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Benanti: AI Act ci proteggerà dalle manipolazioni

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“Noi europei dovremmo essere felici perché l’AI Act ci protegge e ci tutela. Noi siamo europei. E proprio alla luce di questo non possiamo pensare che qualcosa invada il nostro mercato creando dei possibili rischi senza averli valutati prima. Qualche tecnologia arriverà in ritardo? Pazienza”. Ad affermarlo a Repubblica Paolo Benanti, professore della Gregoriana e unico italiano membro del Comitato sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite.

Dell’Ai Act apprezza in particolare “il fatto che dia ai cittadini la possibilità di fare appello. Per esempio in relazione a come vengono trattati i dati biometrici. Dire che in Europa non è possibile collezionare i volti delle persone è una bella novità”. Rispetto al ‘riconoscimento delle emozioni’ afferma “se diamo retta a questa teoria, allora possiamo istruire l’IA a leggere dati che ci interpretano come macchine biologiche. Potremmo trovarci di fronte a una macchina che ci persuade con un testo e che ci può anche manipolare fermandosi poco prima del livello di coscienza. Essere manipolati e controllati è uno scenario che appartiene al peggior film di fantascienza”.

Proibito anche l’uso per assegnare alle persone un ‘punteggio sociale’: “In questo i social network si sono già mostrati molto abili. E i casi di manipolazione come quello che ha riguardato Cambridge Analytica l’hanno evidenziato in modo inequivocabile”. Paura dell’IA? “Mi spaventa di più la stupidità naturale. L’IA, se ben usata e regolamentata, può renderci migliori”.

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Autovelox, scontro aperto tra Salvini e i sindaci: il Mit chiede numeri certi, l’Anci parla di vuoto normativo

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Il confronto sugli autovelox si fa sempre più acceso: da una parte il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, dall’altra l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani. Il nodo resta l’utilizzo dei dispositivi per il controllo della velocità, spesso al centro delle polemiche per un presunto impiego finalizzato a fare cassa più che a garantire la sicurezza stradale.

Il Mit chiede un censimento preciso

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha chiesto all’Anci dati dettagliati e non percentuali generiche: quanti autovelox sono installati in Italia e dove, suddividendo quelli fissi e mobili secondo la data di approvazione pre e post 13 giugno 2017, spartiacque normativo sulla validità delle omologazioni.

Il Mit ha sottolineato che il censimento è condizione essenziale per riattivare l’iter del decreto interministeriale sulle regole di omologazione, sospeso lo scorso 23 marzo per ulteriori approfondimenti.

I dati dei comuni non convincono il ministero

La risposta dell’Anci non ha soddisfatto il Mit: secondo quanto comunicato, il 59,4% degli autovelox fissi è stato validato prima del 2017, contro il 40,6% successivo. Per quelli mobili, il 67,2% risulta pre-2017, e il restante 32,8% post-2017. Ma il presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, ha sottolineato che la priorità è colmare il vuoto normativo: «La velocità è tra le prime tre cause di mortalità stradale», ha ribadito.

Il decreto fermato e il rischio paralisi

Il testo del decreto bloccato dal governo prevedeva che potessero essere usati solo i dispositivi vidimati dal 13 giugno 2017 in poi, con lo spegnimento temporaneo di quelli più vecchi. L’obiettivo era ridurre il caos di multe e ricorsi, alla luce anche della sentenza 10505/2024 della Cassazione, che ha fatto chiarezza sull’utilizzo degli apparecchi approvati ma non omologati.

Ma lo stallo attuale tra Mit e sindaci, unito all’assenza di regole condivise, rischia di lasciare gli automobilisti e gli enti locali in balìa di un sistema incerto e frammentato.

Salvini apre al dialogo

Nonostante lo scontro, il ministro Salvini ha rinnovato la disponibilità del Mit a collaborare con l’Anci per superare l’impasse e garantire regole chiare e trasparenti sull’uso degli autovelox, tutelando tanto la sicurezza quanto i diritti dei cittadini.

 

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Economia

Agenzia delle Entrate, la precompilata è online: invio dal 15 maggio

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Le dichiarazioni precompilate 2025 sono online. Sul sito delle Entrate sono ora disponibili in modalità consultazione i modelli già predisposti con i dati in possesso dell’Agenzia o inviati da enti esterni, come datori di lavoro, farmacie e banche. Le informazioni trasmesse per la stagione dichiarativa in corso sono circa un miliardo e trecento milioni. A partire dal 15 maggio, ricorda l’Agenzia delle Entrate, sarà possibile “restituire” la dichiarazione al Fisco, con o senza modifiche.

Per visualizzare e scaricare la dichiarazione (730 o Redditi, a seconda dei requisiti) basta accedere alla propria area riservata con Spid, Cie o Cns. È sempre possibile delegare un familiare o un’altra persona di fiducia a operare online nel proprio interesse: per farlo, spiegano le Entrate, basta utilizzare la funzionalità disponibile nella propria area riservata. In alternativa, si può inviare una pec o ancora presentare la richiesta a un qualunque ufficio dell’Agenzia. Tutte le informazioni utili sono raccolte all’interno del sito dedicato “Info e assistenza” e nella nuova guida della collana “L’Agenzia informa”. A partire dal 15 maggio sarà possibile “restituire” la dichiarazione al Fisco, con o senza modifiche. Chi presenta il 730 potrà optare anche quest’anno per la versione semplificata – che non richiede la conoscenza di quadri, righi e codici -, scelta nel 2024 da oltre metà della platea. Le scadenze per l’invio sono fissate al 30 settembre per il 730 e al 31 ottobre 2025 per il modello Redditi. Le regole erano state definite in un provvedimento firmato lo scorso 23 aprile dal direttore dell’Agenzia, Vincenzo Carbone.

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Esteri

Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

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Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

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