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Corona Virus

Emergenza coronavirus anche nei tribunali, verso sospensione di tutte le udienze non urgenti

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Possibile sospensione delle udienze non urgenti in tutte le zone del Paese in cui si manifestano esigenze sanitarie. E’ una delle misure cui sta lavorando il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che – a fronte dell’emergenza coronavirus – sta mettendo a punto un provvedimento con prescrizioni restrittive in tutte le strutture giudiziarie per la tutela degli operatori, con l’adozione di “ogni misura idonea” a contenere il contagio. Da piu’ parti – avvocati, magistrati, operatori della giustizia – sono stati chiesti interventi al ministero di Via Arenula, con il Csm che ha sollecitato il rinvio dei processi civili e penali e la sospensione dei termini per i tribunali in zone “a rischio”. In serata, la notizia del provvedimento che Bonafede che starebbe varando, definendo una linea valida per tutti gli uffici giudiziari italiani. A partire da quelli piu’ esposti, come il Palazzo di giustizia di Milano, un luogo dove normalmente passano anche 8mila persone al giorno e che verra’ chiuso nel fine settimana per una sanificazione totale e straordinaria, dopo che in mattinata si e’ saputo che un terzo magistrato, dopo i casi di due giudici dei giorni scorsi, e’ risultato positivo. A Milano vengono adottati provvedimenti volti ad “evitare del tutto contatti ed assembramenti”, come in procura, ma iniziative vengono attuate in varie parti d’Italia. Cosi’ a Padova, dove si bloccano i procedimenti civili e penali, salvo le urgenze, o a Cagliari, dove vengono limitati gli accessi al Tribunale. Mentre la decisione piu’ dura viene presa a Napoli, dopo che un magistrato e’ risultato positivo: “tutte le attivita’ giurisdizionali ed amministrative, non di somma urgenza, sono sospese nei giorni 6, 7 e 9 marzo”. Al Palagiustizia milanese, intanto, le squadre dei tecnici per la disinfezione sono entrate stamattina per intervenire sugli uffici e le cancellerie della Procura generale, dove lavora il sostituto pg ricoverato per Coronavirus, in buone condizioni e poco dopo dimesso. La sanificazione complessiva dell’edificio, su disposizione del Prefetto Renato Saccone che l’ha concordata col Ministero della Giustizia, sara’ effettuata tra sabato e domenica, con la garanzia di apertura solo per i servizi minimi essenziali. Il Pg facente funzione Nunzia Gatto, poi, ha autorizzato tutti “i magistrati dell’ufficio che non abbiano impegni di udienze e che non abbiano turni di presenza a svolgere lo smart working” da casa. E ha anche disposto che il personale amministrativo potesse “lasciare l’ufficio” e rimanesse solo un “presidio”. Intanto, come era gia’ accaduto per i casi dei due giudici di altre sezioni, diverse persone (ormai decine complessivamente), tra toghe e dipendenti amministrativi, sono stati posti in isolamento preventivo e tra loro anche un magistrato della Procura dei minori. “Anche noi in questi giorni ci siamo trovati a gestire un’emergenza”, ha spiegato il presidente dell’Ordine degli avvocati milanesi Vinicio Nardo. Avvocati che piu’ volte nei giorni scorsi avevano chiesto, come poi e’ stato disposto dopo i primi contagi, la sospensione di quasi tutte le udienze. E in un Palazzo sempre piu’ deserto, dunque, ora si puo’ entrare solo per le urgenze. In mattinata, comunque, momenti di tensione ci sono stati nella zona degli sportelli Urp, dove e’ stata spostata l’interfaccia con pubblico e avvocati di tutti gli uffici, mano a mano chiusi in questi giorni. Tra i professionisti in coda un notaio ha discusso in modo accesso proprio con uno dei vertici del Palazzo. Nel pomeriggio, e’ arrivata l’ultima circolare del procuratore Greco: chiusura dei corridoi della Procura, a cui si puo’ accedere solo su appuntamento “indifferibile”, e sospensione dei “termini a difesa” per i procedimenti, notificati o da notificare, fino al 31 marzo.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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