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Champions, è Tuchel il nuovo guru che ha fatto grande il Chelsea

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Duecentocinquanta milioni valgono una Champions. Nell’estate 2020 il Chelsea era tornato ad investire pesantemente sul mercato, con acquisti del calibro di Timo Werner, Kai Havertz, Ben Chilwell e Hakim Ziyech, e gli investimenti di Roman Abramovich alla fine hanno fruttato un risultato che forse nemmeno il patron si attendeva cosi’ presto. Per la seconda volta nella sua storia il Chelsea e’ campione d’Europa e di nuovo, incredibile ma vero, ci e’ riuscito con un allenatore subentrato nel corso della stagione. Successe nel 2012 con il trionfo di Roberto Di Matteo e i suoi a Monaco a spese del Bayern, la storia si e’ ripetuta con il meritato successo contro il Manchester City. Il vero guru si e’ dimostrato Thomas Tuchel, subentrato a fine gennaio a Frankie Lampard e sedutosi sulla panchina dei Blues appena un mese dopo essere stato a sua volta esonerato da quel Psg che, appena pochi mesi prima, aveva condotto alla finale di Champions, persa 1-0 contro il Bayern Monaco. La voglia di rifarsi era talmente forte che Tuchel, dopo aver rivoluzionato la squadra, l’ha condotta sul trono d’Europa battendo per la terza volta nel giro di un mese il City del mago Guardiola. Che ieri era il favorito e invece si e’ dovuto arrendere di fronte ai londinesi che, in semifinale, avevano fatto fuori sua maesta’ il Real Madrid. “Kai e molto altro”, titola il Daily Mail, mettendo in risalto l’immagine del goleador Kai Havertz, mentre l’Express gioca con il cognome dell’ex Bayer Leverkusen: “Hav a little beat of that”. “Da prendersi e tenere”, e’ il titolo scelto dallo Star. Il Sun preferisce invece puntare su Guardiola che, secondo il tabloid, “ha scavalcato la linea sottile tra genio e follia e ha deciso che una finale di Champions League fosse il momento giusto per sperimentare come un professore pazzo. Il grande alchimista del Manchester City ha finito per creare solo una bomba a orologeria contro la sua stessa squadra, non schierando nemmeno un centrocampista difensivo e un attaccante di ruolo”. Difficile, per una volta, dare torto a questo giornale, intanto si e’ compiuta anche la tripletta tedesca. Infatti dopo la vittoria del Liverpool di Jurgen Klopp nel 2019 e quella del Bayern Monaco di Thomas Flick, ancora un tecnico proveniente dalla Germania ha conquistato lo scettro continentale e mai come questa volta quella di Tuchel e’ stata un’impresa. Che ora dovrebbe fruttargli il rinnovo che, incredibile ma vero, prima della finale di Oporto, non era affatto scontato. Cosi’, mentre capitan Azpilicueta si fa fotografare mentre fa colazione accanto alla grande Coppa, Tuchel rivela di non essere “sicuro al 100%, ma credo che con questa vittoria scatti il rinnovo. Dovrebbe essere cosi’, se non sbaglio il mio agente mi aveva detto questa cosa, ma sara’ meglio controllare. In campo ho parlato con Abramovich, credo non ci fosse occasione migliore per il primo incontro. O forse peggiore, visto che da qui in poi puo’ solo andare peggio. Ne parleremo nei prossimi giorni” Intanto N’Golo Kante’ si gode la consacrazione definitiva, al punto che di lui, protagonista di una prestazione eccezionale, si parla perfino di Pallone d’Oro. Vincerlo dopo una vita da mediano sarebbe incredibile, intanto il campione del mondo 2018 dice che quello di ieri “e’ il risultato di tanti sforzi, c’e’ orgoglio, gioia. Il titolo di uomo partita e’ secondario, l’importante e’ quello che abbiamo fatto insieme, abbiamo lottato per andare in finale, abbiamo lottato fino alla fine, siamo contenti. Gli ultimi sei mesi al Chelsea sono il risultato dell’arrivo del nuovo allenatore, di una virata tattica”. Insomma, non esaltate me, fa capire il francese: il guru e’ Tuchel, e questa Champions del Chelsea e’ soprattutto sua.

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Lady Gaga: più d 2 milioni in spiaggia a Copacabana: a Rio abbiamo fatto la storia

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Più di due milioni di persone hanno riempito la spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, per il mega-concerto gratuito di Lady Gaga, il più importante della carriera dell’artista statunitense di origini italiane. “Abbiamo fatto la storia”, ha commentato la star leggendo un manifesto-ringraziamento ai brasiliani che l’hanno fatta “brillare come il sole e la luna”.

La show-woman ha elettrizzato il pubblico di “mostrini”, come lei ama chiamare i suoi fan, che l’hanno attesa per ore cantando e ballando in riva al mare, anche al suono dei ventagli della comunità arcobaleno, che ha tagliato l’aria per ore. Ma già centinaia, come Daniel, Byron, Isa, Ana Rosa e molti altri, avevano aspettato la diva, al secolo Stefani Joanne Angelina Germanotta, per giorni davanti al suo albergo, il Copacabana Palace, per ringraziarla personalmente per quello che in molti hanno definito il “giorno della loro vita”.

Perché, come ha spiegato Daniel, Lady Gaga, anche “attraverso momenti di provocazione che sono propri dell’arte, ha saputo dare voce a tutti. Anche a quella parte di persone che la società vorrebbe escludere”. E grazie alla sua musica “in tanti sono riusciti a superare momenti di depressione”. Da “Poker face” a “Alejandro”, l’artista americana ha toccato tutte le corde dei suoi supporter, fino ad infiammarli con un’epica esecuzione di “Born this way”, vero e proprio inno di liberazione nel nome dell’amore senza confini e del coraggio di essere se stessi. Lady Gaga ha giocato col suo pubblico del “pais tropical”, come ha cantato, elettrizzandolo con “Marry the night”, “Paparazzi” e brani da “Mayhem”, il suo ultimo album, avviando lo show vestita di rosso scarlatto proprio per “Abracadabra”, uno dei pezzi forti della raccolta.

“I love you” ha gridato a più riprese l’eclettica pop star, imbracciando una chitarra per i brani più scatenati, fino a sedersi al pianoforte per una magica esecuzione di “Shallow”. Incontenibile e fuori dagli schemi, Lady Gaga ha superato ogni aspettativa, e col suo show ha riconfermato Rio de Janeiro in vetta alle città capaci di ospitare un grande evento di portata internazionale, un bis dopo l’esibizione di Madonna dello scorso anno, nell’attesa di vedere anche gli U2, nel maggio 2026, sul palco della “Città meravigliosa”.

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Robert Gallo, padre dell’Hiv: «A 88 anni non smetto, la mia missione è migliorare la vita delle persone»

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Il virologo che scoprì il virus dell’Hiv si è trasferito in Florida per guidare un nuovo istituto di ricerca. «Sono un criceto sulla ruota, non posso smettere. Spero nei giovani: la scienza non basta, serve saper vivere nel mondo reale»

A 88 anni, compiuti lo scorso marzo, Robert Gallo (Foto University of South Florida) continua a correre. Lo fa con la determinazione di chi, dopo 1.300 articoli scientifici e una carriera da pioniere, non ha mai considerato il pensionamento una possibilità. «Sono come un criceto sulla ruota: non posso fermarmi», racconta al Corriere della Sera dalla sua nuova base operativa a Tampa, in Florida.

Un nuovo inizio a Tampa: «Avevo bisogno di sfide vere»

Dopo aver lasciato il Maryland, dove stava per essere confinato a ruoli cerimoniali, Gallo ha accettato la direzione dell’Institute of Translational and Innovative Virology all’Università della Florida del Sud. «Mi avevano spinto verso il semi-ritiro, ma io ho bisogno di lavorare», dice. Accanto all’università, guida anche un programma sull’oncogenesi microbica al Tampa General Hospital. «Studiamo come virus e batteri possano causare tumori. Ho già portato con me cinque scienziati, anche dall’Italia».

L’Hiv, la sfida che continua

Il suo impegno con il virus che contribuì a identificare negli anni Ottanta non si è mai interrotto. Oggi Gallo lavora su una scoperta recente: l’interferone alfa, che dovrebbe proteggere l’organismo, finisce invece per danneggiarlo nei pazienti con Hiv. «Con una nuova biotech, vogliamo neutralizzare questo effetto. Potrebbe essere una svolta per prevenire tumori e problemi cardiaci nei pazienti Hiv positivi».

La scoperta dell’Hiv e la tempesta che ne seguì

Ripercorrendo gli anni cruciali della scoperta dell’Hiv, Gallo racconta: «All’inizio tutto sembrava favorevole: avevo scoperto i primi retrovirus umani. Poi è arrivata la bufera: cause, rivalità, complottismi, persino minacce di morte. Pensavo bastasse la scienza, invece ho capito che non è così semplice».

I limiti dei vaccini, le promesse della terapia

Sulle nuove terapie a lunga durata per l’Hiv Gallo è ottimista: «Un grande progresso». Ma sui vaccini resta scettico: «L’Hiv muta troppo. Meglio puntare su cure efficaci e prevenzione delle comorbidità».

La ricerca del futuro: «Serve prepararsi alle pandemie»

Gallo guarda avanti, e lo fa con preoccupazione per le nuove minacce virali come l’H5N1 e il vaiolo delle scimmie. «I rischi aumentano, servono investimenti nella ricerca. E serve più consapevolezza politica: tagliare i fondi alla scienza, come ha fatto l’amministrazione Trump, è pericoloso».

Il messaggio ai giovani: «La scienza da sola non vi proteggerà»

Ai giovani ricercatori, Gallo lancia un monito: «La verità scientifica è fondamentale, ma non basta. Bisogna sapersi muovere nel mondo: tra burocrazia, media, potere. E mai arrendersi: ogni crisi è un’opportunità». E infine, una speranza: «Spero che nascano molti nuovi Gallo, anche migliori di me. Il successo non è nei titoli, ma nell’impatto sulla vita delle persone».

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Sinner torna a Roma da numero uno: il Foro Italico si prepara a una giornata storica

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Dopo tre mesi di assenza e la squalifica scaduta, Jannik Sinner fa il suo ritorno agli Internazionali d’Italia: atteso il primo allenamento sul Centrale. Con lui anche Musetti: sei anni dopo la loro semifinale da giovanissimi, tornano entrambi nella top 10 mondiale

L’attesa è finita: domani il Foro Italico si stringerà attorno a Jannik Sinner, che alle 19 scenderà in campo per il suo primo allenamento ufficiale agli Internazionali d’Italia da nuovo numero uno del mondo, tre mesi dopo l’ultima apparizione nel circuito. L’evento sarà aperto ai 10.500 spettatori titolari dei biglietti “ground” e promette il tutto esaurito.

Una giornata evento: dal volo a Roma al primo allenamento sul Centrale

Sinner è atterrato oggi a Roma con un volo da Nizza. In programma: pranzo leggero in hotel, breve riposo e una sgambata privata, prima dell’accredito ufficiale, simbolo del suo rientro da tennista “libero”. Alle 16 la conferenza stampa, quindi alle 18 la doppia celebrazione della Coppa Davis e della Billie Jean King Cup sul Centrale con gli altri azzurri, e infine l’allenamento. Un rientro in grande stile, curato nei minimi dettagli dalla security del torneo, che ha pianificato percorsi e accessi da oltre due mesi.

Sei anni dopo: da ragazzi sconosciuti a top 10 del tennis mondiale

Nella celebrazione degli azzurri Sinner ritroverà Lorenzo Musetti, fresco di semifinale a Madrid e per la prima volta tra i top 10 del ranking. I due si affrontavano il 9 maggio 2019 nella semifinale delle pre-qualificazioni proprio al Foro Italico: erano i numeri 262 e 453 del mondo. Jannik vinse in rimonta e si guadagnò una wild card per il tabellone principale, diventando il più giovane italiano a vincere un match in un Masters 1000.

Da allora le loro carriere si sono rincorse: razionale e solitario Sinner, passato da Piatti a Vagnozzi e Cahill; emotivo e leale Musetti, sempre al fianco del coach Simone Tartarini. Il derby di Roma 2019 è stato il primo di una serie di sfide (Anversa 2021, Montecarlo 2023) vinte tutte da Jannik. Ma Lorenzo rivendica la sua identità: «Sinner è un esempio, ma io devo fare la mia strada».

Un’Italia da superpotenza tennistica

Con dieci italiani nei primi 101 del ranking ATP, il tennis azzurro vive un momento d’oro. Sinner vuole riprendere la centralità che gli spetta, mentre Musetti è chiamato a confermare la crescita. La tensione è alta, e il sorteggio di domani alla Fontana di Trevi potrebbe già anticipare un altro possibile derby.

Tutto cominciò sei anni fa. Ora, sul rosso di casa, i due simboli del tennis italiano tornano a splendere insieme.

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