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Economia

Cambia concordato preventivo, 2 settimane in più per aderire

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Modifiche in vista per il concordato preventivo biennale approvato dal governo a febbraio scorso ed anche per l’adempimento collaborativo, con approfondimenti ancora in corso. Al prossimo cdm atteso il 20 giugno, dovrebbe arrivare un decreto legislativo correttivo delle disposizioni in essere che ridisegna innanzitutto il calendario relativo al concordato. Per quest’anno, primo di applicazione del nuovo sistema, la scadenza prevista per l’adesione da parte del contribuente alla proposta messa a punto dall’Agenzia delle Entrate slitta – come anticipato da Repubblica – dal 15 al 31 ottobre. Ma c’è di più.

A regime il termine sarà invece al 31 luglio, “ovvero entro l’ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare”, si legge nella bozza del provvedimento ancora in fase di esame. A slittare di 15 giorni (dal primo al 15 aprile) è anche il termine entro il quale l’Agenzia delle entrate dovrà mettere a disposizione i programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari all’elaborazione della proposta di concordato. Per il primo anno, il 2024, la data di riferimento resta il 15 giugno, spostata però al 15 luglio per i contribuenti in regime forfetario già nel 2023.

Una precisazione necessaria perché saranno invece esclusi dal concordato gli autonomi che aderiscono al regime forfetario a partire da quest’anno. La bozza del decreto fissa poi gli importi degli acconti di novembre. Per la sostitutiva Irpef è dovuta “una maggiorazione di importo pari al 15% della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente”; per l’Irap invece è dovuta una maggiorazione di importo pari al 3%. Viene inoltre precisato che “nel caso di decadenza dal concordato restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti”.

Le modifiche in fase elaborazione riguardano anche l’adempimento collaborativo. In particolare viene previsto che “fuori dai casi di violazioni fiscali caratterizzate da condotte simulatorie o fraudolente o dipendenti dall’indicazione nelle dichiarazioni annuali di elementi passivi inesistenti, non danno luogo a fatti punibili, e non costituiscono notizia di reato, le violazioni delle norme tributarie dipendenti da rischi di natura fiscale comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle entrate, mediante l’interpello”.

Un’aggiunta rispetto al decreto legislativo del 5 agosto 2015 su cui, come riportato dal Sole 24 ore, il ministero della Giustizia vorrebbe andare più a fondo. Proprio i dubbi del dicastero avrebbero provocato lo slittamento dell’esame in Cdm da ieri al prossimo appuntamento del 20 giugno. Il provvedimento prevede l’applicazione del regime collaborativo anche alle imprese di medie dimensioni che adottano un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.

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Economia

Effetto Trump, bruciati in Borsa 6.500 miliardi in 100 giorni

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Nei primi cento giorni di presidenza Trump ci sono stati 70 giorni di scambi a singhiozzo sui mercati finanziari e 32 giorni di perdite, con oltre 6.500 miliardi di dollari cancellati dal valore delle società quotate. Lo scrive il New York Times, secondo cui per i mercati finanziari il calo del 7% dell’indice S&P 500 rappresenta il peggior inizio di mandato presidenziale da quando Gerald R. Ford subentrò a Richard M. Nixon nell’agosto del 1974, dopo lo scandalo Watergate. La crisi, sottolinea il quotidiano, è persino peggiore di quando scoppiò la bolla tecnologica all’inizio del secolo, e George W. Bush ereditò un mercato già in caduta libera. Al contrario, Trump ha ereditato un’economia solida e un mercato azionario in ascesa da un massimo storico all’altro. La situazione è cambiata rapidamente quando Trump ha annunciato i suoi dazi il 2 aprile, facendo esplodere la volatilita’ nei mercati finanziari.

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Economia

Oxfam, compensi ad cresciuti del 50% per lavoratori solo +0,8%

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A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli ad.

E’ quanto riporta un’analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che: Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli ad più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari.

“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali”, spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%. Ma tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio ad, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.

Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali in Italia, secondo Oxfam se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.

“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili”.

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Economia

Wsj, cda di Tesla cerca un nuovo ceo per sostituire Musk

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Il consiglio di amministrazione di Tesla ha iniziato a cercare un nuovo CEO per sostituire il fondatore Elon Musk. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano la decisione è stata presa dopo il crollo delle azioni e degli utili di Tesla. Alcuni investitori ritengono che Musk sia troppo impegnato con il suo lavoro di capo del Dipartimento per l’Efficienza Pubblica (DOGE), che pure sembra volgere al termine. Non è stato reso noto se Musk sia stato informato della decisione.

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