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Di Battista attacca la Lega: devono restituire il maltolto. Salvini tratta con i pm per pagare a rate

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Matteo Salvini abbassa i toni della polemica con la magistratura ma resta aperta la questione dei 49 milioni di contributi pubblici truffati (lo dice una sentenza di primo grado del Tribunale di Genova) da restituire agli italiani. Si va verso un prelievo “graduale”, a rate, per consentire alla Lega di poter proseguire l’attività politica. E questa sarebbe la posizione della procura di Genova che ovviamente nell’amministrare la giustizia certo non pensa di chiudere la Lega ma di recuperare i soldi. Non siamo ancora arrivati in Cassazione, c’è il ricorso annunciato dai legali del Carroccio entro questa settimana, potrebbe anche darsi che la Lega riesca a uscirne indenne da questa vicenda giudiziaria che tocca i leader del passato, in attesa però c’è una sentenza da eseguire. La questione dei fondi da restituire è però un nervo scoperto in maggioranza di Governo. Alessandro Di Battista è andato giù pesante nella vicenda. “La Lega deve restituire fino all’ ultimo centesimo il maltolto – erano state le parole del leader pentastellato -, non c’entra niente il processo politico». Ma Di Battista entra in polemica a tutto tondo facendo la parte dell’ariete, un po’ in concorrenza e un po’ a sostegno di Di Maio: sulla nazionalizzazione di Autostrade “se la Lega si tirasse indietro si sputtanerebbe», avverte. Altrettanto dicasi se ferma “il ddl anticorruzione targato M5s”. Salvini non si scompone: “Sono questioni interne al M5s… io tiro dritto, non mollo”. E dà un consiglio a Di Battista: “Fossi in Guatemala passerei il tempo in maniera più ludica”.
Ma intanto arriva la mezza schiarita sul caso di Genova. L’ ipotesi del prelievo graduale è stata formulata ieri dopo un incontro in procura tra l’aggiunto Francesco Pinto, il pm Paola Calleri, gli uomini del nucleo tributario delle Fiamme Gialle e i legali della Lega, gli avvocati Giovanni Ponti e Roberto Zingari. I due si sono poi recati in via Bellerio, alla sede del Carroccio, per illustrare l’ipotesi e lavorare a tempi e modalità: quanto farsi prelevare, quanto lasciare in cassa per la gestione ordinaria. Giovedì scorso il tribunale del Riesame aveva di fatto recepito le indicazioni arrivate dalla Cassazione: il sequestro dei soldi deve essere eseguito su tutti i conti della Lega e su quelli comunque riconducibili al partito. Le Fiamme Gialle stanno andando avanti a individuare tutti i possibili “depositari” dei fondi: fondazioni, associazioni e onlus riconducibili al Carroccio. I soldi che verranno bloccati confluiranno poi nel Fug, il fondo unico della giustizia dove già si trovano i tre milioni sequestrati lo scorso anno. In cassa, secondo una perizia depositata dai legali del partito, ci sono adesso 5-6 milioni di euro, frutto di donazioni, contributi volontari dei parlamentari e del 2 per mille delle dichiarazioni dei redditi e quindi, per la difesa, intoccabili. Per questo, comunque, la Lega impugnerà il provvedimento del Riesame (che ha stabilito diversamente) in Cassazione. Intanto il 18 settembre è prevista l’ udienza del processo d’appello a Umberto Bossi, l’ex tesoriere Francesco Belsito e i tre ex revisori contabili che in primo grado erano stati condannati per la maxi truffa. E prosegue il lavoro degli inquirenti per l’inchiesta sul riciclaggio. L’indagine era partita dall’esposto di uno dei revisori contabili, secondo cui una parte di quei 49 milioni di euro è finita in un paradiso fiscale all’estero. In questi giorni, i pm genovesi hanno ottenuto l’ok per la rogatoria internazionale e nelle prossime settimane si recheranno in Lussemburgo (dove si pensa che siano finiti 10 milioni di euro) per ascoltare un funzionario di una fiduciaria che avrebbe movimentato quei soldi.

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Meloni sente leader internazionali, telefonata con Schlein

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L’attacco degli Usa all’Iran alimenta lo spettro di una guerra globale e impone all’Italia di rimodulare la strategia: continuare a lavorare per la de-escalation, ma al contempo prepararsi anche al peggio. Per questo, la premier Giorgia Meloni ha riunito in videoconferenza tutti i ministri interessati e i servizi e, a seguire, ha sentito diversi leader internazionali condividendo con loro la necessità di riprendere rapidamente i negoziati e giungere ad una soluzione politica della crisi. Poi, un punto telefonico con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, per tenerlo informato e condividere l’obiettivo di far tornare l’Iran al tavolo delle trattative. La postura dell’Italia nello scacchiere mediorientale è stato oggetto anche di una lunga telefonata con la segretaria del Pd, Elly Schlein, che chiede al governo di non partecipare ad azioni militari né di consentire “che il nostro territorio possa essere utilizzato per fornire sostegno alla guerra”.

Questa istanza, sposata da buona parte del centrosinistra, finisce per evidenziare la complessità strategica davanti a cui si trova la premier: tenere fuori il nostro paese da una possibile escalation militare senza sfilacciare il solido rapporto con Donald Trump, rimanendo coerenti con l’assunto che l’Iran non possa dotarsi della bomba atomica e perorando al contempo la causa del negoziato. “L’attacco degli Usa segna un’escalation dagli esiti incontrollabili”, afferma anche Giuseppe Conte che si rivolge direttamente a Meloni: “Non dia la disponibilità delle nostre basi militari per questa escalation e garantisca che nessun colpo sarà sparato da un nostro soldato”. Un primo confronto ci sarà in Parlamento, quando la presidente è attesa alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio Ue, con i partiti che stanno limando le risoluzioni sul tema dopo l’evoluzione della crisi in Medio Oriente. Avs chiede all’esecutivo di dissociarsi dall’azione condotta da Trump, Azione vorrebbe che la premier sentisse tutte le opposizioni (e non solo Schlein).

Al vertice mattutino,convocato in videochiamata dalla premier, hanno preso parte i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini,i ministri Matteo Piantedosi, Guido Crosetto, Giancarlo Giorgetti, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e i vertici dell’Intelligence. L’obiettivo primario del governo è consentire ai connazionali di lasciare in sicurezza i luoghi del conflitto: l’Italia, spiega il titolare degli Esteri, non è stata avvertita dell’imminente attacco statunitense, ma “era nell’aria”, tanto che una quarantina di carabinieri italiani sono già riusciti a rientrare da Baghdad.

Parallelamente, serve organizzarsi velocemente per reggere i possibili impatti sull’economia – in particolare gli effetti sui costi dell’energia per la possibile chiusura dello stretto di Hormuz – e sulla sicurezza. Perché, come ammette senza troppi giri di parole il titolare degli Esteri, i “rischi ci sono” anche per l’Italia a causa delle “presenze americane e israeliane”. E l’allerta di intelligence e forze dell’ordine ora è “massima”. Potenziate, dunque, le misure antiterrorismo, riflettori puntati sui siti sensibili, attenzione altissima su eventuali attacchi cyber.

Dopo aver analizzato il fronte interno, la premier si è dedicata poi a quello diplomatico, tenendo contatti in giornata con diversi partner internazionali e con i principali attori della regione: il presidente di turno del G7, il premier canadese Mark Carney, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, quello saudita Mohammad bin Salman Al Saud, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. Il mantra, è evitare in ogni modo un ulteriore allargamento del conflitto.

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Martusciello (FI): vorrei una donna a guidare la Campania

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“Nella cartellina che Antonio Tajani porterà con sé all’incontro con gli altri leader del centrodestra per discutere il candidato presidente della Regione Campania ci sono tre nomi conosciuti e uno coperto”. Lo ha detto Fulvio Martusciello, segretario regionale di Forza Italia, intervenendo a Calvi, in provincia di Benevento, all’assemblea del partito. “Il mio sogno – ha aggiunto – è che sia una donna a guidare la Regione Campania, per infrangere anche qui il tetto di cristallo. Al tempo stesso i profili in campo sono tutti di straordinario livello”. Alla domanda se il nome possa essere quello di Annamaria Colao, Martusciello ha risposto: “Assolutamente no. Non è mai arrivata da nessuno questa proposta e penso che lei non sia interessata. Io ho in testa il nome di una donna di assoluto valore”.

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Meloni-Schlein, telefonata dopo gli attacchi Usa all’Iran: confronto istituzionale in un momento di crisi

Dialogo aperto tra governo e opposizione.

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Secondo fonti del Nazareno, si è tenuto un lungo colloquio telefonico tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. La conversazione è avvenuta a seguito degli attacchi statunitensi contro l’Iran, in un momento di forte tensione internazionale.

Il confronto tra le due leader avrebbe avuto un carattere istituzionale, con l’obiettivo di condividere informazioni e valutazioni sull’evoluzione della crisi e le possibili ripercussioni per l’Italia, sia sul piano diplomatico che su quello della sicurezza.

Una crisi che preoccupa anche l’Italia

La telefonata tra Meloni e Schlein si inserisce in un contesto di crescente instabilità in Medio Oriente, con Israele, Iran e Stati Uniti protagonisti di una nuova escalation militare. L’Italia, partner Nato e membro dell’Unione europea, segue con attenzione lo sviluppo degli eventi, che potrebbero avere effetti anche sulla politica energetica e sull’equilibrio internazionale.

La chiamata rappresenta anche un raro momento di dialogo diretto tra governo e opposizione, sottolineando l’importanza dell’unità nazionale in frangenti geopolitici delicati.

 

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