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Bomba in madrasa in Pakistan, 8 morti e 100 feriti

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Erano le 8.30 del mattino e la lezione sul Corano era in corso quando una violentissima esplosione ha scosso le mura di una madrasa a Peshawar, nel nord-ovest del Pakistan, trasformandola in un campo di battaglia. Nella sala grande della scuola coranica c’erano decine di studenti e poteva essere una strage di proporzioni molto maggiori. Almeno otto persone sono morte e oltre centinaio sono rimaste ferite tra studenti, insegnanti e personale della scuola mentre i pochi arredi sono stati polverizzate. Le vittime sono uomini tra i venti e i quarant’anni hanno detto i medici del Lady Reading Hospital di Peshawar dove sono stati portati i morti e la maggior parte dei feriti, tra questi ultimi quattro bambini al di sotto dei 13 anni. In ospedale sono arrivati “sette cadaveri e e 72 feriti, di cui 10 in condizioni gravi”, ha confermato in un primo momento il portavoce Muhammad Asim che poi ha comunicato la morte di un’ottava persona e il totale dei feriti: 112 L’attacco non e’ stato rivendicato ma la dinamica e’ stata ricostruita grazie ad alcuni testimoni. “L’esplosivo e’ stato posto all’interno di una busta di plastica lasciato da una persona conosciuta all’interno della scuola”, che e’ uscita subito dopo, ha detto un agente di polizia di Peshawar, Muhammad Ali Gandapur dopo aver ascoltato i racconti dei sopravvissuti. A quanto riferito dal vice ispettore generale della polizia Shafqat Malik al quotidiano Pakistan’s Express Tribune nell’attentato sono stati usati cinque chili di esplosivo. Il premier pachistano Imran Khan ha espresso “rammarico per la perdita di vite preziose” condannando fermamente l’esplosione e promettendo di assicurare alla giustizia mandanti ed esecutori. L’esplosione segue mesi di relativa calma in Pakistan e nella stessa Peshawar, per anni epicentro della violenza dei militanti jihadisti che avevano come obiettivo principale le forze di sicurezza e occupavano di fatto ampie zone della citta’ nei pressi delle aree tribali alla frontiera con l’Afghanistan. Massicce operazioni militari lanciate negli ultimi anni contro le basi dei militanti hanno fatto un po’ di pulizia: soprattutto a partire dal dicembre 2014 dopo che i talebani pachistani uccisero oltre 150 persone, la maggior parte dei quali ragazzini, proprio in una scuola di Peshawar. Ma i gruppi armati hanno ancora abbastanza forza e capacita’ organizzative per portare attacchi mortali.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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