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Cronache

“Emilio Fede ricattava con fotomontaggi i vertici Mediaset” scrivono i giudici della Cassazione

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Non è stata una separazione indolore quella tra Emilio Fede e Mediaset, ai tempi in cui i vertici dell’azienda del Biscione gli chiesero di accomodarsi fuori.  Nella sentenza di condanna scritta dai giudici della Corte di Cassazione che conferma la pena inflitta in appello a Gaetano Ferri, ex personal trainer di Fede, ci sono anche alcuni passaggi che evidenziano come tra Fede e i vertici Mediaset i rapporti erano quasi nulli all’epoca del divorzio professionale. In ogni caso, senza fare alcun commento, ecco quello che scrivono i giudici di Cassazione.
“Al fine di ottenere un accordo transattivo con Mediaset, Emilio Fede aveva deciso di chiedere a Gaetano Ferri un ‘lavoro nuovo’, cioè la predisposizione di ulteriore materiale fotografico artefatto, sia riferibile al direttore informazione di Mediaset Mauro Crippa (questa volta le fotografie avrebbero dovuto ritrarlo mentre sniffava), sia riferibile a Fedele Confalonieri (fotografie che avrebbero dovuto ritrarlo mentre compiva atti sessuali con giovani ragazzi)”.
Insomma c’era chi avrebbe dovuto mostrare due uomini di vertice di Mediaset, due manager impegnati in scelte strategiche aziendali, affaccendati in torbide relazioni sessuali (omosessuali) o anche a sniffare cocaina.
Un lavoro sporco che avrebbe infangato due persone perbene al solo scopo di poterli costringere a venire a più miti consigli nell’accordo transattivo che avrebbe visto Fede uscire da Mediaset. Lavoro sporco che avrebbe dovuto fare Gaetano Ferri, l’ex militare della Legione Straniera di origini napoletane diventato personal trainer della “Milano bene” usato da Fede per creare scandali che lo avvantaggiassero. Ferri era stato processato con il rito abbreviato per due ipotesi di estorsione e una di tentata estorsione. Gli veniva contestata una tentata estorsione perché avrebbe predisposto artatamente del materiale fotografico di contenuto lesivo dell’immagine di Crippa, da utilizzare come strumento di minaccia e pressione per indurre Mediaset a non dare corso al licenziamento di Emilio Fede.
“A Ferri – è scritto nella sentenza della Cassazione – veniva anche contestata una estorsione consumata perché, minacciando la diffusione su organi di stampa del contenuto di alcune conversazioni intercorse con Fede, lo avrebbe costretto a versargli somme di denaro conseguendo un ingiusto profitto”.
In questa vicenda che vede i vertici Mediaset parte lesa, desta sconcerto il fatto che Emilio Fede, per anni direttore del tg4 e ascoltato consigliere di Silvio Berlusconi, manifestasse in maniera subdola di avere  materiale scottante che poteva mettere nei guai Crippa. L’alto dirigente Mediaset, evidentemente, avendo subodorato il ricatto, invece di cercare un modo per accomodare la questione ed evitare scandali, quand’anche costruiti sul nulla, scelse la strada più difficile ma certo più limpida. Crippa fece predisporre un atto di diffida per denunciare questa storia. In questa vicenda di fotomontaggi usati per ricattare, Fede è stato condannato in primo grado in un altro processo a 2 anni e 3 mesi di reclusione. Processo d’appello in corso.
Fede è accusato di estorsione e tentata estorsione, secondo i pm avrebbe chiesto a Ferri e ad altre due persone di assemblare fotomontaggi che avevano come soggetto Crippa e Confalonieri. Stando ai pm, il giornalista fece assemblare immagini “che potevano distruggere la carriera di Crippa” e poi attraverso una serie di “pressioni e minacce”, in pratica, come sostenuto dal pm in requisitoria, avrebbe costretto “Crippa, Confalonieri ma anche lo stesso Silvio Berlusconi” a fargli avere “un accordo più vantaggioso con una buonuscita di 820 mila euro e un contratto di collaborazione di 3 anni”. Ma che fine ha fatto Emilio Fede? Dove sta vivendo queste vicende processuali? L’ex direttore del tg4 vive tra Milano (dove fa qualcosa per tv regionali della Lombardia) e Napoli, dove è direttore artistico di un teatro, il Bolivar (almeno così lo presentano) e spesso è ospite di tv private napoletane dove recita la parte del tifoso del Milan e dell’amico di Berlusconi. Si sa, gli italiani hanno la memoria corta. In ogni caso, Fede non se la passa benissimo. Anzi…

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Foca monaca avvistata a Ischia: emozione e cautela per un ritorno straordinario nel mare del Golfo

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Un avvistamento eccezionale ha emozionato oggi il mare dell’isola verde: una foca monaca, una delle specie più rare e a rischio estinzione del Mediterraneo, è stata avvistata a pelo d’acqua dietro l’isolotto della Torre di Sant’Angelo, mentre si nutriva, probabilmente addentando una murena.

A fare la scoperta è stato un barcaiolo ischitano, impegnato nel servizio taxi boat dal borgo di Sant’Angelo verso le spiagge e le cale della zona. È lui ad aver segnalato l’avvistamento del mammifero, che ha suscitato grande stupore e curiosità in tutta l’isola.

Una presenza rara tra le acque campane

Negli ultimi anni il mare di Ischia ha ospitato sempre più specie marine rare e protette, ma questa è la prima volta che si segnala ufficialmente la presenza di una foca monaca nelle sue acque. Lo stesso esemplare, o forse un altro appartenente alla stessa specie, era stato avvistato nei giorni scorsi tra Capri e Massa Lubrense, segno che qualcosa sta cambiando nelle rotte e nei comportamenti di questi elusivi animali.

La foca monaca (Monachus monachus) è un mammifero marino protetto dalla legge, che vieta non solo la cattura e l’uccisione, ma anche qualsiasi forma di disturbo o interazione.

Le raccomandazioni dell’Area Marina Protetta

Subito dopo la segnalazione, i responsabili dell’Area Marina Protetta Regno di Nettuno hanno diffuso raccomandazioni fondamentali per chiunque dovesse incontrare una foca monaca, in mare o sulla costa:

  • mantenersi a grande distanza,

  • evitare rumori forti o movimenti bruschi,

  • non interagire né cercare un contatto,

  • non inseguirla né filmarla da vicino, per non alterarne il comportamento naturale.

Ogni comportamento scorretto potrebbe mettere in pericolo la sopravvivenza dell’esemplare, che ha bisogno di tranquillità, silenzio e tutela assoluta per poter sostare o rifugiarsi lungo le nostre coste.

(il video è stata fornito da Checco Curci, battelliere della “Coop San Michele di Sant’Angelo” all’AMP Regno di Nettuno ed è diventato virale)

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Il Tar obbliga l’Università Federico II a chiarire il caso Manfredi. De Magistris: serve trasparenza

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Il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha accolto il ricorso dei consiglieri municipali Pino De Stasio, Thomas Straus e Carmine Stabile nei confronti dell’Università Federico II e dell’ex rettore Gaetano Manfredi, oggi sindaco di Napoli. I tre avevano richiesto l’accesso agli atti per sapere se l’Ateneo avesse avviato un procedimento disciplinare contro Manfredi dopo la sua condanna — con patteggiamento — da parte della Corte dei Conti per danno erariale pari a 210.000 euro, legato a consulenze ritenute illegittime.

La prima risposta dell’Università e l’intervento del Tar

Inizialmente l’Università Federico II aveva opposto un rifiuto alla richiesta, motivando la scelta con la tutela della privacy dell’ex rettore. Ma dopo la notifica del ricorso al Tar, l’Università ha rettificato la propria posizione, dichiarando semplicemente che non è stato adottato alcun procedimento disciplinare. Una risposta considerata insufficiente dai ricorrenti, che hanno chiesto al giudice amministrativo di imporre all’Ateneo una spiegazione più dettagliata.

De Magistris: “Serve trasparenza, l’opinione pubblica ha diritto di sapere”

L’ex sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha commentato la decisione del Tar sottolineando l’importanza di chiarire perché non è stata attivata alcuna iniziativa disciplinare nei confronti del professore Manfredi. «È doveroso che i cittadini sappiano — ha dichiarato — quali atti risultino nel fascicolo e per quale motivo nulla sia stato fatto di fronte a una indebita percezione di oltre 700.000 euro da parte di un docente che dovrebbe essere un esempio per gli studenti».

De Magistris ha anche sollevato interrogativi su eventuali conflitti di interesse: «Bisogna verificare chi ha erogato le consulenze in violazione di legge a Manfredi, e se questi soggetti abbiano rapporti anche con l’amministrazione comunale di Napoli».

Il precedente della Corte dei Conti e l’appello alla politica

Il caso è nato dalla condanna della Corte dei Conti nei confronti di Manfredi, che aveva patteggiato per un importo di 210.000 euro a fronte di consulenze ritenute non legittime. «Vediamo se anche la politica, quella che usa la questione morale in maniera strabica solo quando riguarda avversari, avrà il coraggio di battere un colpo», ha incalzato de Magistris.

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Crac Ares, Eva Grimaldi accusata di falsa testimonianza

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Falsa testimonianza e calunnia. Sono i reati per i quali l’attrice Eva Grimaldi (foto Imagoeconomica) rischia di finire indagata a Perugia dopo che il pm di Roma, Carlo Villani, ha chiesto la trasmissione degli atti in relazione a quanto riferito dalla donna nel corso del processo a carico del produttore tv, Alberto Tarallo, accusato del crac della società Ares Film. Il rappresentante dell’accusa contesta alla Grimaldi di avere sostanzialmente sconfessato, nel corso dell’udienza svolta lunedì davanti ai giudici della nona sezione collegiale del Tribunale della Capitale, quanto da lei dichiarato nel corso delle indagini. Grimaldi ha negato alcuni passaggi citati del pm del verbale dell’audizione resa a piazzale Clodio nel marzo del 2021 e in particolare sul ruolo di Tarallo all’interno della società. Il manager è accusato di bancarotta fraudolenta per la società che negli anni ha prodotto numerose fiction per il piccolo schermo. Titoli come il Bello delle donne, L’Onore e il rispetto o il Sangue e la rosa hanno fatto il pieno di ascolti e lanciato attrici e attori poi sbarcati sul grande schermo.

La società è stata dichiarata fallita nel febbraio del 2020. Secondo l’impianto accusatorio il manager, nella veste di amministratore di fatto, “distratto, avrebbe occultato e comunque dissipato dal patrimonio della società 41.124 euro attraverso reiterati utilizzi delle carte di credito aziendali”. Operazioni messe in atto dall’imputato “in assenza di alcuna giustificazione di natura economico-aziendale e, dunque, in violazione del principio di inerenza” e senza di alcuna utilità corrispettiva per la società fallita”. Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati altri testi, tra cui gli attori Giuliana De Sio e Gabriel Garko. “Con Tarallo ho fatto circa 8 fiction – ha detto De Sio -. Per le questioni artistiche parlavo con lui, per quanto riguarda i contratti non ne so nulla perché se occupava il mio agente. Con Losito non avevo rapporti, l’ho visto pochissime volte”. Per Garko “le decisioni sulla produzione dei film erano prese da Tarallo. Il rapporto tra lui e Losito era a volte conflittuale e a tratti Teo si sentiva messo da parte”. Tarallo è al centro di un doppio filone giudiziario. Oltre alla bancarotta, è già a giudizio per l’accusa di falso, legata al testamento del suo compagno e sceneggiatore Teodosio Losito, morto suicida nel gennaio del 2019.

Durante il dibattimento è intervenuta anche l’ex parlamentare ed ex socia della Ares, Patrizia Marrocco, a cui è stata chiesta una spiegazione su una frase contenuta in un verbale precedente, in cui definiva Losito “una rondine al guinzaglio”. “Voleva fare altro – ha affermato – si sentiva incagliato. Aveva comprato casa a Milano, voleva scrivere musica e suonare. Quel lavoro gli stava stretto, ma non voleva deludere Alberto”: In aula anche l’attrice Rosalinda Cannavò, in arte Adua Del Vesco, che ha chiesto di deporre dietro un paravento. ”Ho difficoltà a vedere Tarallo” ha detto la donna motivando la sua richiesta. “Ho conosciuto Tarallo e Teodosio Losito facendo provini e ho iniziato con loro un percorso lavorativo. Ho anche vissuto con loro dal 2013 al 2018 nella villa a Zagarolo. Avevo un contratto con la Ares Film e per il lato artistico parlavo con Tarallo mentre per quello amministrativo con Losito”.

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