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Divieto di pubblicità del gioco di azzardo, un affare da 100 miliardi: perchè sparano sul ministro Di Maio

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Allora tenetevi forte: nel 2017 gli italiani hanno speso nell’industria dell’azzardo qualcosa come 100 miliardi di euro. Appena 80 miliardi sono stati redistribuiti come vincite. I venti miliardi che restano sono quasi la metà appannaggio dello Stato. Quello Stato che poi deve pagare le cure e i disastri sociali che procurano le ludopatie. Partiamo da questa cifra monstre, mostruosa, di 100 miliardi per provare a spiegare perché, aldilà delle più che legittime critiche politiche che si possono muovere al “decreto Dignità” varato da Di Maio per combattere il precariato nel mondo del lavoro, ci si accanisce contro la norma che vieta la pubblicità del gioco di azzardo. Chi si sente danneggiato dal divieto di pubblicizzare l’azzardo? Le società di scommesse, i media che lucrano sulla pubblicità martellante e ben pagata dalle società di scommesse, le squadre di calcio che sponsorizzano società di scommesse e altri ancora. Nel mondo dei broadcast chi non ha da esprimere preoccupazione è la Rai. Da oltre un anno sugli schermi di Mamma Rai, con la firma della nuova convenzione Stato-Rai per l’affidamento del servizio pubblico, è stato vietato ogni messaggio pubblicitario relativo alle scommesse, senza distinzione di orari. Al momento una forma di limitazione già c’è. In generale dal punto di vista normativo esiste un divieto dalle 7 alle 22 di ogni giorno nelle trasmissioni televisive sui canali generalisti, vale a dire sui canali da 1 a 9 del telecomando.

Gioco di azzardo. Divieto di pubblicità col decreto Dignità

L’orario limitato non si applica ai programmi di Mediaset Premium e Sky che possono pubblicizzare quando e quanto vogliono. Esclusi anche i canali tematici a pagamento, le tv locali, le radio nazionali e locali. Che d’ora in poi dovranno uniformarsi al divieto. Quanto si spende in pubblicità per promuovere su ogni piattaforma il betting ovvero l’azzardo legale? Dati Nielsen indicano che tra gennaio e settembre 2017 la raccolta è stata di 45,9 milioni di euro: +1,8% rispetto ai 45,1 milioni dello stesso periodo del 2016. L’85,7% degli investimenti è stato indirizzato alla Televisione, che ha raccolto 39,4 milioni di euro (+3,8%), ma è la Radio ad aver avuto la crescita percentuale più elevata. La Radio con investimenti per oltre 2 milioni di euro ha registrato infatti un notevole balzo in avanti (+900%). In calo invece la pubblicità su quotidiani (1,5 milioni contro 2,9 milioni) e periodici (358mila euro contro 511mila euro). Chi dovrà fare una cura dimagrante con l’approvazione di queste norme?  Mediaset gestisce il 50% del budget annuale del gioco d’azzardo sui media tradizionali.  In Seria A 11 squadre su 20 hanno sponsor del settore dell’azzardo. Così come molte trasmissioni televisive che riguardano il calcio (su Sky, Mediaset e sulle private locali) si tengono in piedi con i conti grazie alle sponsorizzazioni delle società che gestiscono l’azzardo di Stato.  Le squadre di calcio di Serie A (11) che hanno un partner commerciale legato al mondo delle scommesse incassano 120 milioni all’anno. E dunque anche da questo mondo arrivano bordate al decreto Dignità.  

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De Luca: Napoli e Campania piene per Pasqua, conquistata dignità

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“A Napoli e in tutta la Campania registriamo una bella presenza per Pasqua. Abbiamo quasi il tutto esaurito per i fine settimana che ci aspettano. Abbiamo conquistato la dignità della Regione Campania e di Napoli”. Così il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, nel corso della diretta Fb. “In questi anni – ha sottolinea De Luca – siamo passati dalla Campania sommersa dai rifiuti alla Campania civile modello di efficienza amminstrativa e di sburocatizzazione, di rinnovamento quasi da zero del trasporto pubblico locale, con l’acquisto di centinaia di mezzi pubblici, autobus, treni, e poi l’ambiente, le bandiere blu. Abbiamo conquistato la dignità della regione Campania e di Napoli”. “Lo abbiamo fatto ripulendo la regione, il territorio, offrendo servizi e anche una programmazione culturale tra Napoli e la Campania unica in Italia. Parliamo di decine di miglioni di euro che hanno riguardato il cinema, il teatro, la musica, la danza. Vediamo di non perdere per strada quanto conquistato”.

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Intesa Meloni-Trump sui dazi, l’accordo Usa-Ue si farà al 100%

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Un invito a Roma accettato. E un’apertura a considerare di incontrare, in quell’occasione, anche i vertici dell’Unione europea. Per provare davvero a chiudere quell’accordo sui dazi che entrambi sono convinti si farà “al 100%”. Pure se Donald Trump sul punto non ha “cambiato idea”. Giorgia Meloni porta a casa, tra fuori programma, battute che stemperano una evidente tensione e molti complimenti, quell’apertura che contava di ottenere dal presidente americano nei confronti dell’Europa. Per mitigare gli effetti di nuove tariffe commerciali annunciate e per ora congelate, che sarebbero pesantissime per il vecchio continente, e per l’Italia in primis.

“Non posso siglare accordi per l’Ue ma sono qui per cercare di trovare il giusto punto di equilibrio a metà strada”, spiega la premier in premessa, quando le due delegazioni si siedono al tavolo della Cabinet Room per il pranzo di lavoro alla Casa Bianca. Bisogna “parlarsi francamente”, come possono fare due leader che parlano di fatto la stessa lingua. “L’Italia è il miglior alleato degli Usa” ma finché c’è Giorgia premier” dice il tycoon, che non risparmia qualche punzecchiatura a quella che comunque definisce una “donna fantastica” e che sta facendo “un ottimo lavoro”.

Quando la premier assicura che l’Italia sta mantenendo i suoi impegni sui finanziamenti per la difesa, con l’annuncio del raggiungimento dell’obiettivo del 2% del Pil al prossimo vertice Nato, Trump puntualizza, che “non è mai abbastanza” pur sorridendo in direzione del suo vicepresidente. J.D Vance, che peraltro rivedrà la presidente del Consiglio italiana nel giro di poche ore, ricevuto a Palazzo Chigi per un bilaterale seguito da un pranzo esteso anche ai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. Un’altra occasione per parlare di dazi e non solo. “Io sono sicura che si possa raggiungere un accordo”, ripete la premier che in questa direzione guarda quando invita il presidente americano in Italia.

“Ha accettato l’invito”, fa sapere poi seduta nello Studio Ovale, dove il tradizionale piccolo intervento di fronte ai cronisti si trasforma in una vera e propria conferenza stampa, che dura più di mezz’ora, con decine di domande quasi tutte per il padrone di casa. In italiano un cronista le chiede però di difesa e Ucraina e lei, sempre in italiano, ribadisce anche di fronte al suo interlocutore la posizione di sempre. “Sapete come la penso, che ci sia stata un’invasione e che l’invasore fosse Putin”, risponde Meloni sempre in italiano, una parte del discorso che però non viene tradotta dall’interprete presente.

A spiegare al presidente Usa invece il resto del suo ragionamento sulle spese per la difesa è lei stessa. Non si è parlato di percentuali precise per andare oltre, ma l’impegno c’è, “tutti devono fare di più” e la Ue ora sta vedendo come, attrezzando nuovi strumenti, ha ricordato Meloni. Che di fatto assiste alla conferenza stampa dell’inquilino della Casa Bianca, che dilaga e risponde pure quando le domande sono per la sua ospite italiana. E davanti a chi lo incalza su quel “europei parassiti” che tanto ha bruciato sull’altra sponda dell’Atlantico, il presidente Usa glissa con un “non so proprio di che state parlando”.

Trump non dice mai nemmeno che è pronto a venire a Roma, ma la premier assicura che lo farà “in un futuro prossimo”, per una visita ufficiale in Italia, e che è pronto a “considerare in quella occasione se incontrare anche l’Europa”. Partendo dal presupposto però, precisa il presidente Usa, che “i dazi ci stanno arricchendo” mentre prima con Joe Biden “stavamo perdendo miliardi di dollari sul commercio”. Nessuna marcia indietro, insomma, e altrettanto difficile, stando almeno alle dichiarazioni, che possa passare quella proposta di creare una grande area di libero mercato tra Ue e Usa. Ma l’incontro, ci tengono a sottolineare entrambi, è stato occasione per parlare di molti altre questioni che interessano i due paesi. Che hanno rapporti “ottimi” e risalgono a Cristoforo Colombo, citato dalla premier nello studio ovale. Si è parlato di “energia” ma anche di economia dello spazio.

Non di “Starlink” di Elon Musk – peraltro assente – assicura Meloni, ma di “difesa, di spazio e di missioni su Marte su cui lavoreremo insieme”. Nel frattempo ci saranno “10 miliardi di investimenti” negli States da parte delle imprese italiane, che Meloni elogia così come si fa di fatto “promoter”, e se ne scusa ridendo con Trump, dei risultati che ha raggiunto l’Italia in questi due anni e mezzo di governo. Ha anche una punta di orgoglio quando interrompe il ragionamento di Trump sull’inefficacia della Ue in materia di immigrazione (“ora la situazione è cambiata anche grazie all’Italia, sono ottimista”). La sua mission è quella di rendere “l’Occidente great again”, dice la premier mutuando il motto trumpiano. “Qualcuno mi chiama nazionalista occidentale”, rivendica la premier, spiegando che tra alleati se ci sono problemi bisogna fermarsi e parlare. E questo “è il momento di sederci e trovare delle soluzioni”.

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Giorgetti: Dfp solido, nessuna manovra per dazi o difesa

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L’Italia è credibile, i conti sono migliorati, le agenzie di rating alzano il loro giudizio e, nonostante un debito che “divora” ogni cosa e che ostacola ogni altra spesa, “anche la più nobile”, i Btp sono richiestissimi, “da fare invidia” in questo momento ai Treasury americani. E’ quindi escluso parlare ora di scostamento, anche se per fronteggiare i dazi o per incrementare la spesa per la difesa, che peraltro quest’anno raggiungerà già il 2% del Pil previsto dagli impegni Nato. In Parlamento per illustrare il nuovo Documento di finanza pubblica, Giancarlo Giorgetti difende il lavoro del governo per dare basi solide alle finanze pubbliche italiane e chiarisce a chiare lettere che, “prima di prevedere spese supplementari”, come ministro dell’Economia vuole “sapere dove vanno a finire quelle spese e per quale motivo le devo fare”.

Scopi che al momento non sono chiari, perché non chiara è la situazione internazionale. Prematuro quindi parlare di temute manovre correttive e prematuro anche stimare concretamente quale sarà l’impatto delle tariffe (e delle eventuali contro tariffe) sull’economia e sulle imprese. Nell’incertezza dominante, l’importante, fa capire il ministro, è mantenere l’equilibrio. “Abbiamo davanti a noi sfide sempre più complesse che richiedono prudenza, decisioni ponderate e strategie condivise a livello europeo”, spiega Giorgetti, respingendo ogni “frenesia” e ogni reazione emotiva alla situazione complessa con cui l’Italia, e tutta l’Europa, stanno facendo i conti. Sulle spese per la difesa, ad esempio, Giorgetti sembra ravvedere troppe pressioni, “liste di richieste troppo lunghe” che “non ho il coraggio di leggere…”.

Risorse necessarie, ribatte puntuto il collega di governo Crosetto, che con ironia replica: “Mi fa piacere che Giancarlo non abbia perso il senso dell’umorismo che io fatico spesso a ritrovare” “pensando agli scenari che potrebbero affrontare le donne e gli uomini della Difesa, cioè le persone che hanno promesso di difendere me, lui, e tutti gli altri cittadini italiani”. Giorgetti, comunque, invita alla cautela, anche perché non è detto che le prospettive, in generale, siano poi così nere. Per garantire sempre un certa serietà, le simulazioni del Dfp “sono basate su ipotesi sfavorevoli”, ma lo scenario che sembra prospettarsi potrebbe essere “meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali”.

Tra gli avanti e indietro dell’amministrazione americana, alla fine l’esito delle trattative sui dazi potrebbe infatti rivelarsi più favorevole del previsto a livello internazionale e sorprese positive potrebbero arrivare anche dai prezzi dell’energia e dai tassi d’interesse. Insomma, il quadro macroeconomico “è soggetto anche a rischi positivi”, suggerisce Giorgetti, offrendo un altro punto di vista rispetto alle prospettive incerte indicate a più riprese dall’Ufficio parlamentare di bilancio, da Confindustria e da Bankitalia per il “contraccolpo inevitabile” dei dazi. Il ministro non crede nemmeno alla deroga al patto di stabilità per le spese militari: in questo momento il governo italiano non la utilizzerà, in attesa di vedere quale sarà l’orientamento generale del vertice Nato di giugno.

Anche perché, sottolinea, “calibrare la spesa militare significa fare delle scelte”, e – secondo le stime dell’Upb – significa anche incidere su debito e deficit, alzando entrambi i valori e rimandando l’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione Ue. Il debito va invece assolutamente ridotto: per un Paese come il nostro, fa notare Bankitalia, “l’ultimo obiettivo” è proprio quello. La regola della spesa, che pure l’Italia nel Dfp rispetta alla lettera, è solo “uno strumento intermedio”. Sull’andamento a medio termine del debito mancano però i dettagli, lamenta la banca centrale, a cui fanno eco anche Upb e Corte dei conti che parlano di informazioni “incomplete” e di indicazioni “limitate” sulla spesa, sul Pnrr e sulle scelte per la difesa. Da qui le critiche delle opposizioni. Secondo il dem Antonio Misiani, il Dfp di Giorgetti “è il nulla cosmico”, con “neanche l’ombra di una strategia”.

Il M5S punta invece il dito sulle spese della difesa che non avranno impatto nemmeno sulla crescita economica e critica l’assenza del ministro (impegnato a Washington al Fmi) in Aula durante la discussione in Aula la prossima settimana.

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