely e Ross White con James Martin che festeggiava il suo 31esimo compleanno (con coro di tutta la platea). E neanche per Aldo Signoretti, candidato per Elvis: nella categoria trucco e parrucco vince The Whale. Miglior fotografia a James Friend per Niente di nuovo sul fronte occidentale di Edward Berger.

 

Animazione, attore e attrice non protagonisti

Nessun sorpresa per il film di animazione: Pinocchio di Guillermo Del Toro,la sua personalissima rilettura del classico di Collodi. Il regista messicano lo dedica a moglie e figli e ai genitori («che non ci sono più») e ribadisce: «L’animazione non è un genere a sé, è cinema». Come da pronostici anche la vittoria tra i miglior attori non protagonisti di Ke Huy Quan (attore spielberghiano: era il ragazzino di Indiana Jones e il tempio maledetto) per Everything Everywher All at Once (EEAAO). Non prova neanche a trattenere le lacrime l’attore di origini vietnamite. «Mia mamma ha 84 anni, è a casa a guardare la tv: mamma ho vinto un Oscar. Ho iniziato il mio viaggio su una barca, ho passato un anno in un campo profughi e ora sono qui: questo è il vero sogno americano». Tra le attrici non protagoniste vince Jamie Lee Curtis, la villain di Everything Everywhere All at Once che batte Angela Bassett, candidata per Black Panther: Wakanda Forever (titolo premiato per i migliori costumi). «Ci sono centinaia di persone qui con me», cita i Daniels, gli attori, la troupe del film. «A tutte le persone che hanno sostenuto le centinaia di film di genere che ho fatto», la sua dedica.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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