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Salute

Cancro, arriva l’‘oncochip’ per scoprire persone a rischio: nel 2019 sarà testato su 4000 pazienti

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Si chiama oncochip “universale”. È stato sviluppato per smascherare più tipi di tumore analizzando più di 500 geni in un colpo solo.  Sarà sperimentato su 4.000 pazienti in 30 centri italiani. E soprattutto sarà utile per individuare le terapie più efficaci per ogni singolo paziente e per scoprire tra i suoi familiari quelli più a rischio. A mettere a punto oncochip sono stati i ricercatori di Alleanza contro il cancro (Acc), la più grande rete di ricerca oncologica italiana, riunita all’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano per il suo terzo meeting annuale dedicato alle “Nuove tecnologie e strategie per combattere il cancro”.

Il convegno riunisce ogni anno oltre 400 tra ricercatori e clinici, con la partecipazione di 23 relatori di fama internazionale. È un un’importante occasione di confronto anche con le istituzioni, grazie alla presenza del direttore della ricerca e dell’innovazione del ministero della Salute, Giovanni Leonardi, e del sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi. “L’oncochip universale, sviluppato dai nostri esperti di genomica nell’ambito del progetto Acc Genomics, rappresenta l’evoluzione dell’oncochip per il sequenziamento del tumore del polmone che da febbraio stiamo sperimentando su mille pazienti in tutta Italia”, spiega il presidente di Acc, Ruggero de Maria. “Nel 2019 inizieremo a testare l’oncochip universale sui tumori di ovaio, mammella e colon, ovvero quelli con la più alta familiarità. Lo faremo su 4.000 pazienti che saranno arruolati in 20 dei nostri Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) e in una decina di ospedali”.

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Dai mille e raccogli uno: il test salivare anti-Hpv della ricercatrice Chiocca

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“Dai mille e raccogli uno”. Con queste parole Susanna Chiocca sintetizza il senso profondo del suo lavoro di scienziata. Oggi, grazie anche al sostegno della Fondazione Airc, ha messo a punto un innovativo test salivare per la diagnosi precoce del papilloma virus (Hpv), causa di tumori a testa e collo. Un risultato frutto di anni di ricerca, alimentata da passione e da una motivazione personale: «Quando centro il bersaglio penso a mia nipote, scomparsa troppo presto. E sento di aver fatto qualcosa anche per lei».

Dalla passione al traguardo scientifico

Lo studio è stato condotto presso l’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e si inserisce nel progetto nazionale “Alleanza contro il cancro”. L’obiettivo: rilevare il Dna del virus Hpv nella saliva, ancor prima della comparsa di lesioni, attraverso un semplice gargarismo. Una rivoluzione nella diagnosi precoce, che ora attende la validazione su campioni più estesi.

Chiocca racconta la sua gioia con emozione: “Ho sempre voluto fare la scienziata. Al liceo già lo dicevo. E ora sono qui, con un risultato concreto nelle mani. Una felicità immensa”.

Tra Milano e Houston: la scienza come vocazione

Figlia di madre americana, Susanna Chiocca ha potuto contare fin da giovane sulla padronanza della lingua inglese, che le ha aperto le porte dell’Anderson Cancer Center di Houston, dove ha iniziato a studiare il legame tra virus e tumori. Ma ha scelto di tornare in Italia, allo Ieo di Milano, convinta che il suo posto fosse qui. «Gli Stati Uniti non erano un Paese per me», afferma.

La sua infanzia è segnata da un padre militare, morto prematuramente, e da ricordi familiari che conserva con affetto. Ma la scienza, racconta, è sempre stata il suo motore: “Il mio lavoro è talmente bello che anche nei momenti di tristezza mi porta avanti”.

Fondi Airc, motore della ricerca

I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Medical Virology. Senza i fondi della Fondazione Airc, sottolinea Chiocca, tutto ciò non sarebbe stato possibile: “In Italia servono più investimenti nella ricerca. Ci sono tanti giovani brillanti che meritano di essere sostenuti”.

Chiocca oggi vive a Milano, ama la campagna e gli animali (ha tre cani e quattro gatti), e condivide il suo tempo con un marito che la sostiene con amore. E conclude: “Se tornassi indietro, rifarei tutto. Non direi mai la mia età, ma sono una donna matura, felice, con tanti nipoti che adoro”.

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Salute

Virus sinciziale,vaccino a tutti bimbi solo in 4 Regioni

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Il virus respiratorio sinciziale è uno dei virus che più preoccupa in inverno per i suoi effetti soprattutto su bambini piccoli e anziani. Eppure l’Italia fatica a utilizzare in maniera piena e omogenea sul territorio nazionale le numerose armi ormai disponibili per prevenire l’infezione. È quanto emerge da un documento pubblicato oggi da Cittadinanzattiva. I bambini al di sotto di 1 anno sono tra i più vulnerabili all’infezione. Nel nostro Paese oltre 80 mila bimbi nel primo anno di vita vengono visitati in ambulatorio per cause legate all’infezione da virus respiratorio sinciziale; circa 15 mila di loro hanno bisogno del ricovero e circa 3 mila delle cure in terapia intensiva. Dopo una lunga polemica, lo scorso autunno un’intesa Stato-Regioni ha disposto l’immunizzazione universale dei bambini con un anticorpo monoclonale ad azione preventiva.

Tuttavia, le modalità di attuazione sono le più diverse. Il documento mostra che solo 4 le Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto e Sicilia) offrono l’immunizzazione con l’anticorpo monoclonale a tutti i nuovi nati, quale che sia il mese di nascita. Nelle altre, seppur con ampie differenze regionali, l’immunizzazione viene offerta ai nati nei mesi in cui è più forte la circolazione del virus (tipicamente quelli invernali). Una seconda modalità di protezione dei bambini è la vaccinazione della mamma in gravidanza. Tuttavia, rileva il documento, “nella stagione 2024-2025 solo due Regioni italiane – Sicilia e Molise – hanno attivato di propria iniziativa l’offerta del vaccino materno”. Non va meglio con la protezione per i fragili e gli anziani. In questa fascia della popolazione il virus causa ogni anno 290 mila infezioni, 26 mila ricoveri e 1.800 decessi. Ciononostante, nella stagione 2024-25, non è stata attivata nessuna offerta estesa di prevenzione

. Si contano solo alcune iniziative isolate, come a Genova o a Siracusa, mentre alcune Regioni, come la Calabria, non hanno potuto attivare campagne dedicate a fragili e anziani perché in piano di rientro. “Bisognerà intervenire con urgenza per aggiornare il Calendario nazionale di immunizzazione con l’inclusione dell’offerta contro il virus respiratorio sinciziale e prevedere adeguate risorse, considerando i risparmi ottenibili in termini di riduzione dei ricoveri, contenimento delle complicanze e alleggerimento del carico assistenziale”, ha affermato la responsabile del coordinamento delle politiche della salute di Cittadinanzattiva Valeria Fava.

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Salute

Oltre 14 milioni di italiani hanno una malattia cronica

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In Italia oltre 14 milioni di persone convivono con una malattia cronica e di queste 8,4 milioni hanno più di 65 anni, c’è anche chi è ammalato e non si rende conto di esserlo: lo indica lo studio Prevasc sulla prevenzione cardiovascolare condotto dalla Società italiana di cardiologia geriatrica in dieci piccoli comuni italiani. Secondo i dati il 94% dei soggetti over 75 presenta almeno un difetto valvolare, spesso non percepito come un problema di salute. Inoltre, molte persone over 65 hanno una scarsa capacità di riconoscere i sintomi delle patologie. “Le malattie croniche negli anziani spesso sono diagnosticate tardi, con conseguenze cliniche, economiche e sociali rilevanti – ha detto Alessandro Boccanelli, presidente dell’organizzazione di volontariato Salute e società, intervenuto al convegno ‘Medicina di Prevenzione, Cronicità, Territorio: il modello ‘Prevenzione di Comunità’ tenuto ieri a Roma.

Uno scenario che richiede un ripensamento delle politiche sanitarie, con un focus sulla prevenzione e sul miglioramento dell’assistenza territoriale. “Per far fronte alla sfida della cronicità bisogna adottare il modello di ‘prevenzione di prossimità’ – ha affermato Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma – solo in questo modo è possibile costruire una sanità più vicina ai cittadini”. A tal proposito la Giunta Regionale del Lazio ha approvato una proposta di legge che prevede di inserire nei distretti sanitari della regione una nuova figura, quella del direttore socio-sanitario. “L’obiettivo è far convergere e dialogare la sanità con la società grazie all’introduzione di questo ruolo complementare”, ha spiegato Massimiliano Maselli, assessore all’Inclusione sociale e ai servizi alla persona della Regione Lazio.

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