Collegati con noi

Corona Virus

Coronavirus in Lombardia già a novembre del 2019, ad Alzano 110 polmoniti virali anomale

Pubblicato

del

Che il Coronavirus circolasse prima del 20 febbraio quando si e’ scoperto che Mattia Maestri, ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Codogno per una strana polmonite era positivo al Covid, ormai e’ assodato. Adesso pare certo che circolasse gia’ da novembre anche ad Alzano Lombardo, piu’ precisamente nell’ospedale che e’ al centro dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza. Qui – secondo i dati forniti dall’Ats Bergamo e dall’Asst Bergamo Est al consigliere regionale di Azione Niccolo’ Carretta che li aveva richiesti – da novembre a gennaio sono stati 110 i pazienti con polmoniti con “agente non specificato”, che quindi potrebbe essere, almeno in parte dei casi, Covid, anche se manca la certezza perche’ non sono stati fatti tamponi. Queste polmoniti sono state 18 a novembre, 40 a dicembre e 52 a gennaio. In tutto il 2019 256 contro le 196 dell’anno prima, un aumento di circa il 30%. Una ‘anomalia’ che e’ anche oggetto di approfondimento investigativo della Procura, cosi’ come la mancata istituzione della zona rossa. Secondo l’Ats di Bergamo tuttavia, “gli esiti del lavoro sui ricoveri consentono di affermare con discreta ragionevolezza come non siano riscontrabili evidenze statistiche” che facciano sospettare “una presenza precoce di ricoveri per polmoniti” da Covid in Provincia di Bergamo nel “dicembre 2019 e nel bimestre gennaio e febbraio 2020” e “si evidenzia inoltre un chiaro effetto di stagionalita’ in tutti e tre gli anni” precedenti il 2020. La stessa Ats evidenzia anche che “la struttura di Alzano Lombardo mostra un trend coerente” con tale valutazione. Ma parte importante nell’inchiesta di Bergamo ha anche cosa e’ successo al Pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo dove il 23 febbraio due pazienti (poi deceduti) sono risultati positivi al virus. Un test fatto nonostante le direttive del Ministero della Sanita’ del 27 gennaio (anche questa al vaglio dei magistrati) non lo prevedessero per chi non aveva avuto contatti con la Cina o con persone che erano state in Cina, a differenza di quella del 22 gennaio che invece prevedeva controlli in caso di decorso clinico sospetto. Il Pronto soccorso e’ stato subito chiuso due ore e poi riaperto. Su questo Francesco Locati, il direttore dell’Asst Bergamo est (di cui l’ospedale fa parte), ha mandato nei giorni scorsi una nuova relazione che – riporta l’Eco di Bergamo – spiega come subito sia stato fatto il tampone ai sanitari venuti a contatto con i malati e nei giorni immediatamente successivi anche ad altri operatori per un totale di 69: 51 di questi sono risultati negativi e 18 positivi.

I dati sulle polmoniti forniti dall’Ats hanno confermato i sospetti di medici e operatori sanitari, che avevano notato nell’inverno un aumento di infezioni polmonari gravi. Intanto oggi i dati sul coronavirus del ministero della Salute indicano 142 nuovi casi, in aumento rispetto a ieri quando erano stati 126. Di questi 62 sono in Lombardia, pari al 43,6%. Il numero totale dei casi sale cosi’ a 240.578. Le vittime invece fanno segnare un aumento a 23 (4 delle quali in Lombardia), dopo le 6 di ieri in tutta Italia. Complessivamente i morti salgono a 34.767. I tamponi sono pero’ in aumento a 48.273 nelle ultime 24 ore, oltre 20 mila piu’ di ieri, il che rende incoraggiante il numero dei contagiati solo in lieve aumento. Sette le regioni senza nuovi casi: Marche, Trentino Alto Adige, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata e Molise. Nove invece le regioni che fanno registrare nuove vittime nelle ultime 24 ore: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Campania, Puglia, Abruzzo, Sicilia, Sardegna. Nelle rimanenti 11 non ci sono stati altri morti. I guariti superano quota 190 mila: l’aumento nelle ultime 24 ore e’ di 1.052 unita’, che porta il totale a 190.248. Diminuiscono di 3 unita’ i pazienti in terapia intensiva: sono 93, dei quali 42 in Lombardia. In 11 regioni e nella provincia autonoma di Trento non ci sono piu’ ricoverati in rianimazione. I ricoverati con sintomi sono 1.090, 30 in meno rispetto a ieri, 14.380 le persone in isolamento domiciliare, 900 in meno, e 15.563 gli attualmente positivi, 933 in meno di ieri. In vista dell’autunno e della temuta seconda ondata, il Tar del Lazio ha stabilito che il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) entro 20 giorni dovra’ presentare una relazione che attesti evidenze scientifiche del provvedimento che rende obbligatorio nella regione la vaccinazione antinfluenzale per gli over 65 e il personale sanitario.

Advertisement

Corona Virus

Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

Pubblicato

del

Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

Pubblicato

del

Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

Pubblicato

del

In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto