Collegati con noi

Politica

Attacchi ai giudici, stop di Di Maio a Salvini: caro Matteo i pm arrestano mafiosi e corrotti, vanno rispettati

Pubblicato

del

C’è imbarazzo e anche una punta di rabbia tra ministri e classe dirigente pentastellata per gli attacchi quotidiani di Matteo Salvini alla magistratura. Sembra di rivivere il clima velenoso di anni che sembravano essere stati messi alle spalle, quando tra Silvio Berlusconi e i magistrati ogni giorno c’era una battaglia da fare, un  guerra da vincere. 
Le due inchieste che hanno fatto saltare i nervi a Salvini sono quella della nave Diciotti svolta da Agrigento. Qui lo si accusa di reati che vanno dal sequestro di persona ad abusi vari. Poi c’è l’inchiesta con tanto di sentenza di primo grado sulla presunta truffa sui rimborsi elettorali. In questo caso i reati, ancora presunti, sarebbero stati commessi dall’ex leader Umberto Bossi. L’attuale Lega, quella di Salvini, dovrebbe sborsare 49 milioni di euro truffati da Bossi. Se così fosse dovrebbero chiudere. I mugugni dei 5 Stelle e il parlar chiaro tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, per ora fa rientrare lo scontro pesantissimo in atto tra il ministro dell’Intern0 e i vertici della magistratura. Salvini si è ammorbidito un poco. “Non c’è nessun golpe giudiziario. C’ è un’inchiesta giudiziaria. Io spero che i giudici facciano bene. Di sicuro, non mi tolgono il sonno”. E in effetti i giudici non vogliono togliere il sonno a Salvini ma fare il loro mestiere. C’è un controllo di legalità da effettuare per la questione della nave Diciotti. Qui peraltro i magistrati devono indagare anche perchè ci sono stati esposti e denunce circa presunte illegittimità compiute da Salvini. Comunque sia Matteo Salvini dopo la diretta Facebook con in mano l’avviso di garanzia inviatogli dalla Procura di Palermo per “sequestro di persona aggravato” nell’inchiesta sul caso Diciotti aveva contestato l’indagine perché “io sono eletto, i giudici no”.
Parole che ricordavano tempi cupi di scontro quotidiano durissimo ai tempi di Berlusconi premier. Le accuse di Salvini ai magistrati questa volta hanno visto una presa di distanza del M5S. Dal vice premier Luigi Di Maio al Guardasigilli Alfonso Bonafede hanno invitato Salvini a moderare il più che legittimo risentimento ed evitare scontri istituzionali. Così Salvini ha fatto una parziale retromarcia a Cernobbio. “Rispetto il lavoro di tutti, se sono un sequestratore ne trarrò le conseguenze. Non sono sopra la legge, aspetto con totale rispetto, celerità e curiosità le sentenze che mi riguardano e sono disponibile ad andare a Palermo a piedi a spiegare come e perché sto combattendo l’ immigrazione clandestina”. Almeno nei toni Salvini cambia passo. Anche perchè c’ersa da tenere conto del fastidio degli alleati, da sempre su una linea di sostegno alla magistratura. “Ieri gliel’ho detto – ha spiegato Luigi Di Maio in diretta Facebook riferendosi a Salcini- che non deve attaccare i magistrati, perché sono gli stessi magistrati che arrestano i corrotti, i mafiosi, gli scafisti, e di questo siamo contenti. Allo stesso modo i magistrati si rispettano quando ci indagano. La scelta sulla Diciotti l’abbiamo fatta tutti insieme e tutti quanti la portiamo insieme senza perdere la testa, con calma e sangue freddo”.
Il passo indietro di Salvini fa respirare la maggioranza, a partire dal ministro della Giustizia Bonafede che ribadisce che “la magistratura va rispettata”, anche se un ministro “ha tutto il diritto di dire che un magistrato sta sbagliando” ma senza etichettare i giudici “di sinistra o di destra”.

Advertisement

Politica

Il ritorno del centro della politica: nostalgie, progetti e nuove divisioni

Pubblicato

del

Il centro politico italiano, quel territorio che per decenni ha rappresentato la spina dorsale del sistema con la Democrazia Cristiana, torna sotto i riflettori. Ma più che un ritorno ordinato, sembra un affollato ingorgo. Sabato 18 gennaio sarà una giornata simbolica e intensa per i nostalgici del centrismo, con eventi e convegni che cercano di rilanciare un’idea politica che molti ritengono ormai relegata alla storia.

Due eventi, due visioni del centro

A Milano, Graziano Delrio con la sua “Comunità democratica” darà vita al convegno “Creare legami, guarire la democrazia”. Qui, personalità di spicco del cattolicesimo democratico come Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti discuteranno del futuro del centrosinistra, con un occhio di riguardo per quelle “esperienze civiche” che oggi tendono verso l’astensionismo.

A Orvieto, invece, l’assemblea nazionale di “Libertà Eguale” vedrà protagonisti esponenti della cultura politica liberale e riformista come Paolo Gentiloni, possibile leader di una “Margherita 2.0”, e Stefano Ceccanti. Due approcci paralleli che mirano a ricostruire il centro del centrosinistra, ma con rischi evidenti di dispersione.

La nostalgia della Balena Bianca

Nel frattempo, sul fronte del centrodestra, Gianfranco Rotondi rilancerà la Democrazia Cristiana con tanto di simbolo storico. “Siamo pronti per una nuova Balena Bianca”, ha dichiarato, sottolineando che la porta è aperta a chiunque voglia unirsi al progetto.

Il nodo dei voti e l’incertezza del centro

Il grande ostacolo per questi movimenti rimane la frammentazione del bacino elettorale. Secondo Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli, solo l’8% degli italiani si identifica come centrista, e la metà di questi auspica un grande partito cattolico. Tuttavia, l’attrazione verso una “terza via” appare limitata, schiacciata dalla logica bipolare.

Progetti come quello di Vincenzo Spadafora, che si appresta a lanciare il movimento Primavera, si sommano alle già consolidate presenze di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Un’offerta politica affollata che rischia di frammentare ulteriormente il consenso.

Il parere degli scettici

Tra i tanti promotori di iniziative, spicca l’assenza di Clemente Mastella, figura storica del centrismo italiano. Con un pizzico di disillusione, Mastella ha commentato: “Vedrete che alla fine tutto resterà così com’è. Purtroppo.”

Uno spazio incerto

Il fermento intorno al centro dimostra che il desiderio di una politica moderata e riformista esiste ancora. Tuttavia, la difficoltà di creare un’unità d’intenti e la pressione di un sistema politico sempre più polarizzato lasciano dubbi sull’effettiva possibilità di un nuovo inizio per il centrismo italiano.

Continua a leggere

Politica

Giustizia, primo sì del Parlamento alla separazione delle carriere

Pubblicato

del

Via libera della Camera alla separazione delle carriere. Si tratta del primo dei quattro passaggi parlamentari richiesti per l’ok al disegno di legge che modifica il titolo IV della Costituzione prevedendo carriere separate di magistrati requirenti e giudicanti, due Csm distinti, l’estrazione a sorte dei loro componenti e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare. Un sì a “maggioranza schiacciante”, ha rivendicato il ministro Carlo Nordio auspicando l’approvazione finale entro l’estate. Quasi inevitabile il successivo referendum, auspicato peraltro dallo stesso titolare della Giustizia.

E, con il voto, torna altissima la tensione con l’Anm secondo cui la riforma mette a rischio “l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”, isola i pm, ne “mortifica la funzione di garanzia” e toglie garanzie a tutti i cittadini. Alzano gli scudi anche i candidati e le candidate di Magistratura democratica che propongono forme di protesta più visibili: durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario, “i magistrati, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola”. Nordio tira dritto, promette che sarà “spezzato il legame patologico delle correnti” in magistratura e dice no ai “processi alle intenzioni” di chi sostiene che “la riforma prima o dopo sottoporrà il pm all’esecutivo, cosa che – garantisce – è esclusa”.

Nell’emiciclo della Camera i sì sono stati 174, i no 92 e gli astenuti 5: Azione e +Europa hanno votato a favore (i calendiani ricordano che la separazione delle carriere era nel loro programma elettorale) e Iv si è astenuta pur condividendo la ratio della riforma. Sulle barricate Pd, M5s e Avs. Approvato anche un odg dell’azzurro Enrico Costa che impegna il governo “a valutare l’opportunità di garantire concorsi separati per l’accesso alla magistratura requirente e giudicante”. L’esecutivo ha proposto una riformulazione anche di diversi odg sulla parità di genere, ma la riscrittura non è stata accolta dalle opposizioni in quanto definita troppo aleatoria: “Inaccettabile che la maggioranza non riconosca la centralità di questo tema”, l’accusa. E’ passato, invece, quello di Paolo Emilio Russo (FI) con l’impegno a “valutare ogni più opportuno intervento diretto a consentire il rispetto della parità di genere”. In Aula il dibattito si è infuocato tra i sostenitori e i detrattori della riforma.

“Indebolisce l’autonomia e l’indipendenza” della magistratura, ha attaccato Cafiero De Raho per il M5s. Il Pd ha puntato il dito contro “l’intento punitivo” e “il furore ideologico” del provvedimento, accusando la maggioranza di voler “smantellare la Costituzione”. Mentre Angelo Bonelli di Avs ha parlato di una “deriva autoritaria” che “mira a costruire un’Italia in cui la magistratura risponda al potere esecutivo”. In festa Forza Italia: “Dopo 35 anni realizziamo il sogno di Silvio Berlusconi”, ha esultato Tommaso Calderone. “È una riforma non scritta contro qualcuno, ma per avere una giustizia più giusta”, ha rivendicato il leader di partito Antonio Tajani. Per la leghista Simonetta Matone “la separazione delle carriere è un potente mezzo per la riforma della giustizia”.

“Un altro impegno rispettato da FdI”, ha sottolineato la meloniana Maria Carolina Varchi. Il ddl costituzionale prevede due distinti organi di autogoverno: il Csm della magistratura giudicante e quello della magistratura requirente: la presidenza in entrambi i casi è attribuita al capo dello Stato. I componenti sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento e, per i due terzi, rispettivamente, da un canestro di magistrati giudicanti e requirenti. L’Alta Corte avrà giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, tanto giudicanti che requirenti. Dopo i quattro passaggi parlamentari (a meno che il testo non venga approvato dai 2/3 dei componenti delle due Camere in entrambe le seconde votazioni) la riforma potrà essere sottoposta a referendum.

Continua a leggere

Politica

Endorsement di Sala al terzo mandato per i governatori

Pubblicato

del

“Hanno ragione Zaia e De Luca”. Sul terzo mandato ai governatori e anche ai sindaci delle grandi città arriva l’endorsement del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che si schiera con il governatore della Lega e con quello del Pd favorevoli a candidarsi per un nuovo mandato tra le polemiche, le divisioni della politica e i limiti della legge. Il primo cittadino di Milano non sembra disdegnare un terzo mandato anche per lui, se la legge dovesse consentirlo, anche se rimane cauto e cita un film di 007, cioè di James Bond di cui lui è un cultore, “Never say never again, cioè mai dire mai”.

Sul tema del limite dei mandati per i governatori “sono d’accordo con Zaia e De Luca – spiega invece Sala in un’intervista radiofonica a Rtl – questo limite non dovrebbe esserci nemmeno per i sindaci”. L’Italia, questo il ragionamento, è l’unico Paese in Europa ad avere questo limite ad eccezione del Portogallo che ne ha tre, “noi dobbiamo sempre essere speciali?”, dice Sala. E a chi osserva che ci potrebbe essere una eccessiva concentrazione di poteri, replica che ci sono “i consigli comunali, quello regionale, gli organismi di controllo, i giudici, la Corte dei conti e poi c’è il supremo controllore che è l’elettore”.

Quindi “ha ragione Zaia quando dice che non prende lezioni da chi sta 30 anni in Parlamento, anche no”. Quello del terzo mandato ai governatori è un tema che infiamma il dibattito politico. Se il sindaco di Milano si schiera con i governatori, la segretaria del Pd, uno dei partiti che sostiene Sala a Milano, Elly Schelin, ha chiuso le porte al terzo mandato dicendo che il partito è contrario e che punta a costruire una alternativa in Campania. Sul fronte delle città nel 2024 è stato abolito il limite del numero dei mandati per i Comuni piccoli mentre è stato portato da due a tre per quelli tra 5 e 15mila abitanti. Quindi al momento per legge Beppe Sala non potrebbe ricandidarsi nel 2027, quando si voterà per le comunali, nonostante il suo assist al terzo mandato e il suo “mai dire mai” che lascia aperta una possibilità. Non tutti peró sono contenti all’idea di un terzo mandato del sindaco, anche nella sua maggioranza. Come il consigliere dei Verdi Carlo Monguzzi, spesso critico con la giunta: “Senza rancore e con leggerezza, nel caso di una terza ricandidatura io lavorerei con passione a una lista alternativa ambientalista e di sinistra”, conclude.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto