Paolino Cantalupo è uno psichiatra ed un eccellente saggista. Ha diretto, nel cento storico di Napoli, la Unità di Salute Mentale dell’ASL Napoli 1. È docente di “Psicopatologia Clinica” presso la Scuola di Psicoterapia Strategica Integrata di Roma. Coordinatore Regionale sindacato della dirigenza medica CIMO per la Psichiatria.
Professore, come ha reagito, secondo lei, la popolazione italiana e, in particolare quella napoletana all’isolamento forzato da coronavirus?
Gli italiani hanno dato prova di grande maturità. E, in questo, non ha giocato un ruolo solo la paura, ma anche il senso civico e il senso di responsabilità. Anche i napoletani, nonostante la presenza in città di un proletariato marginale molto esteso tendente, spesso, alla extralegalità, si sono comportati in maniera assennata. La presenza di molte persone in particolari strade della città (Montesanto) è dovuta alla concentrazione di molti esercizi di alimentari in pochi metri. L’amministrazione comunale, che potrebbe disciplinare l’accesso, è, purtroppo, assente su questo problema.
Le risulta un aumento delle patologie psichiatriche sul territorio e della domanda di assistenza in questo periodo?
No. Nella città di Napoli, almeno, non c’è stato un aggravio del quadro assistenziale in Salute Mentale. La continuità delle cure è garantita. In sofferenza sono solo i gli SPDC, ossia i reparti di psichiatria degli Ospedali. Qui numero dei posti letto è quasi un quarto di quello delle altre regioni. I pazienti sono curati spesso in sovrannumero su barelle. Ma questo è un problema che si trascina da anni. Il sindacato CIMO – di cui sono il Coordinatore Regionale per la Salute Mentale – si batte da tempo per una perequazione dei posti letto e la dignità delle cure.
L’isolamento forzato ha provocato gravi conseguenze sulle persone?
Paura e angoscia sono cresciute solo negli individui che già erano predisposti e tendenzialmente depressi. Questo è comprensibile perché non è vero, come ho sentito dire, che l’isolamento ci mette in contatto con noi stessi, e che siamo, così, finalmente padroni del nostro tempo. Il tempo, in realtà è sospeso, perché è sospesa la libertà, la possibilità di scegliere. Il tempo è fermo. Sono le scelte libere a cadenzare il tempo. E la depressione è, appunto, il tempo immobile.
Questi penosi effetti sulla psiche si protrarranno anche dopo la fine dell’emergenza coronavirus?
No, non credo proprio. Penso, invece, in un primo momento, a un effetto euforizzante della riconquistata libertà, e a una normalizzazione, successivamente, di modalità comportamentali. Anche i soggetti più vulnerabili riprenderanno le attività con maggiore vigore e ottimismo. E i ragazzi che, a causa della chiusura delle scuole, fanno lezione a casa, riprenderanno a correre per le strade.
Ma Crepet sostiene che il danno psicologico resterà a lungo.
Non mi meraviglia che Crepet pensi queste cose: non ho mai visto un sorriso accennarsi sul suo viso.
Il Papa sta sollecitando il governo a un provvedimento di clemenza nei confronti dei carcerati. Lei cosa ne pensa?
Quella sì, è una bomba a orologeria. Le carceri sovraffollate scoppiano, anche quelle della Campania. Il Pontefice ha ragione. Il coronavirus lì potrebbe essere devastante. L’ossessione punitivista e giustizialista, in un momento come questo, è un segno di debolezza delle istituzioni. Segno di frustrazione e impotenza della politica di fronte al fenomeno diffuso dell’extralegalità. La risposta politica è inadeguata e manca di fantasia. Ripeterla nella situazione attuale di grave emergenza è un serio errore.
Lei cosa consiglia a chi soffre di ansia in questo momento?
A essere sinceri, io non vedo tutta questa ansia. Sui social si diffondono vignette e video satirici, comici e scherzosi. La paura viene esorcizzata dalle risate. Consiglio di mantenere la disponibilità al gioco e conservare e difendere legami amicali e rapporti. Cosa che tutti già fanno con telefoni e chat. Poi, ovviamente, leggere libri. Agli psicologi, cui faccio lezione, che mi chiedono come si è formata la mia identità, rispondo sempre: io sono quello che ho letto.
E film? Lei ha scritto “Curarsi con il Cinema”, quali film consiglierebbe?
Beh, adesso è impossibile andare al cinema. Che ciascuno segua le proprie predilezioni, scegliendo tra l’ampia offerta televisiva. Su Sky , mi pare che circoli “Eyes Wide Shute” di Kubrick, importante per capire, e in qualche modo superare, la separazione che viviamo, nel profondo, tra desiderio e sentimento; e “The Judge”di Dobkin , con Robert Downey e Robert Duvall, fondamentale per conciliarsi con la figura paterna, evocare ed elaborare “il non detto” all’interno della famiglia. Che questa pausa sia, insomma, per tutti un’opportunità. Ex malo bonum. Dal male, il bene.