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Cronache

Chat contro un 12enne “ti odiamo”, sette coetanei indagati

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La quotidianita’ scolastica ormai era diventata un incubo per una ragazzina di 12 anni che si e’ trovata suo malgrado vittima di una grave vicenda di bullismo, avvenuta in una scuola media di Piacenza, e portata avanti, con tratti quasi sadici, da alcuni suoi coetanei. Solo grazie all’intervento professionale della sezione investigativa della Polizia locale e’ stato possibile, con la sensibilita’ e la delicatezza necessarie quando si tratta di ragazzini cosi’ giovani, porre fine a una situazione che aveva gia’ portato la 12enne ad ammalarsi a causa dello stress causato dai bulli. Il “bullismo – ha detto il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti – e’ una piaga sociale che lascia delle ferite profondissime nelle vittime. L’episodio di Piacenza, dove per mesi dei ragazzini hanno minacciato una loro compagna di classe, e’ inaccettabile. Tolleranza zero nei confronti di questi comportamenti vigliacchi”. La procura presso il Tribunale dei minori di Bologna ha aperto un fascicolo per violenza privata continuata, minacce e diffamazione. Gli indagati sono sette compagni di classe fra i 12 e i 13 anni che per mesi l’hanno fatta bersaglio di cattiverie, insulti e prese in giro basate su una patologia invalidante da cui la ragazzina e’ affetta da tempo. Trattandosi pero’ di soggetti minori di 14 anni, non sono imputabili e per loro non vi sara’ alcun processo, ma alla fine il “capo” di questo gruppetto di bulli, maschi e femmine, ha capito l’errore e ha scritto di suo pugno una lettera di scuse alla compagna di classe e alla madre. In gennaio era stata proprio lei a rivolgersi agli agenti segnalando che la figlia non voleva piu’ andare a scuola perche’ era bersagliata di insulti molto gravi che facevano leva sulla sua malattia. Anche il personale dell’istituto aveva notato che il suo rendimento scolastico, da sempre al di sopra della media perche’ molto intelligente, era precipitato senza un motivo apparente. Negli atti di indagine e’ finita addirittura una chat di gruppo creata su Whatsapp dai compagni di classe e intitolata “noi ti odiamo”, nella quale era stata inserita, e subito dopo esclusa, anche la stessa 12enne “solo per il gusto sadico di farle sapere che avevano cerato quel gruppo apposta per insultarla alle sue spalle” spiegano gli agenti della Polizia locale di Piacenza. “Sei marcia e devi morire” era il tenore delle frasi che ogni giorno a scuola qualcuno del gruppo le rivolgeva in continuazione. In un caso la ragazzina era stata addirittura paragonata a un bidone dell’immondizia tanto che quegli stessi compagni le lanciavano addosso i rifiuti. Archiviata ormai l’azione penale, come detto a causa della non imputabilita’ dei protagonisti, pare invece profilarsi un’azione civile di risarcimento del danno. Ma la cosa piu’ importante e’ che ora finalmente la 12enne ha potuto fare ritorno a scuola in tutta serenita’.

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Cronache

Carmela Quaranta, strangolata in casa la sera di Pasqua: indagato il compagno per omicidio volontario

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È stata un’amica preoccupata, che non riusciva a contattarla da ore, a dare l’allarme: Carmela Quaranta, 42 anni, operatrice sanitaria e madre di due figlie, è stata trovata senza vita sul pavimento della sua camera da letto, la sera di Pasqua, nella sua abitazione di via Trieste a Mercato San Severino, piccolo centro in provincia di Salerno.

I primi sospetti e il cambio di accusa

Inizialmente si era ipotizzato un malore o un’overdose, ipotesi che aveva portato a una prima contestazione al compagno, un uomo di 56 anni, per morte come conseguenza di altro reato. Ma un esame più attento del medico legale ha svelato segni di strangolamento sul collo della vittima, e questo ha portato alla modifica dell’imputazione: ora l’uomo è indagato per omicidio volontario, furto (il cellulare di Carmela è scomparso) e detenzione di stupefacenti (sono stati trovati alcuni grammi di droga in casa).

Le indagini e i sospetti

L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Nocera Inferiore. I carabinieri del Ris stanno passando al setaccio l’abitazione, palmo a palmo, per raccogliere tracce, impronte, elementi biologici e ogni dettaglio utile a chiarire cosa sia accaduto nelle ultime ore di vita di Carmela. Una seconda ispezione tecnica dell’abitazione è prevista per domani.

Il cerchio degli investigatori si è stretto attorno alle persone più vicine alla donna: l’ex marito e il compagno, con cui aveva una relazione da circa un anno, sono stati entrambi interrogati. Le risposte fornite e le discrepanze negli alibihanno portato gli inquirenti ad approfondire in particolare la posizione del 56enne.

Il profilo della vittima

Carmela viene descritta da amici e conoscenti come una donna solare, legatissima alle sue figlie, piena di energia e voglia di vivere. Lavorava in più ambiti, collaborava con un’azienda del settore nutrizionale, la stessa in cui operava anche il compagno indagato.

All’inizio la relazione sembrava felice: nel giugno 2024 Carmela aveva pubblicato una foto con lui sui social. Ma col passare dei mesi, i rapporti si erano incrinati. In particolare, un post pubblicato da lui a febbraio — una frase volgare accompagnata da un teschio e tibie incrociate — oggi assume una luce inquietante.

La ricerca della verità

Carmela si era trasferita da poco a Mercato San Severino, dopo aver vissuto a lungo a Nocera Inferiore. Domani, nella sua casa, torneranno ancora una volta i carabinieri del Ris di Roma. Gli investigatori lavorano per ricostruire le ultime ore di Carmela, cercando riscontri oggettivi che possano dare una svolta al caso. Il mistero della mamma trovata senza vita nel giorno di Pasqua attende ancora risposte.

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Misterbianco, madre lancia la figlia dal terrazzo: arrestata per omicidio aggravato

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Una tragedia sconvolgente ha colpito la comunità di Misterbianco, nell’hinterland di Catania. Anna (nome di fantasia), 40 anni, ha lanciato nel vuoto la figlia di appena sette mesi, Maria Rosa, dal terzo piano della palazzina in cui viveva con la famiglia. La bimba è morta sul colpo, sotto gli occhi disperati del padre, che ha tentato il suicidio subito dopo aver visto la scena.

Una madre fragile, ma mai violenta

Secondo i familiari, Anna era affetta da una profonda depressione post-parto. Dopo la nascita di Maria Rosa, non era mai riuscita ad accettarla, a differenza del primogenito di 7 anni, verso cui nutriva un legame totalizzante. Eppure, nonostante l’evidente disagio psicologico, non era mai stata violenta con la piccola.

Una tragedia inaspettata

Al momento del gesto, in casa erano presenti il marito, la suocera e il figlio maggiore. Nessuno, raccontano, si aspettava una simile esplosione di follia. «A volte era nervosa, ma mai avremmo immaginato che potesse fare una cosa simile», ha dichiarato una cugina. Anche il sindaco di Misterbianco, Marco Corsaro, ha espresso sgomento: «Siamo senza parole. Il compagno è una persona perbene, le è sempre stato accanto».

Il tentativo di suicidio del padre e l’arresto della donna

Dopo aver assistito alla caduta della figlia, l’uomo si è lanciato dalla stessa terrazza nel tentativo di togliersi la vita. Trasportato in ospedale in stato di choc, è ora ricoverato ma fuori pericolo. La donna è stata arrestata dai carabinieridella Tenenza di Misterbianco con l’accusa di omicidio aggravato.

Le fragilità psichiche e il vuoto della prevenzione

Anna era sotto amministrazione di sostegno, decisione presa dal Tribunale di Catania, ed era seguita dai servizi di salute mentale dell’Asp etnea. In passato era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Tre mesi fa aveva partecipato a un’udienza davanti al giudice, accompagnata da un legale amico di famiglia. Aveva risposto “in modo impeccabile”, riuscendo a nascondere lo stato di alterazione, tanto che nessun provvedimento fu adottato.

Il padre della donna, un medico molto noto che vive fuori dalla Sicilia, era stato nominato come amministratore di sostegno. Tuttavia, nessuno tra i familiari aveva percepito segnali chiari del crollo psichico in corso. Per precauzione, la suocera si era trasferita in casa per stare vicino alla nuora e ai nipotini.

Una comunità sotto choc

La morte della piccola Maria Rosa ha lasciato sgomenta un’intera comunità. Le indagini proseguono per ricostruire ogni dettaglio e chiarire le responsabilità della rete di supporto. In attesa dell’esito degli esami e delle valutazioni psichiatriche, resta il dolore immenso per una vita spezzata e il peso di domande a cui, forse, sarà difficile dare risposte.

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Oppido Mamertina, denuncia gli stupri subiti da minorenne: la zia la frusta per mesi. Arrestata

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Ha trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali di gruppo subite quando era ancora minorenne, indicando i suoi aggressori: giovani legati alle cosche di Seminara, in provincia di Reggio Calabria. Ma la scelta di rompere il silenzio ha scatenato contro di lei la rabbia della sua stessa famiglia.

Una giovane di Oppido Mamertina, oggi maggiorenne, è stata punita con frustate per mesi dalla zia 78enne, ora agli arresti domiciliari su disposizione del gip del Tribunale di Palmi. La donna l’ha segregata in una stanza, tappandole la bocca con un foulard per impedirle di urlare, e l’ha colpita con una corda, come forma di “punizione” per aver denunciato.

La denuncia “inimica” la ’ndrangheta

Dalle intercettazioni ambientali emerge che la zia avrebbe voluto punirla perché la sua testimonianza aveva compromesso i rapporti con le famiglie di ’ndrangheta del territorio. La Procura aveva chiesto anche l’arresto del cugino 47enne, figlio dell’anziana, ma il giudice ha disposto solo il divieto di avvicinamento.

Sei condanne e un nuovo processo

La ragazza è una delle due minorenni abusate dal branco. A marzo scorso, sei dei responsabili sono stati condannati a pene comprese tra 5 e 13 anni. Un secondo processo per altri imputati, all’epoca minorenni, inizierà il 15 maggio davanti al Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria.

I tentativi di zittirla: psichiatra compiacente e istigazione al suicidio

Dopo la denuncia, la famiglia ha fatto di tutto per farla ritrattare. Avevano persino fissato un incontro con uno psichiatra per farla dichiarare incapace. Due suoi fratelli, oggi in carcere, l’avevano addirittura spinta, insieme alla madre che la difendeva, a buttarsi dalla finestra per “lavare la vergogna” inflitta alla famiglia.

La verità emersa dalle intercettazioni

Le indagini sono partite per caso, grazie a intercettazioni telefoniche legate ad altri reati commessi dagli stessi aggressori. La prima vittima identificata aveva denunciato, dando forza e ispirazione anche alla seconda ragazza, che oggi lotta non solo contro i suoi aggressori, ma anche contro chi avrebbe dovuto proteggerla.

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