Signor Sindaco, autorità,
E’ con grande partecipazione che mi rivolgo a voi, ragazze e ragazzi, che vivete la vostra giovinezza in questa terra, in passato così duramente ferita dalla presenza della criminalità organizzata. E che ora è protagonista di una stagione straordinaria di fermento e di riscatto.
Cari studenti, questo incontro è dedicato a voi, testimoni di speranza.
Come ha detto la Dirigente Scolastica, Paolella, siete “figli della rinascita”. Una rinascita sottolineata anche dalla Professoressa Ferraiuolo. Che ha ben richiamato Maria, ricordando che i vostri genitori e i vostri docenti hanno trovato “la forza e il coraggio di riscattare la vostra identità”. E voi potete avere adesso un respiro e un orizzonte più ampio, come vi ha offerto l’esperienza del progetto Erasmus che Gabriele e Maria hanno ricordato.
Grazie al nostro moderatore, Luigi Ferraiuolo, giornalista, custode della memoria di Don Diana.
Ringrazio i ragazzi che hanno prodotto il video – così efficace – che abbiamo visto poc’anzi.
Un saluto di particolare intensità ai familiari presenti delle vittime innocenti della criminalità organizzata nel Casertano.
Un saluto alle forze dell’ordine che garantiscono la presenza dello Stato e la legalità, premessa indispensabile di ogni sviluppo sociale ed economico.
Oggi l’Italia ricorda tutti i caduti per mano della mafia, della camorra, della ndrangheta. Donne e uomini che hanno sfidato la prepotenza mafiosa, rifiutandosi di sottostare alla paura e alla sopraffazione. Cittadine e cittadini coraggiosi, fedeli al senso del dovere e alla propria dignità personale. Tra le vittime anche bambini, uccisi per errore o per vendetta.
La mafia è violenza ma, anzitutto, viltà. I mafiosi non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Si presentano forti con i deboli. Uccidono persone disarmate, organizzano attentati indiscriminati, non si fermano davanti a donne e a bambini. Si nascondono nell’oscurità.
Prima di venire qui, nella vostra scuola, mi sono recato al cimitero, davanti alla tomba di Don Peppino Diana, dove ho incontrato i suoi familiari.
Don Peppino era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione.
Don Diana aveva capito, nella sua esperienza quotidiana, che la criminalità organizzata è una presenza che uccide persone, distrugge speranze, alimenta la paura, semina odio e ruba il futuro dei giovani.
Usava parole “cariche di amore” come ha ricordato Maria. Parole chiare, decise, coraggiose. Dopo l’uccisione di un innocente scrisse: “Non in una Repubblica democratica ci pare di vivere ma in un regime dove comandano le armi. Leviamo alto il nostro No alla dittatura armata”.
E’ esattamente così. Le mafie temono i liberi cittadini. Vogliono persone asservite, senza il gusto della libertà.
Le mafie sono presenti in tutte le attività più turpi e dannose per la comunità: la prostituzione, il traffico di esseri umani, di rifiuti tossici, il caporalato, il commercio di armi, quello strumento di morte che è la droga, lasciando nel territorio povertà e disperazione.
Oltre a reclamare una maggiore e più efficace presenza dello Stato, don Peppino Diana aveva rivolto il suo forte e accorato appello al coraggio, alla resistenza, per liberarsi dalla camorra, proprio ai suoi parrocchiani, ai cittadini, alla società civile, alle coscienze delle persone oneste.
Aveva capito che la mafia è anche conseguenza dell’ignoranza, del sottosviluppo, della carenza di prospettive, e che quindi la repressione – indispensabile – non è sufficiente e che la mafia si sconfigge definitivamente sviluppando modelli fondati sulla legalità, sulla trasparenza, sulla cultura, sull’efficienza della macchina pubblica.
Per tutti questi motivi, cari ragazzi, la lotta alle mafie riguarda tutti, ciascuno di noi. Non si può restare indifferenti, non si può dire: non mi riguarda. O si respingono con nettezza i metodi mafiosi o, anche inconsapevolmente, si rischia di diventarne complici.
Battere la mafia è possibile. Lo diceva Giovanni Falcone: «La mafia non è affatto invincibile. E’ un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine».
Casal di Principe lo ha dimostrato. L’efferato omicidio di don Peppino Diana è stato un detonatore di coraggio e di desiderio di riscatto. Ha prodotto un’ondata di sdegno, di partecipazione civile, una vera battaglia di promozione della legalità. Lo ha ricordato il Sindaco, rammentando la grande partecipazione popolare che 29 anni fa ha accompagnato il feretro di don Diana.
La popolazione ha detto basta alla sopraffazione e alla prepotenza, agevolando, in modo decisivo, l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura. Sono stati tagliati – con l’entusiasmo, con la resistenza, con il rifiuto dei metodi mafiosi, persino con l’ironia – quei fili di complicità, di connivenze, di paura che tenevano incatenati ideali, sogni, energie positive e creative.
Nei bunker pieni di lusso dove vivevano, asserragliati, i capi della camorra di Casal di Principe oggi si trovano attività di assistenza, di volontariato, di creatività, di imprenditoria solidale. La città rappresenta un modello virtuoso di partecipazione civile. La solidarietà, l’inclusività, l’arte, la cultura, l’allegria sono antidoti alla mentalità mafiosa, che prospera nell’ignoranza, nel disprezzo degli altri, nella paura.
La Repubblica Italiana considera prioritaria la lotta a tutte le mafie. Con leggi e strumenti avanzati, grazie all’impegno di inquirenti e forze dell’ordine – ai quali dobbiamo sempre esprimere la nostra vicinanza e la nostra riconoscenza – sono state disarticolate organizzazioni potenti e minacciose, capi arroganti sono stati assicurati alla giustizia, intere aree sono state liberate dalla oppressione mafiosa.
Grazie anche al lavoro prezioso di associazioni di volontariato, la cultura dell’antimafia, il rigetto dei metodi criminali si sono diffusi in modo straordinario, specialmente tra i giovani, spezzando le catene dell’omertà e della paura.
Non dobbiamo smettere di vigilare. La criminalità organizzata è capace di vivere nascosta, pronta a rialzare la testa al minimo sintomo di cedimento.
La Repubblica vi è vicina. Tutte le amministrazioni pubbliche devono far sentire con efficacia la loro presenza accanto ai cittadini. Insieme a tutte le espressioni della società civile.
La politica sia autorevole nel dare risposte alle emergenze e ai problemi socio-economici dei territori. L’amministrazione sia efficiente, rapida nelle soluzioni e trasparente.
Come hanno chiesto con chiarezza la Dirigente Paolella e Gabriele, le istituzioni sono chiamate ad abbattere le barriere che impediscono ai giovani di realizzare i propri sogni nel territorio in cui hanno le loro radici.
Care ragazze e cari ragazzi, Maria e Fabrizio hanno parlato dei preconcetti, dei pregiudizi che registrano sovente. Vi comprendo bene: anche la mia città ne ha subiti. Ma voi dovete essere fieri di essere nati in questa terra, che ha saputo compiere questa vera, grande, rinascita. Dovete avvertire l’orgoglio di essere concittadini di Don Diana.
Dovete rifiutare, fin dai banchi di scuola, la sopraffazione, la violenza, la prepotenza, il bullismo, che sono un brodo di coltura della mentalità mafiosa.
Ricordate sempre che siete la generazione della speranza, quella a cui don Diana ha passato idealmente il testimone della legalità.
Un grande magistrato, conoscitore dell’organizzazione mafiosa, Antonino Caponnetto, soleva ripetere che “i mafiosi temono di più la scuola che i giudici, perché l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa.”
In questa scuola, con i vostri docenti, state ponendo le basi per un futuro migliore, per il vostro territorio e per la vita delle vostre comunità.
Sono venuto a portarvi l’apprezzamento e l’incoraggiamento della Repubblica.
L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia.
Auguri !