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Economia

Crisi Stellantis: John Elkann e le sfide per il futuro dell’automotive

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L’industria automobilistica globale affronta una crisi profonda, trascinata da cambiamenti strutturali e dall’incapacità dei costruttori di gestire una transizione epocale. Tra i protagonisti di questo scenario, Stellantis si trova a un bivio cruciale dopo la recente uscita del CEO Carlos Tavares. John Elkann (foto Imagoeconomica in evidenza), presidente del consiglio di amministrazione, è chiamato a prendere decisioni strategiche che determineranno il futuro del colosso automobilistico.

La fine dell’era Tavares

Carlos Tavares lascia Stellantis dopo uno scontro con Elkann sulle strategie aziendali. Pur essendo stato una figura di rilievo, il suo mandato si conclude in modo burrascoso. Con uno stipendio annuo di circa 40 milioni di euro e una liquidazione che potrebbe raggiungere i 100 milioni, Tavares ha lasciato un’eredità controversa:

  • Delocalizzazione della produzione: stabilimenti italiani come quelli di Pomigliano, Mirafiori, Cassino e Melfiresteranno chiusi fino a gennaio 2025.
  • Modelli in difficoltà: vetture iconiche come Grande Panda, Fiat Tipo, Lancia Ypsilon e Jeep Avenger hanno visto cali nelle vendite.
  • Crollo delle vendite: a ottobre 2024, Stellantis ha registrato un calo del 17% nelle vendite europee, con una quota di mercato ridotta al 14,4%. Nel terzo trimestre, i ricavi si sono contratti del 27%, a 33 miliardi di euro.

Tavares, noto per il suo carattere ruvido, non ha lasciato un buon ricordo nemmeno nella classe politica e sindacale, aggravando il malcontento tra i lavoratori.

Le sfide di John Elkann

Ora tocca a John Elkann riprendere le redini dell’azienda, con una visione strategica che punti a:

  1. Pianificare un nuovo modello industriale: Michele De Palma, leader della Fiom-Cgil, ha chiesto «un piano industriale e occupazionale subito», accusando Tavares di aver delocalizzato la produzione.
  2. Riconciliare con i sindacati: Elkann dovrà costruire un rapporto più solido con i rappresentanti dei lavoratori e rispondere alle richieste di rispetto e tutela dei dipendenti.
  3. Riorientare la strategia tecnologica: Elkann sta valutando se abbandonare temporaneamente la mobilità elettrica pura a favore di una maggiore attenzione alle auto ibride, più sostenibili per il mercato attuale.

Il futuro di Stellantis: fusioni e alleanze

Elkann ha dichiarato di voler evitare ulteriori consolidamenti con altri costruttori, preferendo concentrarsi sulle potenzialità interne di Stellantis. Tuttavia, alleanze industriali mirate, come una possibile collaborazione con Renault, potrebbero rappresentare un’opportunità per rafforzare il posizionamento del gruppo sul mercato.

Elkann ha già avviato la ricerca di un nuovo CEO, che dovrà essere allineato con la visione degli azionisti e capace di guidare l’azienda verso una ripresa concreta.

Un’eredità complessa

La crisi di Stellantis è uno specchio della trasformazione globale dell’industria automobilistica, tra cali delle vendite, sfide tecnologiche e difficoltà a mantenere competitività. John Elkann si trova ora a un crocevia: dovrà dimostrare la capacità di riportare Stellantis al centro dell’arena globale, ristabilendo fiducia tra i lavoratori e rilanciando la produzione italiana.

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Effetto Trump, bruciati in Borsa 6.500 miliardi in 100 giorni

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Nei primi cento giorni di presidenza Trump ci sono stati 70 giorni di scambi a singhiozzo sui mercati finanziari e 32 giorni di perdite, con oltre 6.500 miliardi di dollari cancellati dal valore delle società quotate. Lo scrive il New York Times, secondo cui per i mercati finanziari il calo del 7% dell’indice S&P 500 rappresenta il peggior inizio di mandato presidenziale da quando Gerald R. Ford subentrò a Richard M. Nixon nell’agosto del 1974, dopo lo scandalo Watergate. La crisi, sottolinea il quotidiano, è persino peggiore di quando scoppiò la bolla tecnologica all’inizio del secolo, e George W. Bush ereditò un mercato già in caduta libera. Al contrario, Trump ha ereditato un’economia solida e un mercato azionario in ascesa da un massimo storico all’altro. La situazione è cambiata rapidamente quando Trump ha annunciato i suoi dazi il 2 aprile, facendo esplodere la volatilita’ nei mercati finanziari.

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Economia

Oxfam, compensi ad cresciuti del 50% per lavoratori solo +0,8%

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A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli ad.

E’ quanto riporta un’analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che: Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli ad più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari.

“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali”, spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%. Ma tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio ad, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.

Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali in Italia, secondo Oxfam se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.

“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili”.

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Economia

Wsj, cda di Tesla cerca un nuovo ceo per sostituire Musk

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Il consiglio di amministrazione di Tesla ha iniziato a cercare un nuovo CEO per sostituire il fondatore Elon Musk. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano la decisione è stata presa dopo il crollo delle azioni e degli utili di Tesla. Alcuni investitori ritengono che Musk sia troppo impegnato con il suo lavoro di capo del Dipartimento per l’Efficienza Pubblica (DOGE), che pure sembra volgere al termine. Non è stato reso noto se Musk sia stato informato della decisione.

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