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La gaffe di Di Maio su Matera provincia pugliese? Emiliano: ridicola barzelletta

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Era una fake news, lo sapevano tutti ma c’era chi la alimentava ad arte. Per qualche ora alcuni giornali e portali on line si sono divertiti a convincere la gente che il vicepremier Luigi Di Maio fosse talmente ignorante da pensare che Matera si trovasse in Puglia e non in Basilicata. La prova di questa presunta ignoranza di Di Maio in un filmato dove si sente che il ministro chiede a Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, “ma con Matera cosa state facendo?”. Matera è sta scelta capitale europea della cultura 2019. E Matera, purtroppo, non ha un collegamento decente con l’aeroporto più vicino ovvero quello Bari. Di Maio che sa di investimenti della Puglia per aiutare Matera e dunque l’Italia aveva chiesto notizie, forse voleva e vuole anche rendersi utile in merito alle opere interregionali come il raddoppio della ferrovia Matera-Bari. Per ore però, complice il video nel quale Emiliano sembra capire male e rispondere “Matera è in Basilicata”, siti, giornali e commentatori si sono avventati sul ministro. Il Tempo: “Di Maio ne spara un’ altra e imbarazza tutti”; Libero: “Di Maio, terrificante gaffe: non sa che Matera è in Basilicata”. Il Corriere della Sera: “Matera in Puglia, la gaffe di Di Maio”. Lettera 43: “Per Di Maio Matera è in Puglia? Imbarazzo di Emiliano”. Emiliano, del Pd, per amore della verità,  è andato sulla sua pagina Facebook e ha rilasciato un video in cui difende Di Maio e spiega che quello che si è detto e scritto intorno alla sua conversazione con il ministro “è veramente una barzelletta, anche abbastanza ridicola”. “Il Ministro mi ha semplicemente chiesto cosa stiamo combinando per sostenere lo sforzo di Matera “capitale europea della cultura. Ovviamente, io ho detto che i pugliesi hanno investito 2,5 milioni di euro per sostenere l’evento culturale in sé più il finanziamento milionario del raddoppio della ferrovia Bari-Matera per interconnettere la Puglia con la Basilicata”. 

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Esteri

Russia: condannati tre avvocati di Navalny

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Vadim Kobzev, Alexei Liptser e Igor Sergunin, tre ex avvocati dell’oppositore russo Alexei Navalny, morto lo scorso anno in una colonia penale artica, sono stati condannati oggi a pene dai cinque anni e mezzo ai tre anni e mezzo di reclusione perché riconosciuti colpevoli di aver fatto parte di un’organizzazione “estremista”. Lo riferisce l’ong Ovd-Info, specializzata nell’assistenza legale agli oppositori.

Kobzev è stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione, Liptser a cinque anni e Sergunin a tre anni e mezzo. I tre legali, arrestati nell’ottobre del 2023, erano accusati di avere fatto uscire dal carcere in cui era rinchiuso Navalny e avere fatto pubblicare i messaggi in cui l’oppositore continuava ad attaccare il presidente Vladimir Putin e l’intervento armato russo in Ucraina. Lo stesso Navalny, morto il 16 febbraio 2024 mentre scontava una condanna a 19 anni di reclusione per “estremismo”, aveva stigmatizzato l’arresto dei tre avvocati giudicandolo “scandaloso” e definendolo un ulteriore tentativo di tenerlo isolato in prigione. La sentenza odierna è stata emessa dalla Corte di Petushki, nella regione di Vladimir, 115 chilometri ad est di Mosca, dove Navalny era stato rinchiuso per un periodo prima di essere trasferito nella colonia penale artica dove è deceduto.

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Roberto De Simone ricoverato: il mondo della cultura in apprensione per il maestro

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Preoccupazione tra amici, familiari e fan di Roberto De Simone, il celebre musicologo e compositore napoletano, ricoverato in ospedale a causa di disturbi respiratori legati a un’influenza. Il maestro, 91 anni, è stato trasportato in pronto soccorso lunedì sera, e ieri è stato trasferito in corsia per monitorare le sue condizioni. Pur non essendo gravi, l’età e gli acciacchi rendono la situazione delicata, spingendo il mondo della cultura a stringersi intorno alla figura di uno dei suoi massimi esponenti.

Un’eredità culturale immensa

De Simone è una delle figure centrali della cultura italiana, noto per il suo straordinario contributo all’etnomusicologia, al teatro e alla musica. Creatore della “Nuova Compagnia di Canto Popolare” e autore di opere iconiche come “La Gatta Cenerentola”, ha saputo fondere tradizioni popolari e alta cultura, mantenendo sempre uno sguardo attento al presente. Come lui stesso ha spesso dichiarato, «il teatro non è mai del tempo passato, ma è storia del presente».

L’ultima sua opera, risalente alla primavera scorsa, è stata “Dell’Arco Giovanna D’Arco”, una partitura in versi e prosa dedicata alla Pulzella d’Orléans. Questo lavoro riflette l’instancabile ricerca artistica di De Simone, che ha continuato a creare e studiare anche in condizioni di salute precarie.

Una vita dedicata alla musica

La musica è stata il cuore pulsante di tutta la sua opera. Fin da bambino, De Simone si avvicinò al pianoforte grazie a una zia, per poi iscriversi a soli 13 anni al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, istituzione che avrebbe segnato profondamente la sua carriera. Direttore del conservatorio dal 1995 al 1999, nominato “per chiara fama”, e direttore artistico del Teatro San Carlo, De Simone ha contribuito alla riscoperta e alla diffusione dei capolavori del Settecento napoletano, portandoli sui palcoscenici di tutto il mondo.

La sua passione per il recupero del patrimonio musicale e culturale lo ha reso una figura di riferimento, capace di combinare rigore accademico e creatività artistica. Tra i suoi progetti più ambiziosi, “Pergolesi in Olimpiade”, in cui ha integrato brani del compositore jesino con sue composizioni, adattandole alle esigenze vocali contemporanee.

Preoccupazione e affetto

Non è la prima volta che le condizioni di salute del maestro suscitano apprensione. Già una decina di anni fa, De Simone fu ricoverato per un ictus, superato brillantemente grazie alle cure ricevute presso il reparto di neurochirurgia del Cardarelli di Napoli. Oggi, come allora, il mondo dello spettacolo e della cultura segue con apprensione gli aggiornamenti sullo stato del maestro.

La sua figura resta un punto di riferimento imprescindibile per la cultura napoletana e italiana, e la speranza è che possa presto superare anche questa difficoltà.

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Economia

La pizza napoletana: un simbolo di arte, economia e made in Italy

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Non è solo un’icona culturale e gastronomica, ma un motore economico di primaria importanza per Napoli, la Campania e l’intero Paese. La pizza napoletana, piatto simbolo per eccellenza, genera un fatturato che supera i 15 miliardi di euro in Italia, con ricadute significative sull’export agroalimentare e sulla promozione del made in Italy.

Numeri da record per la “rossa”

Secondo Coldiretti, la produzione annuale di 2,7 miliardi di pizze richiede:

  • 200 milioni di chili di farina;
  • 225 milioni di chili di mozzarella;
  • 30 milioni di chili di olio d’oliva;
  • 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

La pizza si conferma così ambasciatrice dei prodotti italiani, contribuendo a sostenere un export agroalimentare che nel 2024 ha raggiunto quota 70 miliardi di euro, con incrementi significativi per l’olio extravergine di oliva (+56%) e il pomodoro trasformato (+6%).

Riconoscimenti e impatto globale

Il riconoscimento nel 2017 dell’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani come patrimonio immateriale dell’Unesco ha consolidato la fama internazionale della pizza napoletana, stimolando occupazione, turismo e formazione. Le accademie dedicate, molto frequentate da giovani di tutto il mondo, da Giappone a Brasile, attirano sempre più appassionati verso Napoli, oggi considerata l’hub mondiale della cultura alimentare.

Come sottolinea Alfonso Pecoraro Scanio, presidente di Univerde, questo riconoscimento ha dato una spinta decisiva alla diffusione del marchio napoletano, trasformando la pizza in un’attrazione globale. Non è un caso che Napoli sia stata incoronata da Taste Atlas come la città dove si mangia meglio al mondo.

Un mercato mondiale in crescita

A livello globale, il mercato della pizza vale quasi 160 miliardi di euro. Gli Stati Uniti guidano il consumo con una media di 13 chili pro capite l’anno, seguiti dall’Italia con 7,8 chili. La passione per la pizza è universale, ma è l’Italia, e in particolare Napoli, a detenere il primato nella qualità e autenticità.

Le sfide del made in Italy

Nonostante il successo, il settore deve affrontare la concorrenza sleale dei prodotti contraffatti. Il fenomeno dell’Italian sounding genera un giro d’affari di oltre 120 miliardi di euro, con il rischio di danneggiare la reputazione dei prodotti autentici. Nel 2023, l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro cinese, un problema denunciato da Coldiretti e Anicav, che evidenziano i pericoli per il settore agroalimentare nazionale.

Un simbolo di cultura e tradizione

La pizza napoletana Stg (Specialità tradizionale garantita) è tutelata per legge, garantendo l’uso esclusivo di ingredienti italiani certificati come la mozzarella di bufala campana Dop, l’olio extravergine di oliva e il basilico fresco. Tuttavia, interpretazioni fantasiose all’estero, come le pizze all’ananas o alla carne di canguro, rischiano di danneggiare l’immagine di un prodotto che rappresenta la migliore tradizione italiana.

La pizza napoletana non è solo un cibo, ma un patrimonio culturale ed economico che incarna l’essenza del made in Italy. La sfida per il futuro è proteggere la sua autenticità, garantendo che ogni morso racconti la storia, la tradizione e la qualità inimitabile di Napoli e della Campania.

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