A 60 anni, Beniamino Zuncheddu (foto Imagoeconomica in evidenza), vittima del più grave errore giudiziario italiano, è tornato a vivere. Dopo quasi 33 anni di carcere per una condanna che si è rivelata infondata, oggi è un uomo libero, ma le ferite del passato restano. Arrestato a 26 anni per la strage di Sinnai, un caso di tre omicidi e un sopravvissuto, è stato assolto nel gennaio scorso. Nel salotto della sua casa a Burcei, Beniamino racconta una storia di ingiustizia, fede e speranza.
Un incubo lungo 33 anni
Il 25 novembre 2022, Zuncheddu riceveva la notizia della scarcerazione. “Pensavo fosse uno scherzo”, racconta. Con due buste della spesa, ha lasciato il carcere senza voltarsi indietro. La sua condanna, basata su prove inconsistenti e testimonianze condizionate, rappresenta un monito sulla fragilità del sistema giudiziario.
Durante il processo di revisione, l’accusa è stata smontata, ma la sentenza di assoluzione è arrivata con il comma 2 dell’articolo 530 del Codice di procedura penale, che evidenzia l’insufficienza delle prove. “Mi sento innocente a metà”, dice Beniamino, che continua a lottare per vedere pienamente riconosciuta la sua innocenza.
Il peso della libertà
Da uomo libero, Zuncheddu si dedica alla famiglia e alla comunità. Aiuta il fratello con le pecore e sogna di aprire un caseificio per offrire opportunità ai giovani. “Ho perso la possibilità di avere una famiglia, ma posso ancora fare qualcosa per gli altri”, spiega.
Nonostante tutto, non cova rancore. “Pensavo che sbattere la testa al muro non avrebbe cambiato nulla. La fede mi ha aiutato”. Durante la sua detenzione, ha anche supportato altri detenuti, aiutando uno di loro a superare la dipendenza da droghe.
Un libro e un film per raccontare la verità
La sua storia è stata raccontata nel libro “Io sono innocente”, scritto con l’avvocato Mauro Trogu. Ora si lavora a un film che ripercorrerà la sua vita. “Spero che l’attore riesca a parlare con l’accento sardo”, dice con un sorriso timido.
Il futuro e il risarcimento
Zuncheddu attende ora un risarcimento, ma sa che nessuna somma potrà restituirgli ciò che ha perso. “Ho vissuto più in carcere che fuori”, riflette. I fondi saranno destinati a ripagare i debiti e a ringraziare chi lo ha sostenuto: l’avvocato Trogu, i periti e la sorella Augusta, che non ha mai smesso di lottare per la sua innocenza.
Un simbolo di resistenza
La vicenda di Beniamino Zuncheddu è una lezione di resilienza e un richiamo alla giustizia. “Essere cristiani non significa solo credere in Dio, ma aiutare gli altri”, afferma. Ora guarda avanti, ma senza dimenticare il passato. “Sono un uomo libero, ma il peso di ciò che ho vissuto rimarrà per sempre”.