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Ambiente

Cop27 non chiude ancora, Ue apre su loss and damage

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 L’Unione europea dice sì al fondo per ristorare le perdite e i danni del riscaldamento globale nei Paesi più poveri, e forse salva la Cop27 di Sharm el-Sheikh dal fallimento. Ma è ancora presto per dirlo. La proposta europea vuole costringere la Cina a contribuire al fondo e a legarsi a obiettivi stringenti di decarbonizzazione. Pechino non ne vuole sapere, e il negoziato è ancora aperto. L’unica cosa certa è che la Cop non finisce venerdì sera, come previsto, ma si prolunga almeno fino a sabato, forse a domenica. Il colpo di scena è arrivato di prima mattina. Il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha buttato giù dal letto i giornalisti per una conferenza stampa alle 8. Lì ha annunciato che la Ue propone l’istituzione di un fondo per i ristori dei “loss and damage” causati dal cambiamento climatico. Entrerebbe nell’Accordo di Parigi e sarebbe finanziato da tasse su aviazione, trasporto marittimo e combustibili fossili. Il fondo è l’obiettivo principale alla Cop27 dei paesi emergenti e in via di sviluppo del gruppo G77+Cina, guidati da Pechino. Usa e Ue finora avevano fatto resistenza, perché ritenevano che lo strumento sarebbe stato troppo oneroso per loro, e avrebbe richiesto troppo tempo per cominciare a funzionare. Lo scontro fra i due schieramenti aveva bloccato il negoziato, e stava portando la Cop verso il fallimento. La svolta della Ue invece sembra aprire la strada verso un successo. Ma le cose non sono così semplici. L’Unione europea in cambio del fondo chiede che nel documento finale siano ribaditi gli impegni stringenti di decarbonizzazione presi alla Cop26 di Glasgow l’anno scorso. In particolare, tenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali e raggiungere il picco delle emissioni di gas serra già nel 2025, per poi scendere. Inoltre, il fondo deve ricevere contributi da “un’ampia base di donatori”. Quindi, anche dalla superpotenza cinese. Per Pechino, la proposta è un vero schiaffo. La Cina ha tessuto una trama diplomatica abilissima con i G77 per costringere Usa e Ue a pagare loro il fondo per le perdite e i danni, recitando la parte di leader dei paesi in via di sviluppo e negando l’evidenza del suo ruolo di superpotenza. La proposta della Ue la costringebbe a sborsare soldi per gli aiuti ai loss and damage e per la decarbonizzazione. Ma Pechino vuole che il fondo lo paghino gli occidentali, e non vuole legarsi a vincoli troppo stretti sul clima. L’oggetto del contendere è proprio questo. Lo strumento per i loss and damage si farà, dopo l’ok della Ue. Il problema è chi tirerà fuori i soldi, e quali condizioni avrà. In questo confronto, gli Usa brillano per la loro assenza. Sono loro che dovrebbero sborsare le somme maggiori per il fondo, e non vorrebbero farlo. Ma un presidente democratico come Joe Biden non può dire di no agli aiuti ai Paesi poveri. Così gli Stati Uniti si tengono in disparte, e lasciano andare avanti l’Unione europea. Nella notte fra giovedì e venerdì è uscita la prima vera bozza del documento finale. Dentro c’è il fondo per i loss and damage, ma il paragrafo sul funzionamento è ancora vuoto. Vuota anche la sezione sull’aggiornamento della finanza climatica, il famoso fondo di aiuti da 100 miliardi di dollari all’anno, mai partito. Nella bozza si parla di target di riscaldamento a 1,5 gradi, ma anche a 2 gradi, si dice che gli impegni di decarbonizzazione degli stati sono ancora insufficienti, che bisogna puntare sulle rinnovabili ed eliminare i sussidi alle fonti fossili. Ma sull’addio al carbone non si dice nulla di chiaro, e salta ogni riferimento ai diritti umani.

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Ambiente

Qualità dell’aria in Italia, allarme inquinamento: superati i limiti UE e OMS già nel primo trimestre 2025

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I dati raccolti nei primi tre mesi del 2025 confermano una situazione drammatica per la qualità dell’aria nelle città italiane. Secondo l’Osservatorio Mobilità Urbana Sostenibile, promosso da Clean Cities Campaign e Kyoto Club, in molti capoluoghi i livelli di PM2,5 (polveri sottili) e biossido di azoto (NO₂) hanno superato abbondantemente i limitifissati dalla Direttiva europea e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

In alcune zone urbane, come Torino Rebaudengo, non si è registrato neanche un giorno sotto i limiti dall’inizio dell’anno, evidenziando un’emergenza ormai strutturale.

Le città più colpite: Padova, Milano, Napoli, Torino e Palermo

Per quanto riguarda il PM2,5, i superamenti dei limiti sono stati registrati già nel primo trimestre nelle città di Padova, Milano, Brescia, Torino, Vicenza, Modena, Bergamo, Parma, Terni, Trento e Bologna.
La maglia nera per il biossido di azoto (NO₂) va invece a Palermo, Napoli, Messina, Genova, Torino, Catania, Milano, Vicenza, Venezia e Trento.

L’inquinamento come emergenza sanitaria

«L’inquinamento atmosferico è una vera emergenza sanitaria», afferma Roberto Romizi, presidente dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (ISDE Italia). «Le evidenze scientifiche dimostrano l’aumento di malattie respiratorie, cardiovascolari, neurodegenerative, problemi riproduttivi e disturbi dello sviluppo nei bambini. Non possiamo più permetterci esitazioni. Servono politiche urgenti e coraggiose, in linea con le indicazioni dell’OMS».

Le richieste di Kyoto Club: mobilità sostenibile e transizione energetica

Per Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, è essenziale «procedere rapidamente verso la decarbonizzazione, investendo in efficienza energetica, fonti rinnovabili e soprattutto mobilità sostenibile».
Una critica netta viene rivolta al Governo per la Legge di Bilancio 2025, che avrebbe dirottato risorse verso il Ponte di Messina, sottraendole a trasporto pubblico locale e mobilità attiva: «Così si aggrava l’emergenza climatica e sanitaria».

I numeri che preoccupano l’Europa

Secondo l’OMS, oltre 7 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa dell’inquinamento atmosferico. L’Agenzia Europea dell’Ambiente stima decine di migliaia di morti premature ogni anno solo in Italia per esposizione a inquinanti.

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Ambiente

Istituito dal ministro Gilberto Pichetto il 25/o Parco nazionale, è quello del Matese

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Nasce il 25/o parco nazionale italiano, è quello del Matese, area protetta tra Campania e Molise per 87.897,7 ettari. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha firmato il decreto che individua “la perimetrazione, la zonizzazione e le misure di salvaguardia del Parco Nazionale del Matese”. Lo rende noto un comunicato del Mase. Il provvedimento, in ottemperanza alla pronuncia del Tar del Lazio dell’ottobre 2024, spiega la nota, “è il frutto del lavoro e della concertazione che ha coinvolto, oltre il Mase, l’Ispra e numerosi enti territoriali interessati: 52 amministrazioni comunali, quattro province e due Regioni. Viene così ampliato il vecchio Parco Regionale, entrato in funzione solamente nel 2002, a causa della mancata approvazione delle norme attuative della legge regionale, e che si estendeva su una superficie di oltre 33mila ettari”.
“La firma di oggi, nella Giornata della Terra – ha dichiarato il ministro Gilberto Pichetto – afferma in concreto il valore della biodiversità del nostro Paese: il Matese è uno scrigno di natura e cultura, che entra formalmente nella lista dei Parchi nazionali, aprendosi a una visione di sviluppo nuova che vogliamo costruire con la forte condivisione di istituzioni e comunità locali”. “Da oggi il territorio acquisirà – ha aggiunto il sottosegretario Claudio Barbaro a cui il Mase ha attribuito la delega alle aree protette – una visibilità nazionale e il trasferimento di notevoli risorse, al fine di rendere il Parco anche un’occasione, tra le altre cose, di rilancio turistico.
Il Mase, con il nuovo Governo, ha costituito l’Area marina protetta di Capospartivento, il Parco Ambientale di Orbetello e adesso il Parco Nazionale del Matese, a dimostrazione che esiste una strategia e una visione precisa sullo sviluppo delle aree da tutelare, pur nel convincimento che fra l’uomo e il territorio occorra consolidare un equilibrio che sappia preservare sia la natura che lo sviluppo” ha rilevato Barbaro. L’ultimo Parco nazionale istituito in Italia è stato quello dell’Isola di Pantelleria, nel 2016.

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Ambiente

Efficienza energetica e valore degli immobili: in Italia cresce la consapevolezza, ma resta indietro il 75% del patrimonio edilizio

Ristrutturare conviene: +43% di valore per gli immobili efficienti. Risparmi per le famiglie fino a 19 miliardi l’anno.

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In Italia, tre edifici su quattro restano in classi energetiche basse, nonostante il miglioramento registrato tra il 2018 e il 2023, con un aumento degli immobili in classe A dal 8% al 15%. Lo rivela l’ultima analisi della Community Smart Building di Teha Group, che mette in luce le gravi conseguenze in termini economici, ambientali e sociali legate al ritardo del Paese nell’efficientamento del parco immobiliare.

Gli immobili efficienti conquistano il mercato

Il mercato immobiliare premia sempre di più l’efficienza energetica. Le compravendite di edifici nuovi in classe A o B sono passate dal 49% al 70% in dieci anni, mentre quelle di immobili ristrutturati ad alta efficienza sono salite dal 7% al 38%. Di conseguenza, anche il valore medio di mercato cresce:

  • 2.316 euro/m² per edifici ristrutturati

  • 1.615 euro/m² per edifici abitabili

  • 1.290 euro/m² per edifici da ristrutturare

Un divario che evidenzia la valorizzazione degli immobili smart e sostenibili, capaci di coniugare risparmio energetico e riduzione dell’impatto ambientale.

Povertà energetica: 5,3 milioni di italiani in difficoltà

Nonostante gli sforzi, l’Italia resta tra i Paesi UE più colpiti dalla povertà energetica, con l’8,8% delle famiglie che non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione. Un dato preoccupante, legato all’elevata percentuale di edifici inefficienti e ai costi energetici crescenti, aggravati da redditi insufficienti.

L’efficienza come opportunità economica

Secondo l’analisi del Teha Group, l’efficientamento energetico degli edifici può ridurre i consumi energetici fino al 29% e quelli idrici fino al 5%, generando un risparmio netto stimato tra i 17 e i 19 miliardi di euro annui per famiglie e sistema economico.

Benedetta Brioschi, responsabile della Community Smart Building, sottolinea:
“Il rinnovamento green e smart degli edifici è una necessità, ma anche una grande opportunità. Il Real Estate si sta già muovendo, ma servono ulteriori investimenti pubblici e privati per accelerare il cambiamento”.

Serve un’azione condivisa tra istituzioni, imprese e cittadini

Il report invita a superare il modello del solo pensiero (“think tank”) e diventare un “act tank”, in grado di influenzare concretamente le scelte dei policy maker. La collaborazione tra governo, aziende e cittadini è essenziale per trasformare il patrimonio immobiliare italiano in una leva di sostenibilità e benessere diffuso.

(La foto in evidenza è stata realizzata con sistemi di intelligenza artificiale)

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