Cronache
Calcio e ‘ndrangheta/ tifosi e mafiosi, ecco gli atti dell'”audizione” del presidente della Juventus Agnelli
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6 anni fadel
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redazioneRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI
La seduta inizia alle 13.50.
PRESIDENTE. (Rosy Bindi). Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l’attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del presidente della società Juventus Football Club, Andrea Agnelli.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’audizione del presidente della società Juventus Football Club, dottor Andrea Agnelli. Il presidente Agnelli è accompagnato dall’avvocato Luigi Chiappero e dall’avvocato Maria Turco. L’audizione odierna rientra nel filone d’inchiesta avviato dalla Commissione sul tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso nel mondo del calcio professionistico e fa seguito alle audizioni dello stesso avvocato Chiappero venuto in rappresentanza della società Juventus, svoltesi il 15 e il 22 marzo 2017. Le vicende oggetto di tali audizioni sono emerse dall’inchiesta Alto Piemonte, condotta dalla procura distrettuale di Torino. La relativa udienza preliminare è in fase di svolgimento e il presidente Agnelli è stato audito come testimone il 15 maggio scorso. Tali fatti sono stati altresì oggetto di accertamento da parte della giustizia sportiva. La procura federale della FIGC ha proceduto il 18 marzo 2017 al deferimento dei tesserati della Juventus e il processo sportivo è previsto per il 26 maggio prossimo. Ho già avuto modo di ricordare più volte che l’inchiesta parlamentare ha finalità diverse da quelle della giustizia ordinaria e da quelle della giustizia sportiva e che l’interessamento da parte di soggetti criminali mafiosi nei confronti delle manifestazioni sportive e delle attività economiche ad esse connesse può riguardare tutte le società sportive, professionistiche e non. È fin qui emerso un quadro che presenta seri elementi di preoccupazione da molti punti di vista e la Commissione ritiene che il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata, mafiosa e non, nel mondo del calcio e delle tifoserie non sia assolutamente da sottovalutare o da archiviare con superficialità, così come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca oggetto di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria. Obiettivo della Commissione è innanzitutto sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti, sostenere le loro responsabilità e proporre in modo condiviso le più opportune soluzioni politiche e legislative in Parlamento. Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell’audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta. Ringrazio il dottor Agnelli per aver accettato il nostro invito. Penso di interpretare lo spirito di tutti se faccio i complimenti al presidente Agnelli per la conquista della Coppa Italia ieri sera da parte della squadra che presiede e credo anche di interpretare i sentimenti di tutti – altrimenti me ne prendo la responsabilità – facendole gli auguri per la finale di Champions League a Cardiff. Per quanto riguarda il campionato invece, presidente, mi consenta di rispettare il pluralismo Pag. 4 delle tifoserie presenti in Commissione, quindi vinca il migliore.
Lei ha ascoltato la mia introduzione, a cui aggiungo solo due sottolineature. A noi interessa capire la lettura che il presidente della società Juventus dà dei fatti che si sono verificati e che altre magistrature stanno accertando. Che lettura dà di quella realtà, perché a noi sta molto a cuore la consapevolezza della gravità alla quale facevo prima riferimento, così come ci interesserebbe capire se la società si è interrogata sul perché è successo questo, su di chi sono le responsabilità. Soprattutto ci interessa sapere quali sono i rimedi che sono stati presi per adesso, quelli che verranno presi per il futuro, e, siccome la Juventus non è una squadra minore nel calcio italiano, che parte intende giocare all’interno della federazione nazionale, perché non si verifichi più quello che si è verificato nel circuito della società che lei presiede e che si verifica anche in forme diverse anche in altre realtà, perché, come sa, il nostro è uno sguardo di carattere generale.
Con questo obiettivo le cedo volentieri la parola, ringraziandola ancora.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Signor presidente, intanto la ringrazio per i complimenti che ci ha fatto e che mi permetta però di trasferire non solo al mister e ai giocatori, ma a tutte le donne e a tutti gli uomini che lavorano per la Juventus, che è ormai una realtà da 700 dipendenti, quindi una realtà sicuramente affermata, e il percorso della Juventus dal 2010 ad oggi ci ha reso estremamente orgogliosi dei risultati che abbiamo raggiunto sia sul campo che fuori dal campo. Colgo subito il suo spunto su questa che deve essere una riflessione generale – in questa Commissione lo sguardo è più ampio – quindi non posso che iniziare con il ringraziarvi per l’opportunità che oggi mi offrite. Penso che questo genere di audizioni faciliti e debba facilitare il dialogo tra il legislatore e le componenti della società civile e sia determinante per offrire un punto di vista differente al dibattito politico, il punto di vista di chi opera sul campo, con le sue complessità, con i suoi problemi e con le sue difficoltà. Prima di entrare nel cuore della tematica che è stata oggetto dei lavori della Commissione sia in seduta plenaria, sia del comitato mafia e manifestazioni sportive, tenterò di descrivere le problematiche che accompagnano una partita di calcio. Alcuni passaggi potranno sembrare scontati, ma il mio desiderio è rappresentarvi uno scenario completo. La partita di calcio è l’evento centrale dello spettacolo calcistico, quello che genera tutte le attenzioni del pubblico e dei media e quello che nel caso dello Juventus Stadium, in virtù anche dei buoni risultati della squadra, richiama i tifosi nella struttura con un tasso di riempimento vicino al 95 per cento. Conoscere la composizione demografica dello Stadium è per voi importante, poiché la Juventus attira a ogni partita circa il 60 per cento di appassionati provenienti da fuori città, quindi da altre regioni e dall’estero. È del tutto comprensibile che queste persone debbano organizzarsi spesso in gruppi per affrontare in modo logisticamente efficiente un viaggio che li porterà a entrare nello Juventus Stadium, spesso per partite notturne, e poi di nuovo a casa. Si tratta di un caso unico nel nostro Paese e rispecchia in pieno due elementi che rappresentano da sempre la Juventus: gli oltre 10 milioni di tifosi in tutta la penisola e i grandi successi sportivi, quindi il grande desiderio di assistere di persona allo spettacolo calcistico. Da qui una prima riflessione: siamo sicuri che la legge Pisanu, che permette la vendita a una singola persona di 4 biglietti al massimo, risponda alle esigenze sociali del pubblico che per spostarsi deve organizzarsi in gruppi? Posso anche fare il mio caso, che con 4 figli avrei estrema difficoltà ad andare allo stadio. Ovviamente, laddove si procedesse a una deroga o a una modifica della normativa, essa dovrebbe comunque prevenire le truffe e l’accaparramento a fini speculativi dei tagliandi, ma è comunque una riflessione che va fatta. Che questa mia prima riflessione non suoni come un alibi rispetto al procedimento attualmente in corso presso la FIGC nei confronti della Juventus. Se ci sono state irregolarità, esse dovranno essere sanzionate in modo adeguato e definendo con precisione le singole responsabilità, auspicabilmente in un processo giusto ed equilibrato tra accusa e difesa. Pag. 5
Tra i tanti gruppi organizzati di tifosi ve ne sono alcuni più attivi di altri, più coreografici e rumorosi di altri, più visibili di altri, sono i cosiddetti «gruppi ultras», che esistono da almeno 50 anni nel nostro Paese in tutte le realtà, dalle grandi città ai piccoli paesi. Tali gruppi, in quanto autorizzati esclusivamente dalle questure, sono leciti, partecipano alla vita dello stadio e alle trasferte incluse, ne fanno parte persone che hanno il diritto di entrare negli stadi al pari di ogni altro cittadino, a meno che essi non vengano colpiti dal provvedimento di Daspo.
Gli ultras sono un problema di ordine pubblico? Lo possono certamente essere. Proprio in una delle vostre ultime riunioni il dottor Gabrielli, Capo della Polizia, vi ha detto che l’incidenza percentuale di personaggi con precedenti penali nelle curve italiane è molto alta, se non ricordo male in certi casi raggiunge il 25 per cento. Ecco quindi che si delinea un quadro più preciso: da un lato i tifosi sono patrimonio essenziale per il calcio e gli ultras ne fanno parte, dall’altro essi possono rappresentare un problema di ordine pubblico e le forze dell’ordine ne sono perfettamente consce. Quindi, da un lato una società, come è previsto anche dalle normative UEFA recepite dalla FGIC, deve dialogare con tutti i tifosi, ultras compresi, dall’altro deve cooperare con le forze dell’ordine perché essi non costituiscano un problema di ordine pubblico. Si tratta di una minoranza, certo, in termini quantitativi, i cui comportamenti possono avere ripercussioni sul resto dello stadio o fuori dallo stadio. I poli di questo rapporto, tutti dialoganti congiuntamente tra loro, sono quindi tre e non due, come spesso si è voluto far credere in questi mesi: gli ultras parlano con il club e con le forze dell’ordine, il club parla con gli ultras e le forze dell’ordine, le forze dell’ordine parlano con gli ultras e con il club. La sicurezza delle persone e l’ordine pubblico devono essere e sono una priorità tassativa. Ecco perché Juventus, che è una delle poche società proprietaria del proprio impianto, ha fin da subito investito molte risorse in tecnologie che permettono alle forze dell’ordine di individuare in tempi rapidissimi gli autori di fatti illeciti e di bloccarli sul posto. Si tratta di un caso raro in Italia, come ci è stato riconosciuto pubblicamente anche dall’osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, costituito dal Ministero dell’interno. Tali tecnologie sono consegnate a ogni gara alle forze di polizia, che decidono come operare al meglio. Nei giorni che precedono una partita si riunisce il gruppo operativo di sicurezza (GOS), in tale consesso vengono affrontati tutti i problemi che possono sorgere prima, durante e dopo la partita. L’intera attività viene svolta sotto la vigilanza del gruppo operativo di sicurezza, che opera in permanenza presso ogni impianto sportivo ed è presieduto da un funzionario di polizia, nominato dal questore. Del GOS fanno inoltre parte i funzionari dei vigili del fuoco, del servizio sanitario, della polizia municipale, nonché il delegato per la sicurezza, chiamato a garantire la direzione e il coordinamento operativo degli steward, e il responsabile del pronto intervento strutturale e impiantistico. Il giorno in cui si disputa l’incontro, tale organismo assume la funzione di centro per la gestione della sicurezza della manifestazione, ricomprendendo al suo interno anche il dirigente del servizio di ordine pubblico. Tale centro, riunito per tutta la durata dell’evento calcistico, ha i seguenti compiti: stabilisce gli orari di apertura dei cancelli, avuto riguardo ai tempi necessari per eseguire pre-filtraggi e filtraggi; verifica che il numero di steward adibiti per una determinata gara sia congruo rispetto alle caratteristiche e alla criticità che la gara medesima può presentare (ad esempio rivalità fra le tifoserie); coordina gli interventi per la gestione della sicurezza e gestisce le eventuali emergenze. Accanto a questa attività, quella istituzionale, esistono poi una serie di relazioni di collaborazione con le forze dell’ordine, che passano attraverso il dialogo quotidiano, il controllo quotidiano e il riscontro costante delle azioni che la società mette in atto per affrontare le problematiche legate al tifo. Qui ci avviciniamo al tema di vostro maggiore interesse, la vendita dei biglietti. Ricordo che le normative vigenti prevedono la nominatività del tagliando. Ogni acquirente, ogni Pag. 6possessore è censito, e la sua identità è sottoposta a controlli stringenti sia da parte del personale delle forze dell’ordine, sia da parte degli steward. Non esistono vendite indiscriminate in Italia, almeno da quando queste leggi sono entrate in vigore. Esiste il bagarinaggio? Certamente sì e deve essere contrastato, anche se la cessione di un bene mobile quale il biglietto di una partita da una persona a un’altra non penso possa essere criminalizzata. Discorso diverso è fare incetta di tagliandi a fini puramente speculativi. Questo fenomeno va combattuto e sul digitale sta, invece, dilagando grazie all’uso dei cosiddetti BOT, i software, gli algoritmi che permettono in pochi secondi di concludere un alto numero di transazioni. Come vedete, i livelli sono diversi e nella mia analisi ho tentato di descriverlo. Esiste il tifoso, esiste il tifoso appartenente a un gruppo ultras, esiste il tifoso appartenente a un gruppo ultras che può cedere alla tentazione di speculare e fare operazioni di bagarinaggio, e infine il livello che qui a voi interessa, il tifoso ultras bagarino che subisce infiltrazioni da parte della criminalità organizzata o che addirittura ne fa parte. Come vedete, tutte queste categorie non coincidono sempre e non sono sempre di facile riconoscimento. Ho potuto apprendere, anche e soprattutto per il tramite della stampa, i quesiti che i membri di questa Commissione hanno posto alle persone che prima di me sono state ascoltate e che si sono spesso concentrate sul procedimento in corso di svolgimento a Torino, che riguarda le presunte infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo mafioso nel tifo organizzato della Juventus.
In particolare, le domande più frequenti sono state nel senso di capire se i dirigenti e i dipendenti Juventus – ed anche io – fossimo a conoscenza dell’eventuale appartenenza a un’associazione di stampo ’ndranghetista di Rocco Dominello, unico soggetto oggi sotto processo che ha avuto contatti con esponenti della Juventus. Voglio ribadire sin da subito che i miei dipendenti Alessandro D’Angelo, Stefano Merulla e l’allora dirigente Francesco Calvo hanno sempre ritenuto di rapportarsi solo ed esclusivamente con soggetti facenti parte del tifo organizzato, mai nessuno ha avuto il dubbio, prima dell’indagine torinese, che lo stesso potesse essere qualcosa di diverso da un semplice ultras. Prima di rispondere alle vostre domande voglio ancora ribadire che come presidente ho sempre ritenuto mio dovere, in talune occasioni, rapportarmi con tutti i tifosi, quindi anche quelli appartenenti ai cosiddetti «gruppi ultras».
Come avrete potuto vedere leggendo gli atti del procedimento penale e in particolare le telefonate del 4 e del 5 agosto 2016 – dove rispondevo alle domande che mi venivano poste da Alessandro D’Angelo e dai miei avvocati – che io ho sempre inteso non sottrarmi alla richiesta di incontri di tutti i nostri tifosi, ivi compresi quelli più attivi come gli ultras. È per questa ragione che avevo deciso, in genere all’inizio di ogni annata calcistica, di incontrare i rappresentanti di questi gruppi, in modo da raccogliere le istanze che da quel settore dello stadio provenivano, in modo che anche questa parte della tifoseria particolarmente calda non si sentisse discriminata, con il rischio che creasse problemi di ordine pubblico all’interno degli stadi. La durata di questo incontro era piuttosto breve – 30-40 minuti – nel corso dei quali io ascoltavo quelle che per loro potevano essere ritenute delle problematiche legate al tifo e anche alla gestione sportiva per dare loro importanza, per poi allontanarmi e lasciare Alessandro D’Angelo, persona di fiducia a cui avevo delegato, proprio per la peculiarità degli interlocutori, la gestione dei rapporti con gli ultras. Quanto all’incontro che Rocco Dominello dice in un interrogatorio di aver avuto con me, è chiaro come dalle telefonate che voi avete a vostre mani emerga un mio tentativo di cercare di ricordare una circostanza che neanche Alessandro D’Angelo rammentava, facendo uno sforzo di memoria e ponendoci degli interrogativi solo al fine di verificare la possibilità che quanto il Dominello aveva raccontato circa le modalità e i tempi dell’incontro potesse corrispondere a verità. Come ho dichiarato anche in udienza quale testimone, non ho mai incontrato Rocco Dominello da solo, a memoria ho ricordato 3-4 incontri, una volta a una cena ad Asti presenti centinaia Pag. 7di tifosi, un’altra volta è venuto con Germani in sede per gli auguri natalizi e una volta presso i miei uffici in Lamse con Alessandro D’Angelo, in una delle occasioni in cui ho incontrato tutti i tifosi. Ribadisco che, se ho incontrato Dominello, può essere stato nell’ambito di un consesso di tifosi, ed è pacifico che, se non solo io ma tutti i miei dipendenti avessero saputo quello che è emerso oggi, mai avremmo avuto rapporti con lui.
Ho avuto modo di ascoltare che nel corso delle precedenti riunioni alcuni dei componenti di questa Commissione hanno espresso il desiderio di conoscere quanto la dirigenza Juventus e in particolare la mia persona sapesse o conoscesse degli accordi che intercorrevano fra Merulla, D’Angelo e la tifoseria. Il grado di autonomia operativa di D’Angelo e Merulla e del loro dirigente Calvo era totale, avendo io a suo tempo impartito le linee generali, vale a dire che Juventus emettesse abbonamenti e biglietti solo a pagamento, annullando tutti gli omaggi e previa regolare presentazione di documenti necessari per l’emissione dei tagliandi stessi. Francesco Calvo, seguendo le direttive societarie, ha sempre operato con delega piena e nel rispetto delle procedure. L’operatività della biglietteria, così come è strutturata, non doveva investire livelli più alti, né quelli degli amministratori delegati, a cui Calvo rispondeva funzionalmente, né il mio, a cui Calvo rispondeva gerarchicamente. Tale organizzazione comportava che non mi dovessi occupare nello specifico di questioni legate alla cessione di abbonamenti e biglietti. Purtroppo quanto emerso nell’estate dello scorso anno, quando questa vicenda è stata evidenziata dall’indagine della procura della Repubblica di Torino, ha fatto sì che mi interessassi direttamente al fenomeno, alle problematiche e alle possibilità di dare a questi temi una soluzione. Anche il mio essere qui oggi si colloca nella prospettiva di contribuire al miglioramento della situazione, nella speranza, che è sempre stata di tutti i miei dirigenti e mia, che le partite possano essere un momento di festa sportiva, alla quale possano partecipare senza rischio tutti i tifosi. Sono quindi a vostra disposizione per rispondere alle domande che vorrete pormi. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, presidente. Lascio la parola ai commissari.
GIUSEPPE LUMIA. Grazie, presidente. Ringrazio anch’io il presidente Agnelli e gli avvocati qui presenti. Il tema che la Commissione sta trattando innanzitutto vi riguarda in termini generali come una delle più importanti società italiane ed europee, quindi vi riguarda in funzione della necessità, da lei stesso posta nella sua introduzione, di fare in modo che lo stadio sia un posto sicuro e che l’evento sportivo-partita sia messo in sicurezza per essere un momento di spettacolo positivo.
Nella messa in sicurezza naturalmente va anche prevista la prevenzione per impedire che frange del tifo ultras legato alla mafia possano avere un ruolo di intermediazione e paradossalmente – ecco la storia della mafia – sostituirsi allo Stato e alla società nel determinare una parte dell’ordine pubblico. Questo è il punto strutturale che bisogna evitare. Come la mafia fa il controllo del territorio e pensa di sostituirsi allo Stato nel rapporto con gli operatori commerciali, con gli esercizi commerciali, si deve impedire che questo avvenga all’interno degli stadi, traendo la mafia stessa vantaggi, autorità e forza da questa funzione pseudoregolatrice di una parte della sicurezza.
La prima questione che vi riguarda nel rapporto con le altre società, quando vi incontrate alla Lega Calcio voi presidenti avete mai definito protocolli operativi, scelte decisionali, modelli organizzativi in grado di evitare che in quella triangolazione tifosi-società-forze dell’ordine ci sia un soggetto estraneo come l’organizzazione mafiosa, che sia in grado di regolare questo evento? Di segnali ne abbiamo avuti in diversi stadi, in diverse occasioni e in diversi momenti, quindi non è una questione che può banalmente e strumentalmente riguardare solo la Juventus e solo lo stadio di Torino. Vorrei sapere, quindi, se ci sia una strategia delle società in ordine a questo problema.
In secondo luogo vorrei sapere se nell’ambito delle vostre decisioni e delle vostre scelte Pag. 8ne avete assunta una che sarebbe efficace e di grande valore, anche pedagogico ed educativo. Quando si intercetta una presenza come quella di Rocco Dominello, che ha avuto un ruolo accertato nel campo degli ultras, la società si costituisce parte civile nel processo, perché subisce un danno. Esiste la technicality processuale che l’avvocato conosce, per cui in alcuni momenti lo può fare, in altri momenti non lo può fare, ma una decisione della dirigenza con lei in testa, presidente, che dà una direttiva al suo ufficio legale e che fa sapere al mondo intero che tutte le volte che ci sarà una traccia e un evento processuale in ordine a un coinvolgimento da parte di un tifoso ultras-mafioso sarete pronti a schierarvi con lo Stato e a chiedere danni specifici per questa presenza. Sarebbe una soluzione, in modo che vi diate dei protocolli interni operativi in grado di prevenire questo fenomeno.
La terza cosa è una convinzione che mi sono fatto studiando le carte e partecipando ai lavori della Commissione intorno a questo tema. Capisco che sia una questione spinosa e non voglio creare difficoltà a lei, presidente, e alla sua società, ma va fatta. Lei ha detto giustamente che c’è una triangolazione che vede coinvolte anche le forze dell’ordine, ma oggi è importante chiarire se nel rapporto tra voi e il tifo ultras organizzato vi sia stato mai un ruolo duplice delle forze dell’ordine: da un lato preventivo, con le forze dell’ordine che vi dicono Dominello non va incontrato, va escluso, è una persona indiziata per mafia e come tale va sottoposta a strumenti che le impediscano di avere un ruolo di interfaccia con la società e con il tifo organizzato; dall’altro, se da parte delle forze dell’ordine vi sia stata addirittura suggerita una funzione di intermediazione da parte di Rocco Dominello per evitare che il tifo organizzato potesse creare problemi. Io mi auguro che non sia così, ma, se fosse così, lo dobbiamo sapere, lo Stato si deve assumere la sua responsabilità di rinunciare alla sua funzione centrale di controllo della sicurezza degli stadi e di suggerire addirittura alle società di accettare, in quella triangolazione che lei diceva, anche una funzione esterna, che in questo caso sarebbe di gravissima portata, perché darebbe alla mafia la possibilità di avere una sua funzione.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Innanzitutto la ringrazio per le domande e cercherò di essere conciso. Innanzitutto in merito alla richiesta se in Lega ci fosse una strategia comune per affrontare le problematiche di gestione della sicurezza all’interno degli impianti. La gestione della sicurezza all’interno degli impianti è normata in maniera efficace già oggi, quindi il GOS è l’ente preposto alla gestione della sicurezza e segue le linee guida emanate dall’osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive. È presieduto da un funzionario della polizia. Secondo me si possono apportare dei miglioramenti all’interno delle curve, ma ci vuole la volontà da parte di tutte le società. Non penso che la Lega di serie A basti, questo dovrebbe essere un discorso da portare in Federazione: Lega di A, Lega di serie B, Lega-pro, a livello dilettantistico forse mi sembra eccessivo perché il numero di spettatori non raggiunge queste dimensioni, ma sicuramente anche un coinvolgimento della Lega nazionale dilettanti in prospettiva delle squadre che possono salire nei campionati professionistici. Un elemento che noi riscontriamo a Torino, ma che vediamo in tutti gli stadi d’Italia è quello che dal GOS normalmente parte la direttiva di non avere steward nelle curve con i tifosi più accesi. Io spesso mi lamento con i miei collaboratori, con l’avvocato qui presente, perché i vomitori in determinati punti non sono liberi, e questo è frutto di sanzioni a livello internazionale a ogni partita internazionale, perché non riusciamo a far sedere la gente. Nel contesto delle curve, della parte più calda dello stadio, il GOS chiede di non avere steward, di non avere rappresentanza, per motivi di ordine pubblico si preferisce lasciare maggiore libertà in questo settore. Ecco che allora uno sforzo congiunto A, B, Pro e Dilettanti uniti con una direttiva della Federazione, per andare a rafforzare quelle che sono le direttive in quel settore dello stadio, può essere utile. Questo è un consiglio che, se mi permettete, farò mio e porterò come istanza in Lega di serie A. Per quanto riguarda la costituzione della Juventus come parte civile, giustamente lei ha fatto delle differenze, Pag. 9 dei tecnicismi tra quando si può e quando non si può. Le ribadisco in questa sede che la Juventus si è costituita parte civile in ogni occasione che ha potuto, l’avvocato le potrà dare sicuramente maggiori dettagli di me, ma ogni qualvolta c’è stato un episodio allo stadio dei tifosi della Juventus, sia in casa che in trasferta, la Juventus si è sempre costituita parte civile. Da ultimo, per quanto riguarda direttive che ci sono state date dalla questura o da altri, da un lato ribadisco la collaborazione con la questura e con la DIGOS, e, se non vado errato, lo stesso procuratore Toso quando è venuto qui davanti a voi ha detto che neanche la DIGOS ha avuto modo di segnalare la possibile appartenenza del soggetto nominato ad attività criminali, quindi la stessa DIGOS non aveva questo tipo di informazioni. Noi non l’avevamo, nessuno ci ha mai detto cosa fare o cosa non fare. Tengo a ribadire che molte delle informazioni che le sto dando le valuto e le acquisisco dall’estate del 2016 in avanti, quando alcuni collaboratori della Juventus sono convocati in procura in qualità di testimoni un giorno sì e l’altro pure, come è giusto che sia perché il procuratore stava facendo il suo mestiere, e quando un nostro collaboratore si toglie la vita in circostanze che tutti voi conoscete. Solo in questo momento, quindi, mi interesso realmente del problema, perché, come vi ho detto nella mia introduzione, le mie linee guida generali erano assolutamente rispettate. Per me, che arrivavo da una situazione, anche in Juventus, di tanti biglietti omaggio nei vari settori dello stadio, passare a tutto pagato in qualità di presidente della Juventus era già il segnale di un enorme passo avanti nella gestione degli spettatori allo stadio. In questo percorso non ho avuto modo di riscontrare che nessuno ci segnalasse con chi dialogare o non dialogare. Si tratta di dialoghi che ad essere sinceri avvenivano sempre esclusivamente tra gli operativi e da questo punto di vista non posso confermare l’intervento del dottor Toso qui presso di voi.
MARCO DI LELLO. Buongiorno, presidente Agnelli. Io partirei da un punto che ci ha visto su posizioni pubbliche diverse, cioè sugli incontri. La ringrazio perché oggi ho sentito parole di verità che ci aiutano a fare chiarezza. Lei il 7 marzo, dopo che c’è stata l’audizione del procuratore della Federcalcio Pecoraro, fa un tweet, quindi la premessa è se l’account «@andagn» sia suo e lo gestisca lei direttamente: «nel rispetto di organi inquirenti e giudicanti ricordo che non ho mai – in maiuscolo – incontrato boss mafiosi. Ciò che leggo è falso». D’altra parte, anche in intercettazioni telefoniche, parlando al cellulare con D’Angelo – non ricordo se fosse quella in cui c’era anche l’avvocato, ma rileva poco – dice: «impossibile, impossibile», quindi esclude. Successivamente, evito di fare la cronistoria, sottolinea: «mai incontrato da solo», lunedì scorso al tribunale, non abbiamo il verbale, ma da quanto ho letto nel resoconto dei giornali: «mai consapevolmente». Ce lo ha detto anche oggi, risultava a noi dagli atti che c’erano stati questi incontri sia con Dominello che con Germani più volte, lo ha detto lei stesso oggi, presso i suoi uffici in occasione di Natale. Confesso che non faccio fatica a comprendere che al presidente della società con il maggior numero di tifosi nel nostro Paese possa capitare di incontrare anche malavitosi e noi qui non siamo deputati a indagare sul tema della consapevolezza. Quello che ci interessa è come le mafie possano arrivare anche a interloquire, ad avere rapporti – contatti, aveva detto il procuratore Pecoraro – con i vertici della più importante società calcistica italiana. D’altra parte, sia Dominello che Germani oggi sono a giudizio, concorso esterno, articolo 7, rileva poco, in quanto fiancheggiatori o sostenitori della ’ndrangheta. Personalmente quando lei dice «mai consapevolmente», io non ho alcun elemento per poterla contraddire e confesso di essere anche portato a crederle. Faccio più fatica a crederlo sinceramente quando estende questa consapevolezza ai suoi collaboratori, perché quando Calvo dice che non capiva come facesse ad avere una Jaguar senza avere un lavoro significa che il dubbio se l’era posto. Quando D’Angelo si mette su Google a fare le indagini, significa che il dubbio se l’è posto. Quando emerge che questo aveva una forza di influenza importante sulla curva pur senza avere un ruolo, un elemento di riflessione Pag. 10sul punto viene. Ci può chiarire questi punti? Faccio anche un’altra domanda. Bigliettazione, che è uno dei temi che ci interessa di più in assoluto. Credo che sempre lunedì scorso lei abbia detto che non avete dato né sconti, né omaggi. Emerge dalla grande mole delle risultanze documentali che ci siano state occasioni in cui questi biglietti venivano pagati successivamente, cioè venivano dati a credito. Sul punto abbiamo interloquito anche con l’avvocato Chiappero. Noi abbiamo dichiarazioni in merito però, siccome sono ancora segrete, presidente, chiedo di segretare il punto.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Da parte mia non c’è bisogno di segretare nulla, per me massima trasparenza. Una premessa come quella che lei ha fatto in pubblico, secondo me, necessita di una risposta pubblica.
MARCO DI LELLO. La risposta lo sarà, non lo metto in dubbio, ma io devo citare un interrogatorio che è coperto da segreto.
PRESIDENTE. Se deve citare un documento che da noi è segreto, facciamo formulare la domanda, ma eventualmente, se lei ritiene, la risposta la può dare anche in pubblica.
PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
MARCO DI LELLO. Se Dominello è uomo di equilibrio che si presenta bene ed è intelligente, perché non avete pensato a lui per quella figura che serve per gestire i tifosi della curva, lo SLO? Infine, lei ha mai subìto, lei o la Juventus, minacce dagli ultras? Lei sa perché questa volta la Juventus non ha potuto costituirsi parte civile? Grazie.
PRESIDENTE. Faccio una premessa prima di passare la parola al presidente per le risposte. Ovviamente i commissari rivolgono le domande che ritengono opportuno rivolgere, ma è anche vero, come ho detto in premessa, che noi trattiamo una materia che è contestualmente oggetto di un procedimento penale e di un processo in sede sportiva. Sappiamo che il presidente Agnelli è stato teste in sede penale e che verrà audito in sede sportiva prossimamente. Naturalmente il presidente nel dare le risposte terrà conto – ed è autorizzato dalla presidenza a tener conto – del fatto che, se alcune di queste risposte vanno a confliggere con le altre sedi, è autorizzato a non rispondere. Lo valuterà il presidente. Io però mi aggancio non al dettaglio di alcune domande che le ha rivolto il collega Di Lello, ma a un punto della sua esposizione sul quale penso che lei debba un chiarimento a questa Commissione che indaga sul fenomeno e sui caratteri generali del fenomeno, e mi riallaccio alla mia introduzione. Nel momento in cui lei dice che aveva dato disposizione affinché non ci fossero biglietti omaggio e che la consegna dei biglietti rientrasse nelle regole stabilite dalla legge Pisanu, al di là del fatto che ci ha segnalato non essere adeguata e noi ne prendiamo atto, è evidente che tutto quello che è accaduto dimostra che la sua direttiva non è stata seguita, presidente, altrimenti non ci sarebbe stato il bagarinaggio che c’è stato, non ci sarebbe stato il rischio del riciclaggio del denaro, dell’utilizzo di questo denaro nel modo che abbiamo ascoltato. Ormai molti di questi atti sono pubblici. La risposta a questa mia domanda rientra nella domanda di carattere generale; vi siete resi conto dove si è inceppata la macchina? Che cosa è successo? Al di là delle responsabilità penali e sportive, sono stati messi in atto dei rimedi più penetranti? Perché la sua direttiva evidentemente, come dicevo, qualcuno non l’ha rispettata. La vicenda di tutto il bagarinaggio come si è svolta, presidente? Vicenda che ha dato tutto questo potere a una persona che lei ci dice non sapevate chi fosse – e noi non dubitiamo della risposta che sta dando qui, come quella che sta dando altrove, è sotto la sua responsabilità e noi non abbiamo modo di dubitare – ma quello che si è verificato è un dato di fatto. Perché è accaduto, secondo voi? Non c’è solo la magistratura che indaga Pag. 11su questo. Lei giustamente ha parlato di tre soggetti: lo Stato, i tifosi e la società. La società ha una sua responsabilità in tutto questo. Per voi come è possibile che si sia verificato quello che è accaduto? Che tipi di cambiamenti, di misure state adottando e suggerite di adottare, perché questo non si verifichi mai più? Anche che interrogano il legislatore, ma che interrogano la responsabilità delle federazioni, delle società. Questo è il punto. Presidente, a noi non sta accertare responsabilità personali. Questa non è la sede e non ci interessa, presidente, voglio ribadirlo ancora una volta e prego anche i colleghi di attenersi nelle domande a questo spirito. Non ci interessa questo, questo spetta ad altri e noi ci fidiamo delle altre magistrature, ma sullo studio del fenomeno, sulla consapevolezza della società su quello che è accaduto, perché è accaduto, di chi sono le responsabilità e quali misure avete adottato ci deve aiutare. Tutto qua.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Grazie, presidente. La responsabilità iniziale che ci ha portato in questa situazione è sicuramente uno stadio troppo piccolo, quindi probabilmente siamo stati colti di sorpresa con i collaboratori delle forze dell’ordine a gestire uno stadio da sold out tutte le domeniche.
La complessità delle dinamiche dei tifosi della Juventus, come accennavo prima – un 60 per cento che viene da fuori, altre regioni ed estero – ha fatto sì che nella volontà di cercare di organizzare il tifo in maniera socio-demografica corretta venisse lasciato uno spazio per inserirsi a quello che in questa Commissione interessa, cioè a persone che possono avere interessi a lucrare sulla rivendita dei tagliandi. Se penso alla partita che andremo a giocare con orgoglio il 3 giugno a Cardiff, vado on line e trovo biglietti a 3-5 mila euro, biglietti emessi in vendita dalla Uefa in tempi non sospetti, secondo procedure di vendita corrette, che oggi troviamo a prezzi che sono assurdi, 5 mila euro. È quindi ben possibile che laddove un’organizzazione con finalità criminali voglia individuare una possibilità di fonti di guadagno, eventi come la finale di Champions con l’acquisto di biglietti, tramite software a cui facevo riferimento prima, siano di grande interesse.
Quali sono gli eventi di grande interesse per queste categorie di persone? Sono quegli eventi dove l’offerta è molto inferiore alla domanda e questo è il caso dello Juventus Stadium. È un motivo di orgoglio da una parte ed è un problema dall’altra. Le vicende che sono emerse e come sono emerse dall’estate scorsa, quando le indagini della procura di Torino hanno svolto il loro corso, ci hanno fatto analizzare questo fenomeno. Ora, senza entrare nella autorevolezza delle fonti citate dall’onorevole Di Lello, perché uno può prendere la moglie di uno, la cugina di un’altra o il PM.
MARCO DI LELLO. Sono atti giudiziari.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Sono atti giudiziari, sì, ma la persona è la moglie di uno di questi tifosi, ognuno di noi dà l’autorevolezza che meglio crede a una fonte piuttosto che a un’altra. Quindi, senza andare in quel tipo di dettaglio, quello che le garantisco e di cui posso far trasmettere alla Commissione tutti gli atti è il livello di omaggi che vengono ceduti per singola partita da quando sono presidente, l’utilizzo degli stessi e vedrà che ogni singolo biglietto omaggio non corrisponde a queste categorie. Se lei vuole, a questa Commissione posso trasmettere tutti gli atti di ogni singola partita giocata allo Juventus Stadium dal 2011-12 fino a Juventus-Crotone, che giochiamo dopodomani. Questo per chiarezza, di modo che, a qualsiasi fonte possa far riferimento, la Commissione possa trovare negli atti societari un riscontro e ogni commissario della Commissione possa farsi la sua opinione dagli atti e non dalle opinioni di terze persone. Dal mio punto di vista credo che la proposta del senatore Lumia sia quella che dobbiamo cogliere. Lo sforzo deve essere quello di avere impianti in tutta Italia, che io ho sempre richiamato. Il rinnovamento degli impianti è necessario in tutta Italia. Noi abbiamo tre stadi di proprietà in questo momento nella massima serie e il mio auspicio è che molti seguano questo esempio, che molti altri stadi d’Italia possano avere un problema di sold out ogni domenica per avere uno spettacolo che sia degno della qualità di questo Paese e quindi che il calcio italiano torni ad essere il primo in Europa, di Pag. 12modo che possa essere trasmesso e possa tornare a competere con quelli che sono i nostri competitor, la Premier League, la Bundesliga e la Liga. Oggi, data l’età media degli stadi, il tasso di riempimento degli stadi e lo stato in cui versano i nostri impianti sportivi, non è così.
A questo punto il problema va gestito con la Federazione e con le leghe, individuando quella che possa essere una soluzione condivisa da tutti, ma su questo pregherei il Ministero dell’interno di portare il suo contributo. Aprire un tavolo di dialogo per noi è fondamentale.
Siamo stati una volta di più precursori, abbiamo gestito uno stadio sold out, avremo sicuramente commesso, come ho detto prima, alcuni errori, ma errori che non hanno mai avuto – mai avuto, mai avuto – la consapevolezza di avere un dialogo con persone del calibro di associati a criminalità organizzata. Questo ci tengo a sottolinearlo e vorrei ringraziare l’onorevole Di Lello per questa sua posizione differente che ha avuto con me, per questo dibattito anche mediatico, che ha trovato terreno fertile su alcuni media nazionali e che ha portato alla ribalta «Agnelli dialoga con i mafiosi». Questo mi ha permesso una buona educazione civica in famiglia. Mia figlia grande, infatti, a un certo punto si è spaventata di quelle che potevano essere le conseguenze di questi dialoghi che io avevo; questo mi ha permesso di intavolare, all’età di 12 anni, un dialogo di educazione civica con mia figlia. Quindi, da questo punto di vista la ringrazio perché sono momenti importanti, anche se spaventano i bambini.
MARCO DI LELLO. Mi scusi, presidente, per precisare, perché non è che Di Lello si è inventato la mattina che il presidente Agnelli interloquisse con i mafiosi: c’è un’inchiesta di Torino e la procura… Siccome io non ho avuto risposta e sono stato chiamato in causa, vorrei che fosse chiaro.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, fate formulare la domanda all’onorevole Di Lello.
MARCO DI LELLO. Immagino che non sia piacevole e me ne dispiace…
PRESIDENTE. Anch’io ho sollevato il presidente dal dare alcune risposte che ritiene di non dare…
LUIGI CHIAPPERO, legale della società Juventus F.C.(fuori microfono).
MARCO DI LELLO. Lasci perdere i commenti, avvocato, ci mancherebbe, lo so bene. Dopodiché ha ammesso lui stesso in premessa che ha avuto rapporti con questi signori, non consapevolmente ha aggiunto, due signori, Germani e Dominello, almeno due.
LUIGI CHIAPPERO, legale della società Juventus F.C. Concorrente esterno non è ’ndranghetista….
PRESIDENTE. Avvocato, la richiesta della parola vale anche per lei e anche per il senatore Esposito.
STEFANO ESPOSITO. Ma si sta facendo il processo.
PRESIDENTE. Non si sta facendo il processo, non è vero neanche questo. Io lascio la libertà al presidente di rispondere, non posso formulare io le domande per i commissari, a meno che non si stabilisca che le domande le fa solo il presidente. Ma abbiamo deciso che non è così. L’onorevole Di Lello ha la capacità mentale e professionale di prendersi la responsabilità delle cose che sta dicendo e poi il presidente Agnelli non mi pare che abbia bisogno di altri difensori, proprio non ne ha bisogno. Prego.
MARCO DI LELLO. Quindi, presidente, chiarito che non è stato il sottoscritto a porre per primo il tema dei contatti, ma citate le fonti, il presidente continua a dirmi che esclude che i suoi sottoposti potessero avere consapevolezza del lignaggio di Dominello e Germani. Giusto, presidente? Esclude che ci potesse essere una consapevolezza?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Ho risposto in introduzione.
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MARCO DI LELLO. Quindi esclude questa consapevolezza, dice che le fonti della procura non sono attendibili in ordine – provo a riassumere la risposta – alle modalità di pagamento e distribuzione dei biglietti, poi su questi tre punti finali però non mi ha dato una risposta, perché non avete mai pensato a Dominello come SLO, se ha mai subìto minacce dagli ultras e se sa perché questa volta la Juve non ha potuto costituirsi parte civile.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Mai subìto minacce, mai pensato a Dominello, bisogna chiedere agli operativi. La terza?
MARCO DI LELLO. Se sa perché questa volta la Juve non ha potuto costituirsi parte civile.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. L’ha spiegato l’avvocato la volta scorsa. Se vuole, lo ripete.
MARCO DI LELLO. Se vuole, glielo posso spiegare io: perché la procura non ha individuato la Juventus come parte offesa dal reato.
LUIGI CHIAPPERO, legale della società Juventus F.C. Presidente, questa è stata la ragione per cui, non avendo fatto un capo di imputazione di un certo tipo, non c’era tecnicamente la possibilità. Dice bene il senatore Lumia che si potrebbe anche farla comunque. Siccome noi siamo rispettosi di quelle che solitamente sono le regole, sapendo che ci sarebbe stata respinta, abbiamo evitato. Dopodiché l’abbiamo detto pubblicamente e abbiamo detto pubblicamente che, ogni qualvolta c’è stata la possibilità di costituirsi parte civile rispetto a comportamenti dei tifosi, noi l’abbiamo immediatamente fatto, anche nella vicenda della bomba carta che è successa recentemente. Tutto quello che potevamo fare l’abbiamo fatto e lo avremmo fatto, se non avessimo avuto prima anche delle dichiarazioni pubbliche che ci dicevano che non avevamo diritto di farlo. Ci fosse stato un silenzio, ma pubblicamente era stato detto che ci sarebbe stata un’opposizione ed era corretto. Se fosse stata una dichiarazione sbagliata, sarei andato e avrei chiesto al giudice che mi desse ragione. Siccome, purtroppo, così messa aveva ragione, abbiamo ritenuto che fosse bene rimanere su questa linea, fermo l’impegno anche in questa sede di cercare di risolvere il più possibile i problemi che si sono creati.
MASSIMILIANO MANFREDI. Parto da un punto che riguarda la costruzione del fatto che la Juventus ha uno stadio di proprietà, lo Juventus Stadium, e da un’osservazione che faceva il presidente su cui volevo tornare, cioè la scelta di avere uno stadio di proprietà facendo all’interno degli investimenti di sicurezza, ma con un numero limitato di posti. Questo secondo me è un importante tema di discussione, considerando che la tendenza delle altre società italiane, come è giusto che sia, va a imitare questo modello, quindi a fare stadi di proprietà, a costruire e investire, quindi come farli e quanto questo possa condizionare il controllo del tifo e della sicurezza all’interno è un tema centrale del lavoro che stiamo facendo. Lei ci dice che la Juventus è in grado, attraverso il meccanismo e il monitoraggio del secondary ticketing, di conoscere automaticamente anche la seconda rivendita. Dato che non tutte le società sono in grado di farlo, noi potremmo analizzare questa incidenza del secondary ticketing a prescindere dal fenomeno della curva. Mi spiego, e lo dico in incipit, ma il presidente Bindi l’ha detto più volte. Premesso che abbiamo un tentativo acclarato di infiltrazione ’ndranghetista all’interno della curva, rimangono però altri due problemi seri: che ci siano dei criminali in curva, che, come ha detto Gabrielli, non è una cosa positiva solo perché non sono ’ndranghetisti, ma rimane un problema serio, e il fatto che il meccanismo del secondary ticketing, a prescindere dalla curva o da altri settori del stadio, si presti a un’organizzazione complessa della rivendita, che potrebbe essere collettiva anche in altri settori. Vorrei sapere quindi se attraverso i dati che avete sia possibile analizzare l’incidenza del fenomeno. Pag. 14
Secondo punto, con cui entriamo nel vivo di questa vicenda. Quando è scoppiata l’inchiesta e voi vi siete resi conto di essere venuti a contatto con questa realtà e con questo tentativo di infiltrazione, a prescindere dalla gestione del momento, dal rapporto, dall’indagine e da tutto questo, lei ha avuto il dubbio o la paura che, poiché la Juventus è una società che fattura oltre 380 milioni di euro e quindi è un bene appetibile dal punto di vista della criminalità organizzata, ci fosse la volontà o il tentativo di questi mondi di entrare non solo nella rivendita dei biglietti, che comunque è un caso molto più limitato, seppur grave, dal punto di vista economico rispetto ad altri settori, come il merchandising, la ristorazione o tutte le altre attività connesse? Pur essendo un’azienda privata per cui non potete rivolgervi all’ANAC, avete una modalità interna di controllo di fornitori e subfornitori, considerando che siamo in un’epoca in cui purtroppo in alcune parti della società italiana c’è ancora l’idea che la ’ndrangheta, la mafia e la camorra siano fenomeni locali e ci si sconvolge quando i comuni del centro-nord vengono sciolti per infiltrazione, laddove logicamente questi poteri si muovono dove ci sono i soldi? Oggi la Juventus è una società appetibile come domani potrebbe essere un’altra società.
Altro punto, il sistema di cui lei ha parlato, tifo, società e forze dell’ordine. A prescindere dal caso grave del tentativo di infiltrazione, presidente, prendendo proprio il caso della Juventus a me fanno specie alcune cose di questa vicenda, che testimoniano come questo sistema non funzioni. Cito Pecoraro: «non ho mai accostato Agnelli alla ’ndrangheta» e Dominello non è un boss, perché logicamente è un indagato per concorso esterno, e poi dopo si deciderà. L’unico dato attuale però è che uno dei capi più importanti del tifo organizzato della Juventus è uno che invece ha dei precedenti che non sono acclarabili, ma acclarati, magari non ha a che fare con la ’ndrangheta, ma non è un esempio di virtù per i giovani, e può tranquillamente entrare all’interno dello stadio. Quindi noi parliamo di Dominello, che verrà giudicato ed eventualmente condannato per concorso esterno, sappiamo di tentativi di infiltrazione della curva da verbali della DIGOS, però ci sono questi altri esempi, che secondo il mio punto di vista – dato che Gabrielli parla del 25 per cento di criminali nella curva – è un tema che fa meno rumore, ma secondo me è parimenti grave, considerando che la criminalità ha vari livelli. Ricordo che quando ero ragazzo in alcune curve dello stadio si vendeva anche la droga, è successo non solo in società del sud, presidente, e c’era un collegamento diretto, altro che vendita di biglietti. Presidente, lo dico a lei sapendo che poi ascolteremo altri, ma non pensa che, considerando che spesso la politica non dà il buon esempio su certe cose, una Lega Calcio che litiga da anni su chi deve fare il presidente e si presenta come un soggetto debole, non in grado di affrontare queste, che sono le vere emergenze di quel mondo? Bisogna prendersi oneri e onori. Ricordo anche c’è un’indagine in corso sui diritti sportivi, anche se non è oggetto di questo dibattito.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Qual è l’ultima domanda?
PRESIDENTE. Riformuli l’ultima domanda, onorevole Manfredi.
MASSIMILIANO MANFREDI. Non ritiene che la Lega Calcio dia un senso di debolezza nella gestione di questo fenomeno, considerando che in questi anni si è spesso presentata divisa, commissariata, mentre dovrebbe dimostrare una certa forza? Quando la politica è debole si dice che i poteri forti avanzano, e la Lega serve a tutelare questo, c’è una responsabilità diretta anche da parte del mondo calcio e logicamente dei presidenti più rappresentativi. Noi parliamo sempre della serie A, della Lega e delle infiltrazioni, però il mondo del calcio deve considerare anche un altro aspetto che riguarda le società dilettantistiche. Ci è capitato di apprendere, come a Quarto, che la camorra gestisse la squadra di calcio locale per tenersi buona la gente. Non hanno la televisione, non hanno gli anticorpi, non hanno i mezzi, non hanno Pag. 15gli steward, non sono la Juventus, non sono il Milan, non fanno la Champions League, ma anche quello è mondo del calcio, fa meno rumore ma è una cosa grave, perché attacca tutto il sistema. Non pensa che la Lega e la Federcalcio si debbano far carico anche di questi problemi? Considerando poi che i settori del calcio minore sono quelli più soggetti alle infiltrazioni sulle scommesse sportive, perché è impensabile che un giocatore che guadagna milioni di euro si venda una partita, mentre uno che prende un rimborso…
PRESIDENTE. Impensabile, no. Diciamo più difficile.
MASSIMILIANO MANFREDI. Più difficile, sì. Considerando che in Italia meno, ma all’estero sono quotate anche le ultime serie. Lei ritiene normale che in Italia, a parte i biglietti nominali, ci sia chi ha il secondary ticketing e abolisce gli omaggi, altre squadre che danno i biglietti a 1 euro, altre che continuano con gli omaggi, quindi che ci sia totale libertà e che ogni gestione sia autonoma, o secondo lei dovrebbe esserci un codice unico di tutte le società? Nel resto d’Europa ci sono esempi di questo tipo?
PRESIDENTE. Della serie che, siccome sono riusciti ad aggirare persino regole così stringenti come il secondary ticketing, figuriamoci altrove, però è stata violata anche in questo caso.
MASSIMILIANO MANFREDI. Sì, presidente, però quello che ha detto il presidente Agnelli – non per togliergli merito – basta andare su Google e lo sanno tutti, perché, se parenti e amici ti chiamano perché vogliono andare a vedere la finale di Coppa dei Campioni e dicono di aver trovato i biglietti a 4-5 mila euro, vuol dire che 10 mila o i 20 mila euro si fanno con 3 biglietti, e questi sono i biglietti venduti dalla UEFA, il che vuol dire che questo sistema non funziona, presidente. Poi possiamo fare l’ipocrisia … Posso aggiungere una cosa in 30 secondi in segreta, perché riguarda una cosa che ha detto il collega Di Lello? Solo come informazione.
PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Cerco di dare una risposta. Credo che la prima e la quarta domanda si possano trattare congiuntamente in relazione a quale sia il livello di autonomia da parte delle singole società di poter interpretare le norme attuali e a quale sia il ruolo del secondary ticketing. È chiaro che regole, certe, condivise e rigide aiutano. Noi oggi, però, lavoriamo con quello che abbiamo e, quindi, con quello che abbiamo cerchiamo di gestire in base alle esigenze e alle situazioni che viviamo. Con riguardo alla Juventus, il cambio di nominativo sui biglietti della singola partita può essere fatto solo sui titoli cartacei fisici. Se uno stampa a casa, non può farlo. Per quanto riguarda gli abbonamenti, invece, è possibile avere i dati dei cambi di nominativo e della sostituzione del posto per la singola partita. Si possono ridare alla Juventus e la Juventus li rimetterà in vendita. I dati congiunti per quanto riguarda la Juventus, a partire da Juventus-Fiorentina per arrivare a Juventus-Crotone, ossia per tutto il campionato di quest’anno, indicano percentuali di cambio di nome sul totale abbonamenti nell’ordine del 15-18 per cento a singola partita. Faccio un esempio: Juventus-Cagliari, 2.027 cambi nome e 2.897 posti rimessi in vendita. Faccio un altro esempio: Juventus-Inter, 5.131 cambi nome e 2.206 posti in vendita. Quindi, ogni singolo biglietto della Juventus è assolutamente monitorato e seguito.
MASSIMILIANO MANFREDI. Presidente, chiedo scusa, ma le altre società italiane sono in grado di poter gestire i dati come li gestite alla Juventus?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Non lo so. Sono nostre procedure di internal auditing. Abbiamo fascicoli di 25-30 pagine sulla gestione delle Pag. 16singole partite.
Per quanto riguarda il tema della riflessione su quelle che possono essere le infiltrazioni, avendole subite sulla parte dei tifosi, comunque esterne alla Juventus, perché l’infiltrazione avviene sulla frangia dei tifosi, non sulla società. La società teme per altri settori di attività. La società è attenta, come lo deve essere qualsiasi cittadino e come lo deve essere qualsiasi istituzione da questo punto di vista, perché chi è un cittadino con un senso civico è attento e deve essere attento a possibili infiltrazioni e deve avere la contezza di valutare laddove queste si possano verificare. Da parte nostra, al di là delle procedure interne e al di là delle situazioni attuali, noi non abbiamo mai avuto la sensazione di subire attacco in alcuna delle attività della Juventus.
Non lo pensavamo sui biglietti, figuriamoci sulla gestione del merchandising, che gestiamo con i grandi gruppi, come Nike e Adidas. Da questo punto di vista no, ma abbiamo una serie di procedure che ci permettono di fare verifiche saltuarie e procedure di internal auditing che vengono svolte anche in funzione di questo tipo di attività. Il tema – questa è una riflessione che è anche utile svolgere con voi – è che, laddove uno avesse una sensazione, per venire incontro all’onorevole Di Lello, se avessimo avuto la sensazione di avere una persona come il Dominello nel 2014 e nel 2015 – andiamo un po’ indietro – a chi avremmo potuto chiederlo? Essendo un soggetto sotto indagine, nessuno mi avrebbe dato una risposta, comunque.
PRESIDENTE. In quella triangolazione, presidente, c’è anche la possibilità di scambio di informazioni come queste, chiaramente. Sa perché su questo punto interloquisco volentieri? Perché lei ha definito, se non sbaglio, Dominello un ragazzo garbato. No?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Non io, i miei collaboratori.
PRESIDENTE. I suoi collaboratori l’hanno definito un ragazzo garbato. Come si fa a evitare di farsi ingannare dai modi garbati che possono nascondere un soggetto del genere? Scusate, ma mi spiegate quando è stato cambiato il capo di imputazione di Dominello? Per me è 416-bis.
LUIGI CHIAPPERO, legale della società Juventus F.C. Sì, mentre Germani è concorrente.
PRESIDENTE. Germani è concorrente, ma Dominello è indagato per l’articolo 416-bis.
GIUSEPPE LUMIA. Presidente, il punto che lei ha toccato, a mio avviso, è il punto chiave. Presidente Agnelli, in quella triangolazione, in cui le forze dell’ordine sono decisive, io penso che alla Commissione parlamentare antimafia debba interessare in modo particolare se le forze dell’ordine vi abbiano mai messo in allarme, o addirittura – questo sarebbe il punto da sciogliere – se Rocco Dominello sia stato segnalato alla società da parte di un rappresentante delle forze dell’ordine. Questo è il punto chiave, sia in fase di prevenzione, sia in fase di gestione dell’ordine pubblico.
PRESIDENTE. In questa triangolazione vorremmo capire se gli organi dello Stato vi hanno avvertito di questo.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. No.
PRESIDENTE. Non c’è un’informativa DIGOS che vi sia stata fornita da questo punto di vista?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. No.
PRESIDENTE. In sede processuale l’avete vista, però?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Sì, ma è del settembre 2016. Per concludere il ragionamento, lasciamo perdere il procedimento Alto Piemonte e cerchiamo di fare una valutazione generale. Laddove io riscontrassi un domani, Pag. 17 o avessi dei sospetti, chi è l’istituto, chi è l’ente a cui mi rivolgo?
PRESIDENTE. Questa è la triangolazione alla quale lei ha fatto riferimento prima, presidente.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Ma non ho un responsabile.
PRESIDENTE. Ma ha la DIGOS al suo tavolo. È lei che ha fatto riferimento al fatto che la sicurezza negli stadi è garantita da questa triangolazione.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Io rispondevo all’onorevole Manfredi, che mi parlava di altri settori. Se penso che sto subendo un tentativo di infiltrazione per l’appalto del catering delle scuole calcio Juventus…
PRESIDENTE. Lei va dal procuratore della Repubblica. Va alla prefettura, va dal procuratore della Repubblica. Ci sono tante istituzioni.
GIUSEPPE LUMIA. Presidente, ci sono i protocolli di legalità, che una società come la Juventus, come altre ditte private, stipula. Per esempio, nella costruzione del nuovo spazio di fronte allo stadio, dove vedo tante gru, sarebbe il caso di sapere se ci sia un protocollo di legalità con la prefettura che va a verificare fornitori, cemento e trasporti. Non vorrei che fra qualche anno dovessimo poi scoprire che anche lì ci sia stata una presenza da parte di imprese collegate alla ’ndrangheta. Si evita questo se c’è un protocollo di legalità e se il questore e la prefettura, che hanno la funzione di prevenzione dell’ordine pubblico in chiave antimafia, con voi hanno un rapporto tale da prevenire questo tipo di infiltrazione.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Abbiamo stabilito tutto quanto con la prefettura. C’è tutto.
PRESIDENTE. Tanto per fare la casistica – non la facciamo perché ci innamoriamo dei casi, ma perché dai casi singoli poi si traggono le linee generali – altre società hanno avuto problemi proprio con imprese di mafia che fornivano il catering allo stadio. Quindi, questi soggetti hanno mille modi di inserirsi. Ci sono riusciti persino in una società che aveva posto come regola quella che non ci fossero biglietti gratuiti e che fossero tutti nominativi. Ce l’hanno fatta. Sono capaci.
MASSIMILIANO MANFREDI. Presidente, posso?
PRESIDENTE. Basta.
MASSIMILIANO MANFREDI. È su questo punto qui.
PRESIDENTE. Sia più breve, allora, onorevole Manfredi. La sua cultura calcistica l’abbiamo capita.
MASSIMILIANO MANFREDI. Presidente, le sembra normale, a prescindere dal caso della Juventus, che in un mondo che muove tutti questi soldi, centralmente la Lega non imponga il protocollo di legalità a tutte le società?
PRESIDENTE. Certamente sentiremo la Lega calcio. Io ho iscritto a parlare l’onorevole Attaguile, altro coordinatore del comitato.
ANGELO ATTAGUILE. Le mie domande sono tese semplicemente a portare un contributo. Mi complimento con la Juventus e col presidente da un punto di vista sportivo. Semplicemente mi lasciano un po’ perplesso alcune cose, come uomo del diritto, interessato a tutelare in modo particolare e a fare battaglia alla mafia. Quando è stato audito il prefetto Pecoraro, la cosa che mi ha colpito è stata anche che questi signori della mafia o della ’ndrangheta che siano, si sostituiscono al prefetto e addirittura al questore. Non c’è bisogno del prefetto e del questore, perché l’ordine pubblico sugli spalti lo garantiscono loro. Questo effettivamente è anche credibile, perché dietro a tanti interessi, laddove c’è flusso di denaro – lo vediamo nell’immigrazione Pag. 18 e nello sport delle grosse società – le mafie sono interessate e, quindi, si avvicinano, garantendo anche – chiamiamolo così – l’ordine pubblico negli eventi importanti. Questa è stata una cosa che mi ha un po’ sorpreso.
Volevo dire anche che, da quello che ho audito, visto che i biglietti sono nominativi – questo lo dico come un contributo, un suggerimento al presidente Agnelli, anche per tutelare gli steward – non venivano visionati e non venivano controllati i biglietti nominativi. Addirittura si voltavano dall’altra parte. Così è stato detto. Questa è un’altra cosa che mi preoccupa.
Sulla terza cosa propongo di segretare, presidente, perché non so se sia stato segretato prima.
PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Il presidente non vuole dare risposte in seduta segreta e noi lo rispettiamo. Prego, presidente.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C.
Prendo atto delle constatazioni che sono state fatte qui prima di me per quanto riguarda l’ordine pubblico all’interno dello stadio di Torino. Ho dichiarato quali sono le procedure dell’ordine pubblico all’interno dello stadio. Forse potete convocare il questore e il prefetto e dire: «Voi non fate nulla nello stadio di Torino, perché non servite a nulla». Ma questa è una vostra considerazione. Per quanto riguarda gli steward che si giravano, non è così. Non mi risulta. Ne prendo atto, ma non è assolutamente così. La terza era una constatazione e, quindi, la lascio stare. Per quanto riguarda la costituzione di parte civile, credo che ne abbiamo già ampiamente parlato. Piace molto, la prossima volta – chiedo scusa – la faremo a prescindere.
PRESIDENTE. Direi di chiudere questo argomento, dal momento che sappiamo che non sarebbe stata ammessa come parte civile perché non è stata ritenuta parte offesa. Basta.
ANGELO ATTAGUILE. E la domanda segretata?
PRESIDENTE. Che domanda ha fatto in segreta? Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
FRANCESCO D’UVA. Ringrazio il presidente Agnelli per essere qui. Devo dire che è molto divertente in generale vedere colleghi dello stesso partito che a volte litigano, evidentemente la fede calcistica è più forte anche della fede politica, a quanto pare.
PRESIDENTE. Immagino che voi vi siate imposti di non avere fede calcistica.
FRANCESCO D’UVA. Questa è carina, presidente. Più che altro, la mia cultura calcistica è molto più bassa di quella del collega Manfredi. È quasi zero. I miei amici lo sanno bene. Quello che, invece, a me interessa è quello che interessa alla Commissione antimafia, ovvero non cercare responsabilità, né penali, né sportive, perché non tocca a noi, ma cercare di capire quali sono i comportamenti che possono essere utili per evitare il diffondersi del fenomeno mafioso. Oggi stiamo audendo lei, giustamente, presidente, e, quindi, dal suo punto di vista, sembra che ci occupiamo solo di questo. In realtà, non è così. In realtà, stiamo cercando di muoverci in tutta quella che definiamo molto spesso come zona grigia, ovvero quando ci sono dei professionisti. Ci possono essere avvocati, medici, commercialisti, notai, di tutto. Purtroppo, alcune cose non possono essere legiferate. Se fosse così semplice, se bastasse davvero fare semplicemente delle leggi per contrastare la mafia, allora sarebbe perfetto. Purtroppo, non è così. Bisogna fare anche qualcos’altro. A volte si può chiamare educazione, quando si parla alle scuole, perché Pag. 19si va a parlare alle scuole per questo. Altre volte si cerca di spiegare a chi è nei settori più remunerativi che, purtroppo, il rischio di infiltrazioni mafiose è molto forte. Chiaramente, il calcio è un settore molto esposto da questo punto di vista, perché di fatto è molto ricco e ha molti denari.
Quello che a noi interessa è capire che cosa si può fare, perché la nostra è una Commissione d’inchiesta, che di fatto tiene le audizioni e poi scrive delle relazioni da cui possono scaturire proposte di legge da consegnare alle assemblee parlamentari. Questo è il nostro compito, ma in generale facciamo uno studio del fenomeno. Noi vogliamo capire, al di là di questa Commissione e al di là delle leggi, cosa può essere fatto per evitare nuovi casi Dominello. Questa è la cosa più importante. Voi chiaramente siete quelli che hanno subìto questa cosa. Non la volevate subire. È anche vero – almeno a me risulta questo – che questo Dominello era in grado, con il suo fare cortese e di mediazione, anche di riuscire a tenere l’ordine nello stadio, nella curva. A me risulta così, se non sono male informato. Per certi versi, poteva anche essere comodo avere persone di questo tipo, che potevano in qualche modo… Quello che noi vogliamo assolutamente è ribadire che questo tipo di fenomeni va assolutamente contrastato in ogni modo. Da questo punto di vista prendiamo come spunto quest’audizione per ribadire questo concetto, che oggi riguarda i club sportivi, ma può riguardare qualsiasi altra parte della società, non ultima i professionisti.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Quello che ci tengo a dire è che, al di là della fede calcistica – mi perdonerà, presidente – io, Andrea, voglio solo situazioni bianche o nere. Tutto quello che c’è in mezzo non lo voglio né sentire, né vedere.
PRESIDENTE. Presidente, sa perché è bello? Perché non ha detto «bianche e nere». Ha detto «bianche o nere».
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. È quello: bianco o nero, situazioni chiare. Questo deve essere l’assoluto punto di partenza: bianco o nero. La maggior parte delle problematiche emergono per gestioni di ordine pubblico all’interno dei settori più caldi. Come vi dicevo prima in introduzione, da parte del GOS di Torino, ma questo vale per il GOS di tutti i principali stadi italiani, c’è la disposizione di non avere steward all’interno di questi settori più caldi. Quindi, si lascia una certa libertà d’azione a chi frequenta questi luoghi e queste zone dello stadio. Ribadiamo la popolazione di queste zone. Riprendo una volta di più le parole del dottor Gabrielli: il 25 per cento di pregiudicati.
Quello che, secondo me, dovremmo fare da qui a settembre, che è l’inizio del prossimo campionato, è avere situazioni chiare e definite nelle parti più calde degli stadi, ossia avere l’introduzione degli steward, avere delle risposte immediate, avere, in caso di qualsiasi tipo di reato all’interno dello stadio, un giudizio immediato in stile inglese. Da questo punto di vista anche all’interno degli stadi bisogna avere – siamo pronti, come Juventus – una piccola zona dove tenere… Non c’è problema. Facciamolo subito. Facciamo in modo che la gente sieda al suo posto, facciamo in modo che permettano a tutti di fruire dello spettacolo. Questo è il primo passo immediato. Non si capisce perché il GOS, che è presieduto da un funzionario di polizia, debba dare l’indicazione a tutte le squadre italiane di non presidiare quei settori. Presidiamoli, da subito. Dopodiché, torno a quello che è stato il suggerimento iniziale, ossia quello di avere un tavolo con l’osservatorio, le principali leghe e la Federazione e, quindi, di arrivare a una soluzione congiunta. Se posso, presidente, se questa Commissione mi può dare il sostegno, presidiamo questi territori, perché sono quelli a maggior rischio. Qui siamo in Commissione antimafia. Non possiamo permettere che ci sia terreno fertile. È quello che voi tutti mi state dicendo: «Cosa fate per evitare che possano sorgere questi fenomeni?» Noi dobbiamo evitare la fertilità dei terreni, e quello è un terreno fertile. Andiamoci noi, come Stato.
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CLAUDIO FAVA. Ho una domanda, presidente, che ho fatto all’avvocato Chiappero – la risposta, in quel caso, mi ha soddisfatto – ma che abbiamo fatto in questi anni anche a molti prefetti, a molti amministratori e a molti sindaci. Parte da due premesse. La prima è che, in questo momento, i tre grandi processi alle mafie che si stanno celebrando in Italia non si stanno celebrando né in Calabria, né in Campania, né in Sicilia, ma a Milano, a Roma e a Reggio Emilia e ci raccontano una geografia assai modificata rispetto alle nostre valutazioni di un tempo. La seconda è che abbiamo riscontrato un’incredibile pervasività nel mondo societario e nel mondo imprenditoriale, con una capacità di arrembaggio da parte di organizzazioni criminali che spesso presenta elementi di straordinaria modernità e di grande spregiudicatezza e che, naturalmente, riguarda anche il calcio. Le faccio questa premessa per capire se, accanto a un perimetro di cose giuste e oggettive da fare, quelle che lei ha ricordato adesso e che hanno ricordato anche altri colleghi sul piano normativo e sul piano legislativo, in relazione alla qualità dell’intervento dello Stato, non occorra anche un livello diverso di consapevolezza da parte di chi gestisce queste situazioni. Dominello non era un pregiudicato. È diventato indagato quando questi fatti erano ormai ampiamente noti. Tuttavia, quando gli è stata affidata la rappresentanza di questo settore della curva, dove lei ha ricordato, con le parole del prefetto Gabrielli, che c’è un tasso del 25 per cento di devianza criminale all’interno della tifoseria ultrà, bastava una ricerca di pochi istanti per scoprire che il padre e il fratello di Dominello erano condannati per associazione di stampo mafioso e che il padre era considerato, non oggi ma già allora, rappresentante della famiglia Pesce-Bellocco. Sono sicuro che, se avesse avuto questa notizia, lei o i suoi collaboratori avreste evitato di affidargli funzioni di rappresentanza. Io le chiedo quello che abbiamo chiesto a molti prefetti i quali hanno ritenuto che alcune aziende che erano intestate a persone limpide dal punto di vista dei trascorsi penali, ma che avevano attorno una famiglia assai opaca, utilizzassero la qualità del certificato penale del loro congiunto per poter ottenere alcuni appalti. È lo stesso ragionamento che abbiamo provato a fare con alcuni amministratori che in lista avevano persone adamantine, alle cui spalle si muovevano torme di parenti assai meno adamantini. Visto che la sua è una società quotata in Borsa, la più grande società sportiva italiana, mi chiedo se ci rendiamo tutti conto di come queste cose siano potute accadere. L’idea è che sia sufficiente avere la certificazione, gradita e corretta, della persona con cui parliamo, senza renderci conto che oggi il livello di organizzazione di queste strutture criminali utilizza spesso persone come Dominello, che sono totalmente limpide di fronte alla legge. Le chiedo se ci aiuta a capire quello che abbiamo sempre chiesto, non sempre avendo delle risposte all’altezza della domanda. Il prefetto di Milano, qualche anno fa, in Commissione antimafia disse «In questa città la mafia non c’è». Quattro giorni dopo ci fu una retata con 380 ordini di custodia cautelare e un processo che va avanti da allora. Pertanto, non stiamo parlando soltanto delle disattenzioni del presidente di una grande società calcistica, ma di una disattenzione culturale complessiva del Paese e delle sue istituzioni. Chiedo se su questo lei ci può dire qualche parola a proposito del bianco o nero, visto che la vicenda familiare di Dominello è una vicenda totalmente opaca, fin dal momento in cui avete accettato la sua disponibilità e la sua collaborazione, e a proposito di come ciò sia potuto accadere, con la certezza che, naturalmente, queste cose ci portino consapevolezza per il futuro.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Vorrei solo mettere un minimo di ordine. Chiaramente, le carte sono tante e il tempo che abbiamo avuto a disposizione sia io, sia voi è più o meno lo stesso. Torno a ribadire che la specificità dei fatti che accadevano e i dialoghi erano fermi agli operativi. Per quanto mi riguarda, alcuni di voi non sono soddisfatti di questo e va bene così, ma le mie direttive erano seguite. Presidente, non me ne voglia. Farò avere alla sua Pag. 21attenzione tutti i biglietti che sono stati emessi dalla Juventus dal 2011- 2012 a oggi, di modo che poi possa esserci un riscontro in questa Commissione.
PRESIDENTE. Presidente, se lei ribadisce questo concetto, ci deve anche spiegare perché è accaduto quello che è accaduto. Scusi, qualcuno li stampava? Cosa succedeva? Se lei mi ribadisce questo, ossia che lei ha dato le direttive e che le direttive sono state seguite perfettamente e poi si scopre che in quelle direttive eseguite perfettamente c’è stato per anni un affare gestito dalla ’ndrangheta, di cui voi non eravate a conoscenza – benissimo, siamo d’accordo – ma c’era, come è potuto avvenire? Se tutti hanno seguito le sue direttive, com’era possibile che questo avvenisse?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Il tema è – giustamente, stavo cercando di arrivare alla risposta – che la mia direttiva era vendere il biglietto. Punto. Quella direttiva era osservata. Il tema è che cosa succede dopo la vendita.
PRESIDENTE. Allora la prossima volta scrivete «vendere biglietti, sperando di capire a chi». Abbiate pazienza.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Abbiamo capito perfettamente.
PRESIDENTE. Non ne avete venduto solo uno, però. La legge Pisanu sarà inadeguata, ma quella almeno non è stata rispettata.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Questo è il tema che dobbiamo affrontare ed è qui che il confronto aiuta e agevola. Presidente, noi non vogliamo assolutamente sottovalutare il tema, ma tengo a ribadire che le direttive mie erano «vendere biglietti». Io arrivavo da una gestione dove c’erano gli omaggi e ho dato la direttiva «cancellare omaggi, vendere biglietto».
PRESIDENTE. Perché Dominello e Germani ne prendevano a centinaia? Presidente, questo ve lo siete chiesto?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. È una questione che ci siamo posti.
PRESIDENTE. Ecco. Che risposta vi siete dati voi, come società?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. La risposta che ci siamo dati internamente era che, nell’agevolare la fruizione dello stadio, cioè mettere ogni persona al suo posto, le famiglie a est, i club DOC a nord, i premium a ovest e il tifo organizzato, il tifo caldo, gli ultras, a sud, abbiamo cercato di andare a fare una distribuzione. Tutte le categorie di tifosi, siano esse premium, famiglie, club DOC o ultras, hanno la demograficità che ho descritto prima: il 60 per cento viene da fuori. Ogni azione svolta dagli operativi della Juventus era svolta, come dicevo prima, con la questura. Da questo punto di vista io – biglietto venduto, si lavora con la questura – mi sentivo tutelato. Così non è stato. Allarme. Dobbiamo cercare di trovare delle soluzioni per il futuro, perché io il passato non lo correggo. Purtroppo, non è una mia facoltà correggere il passato. Devo prendere atto che ci sono state delle anomalie e queste verranno corrette. Alcune cose sono già state fatte e verranno corrette, ma io il passato…
PRESIDENTE. Quali sono queste anomalie, presidente? Questo lo sapete? Queste ce le potete dire? Ne avete preso consapevolezza? Mi deve credere, guardi. Per noi il fatto che la società della Juventus non sia implicata è importante, l’ascoltiamo con un animo diverso. Non ci divertiamo a parlare con gli imputati. Non so se mi spiego. Infatti, non ne è venuto mai nessuno in questa Commissione. Parliamo proprio perché non vogliamo sovrapporre i campi. Quello che ci interessa capire è il motivo per il quale, con regole così chiare – che altri addirittura non hanno, al punto tale che le vostre potrebbero essere adottate da altri – si sia verificato Pag. 22quello che si è verificato. Qualcuno è venuto meno, secondo voi, o no? Oppure è stato trovato un artifizio? L’avete scoperto? Questo si potrebbe ripetere domani. Mi viene anche un’altra domanda. Perché alla partita col Barcellona c’era mezzo stadio vuoto, quella sera?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. No.
PRESIDENTE. C’era un po’ meno gente.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. No. Le do i tagliandi: 41 mila. Il problema è che si spingono, non osservano le norme di sicurezza e lasciano un quadrato libero dietro la porta, che è andato in mondovisione. Questo per un litigio che un gruppo ha avuto con la questura.
PRESIDENTE. Non perché quella volta ci sono stati meno biglietti, in attesa di capire come andava? Per capire.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Presidente, è da circa un anno o poco più che questa riserva, che noi reputavamo corretta, per la distribuzione sociologica dei frequentatori dello stadio non la facciamo più. Quindi, quello è stato fatto. È stato fatto. Come mi hanno spiegato i miei funzionari, ciò era utile per collocare sociologicamente ognuno al suo posto. Quest’attività ha lasciato una maglia aperta, in cui abbiamo subìto l’infiltrazione o il tentativo di infiltrazione, o quantomeno l’ha subìto non la società direttamente, ma l’hanno subìto i gruppi di tifosi. Come dicevo prima, c’è il tifoso, c’è il tifoso ultrà, c’è il tifoso ultrà bagarino e c’è il tifoso ultrà bagarino ’ndranghetista. Questo è il ragionamento. Noi da questo punto di vista l’abbiamo già tolto. Di qui in avanti, chiaramente, c’è una serie di attività che svolgiamo e che cerchiamo di svolgere al meglio. Il fatto di trovare alcune di queste persone a est non ci fa piacere. Preferiamo che, di nuovo, il premiumvada col premium, a est vadano le famiglie e a nord i club DOC. Questa cosa qui la subiamo, la gestiremo e cercheremo di gestirla al meglio, ma è stato fatto. Queste riserve di cui si parla da tutto il campionato in corso e parte dello scorso non esistono più. Quindi, è stato fatto. Venendo all’onorevole Fava, mi occupo di questa vicenda dall’estate del 2016 e, come dicevo – non vorrei ripetermi – prima di allora, secondo me, le mie direttive erano state osservate. Il Dominello non lo scegliamo noi. Il Dominello è scelto da loro. Non è che io scelga chicchessia…
CLAUDIO FAVA. Lo so, ma, quando la curva indica una persona, io mi chiedo come non accada che si faccia una ricerca di un secondo per scoprire di che famiglia sia espressione questa persona. Solo questo le sto chiedendo.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Mi spiace che, come mi ha detto, prefetti e procuratori siano venuti qui eccetera. Lo stesso dottor Toso, venendo qui, vi ha spiegato come il nome del Dominello, appartenente alla cosca a cui lei ha fatto riferimento, a Torino non richiami determinate attenzioni. Di Google personalmente mi fido e non mi fido, perché, se lei cita il mio nome, trova una valanga di falsità. Io starei attento. Come ci insegnano anche i professori di informatica, facciamo attenzione a fidarci delle ricerche online. Questa è anche educazione civica. Non spieghiamo ai nostri figli che basta andare su Google per sapere come funziona il mondo. Questo è determinante.
CLAUDIO FAVA. Presidente, mi permetta, qui non si tratta di Google. Sapere che il Dominello aveva un padre condannato per mafia e un fratello condannato per mafia non è una ricerca che si fa per Google. È uno scrupolo.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Perché la questura non l’ha segnalato?
CLAUDIO FAVA. È una domanda che noi faremo anche al questore, assolutamente. È una domanda che riguarda tutti i livelli istituzionali, le sto dicendo, che abbiamo Pag. 23 fatto ad amministratori, prefetti, sindaci.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Io ho chiesto alla presidente, poco fa: ditemi da chi vado io la prossima volta. Se lei mi chiede che cosa ho fatto una volta, rispondo che non lo sapevo.
CLAUDIO FAVA. Io andrei dal prefetto, perché il prefetto sa se un signore ha un parente che è stato condannato per mafia.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Perfetto, qui non stiamo dicendo che cosa abbiamo sbagliato ieri, ma cosa facciamo per migliorare domani. Questo è il compito di questa Commissione. Questo tema l’abbiamo affrontato prima con la presidente, che è stata chiarissima quando alla domanda «se io dovessi subire un tentativo di infiltrazione, per esempio, nel catering delle scuole calcio cosa dovrei fare?», mi ha dato la risposta. Credo che compito nostro in questa sede sia guardare a domani con l’esperienza di ieri, ma forse non rileva ieri. Qui dobbiamo proporre soluzioni per evitare che gli stessi errori vengano commessi in futuro, o quantomeno questa mi è sembrata la premessa della presidente.
PRESIDENTE. Certo, riconoscendo quelli di prima, però, presidente, altrimenti non si migliora mai nella vita.
MARCO DI LELLO. Presidente Agnelli, ma lei ritiene che il dottor D’Angelo, il suo security manager, abbia sempre tenuto fede alle sue direttive? Le faccio la seconda domanda, in modo che non appaia retorica la prima. Poiché D’Angelo ha dichiarato che venivano dati tra i 70 e i 100 biglietti a titolo personale a Rocco Dominello… Se sbaglio avvertitemi… Ho davanti gli appunti. Posso recuperare le carte. È un’iniziativa personale di D’Angelo?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Mi stanno fornendo delle informazioni che ogni tanto colgono di sorpresa anche me. La gestione dell’operatività, come ho detto prima, non la seguivo, motivo per il quale mi sono girato verso gli avvocati e ho chiesto perché mi stesse dicendo questo.
MARCO DI LELLO. Io non ho dubbi che lei non seguisse…
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Quello che a me preme e quello che rileva soprattutto, è che Merulla e D’Angelo, responsabile della biglietteria e responsabile della sicurezza, sono stati intercettati con metodi invasivi per diversi mesi. Sono entrati in procura come testimoni e sono usciti come testimoni. Devo dire che avranno riscontrato un comportamento – non io, perché per me si basava sulla fiducia, ma anche i PM – corretto.
PRESIDENTE. Presidente, il bagarinaggio non è reato nel nostro Paese. Questo è il livello.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Quindi, la domanda?
PRESIDENTE. Presidente, la domanda dei 70-100 biglietti che le ha fatto l’onorevole Di Lello gliela sto facendo dall’inizio. Quando lei mi dice che quelle sono state le direttive e che sono state sempre seguite, allora le ho chiesto chi stampava questi biglietti? Se mi si dice che nella triangolazione è previsto anche che la responsabilità di questi signori che interloquiscono con voi, scelti dai tifosi, sia quella di dare a loro delle disponibilità, in maniera tale che abbiano la loro autorevolezza, questa è una risposta per la quale noi… Il bagarinaggio non è reato nel nostro Paese e noi ci interroghiamo se sia giusto che non lo sia. Visto che è stato usato in maniera tanto spregiudicata dalle organizzazioni mafiose, forse bisognerebbe interrogarsi anche su questo. Questo tocca a noi. Tuttavia, la materia prima per fare questo mestiere qualcuno l’ha data a questi signori. L’idea che ci siamo fatti noi lei non può non essersela fatta. Io non mi intendo per niente di questa materia. Lei ne capisce, invece. È Pag. 24evidente che questa fosse la merce di scambio. L’autorevolezza dei soggetti scelti dai tifosi per tenere l’ordine al tavolo della triangolazione era in qualche modo compensata dal fatto che avevano questa disponibilità di biglietti. O no, presidente?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. No, non è così. Non è assolutamente compensata. Era una gestione loro.
PRESIDENTE. Hanno una disponibilità, una gestione loro, ma chi glieli dava, se dovevano essere nominativi e dovevano essere tutti pagati e non ce n’è uno più di quattro persone? Quegli altri chi li dà? Li stampano?
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. No, qui entriamo veramente nel tecnicismo…
PRESIDENTE. No, presidente, non è tecnicismo.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Chi lo stampa, chi lo gira e via elencando. Il ragionamento – qui non ho alcun problema – è che per me quelle erano le dotazioni che venivano date. La Juventus cosa ha fatto? Le ha eliminate, perché evidentemente si sono verificati dei problemi. L’ho detto poco fa. Le abbiamo eliminate. Queste dotazioni sono state eliminate.
PRESIDENTE. Benissimo. Allora ci sono state per un periodo.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. L’abbiamo detto. L’ho detto a tutti.
PRESIDENTE. Qui no.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Come no? L’abbiamo sempre detto, sempre ammesso, tant’è che abbiamo detto che alcune nostre responsabilità dinanzi alla giustizia sportiva le discuteremo. Questo l’abbiamo sempre detto: c’erano delle dotazioni.
PRESIDENTE. Se rileggiamo la sua introduzione, questo non ce l’ha detto. Gliel’ho domandato dall’inizio. Siamo dovuti arrivare alla domanda di dettaglio dell’onorevole Di Lello proprio per questo motivo. La prima cosa da eliminare è questa. Punto. Però c’è stata questa.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Sì, questo l’abbiamo già detto. Questa è stata una prima misura che abbiamo assunto.
PRESIDENTE. Bene. Questa è buona.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Esatto. È questo il ragionamento. All’interno di questa attività che veniva fatta per distribuire, di nuovo, sociologicamente i tifosi, evidentemente hanno trovato un terreno fertile. Adesso cosa facciamo successivamente? Dal mio punto di vista, dal punto di vista del presidente, sapendo che i signori della sicurezza e della biglietteria avevano un dialogo continuo e costante con la questura e la DIGOS, io non mi sono mai fatto diversi problemi. Quando vengo a conoscenza di questo, nell’estate 2016, dico: «Fermi, certe attività non vanno più bene». Questo è il ragionamento che va reso nella sua totalità.
PRESIDENTE. Grazie di questa risposta, che è la cosa più importante della serata.
STEFANO ESPOSITO. Oggi sono molto d’accordo con il collega D’Uva. Speriamo che la settimana prosegua in modo positivo e che non ci siano intoppi. Presidente, poiché noi vorremmo provare a trarre da questa indagine delle proposte e delle soluzioni, anche se siamo stati, per la verità, un po’ stroncati durante l’audizione del prefetto Gabrielli, il quale ci ha detto che ci sono già troppe leggi e che forse bisogna alleggerire la situazione…
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PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma io credo che, dopo quello che ci ha detto il presidente della Juventus, noi dobbiamo risentire il prefetto Gabrielli.
STEFANO ESPOSITO. Ci sarei arrivato, presidente, perché credo che ci sia…
FRANCESCO D’UVA. Anche il questore di Torino.
STEFANO ESPOSITO. Sì, ma non quello appena arrivato, quello di prima. Peraltro, sono tutti professionisti molto seri e capaci nel loro lavoro, che potrebbero anche tornarci utili nel lavoro che stiamo svolgendo. Vede, presidente, a me interessa capire da lei, che rappresenta la più grande e importante squadra italiana, sia in termini di pubblico, di tifosi, sia in termini di palmarès – purtroppo, sto fornendo dei dati oggettivi, presidente, non vorrei che qualcuno si turbasse per questo – con uno stadio troppo piccolo… confermo, è troppo piccolo, considerato che lo stadio di Cardiff ha quasi 70 mila posti e i biglietti costano 5 mila euro, e col viaggio anche 7 mila. Detto questo, presidente, cosa pensa lei delle misure che oggi lo Stato mette a disposizione delle società? Il DASPO, visto dal vostro punto di osservazione, funziona o non funziona? Sul tema della responsabilità oggettiva, che voi avete, e che io continuo a pensare che sia uno dei temi principali, bisogna che ci diciamo qualche parola di verità. A me interessa conoscere la sua opinione su questi argomenti. La terza questione è la tessera del tifoso. Questi sono oggi gli strumenti principali attraverso i quali noi, come Stato, non come singoli, proviamo ad accompagnare i processi. Lei poi ha detto una cosa che a me personalmente ha dato conferma di una mia opinione, che peraltro ho anche espresso pubblicamente a più riprese. Nelle riunioni del GOS il messaggio è che non ci sono gli steward in curva. Io ieri sera ero allo stadio e non ho visto uno steward né nella curva della Juve, né nella curva della Lazio, tant’è che, a un certo punto, è successo qualcosa sotto la curva della Juve. È sceso un tifoso a richiamare l’attenzione. Poi si stava avvicinando una barella. Non era niente di particolare, ma non c’era lì la presenza non solo degli steward, ma neanche della società o, in quel caso, della Federazione italiana gioco calcio e – immagino – neanche della polizia. Se nella curva della Juve, come in altre curve italiane, quando si va allo stadio, non si vedono le uscite di sicurezza, non sarà perché stanno più larghi, presidente? Mi permetta di dirlo. Non raccontiamoci più questa bugia tra di noi. Sappiamo perfettamente che, nella logica per cui l’ordine pubblico prevale su tutto, c’è una dinamica, che io rispetto, che porta le forze dell’ordine a fare compromessi. Ce l’ha detto il prefetto Gabrielli in questa sede. L’ha detto. Ha detto: «Noi facciamo compromessi sulla base di una logica, che è di ordine pubblico soprattutto». Allora, la domanda che noi ci dobbiamo fare è: scarichiamo tutto semplicemente sulle società? Ci facciamo carico delle responsabilità? Io penso, a differenza del prefetto Gabrielli, che abbiamo bisogno di norme più incisive. Su questo occorre, però, la collaborazione delle società, della Lega, delle società più virtuose, di quelle più esposte. Presidente, lei è il presidente della società più importante d’Italia. Io credo che un’iniziativa la dobbiate prendere nel vostro ambito, come a noi compete prenderla nel nostro. Questo è un nodo. La discussione sulla mafiosità della curva della Juventus, sulla mafiosità, o meglio sulle infiltrazioni mafiose e sulla consapevolezza o meno in capo alla dirigenza della Juve, è già stata chiarita. L’ha fatto la magistratura. Il processo in corso l’ha vista partecipe come testimone. Non mi pare che lei sia uscito da lì con una veste diversa, presidente. Non mi pare. In secondo luogo, è stato definitivamente chiarito – l’abbiamo fatto in questa Commissione – l’equivoco prodotto dal prefetto Pecoraro sulla consapevolezza. C’è stata confusione da parte del prefetto Pecoraro nel fare un’affermazione e nel riportare in capo a lei una cosa che non era in capo a lei. L’abbiamo chiarita in questa Commissione. Quindi, una qualche utilità l’abbiamo avuta anche noi nella mole di carte. Tuttavia, c’è un elemento. Qui la domanda gliela faccio. In quella mole di Pag. 26carte, presidente, in qualche intercettazione lei dimostra di avere piena consapevolezza della caratura criminale, non mafiosa ma criminale, che è dettata dai precedenti. Io su questo, presidente, penso che ci voglia un po’ più di coraggio da parte di tutti. Naturalmente, qui ritorniamo al punto GOS. Se, per tener tranquilli quei pezzi di criminali, di cui abbiamo nomi e cognomi, si cede a loro sugli steward, sulla presenza della polizia, sull’ingresso, sulla vendita magari dei panini, sulle magliette nel merchandising che si vendono e che magari non sono quelle ufficiali, di che cosa stiamo parlando? Io ce l’ho chiaro di che cosa stiamo parlando, ossia di quello che ci ha detto qui il prefetto Gabrielli, che rispetto, perché è venuto in questa Commissione e non ci ha raccontato delle balle. L’ha fatto senza ipocrisia. A lei, invece, che è presidente della Juventus, chiedo uno sforzo, perché mi pare evidente che alcuni meccanismi che io qui metto in capo allo Stato ricadano in maniera ancora più automatica su chi gestiva il rapporto con i tifosi. Se quel determinato capo ultrà, in quella determinata situazione, fuori dalle dinamiche, ponesse il problema che gli servono 30 biglietti perché, se no, fa casino, a me questo non stupirebbe. Non mi stupirebbe, presidente. Magari non è avvenuto. È una mia opinione. Lo dico come mia opinione. Non mi stupirebbe, ma posso mettere in croce il responsabile della sicurezza della società per questo? Sarebbe ipocrita, seppur pro tempore rappresentante delle istituzioni. Sarebbe ipocrita. Per questo motivo trovo assurdo che continuiamo a rincorrere senza dirci tra di noi, che stiamo in questa Commissione e che, finito di audire Agnelli, sentiremo presidenti di altre società. Questo è il nodo. Naturalmente, il tema della DIGOS è un tema importantissimo. Io non ci credo, conoscendo la serietà, la professionalità e la caratura della questura di Torino negli ultimi 25 anni, che loro non abbiano contezza, non di Dominello, perché guardate la storia del boss mafioso… Ho sentito qui parlare di boss mafiosi. Boss mafioso lo diventerà quando sarà giudicato almeno, diciamo in termini politici, in primo grado? Almeno il primo grado lo diamo, onorevole d’Uva, oppure ormai Robespierre…?
FRANCESCO D’UVA. Fratello e figlio di…
STEFANO ESPOSITO. Mi dispiace. Io sono garantista sempre.
PRESIDENTE. Eravate d’accordo.
STEFANO ESPOSITO. Sul garantismo, presidente, temo che ci sia ancora lunga strada da fare tra noi e il Movimento 5 Stelle, molta strada.
PRESIDENTE. Anche tra noi.
STEFANO ESPOSITO. Presidente, non volevo polemizzare internamente. Se vuole, lo facciamo anche, ma non credo che sia utile. Su questa questione, presidente, credo che andrebbe con chiarezza tirato giù il velo: fino a quando le curve italiane avranno una presenza di pregiudicati a capo di gruppi ultrà, anche se sono minoritari dentro le curve, come io credo, condizioneranno il resto dello stadio, non solo le curve, ma anche… adesso non so più come si chiamano, ai miei tempi erano i distinti, adesso magari sono tribuna laterale, perché sono un po’ meglio. Non so come si chiamano, ma ci intendiamo. Questo è un punto sul quale io credo che la Juventus internamente, nella gestione dei rapporti con questi soggetti, dovrebbe aumentare la caratura dei soggetti che interloquiscono con questa gente. Questa è la mia opinione. Questo riguarda lei, la Juventus e tutte le società, non solo la Juventus. Altrimenti staremmo qui a giocare facendo finta che, poiché non ci sono procure italiane che hanno fatto indagini, tutto il resto del mondo funzioni. Abbiamo anche ascoltato procure chiederci dove stesse il problema.
PRESIDENTE. Hanno detto che è fatto notorio…
STEFANO ESPOSITO. È fatto notorio e vanno allo stadio come semplici cittadini, tanto per essere molto chiari.
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PRESIDENTE. Che in linguaggio giurisprudenziale significa una certa cosa.
STEFANO ESPOSITO. Presidente, qui abbiamo ascoltato un’importante DDA di un territorio, purtroppo – quello sì – infestato, che ci ha detto che un camorrista allo stadio ci va come semplice cittadino, come chiunque altro. C’è questo andazzo. Io sono felice di stare a Torino e di avere la procura della Repubblica che abbiamo e la DDA che abbiamo, tanto per essere molto chiari, anche se ogni tanto può aprire qualche fronte che può creare delle situazioni. Tuttavia, è meglio la trasparenza. Presidente, su questo la prego: voi potete avere un ruolo di guida. L’esperienza che vi è toccata è un’esperienza che probabilmente vi sareste evitati, ma che può dare un profilo anche di indirizzo. Può aiutare noi, ma sicuramente può dare un indirizzo al calcio italiano. Poiché il suo intendimento – ce l’ha detto – è riportare allo stadio e far divertire i tifosi e farlo nel contesto più tranquillo, credo che a lei non possa interessare di meno di avere personaggi con fedine penali lunghe un chilometro a capo dei gruppi e – mi permetto di dirlo – di doverli incontrare. Lo dico non perché devo farle la barba, che evidentemente le piace, ragion per cui si arrabbierebbe se provassi a tagliargliela, ma perché lei ha detto nelle intercettazioni che sapeva esattamente e non lo gradiva. Su questo dobbiamo fare un’alleanza. Voi avete, però, la necessità indiscutibile di mettere in campo alcune soluzioni, figlie di questa esperienza, che possano aiutare sia le istituzioni, sia il resto del calcio italiano.
PRESIDENTE. Presidente, a lei l’ultimo intervento.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Cercherò di essere conciso. La ringrazio. Il tema è senz’altro complesso e ci sono opinioni personali. Al di là della contezza personale sulla caratura di taluni personaggi, sta anche alla semplice lettura dei principali quotidiani o dei quotidiani sportivi. Il loro curriculum emerge dagli articoli dei principali quotidiani sportivi su chi sono i frequentatori delle curve. Con riguardo al fatto di esserne a conoscenza, credo che chiunque in quest’Aula, quanto meno nell’ultimo anno, abbia letto di queste vicende e che, a maggior ragione, chiunque del settore debba sapere con chi ha a che fare. Le opinioni personali sul DASPO, sulla responsabilità oggettiva e sulla tessera del tifoso sono riflessioni che vanno fatte e che vanno fatte con il legislatore in merito alla pubblica sicurezza in generale. Mi ha fatto molto piacere questo confronto con voi oggi, perché ne esco personalmente arricchito e sensibilizzato. Torno alla proposta iniziale del senatore Lumia. È quella la sede in cui farla. Auspico – sono anche ottimista – che con la nuova Lega e con i due subcommissari Paolo Nicoletti e Michele Uva certe riflessioni si possano fare. Cito un esempio legato al passato. Questi sono altri errori che non dobbiamo più fare. Un paio d’anni fa in Lega discutemmo in maniera importante se inserire la goal-line technology. La goal-line technology aveva un investimento per società di 400 mila euro circa. Adesso vado a memoria. L’investimento nelle telecamere Panomera, presenti nello stadio della Juventus, che sono quelle che hanno 28 ottiche e hanno la facoltà di «zoomare» dentro e fuori e coprono tutta la tribuna sud e tutto il settore ospiti, è un investimento di 180 mila euro.
Le telecamere Panomera svolgono chiaramente una funzione di pubblica utilità a ogni singolo evento calcistico. La goal-line technology, per chi è appassionato di calcio, mi sembra di capire che abbiamo anche degli atei, che quindi seguono meno il discorso…
PRESIDENTE. Dei laici.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Dei laici… avrà un’utilità di due o tre partite l’anno. Quindi, si decide un investimento da 400 mila euro per società su un episodio di goal-non goal e non vengono deliberati in Lega investimenti di questo tipo. Credo di uscire di qui, come dicevo prima, arricchito da questo confronto e personalmente sensibilizzato Pag. 28sui vari temi. Di questo, presidente e commissari, una volta di più lasciatemi ringraziare la Commissione, perché la mia è sempre stata una volontà di mettermi a disposizione delle istituzioni, da quest’estate, quando ho scritto la memoria ai procuratori della Repubblica di Torino, passando per una mia disponibilità a venire in questa Commissione sin da subito. La mia disponibilità continuerà anche in un dialogo con la procura sportiva, che mi vede non in una situazione di dialogo, ma anche di confronto. Sono certo che il confronto sarà leale da questo punto di vista, in quanto ognuno fa il proprio mestiere. Prenderò questi spunti e cercheremo di sensibilizzare in Lega e in Federazione, perché questi sono temi di fondamentale importanza. La sicurezza agli eventi pubblici, siano essi sportivi, musicali o di qualsiasi altra natura, deve essere prioritaria, perché si tratta di momenti di festa, in cui le famiglie devono poter trovare svago. Poi il calcio ha anche delle dinamiche di goliardia e queste rimarranno tali, perché il calcio senza sfottò non ha grande valore, ma questo non deve mai degenerare in volgarità o in aggressività, che sono, invece, fenomeni che vediamo in tutti gli stadi. In merito dobbiamo intervenire. La disponibilità mia e della Juventus è totale. Mi auguro che presto si trovino delle soluzioni a queste problematiche e che si continui a riconoscere, però, quello che ci hanno riconosciuti in molti, ossia che lo Juventus Stadium è un esempio da seguire, di cui io personalmente sono orgoglioso.
PRESIDENTE. Presidente, la ringraziamo per la sua disponibilità e soprattutto per aver apprezzato anche lo scambio, non sempre facilissimo, che c’è stato in questo nostro incontro. Potrà anche dire al subcommissario Uva che è bene che la nostra Commissione si interessi di questi temi e che la prossima volta eviti di consigliarci di pensare a problemi più seri, perché questi sono problemi seri. È evidente che ci sarà la possibilità di approfondire anche le proposte che sono state avanzate, ma saremo anche molto interessati a conoscere quelle che voi avanzerete in sede di Lega e in sede di Federazione, che noi ascolteremo, naturalmente, in una fase successiva. Credo anche – lo ripeto – che dopo quest’audizione sarà necessaria una nuova interlocuzione con il capo della Polizia, perché ritengo sia assolutamente importante che questa triangolazione alla quale voi avete fatto riferimento e nella quale noi ci siamo inseriti – chiedendovi scusa, ma giustamente – possa avere anche delle regole e dei modi di agire un po’ più efficaci di quelli che si sono registrati. Rinnovo il ringraziamento, i complimenti e l’«in bocca al lupo» per i prossimi appuntamenti sportivi.
ANDREA AGNELLI, presidente della società Juventus F.C. Crepi il lupo. Grazie.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa l’audizione.
La seduta termina alle 15.55.
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Cronache
Pino Daniele e Amanda Bonini: un amore semplice, “all’antica”
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30 minuti fadel
11 Dicembre 2024Pino Daniele, uno dei cantautori più amati della musica italiana, viveva il suo ultimo capitolo sentimentale con Amanda Bonini (foto tratta dal profilo Fb della signora Bonini), maestra elementare, in una relazione che definiva “all’antica”. «Dopo due famiglie, non smetto di credere nell’amore, perché se smetti di crederci, non vivi più», raccontava il cantautore in una delle sue ultime interviste. Con Amanda condivideva una visione della vita fatta di cose semplici, lontane dalle sovrastrutture del successo.
Amanda rappresentava per Pino un ritorno alle sue radici, al valore delle piccole cose. Una relazione che univa due mondi apparentemente lontanissimi: lui, superstar della musica, e lei, una donna normale, immersa nel mondo dell’educazione e della vita quotidiana.
La tragica notte del 4 gennaio 2015
A breve ricorreranno dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele, avvenuta il 4 gennaio 2015, in circostanze che Amanda Bonini ripercorre con emozione nel libro di Pietro Perone, Pino Daniele. Napoli e l’anima della musica. In quella notte drammatica, la coppia era a Magliano, in Toscana, dove avevano scelto di vivere per allontanarsi dal caos della città. Quando Pino accusò un grave malore, insistette per essere portato a Roma, al Sant’Eugenio, convinto che solo il suo cardiologo di fiducia potesse salvarlo.
«Durante il viaggio — racconta Amanda — Pino mi ha tenuto la mano, fino a quell’ultima doppia stretta, il suo ciao». La decisione di non aspettare un’ambulanza è stata oggetto di critiche, ma Amanda spiega: «Avrei provocato la sua ira e peggiorato la situazione. Piuttosto, non mi spiego perché dal Sant’Eugenio non sia partito un mezzo di soccorso cardio-assistito che ci venisse incontro».
Un ritorno alla normalità
Amanda e Pino avevano costruito una vita serena e semplice, fatta di routine e momenti quotidiani. Dopo un periodo a Roma, avevano scelto di trasferirsi a Magliano, un luogo tranquillo e vicino al lavoro di Amanda. «Alle sei e trenta uscivo di casa per andare a scuola, tornavo nel primo pomeriggio», ricorda Amanda. Questa normalità era per Pino un tuffo nelle sue origini, un ritorno al sale della vita di strada.
Pino si interessava al lavoro di Amanda, alle metodologie educative, e in particolare alle difficoltà vissute dalle famiglie con bambini disabili. Questi momenti, fatti di domande e riflessioni, lo riportavano a contatto con una realtà autentica, lontana dai riflettori e dal successo.
La serenità di Magliano e il ricordo di Pino
A Magliano, Pino Daniele aveva trovato un rifugio. Il piccolo paese sulle colline toscane rappresentava per lui un luogo di pace, dove poter vivere lontano dal caos delle metropoli e riscoprire una dimensione più autentica. Oggi, le sue ceneri riposano nel punto più alto del cimitero del paese, un luogo speciale per un artista che aveva scelto di vivere “felice e all’antica” con la sua compagna.
Dieci anni dopo: il ricordo di un grande artista
A dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele, il ricordo del cantautore vive non solo nella sua musica, ma anche nei racconti di chi gli è stato accanto. Amanda Bonini rappresenta un pezzo importante di quel ricordo, un amore che ha saputo riportare Pino alle sue origini e alla bellezza della vita semplice.
Cronache
Omicidio di Emanuele Tufano: il 15enne indagato ammette di aver sparato ma nega di essere l’assassino
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1 ora fadel
11 Dicembre 2024«Non sono stato io ad uccidere Emanuele». Così si è difeso F.A., il 15enne indagato per il coinvolgimento nell’omicidio di Emanuele Tufano, avvenuto lo scorso 24 ottobre in una traversa di corso Umberto, nei pressi di piazza Mercato a Napoli (nella foto il lugo del delitto). Durante l’interrogatorio condotto dal pm dei minori Claudia De Luca e dai pm della Procura di Napoli, F.A. ha ammesso di aver fatto fuoco con una pistola ma ha escluso categoricamente di essere l’autore del colpo fatale.
Difeso dall’avvocata Immacolata Spina, il ragazzo ha raccontato che il suo gesto sarebbe stato una reazione al fuoco aperto dal gruppo di cui faceva parte la vittima: «Hanno cominciato a sparare loro».
Il caos della notte del 24 ottobre
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la notte dell’omicidio ha visto contrapporsi due gruppi: uno proveniente dal rione Sanità, guidato da Emanuele Tufano e composto da circa 15 scooter, e l’altro del rione Mercato, con almeno quattro ragazzi a bordo di due moto. Il gruppo di Tufano avrebbe cercato di presidiare la zona di piazza Mercato in una chiara provocazione.
Quando sono partiti i colpi, il caos è stato totale. I ragazzi del rione Mercato hanno abbandonato le moto, cercando riparo dietro bidoni della spazzatura e auto parcheggiate. In quel momento, F.A. avrebbe impugnato una pistola e sparato. Tuttavia, le indagini hanno rivelato che nella sparatoria sono state utilizzate almeno quattro armi, e che in totale sono stati esplosi una ventina di colpi. È possibile che Emanuele sia stato colpito da un proiettile proveniente dal fuoco incrociato.
Le indagini e i punti oscuri
La Squadra Mobile, sotto la guida del primo dirigente Giovanni Leuci, sta lavorando per chiudere il cerchio attorno ai responsabili del conflitto a fuoco. Oltre a F.A., è stato interrogato un altro giovane indagato, un 17enne assistito dall’avvocato Mauro Zollo. Entrambi hanno fornito versioni parziali, contraddistinte da omertà e amnesie: nessuno dei due ha fatto nomi o riconosciuto complici nelle foto mostrate dagli investigatori.
Le indagini si concentrano ora sull’analisi delle immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona e sui rilievi balistici per determinare l’arma che ha ucciso Emanuele Tufano.
Un giovane indagato senza prospettive
F.A., al centro dell’inchiesta, ha dichiarato di trascorrere il tempo chiuso in casa, lontano dalle strade del suo quartiere. Non va a scuola, non lavora, e attende gli sviluppi di un’inchiesta che lo ha coinvolto in uno degli episodi di violenza giovanile più gravi degli ultimi mesi a Napoli.
Una città ferita tra silenzi e violenza
L’omicidio di Emanuele Tufano rappresenta l’ennesimo caso di violenza tra giovani nella città partenopea, aggravato da un muro di omertà che complica il lavoro degli inquirenti. Tra video su TikTok, pistole facili e quartieri in tensione, Napoli continua a fare i conti con un problema sociale e criminale che coinvolge adolescenti sempre più giovani, privi di opportunità e abbandonati a una vita senza regole né prospettive.
Cronache
Le mafie del nuovo millennio secondo Gratteri: meno visibili, più potenti
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11 Dicembre 2024Le mafie sparano meno, uccidono meno e si mostrano meno, ma mai come oggi hanno avuto tanto potere. Questo è il quadro tracciato dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri (foto Imagoeconomica in evidenza) e dall’analista Antonio Nicaso nel libro “Una cosa sola”, pubblicato da Mondadori. Il testo esplora come le organizzazioni criminali si siano integrate nell’economia globale, sfruttando lacune normative, connivenze politiche e tecnologie avanzate.
«Le mafie sono una macchina perfetta di riciclaggio», spiegano gli autori, mettendo in evidenza la loro capacità di mimetizzarsi e infiltrarsi nei settori chiave dell’economia, dalla finanza alle energie rinnovabili, passando per il mercato immobiliare.
Il modello mimetico: mafie e finanza
Uno degli aspetti più preoccupanti emersi dal libro è l’uso sofisticato di strumenti finanziari per riciclare denaro sporco. Tra questi spiccano i “non performing loans” (NPL), ovvero crediti deteriorati acquistati per essere rivitalizzati e utilizzati per legittimare capitali di origine illecita. È il caso di Raffaele Imperiale, ex broker del narcotraffico, che ha svelato come la camorra utilizzi l’ingegneria finanziaria per nascondere proventi illeciti.
Imperiale, famoso per aver custodito due quadri di Van Gogh rubati ad Amsterdam, ha collaborato con la giustizia rivelando dettagli sul riciclaggio tramite debiti deteriorati e l’utilizzo di criptovalute, strumenti sempre più presenti nei circuiti criminali.
Nuove frontiere: dark web e petrolmafie
Le mafie si espandono rapidamente, adattandosi a nuovi strumenti tecnologici e settori economici. Dal dark web alle criptovalute, fino alla commercializzazione fraudolenta di prodotti petroliferi, il loro raggio d’azione si amplia continuamente.
Il caso delle petrolmafie, indagato nel 2021 da quattro Procure italiane, ha evidenziato la capacità delle cosche di collaborare per gestire un business miliardario nella distribuzione di prodotti petroliferi. Clan come i Moccia, i Mancuso e i Piromalli hanno costruito un sistema complesso e integrato, dimostrando quanto le organizzazioni criminali siano ormai un attore economico rilevante.
Una risposta legislativa insufficiente
Secondo gli autori, l’attuale normativa antimafia, basata sul 416bis del codice penale, appare sempre più inadeguata per affrontare le mafie del nuovo millennio. Come sottolinea il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il radicamento territoriale, elemento cardine della legislazione attuale, non basta più a descrivere organizzazioni che operano a livello globale e si integrano perfettamente nell’economia legale.
Le nuove tecnologie, come i criptofonini e i droni, offrono alle mafie strumenti per mantenere contatti tra boss detenuti e affiliati liberi, complicando ulteriormente il contrasto alle attività criminali.
Una sfida politica e legislativa
Le mafie si evolvono e si adattano più rapidamente delle risposte politiche e legislative. Gratteri e Nicaso lanciano un monito: per contrastare efficacemente il crimine organizzato serve un ripensamento radicale delle strategie di lotta, che tenga conto della crescente integrazione delle mafie nell’economia globale e del loro uso avanzato delle tecnologie.
«Non si può più ignorare il carattere sistemico del fenomeno», concludono gli autori, sottolineando che il contrasto alle mafie richiede non solo un aggiornamento delle leggi, ma anche una maggiore consapevolezza dell’opinione pubblica.
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