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Crisi Russia-Ucraiana, Biden: sanzioni, armi a Kiev e truppe nei Baltici

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Sanzioni a due banche, al debito sovrano (che viene tagliato fuori dal mercato occidentale), alle elite russe e ai loro familiari. Insieme all’autorizzazione di nuove truppe Usa nei Paesi baltici e all’impegno di altre armi “difensive” a Kiev. Joe Biden alza i toni annunciando in diretta tv dalla Casa Bianca una “prima tranche” di misure (“ben oltre quelle del 2014 per l’annessione della Crimea”) contro “l’inizio dell’invasione russa”, dopo quelle sostanzialmente simboliche contro il Donbass. E incassa con soddisfazione il non scontato stop immediato di Berlino al gasdotto Nord Stream per il riconoscimento del Cremlino delle due repubbliche separatiste ucraine. “Cosa da’ il diritto a Putin di dichiarare la nascita di cosiddetti nuovi Stati su un territorio che appartiene ai suoi vicini?”, ha attaccato, definendola una “flagrante violazione del diritto internazionale”. Il commander in chief, tenendosi in stretto collegamento anche nella notte con gli alleati europei per coordinare la risposta a Vladimir Putin, ha discusso sino a martedi’ mattina il pacchetto di misure contro Mosca. E ha deciso di commisurarle alla situazione in corso per tenersi altri colpi in canna, come l’Ue e Londra, come deterrente contro un’ulteriore escalation della crisi. Ma anche per conservare un ultimo, strettissimo spiraglio diplomatico alla vigilia di un incontro (giovedi’) non ancora cancellato tra il segretario di Stato Antony Blinken (che oggi ha ricevuto a Washington il capo della diplomazia ucraina Mytro Kuleba) e il suo collega russo Serghiei Lavrov: “C’e’ ancora tempo per la diplomazia per evitare il peggio, purche’ sia seria”, ha sottolineato. Una posizione difficile e rischiosa, con i repubblicani (ma anche i dem) che lo incalzano per infliggere subito tutte le sanzioni piu’ dure. L’influente senatore Lindsey Graham ha chiesto di “distruggere il rublo e annientare il settore di gas e petrolio russo” definendo la mossa di Putin “una violazione degli accordi di Minsk e una dichiarazione di guerra contro il popolo ucraino”. “Abbiamo troppi Neville Chamberlain in questo mondo, abbiamo bisogno di piu’ Churchill”, ha sfidato Biden, riferendosi al troppo cedevole primo ministro britannico che nel 1938 scese a patti con Hitler. Anche Donald Trump ha preso la palla al balzo ammonendo che, se fosse alla Casa Bianca, Mosca non si sarebbe mai permessa di invadere l’Ucraina, benche’ piu’ di qualcuno si chieda cosa sarebbe successo davvero con lui al potere, dato il suo flirt con Putin e la sua ostilita’ verso la Nato. Ma il presidente e’ consapevole che da un lato una risposta troppo debole rafforzerebbe la convinzione di Putin che non paghera’ un prezzo significativo per quello che sta facendo e dall’altro che una risposta completa con tutte le sanzioni sul tavolo potrebbe indurre il leader russo a concludere che non e’ rimasto nulla che lo possa trattenere dall’invadere l’intera Ucraina. La Casa Bianca ha comunque cambiato toni nel giro di 24 ore. Fino a lunedi’ aveva evitato di parlare di invasione, sostenendo – tra le perplessita’ dei reporter – che l’entrata di truppe russe nel Donbass “non sarebbe di per se’ un passo nuovo” perche’ ci sono da anni e che la risposta sara’ commisurata alle azioni sul campo. Cosi’ martedi’ erano scattate solo le sanzioni contro le attivita’ finanziarie e commerciali nel Donbass. L’indomani pero’ il vice consigliere per la Sicurezza nazionale Jon Finer ha corretto il tiro denunciando “l’inizio di un’invasione” ed evocando “una ondata di sanzioni che verranno varate nel tempo in risposta alle azioni che la Russia prende realmente, non solo in base alle dichiarazioni che fa”. Biden, intanto, incassa l’unita’ degli alleati, frutto anche della sua linea di condivisione e diffusione delle informazioni di intelligence, e la svolta di Berlino sul Nord Stream 2.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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