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Debutta Green pass a scuola, super app dal 13 settembre

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L’obbligo del Green passdiventa realtà da oggi nel mondo della scuola. Un primo banco di prova saranno gli esami di recupero: gli istituti dovranno verificare se il personale e’ in regola oppure no con il certificato verde. In attesa della piattaforma, la super app su cui e’ al lavoro il ministero e che oggi ha incassato il via libera del garante della Privacy, si partira’ con i controlli ‘manuali’ attraverso la App VerificaC19, utilizzata anche da bar e ristoranti. Affinche’ la piattaforma diventi operativa bisognera’ aspettare l’avvio vero e proprio delle lezioni. “Dal 13 settembre sara’ funzionante e nel pieno rispetto della privacy, perche’ e’ giusto che i dati sanitari restino riservati. Saranno solo i presidi ad effettuare il controllo: ognuno avra’ un semaforo rosso ed uno verde. E a controllare il Green pass del preside sara’ l’Ufficio scolastico regionale”, ha detto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. In questi primi 13 giorni, ha aggiunto, “presidi e docenti si organizzeranno” e “ci sara’ il riconoscimento manuale. Poi si passera’ a quello automatizzato”. A seguire con attenzione il ‘dossier scuola’ anche il premier Draghi. Lo ha detto oggi durante una conferenza dei servizi con i dirigenti scolastici, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. “Ho avuto un incontro con il presidente del Consiglio, il ministro dei Trasporti e della Salute. Draghi segue personalmente il dossier scuola. C’e’ tutto il governo e c’e’ il territorio” ha detto il ministro che ha definito la scuola il “perno fondante dell’unita’ nazionale”. L’incontro di oggi fa seguito a una circolare del ministero inviata ieri alle scuole. Nel documento viene spiegato che in questa prima fase potranno “ricorrere all’opera contestuale di piu’ soggetti ‘verificatori’, ciascuno delegato all’utilizzo dell’App ‘Verifica C19′”. Inoltre se “opportuno e possibile, potranno individuarsi ingressi diversi, per evitare assembramenti del personale”. Si lavora, intanto, alla piattaforma che dovrebbe essere pronta per l’inizio delle lezioni e consentira’ “l’interoperabilita’” fra il Sistema informativo in uso presso le scuole (SIDI) e la Piattaforma nazionale Digital Green certificate. In sostanza la scuola, collegandosi alla piattaforma, conoscera’ automaticamente la situazione del personale in servizio quel giorno. Critico il il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi: “alla vigilia dell’apertura ufficiale dell’anno scolastico, non sapendo ancora dare indicazioni gestionali sull’utilizzo del Green pass a scuola, si limita a dare informazioni e suggerimenti. Il problema e’ spostato in capo alle scuole”. E proprio oggi e’ arrivato l’atteso via libera del Garante della privacy che, in via d’urgenza, ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri che introduce modalita’ “semplificate” di verifica delle certificazioni verdi del personale scolastico. Mentre le Regioni hanno aperto ai test salivari per gli studenti per il monitoraggio della pandemia nelle scuole elementari e medie. “E’ prioritaria l’apertura delle scuole e quindi la presenza degli studenti in piena sicurezza, superando definitivamente la didattica a distanza” ha detto Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni, che nella seduta odierna ha esaminato i documenti sul Piano di monitoraggio della pandemia nelle scuole elementari e medie e le Indicazioni strategiche redatti da diversi soggetti, coordinati dal ministero della Salute. Documenti di cui le Regioni “condividono gli obiettivi”, anche se si tratta di “migliorare alcuni aspetti”. Intanto le scuole si preparano al nuovo anno. Al liceo Giulio Cesare di Roma, nel centrale quartiere Trieste, tutto e’ pronto per domani. Per i controlli “abbiamo previsto due assistenti amministrativi incaricati, gia’ a conoscenza delle questioni legate alla privacy, a cui si affiancheranno due collaboratori scolastici – -spiega la dirigente Paola Senese -. Si suddivideranno su due turni”. Domani sara’ presente a scuola circa un terzo del personale, ossia 30-40 persone. Mentre La Provincia di Bolzano anticipa lo screening sugli studenti. “Parteciperemo a quello nazionale – spiega il presidente Arno Kompatscher – ma, poiche’ in Alto Adige la scuola comincia prima che nel resto d’Italia, avvieremo una nostra attivita’ di monitoraggio”. E domani verra’ depositata alla Camera e al Senato una petizione firmata da oltre 25 mila tra docenti, personale Ata, genitori e studenti per chiedere al Parlamento di non convertire il decreto sul Green pass nelle scuole. Ad annunciarlo e’ stato avvocato ligure Daniele Granara.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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