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Politica

#Elezioni #Europee: la Lega sale al 34%, il Pd al 23% si piazza secondo, il M5S crolla al 17%

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Matteo Salvini vince perchè la Lega è “primo partito d’Italia” col 34% circa. Luigi Di Maio perde perchè il M5s è in netto calo rispetto a un anno fa, attorno al 17%, forse solo terzo, dietro il Pd di un sorridente Nicola Zingaretti che arriva al 23 per cento quasi. La soddisfazione di Forza Italia, che puntava al 10% (ma che potrebbe non raggiungere) perchè a poche migliaia di sezioni per lo scrutinio finale è aò 9 per cento quasi, e Fdi, che è sopra il 6 per cento, anzi il 6,4%. È questa la fotografia del voto per le europee, a urne chiuse e a scrutinio quasi ultimato, 60mila sezioni sulle 61576. Il voto sancisce un cambio di equilibri nella politica italiana. Il M5s paga a caro prezzo l’alleanza gialloverde. E anche se la Lega nega di volere la crisi di governo, già chiede un cambio nell’agenda per passare all’incasso, a partire dal via libera alla Tav. In una tornata che mette in ballo anche 3800 Comuni, il centrodestra guidato Alberto Cirio si avvia verso la vittoria in Piemonte contro l’uscente Sergio Chiamparino, quasi non pervenuto il candidato del M5S che viaggia, secondo gli exit poll attorno al 10 per cento.  In Europa popolari e socialisti perdono terreno, i sovranisti crescono ma non sfondano, i verdi sono protagonisti di un vero e proprio exploit ovunque ma non in Italia dove restano tra l’1 e il 2%. Non c’è boom ecologista ed Europa verde, così come La Sinistra e Rifondazione comunista vanno verso l’esclusione dall’Europarlamento, restando sotto la soglia del 4%. In bilico +Europa, quotata al 3,9%.

Europarlamento

“Una sola parola: grazie Italia!”, esulta Salvini da via Bellerio, che scrive il messaggio a mano, su un foglio di carta e poi si fa immortalare sorridente nel suo ufficio dopo aver parlato reti unificate, da solo, per oltre 10 minuti, magnificando il risultato della Lega col rosario in mano e sicuro di aver “affidato l’Italia al cuore di Maria” dice davanti ad una selva di telecamere. Il Movimento, all’esito di una campagna guidata tutta da Di Maio – assenti Beppe Grillo e Alessandro Di Battista – rischia non solo di vedersi sorpassato dai Dem di Nicola Zingaretti. Ma di fare addirittura peggio del 2014, quando si fermo’ al 21% mentre Matteo Renzi sfondava il 40%. Se il dato degli exit poll fosse confermato, si tratterebbe di un crollo di oltre dieci punti rispetto al 32% delle politiche di un anno fa. Mentre al Nazareno farebbe premio la scelta unitaria del nuovo segretario, che si fa fotografare sorridente con Paolo Gentiloni. “Il Pd e’ in campo per l’alternativa”, dice Andrea Orlando. Di Maio, a Montecitorio con alcuni fedelissimi, attende i dati consolidati per commentare. Con un dato del genere, rischierebbero di cambiare gli equilibri dentro il Movimento e soprattutto nel governo, di fronte allo strapotere elettorale leghista. Da via Bellerio trapelano poche parole d’ordine: niente crisi, niente rimpasto, ne’ la richiesta di sostituire a Palazzo Chigi Giuseppe Conte. Ma se davvero ci fosse il tracollo M5s tutto rischia di tornare in discussione. Di certo, il Movimento non avrebbe interesse a tornare alle urne. Ma Salvini avra’ buon gioco a chiedere subito di virare verso le politiche leghiste, dalla Tav, all’Autonomia, fino alla flat tax. Il centrodestra esce intanto forte dalle urne, con Fi stimato al 10% e Fdi al 6%. Nelle sue mosse la Lega dovrà tenere conto della tenuta di Forza Italia, con la guida di Silvio Berlusconi che si prepara al debutto da Eurodeputato e intende giocare la sua partita nel Ppe. Sembrano destinati a restare sotto la soglia tutti gli altri schieramenti. +Europa potrebbe non farcela di pochissimo. Europa verde, La Sinistra e Rifondazione comunista sarebbero ben sotto il 4%.

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Politica

Meloni sente leader internazionali, telefonata con Schlein

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L’attacco degli Usa all’Iran alimenta lo spettro di una guerra globale e impone all’Italia di rimodulare la strategia: continuare a lavorare per la de-escalation, ma al contempo prepararsi anche al peggio. Per questo, la premier Giorgia Meloni ha riunito in videoconferenza tutti i ministri interessati e i servizi e, a seguire, ha sentito diversi leader internazionali condividendo con loro la necessità di riprendere rapidamente i negoziati e giungere ad una soluzione politica della crisi. Poi, un punto telefonico con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, per tenerlo informato e condividere l’obiettivo di far tornare l’Iran al tavolo delle trattative. La postura dell’Italia nello scacchiere mediorientale è stato oggetto anche di una lunga telefonata con la segretaria del Pd, Elly Schlein, che chiede al governo di non partecipare ad azioni militari né di consentire “che il nostro territorio possa essere utilizzato per fornire sostegno alla guerra”.

Questa istanza, sposata da buona parte del centrosinistra, finisce per evidenziare la complessità strategica davanti a cui si trova la premier: tenere fuori il nostro paese da una possibile escalation militare senza sfilacciare il solido rapporto con Donald Trump, rimanendo coerenti con l’assunto che l’Iran non possa dotarsi della bomba atomica e perorando al contempo la causa del negoziato. “L’attacco degli Usa segna un’escalation dagli esiti incontrollabili”, afferma anche Giuseppe Conte che si rivolge direttamente a Meloni: “Non dia la disponibilità delle nostre basi militari per questa escalation e garantisca che nessun colpo sarà sparato da un nostro soldato”. Un primo confronto ci sarà in Parlamento, quando la presidente è attesa alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio Ue, con i partiti che stanno limando le risoluzioni sul tema dopo l’evoluzione della crisi in Medio Oriente. Avs chiede all’esecutivo di dissociarsi dall’azione condotta da Trump, Azione vorrebbe che la premier sentisse tutte le opposizioni (e non solo Schlein).

Al vertice mattutino,convocato in videochiamata dalla premier, hanno preso parte i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini,i ministri Matteo Piantedosi, Guido Crosetto, Giancarlo Giorgetti, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e i vertici dell’Intelligence. L’obiettivo primario del governo è consentire ai connazionali di lasciare in sicurezza i luoghi del conflitto: l’Italia, spiega il titolare degli Esteri, non è stata avvertita dell’imminente attacco statunitense, ma “era nell’aria”, tanto che una quarantina di carabinieri italiani sono già riusciti a rientrare da Baghdad.

Parallelamente, serve organizzarsi velocemente per reggere i possibili impatti sull’economia – in particolare gli effetti sui costi dell’energia per la possibile chiusura dello stretto di Hormuz – e sulla sicurezza. Perché, come ammette senza troppi giri di parole il titolare degli Esteri, i “rischi ci sono” anche per l’Italia a causa delle “presenze americane e israeliane”. E l’allerta di intelligence e forze dell’ordine ora è “massima”. Potenziate, dunque, le misure antiterrorismo, riflettori puntati sui siti sensibili, attenzione altissima su eventuali attacchi cyber.

Dopo aver analizzato il fronte interno, la premier si è dedicata poi a quello diplomatico, tenendo contatti in giornata con diversi partner internazionali e con i principali attori della regione: il presidente di turno del G7, il premier canadese Mark Carney, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, quello saudita Mohammad bin Salman Al Saud, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. Il mantra, è evitare in ogni modo un ulteriore allargamento del conflitto.

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Martusciello (FI): vorrei una donna a guidare la Campania

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“Nella cartellina che Antonio Tajani porterà con sé all’incontro con gli altri leader del centrodestra per discutere il candidato presidente della Regione Campania ci sono tre nomi conosciuti e uno coperto”. Lo ha detto Fulvio Martusciello, segretario regionale di Forza Italia, intervenendo a Calvi, in provincia di Benevento, all’assemblea del partito. “Il mio sogno – ha aggiunto – è che sia una donna a guidare la Regione Campania, per infrangere anche qui il tetto di cristallo. Al tempo stesso i profili in campo sono tutti di straordinario livello”. Alla domanda se il nome possa essere quello di Annamaria Colao, Martusciello ha risposto: “Assolutamente no. Non è mai arrivata da nessuno questa proposta e penso che lei non sia interessata. Io ho in testa il nome di una donna di assoluto valore”.

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Politica

Meloni-Schlein, telefonata dopo gli attacchi Usa all’Iran: confronto istituzionale in un momento di crisi

Dialogo aperto tra governo e opposizione.

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Secondo fonti del Nazareno, si è tenuto un lungo colloquio telefonico tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. La conversazione è avvenuta a seguito degli attacchi statunitensi contro l’Iran, in un momento di forte tensione internazionale.

Il confronto tra le due leader avrebbe avuto un carattere istituzionale, con l’obiettivo di condividere informazioni e valutazioni sull’evoluzione della crisi e le possibili ripercussioni per l’Italia, sia sul piano diplomatico che su quello della sicurezza.

Una crisi che preoccupa anche l’Italia

La telefonata tra Meloni e Schlein si inserisce in un contesto di crescente instabilità in Medio Oriente, con Israele, Iran e Stati Uniti protagonisti di una nuova escalation militare. L’Italia, partner Nato e membro dell’Unione europea, segue con attenzione lo sviluppo degli eventi, che potrebbero avere effetti anche sulla politica energetica e sull’equilibrio internazionale.

La chiamata rappresenta anche un raro momento di dialogo diretto tra governo e opposizione, sottolineando l’importanza dell’unità nazionale in frangenti geopolitici delicati.

 

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