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Economia

Barbara Covilli, general manager di MyTaxi: Napoli è una piazza straordinaria e i tassisti che meritano faranno ottimi affari

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“Non posso anticipare molto se non che stiamo preparando tante sorprese ed un grande lancio per l’arrivo di MyTaxi a Napoli. Perché se è vero che siamo un’applicazione europea, è anche vero che sappiamo ben entrare nelle realtà locali. Ed abbiamo voglia ed entusiasmo di entrare nelle strade napoletane”. Parola di Barbara Covili, General Manager di MyTaxi Italia, che confessa: “Mi ha sempre affascinato il concetto di caffè sospeso, chissà se potremo applicare un modo per creare una ‘corsa sospesa’ per consentire un passaggio in taxi anche a chi non può”. Bolognese, laureata in Scienze Politiche, con un dottorato di ricerca presso l’Università di Bologna, dopo aver studiato all’Università di Oxford, Barbara Covili prima di approdare a MyTaxi ha ideato progetti riguardanti la mobilità nuova (veicoli elettrici, carpooling e car sharing) come amministratore delegato di Clickutility. È entusiasta dello sbarco di Mytaxi Napoli. Per ora in forma sperimentale.

Come sta andando la sperimentazione?

Siamo a Napoli da poche settimane ma il riscontro è positivo. Non vediamo l’ora del lancio ufficiale previsto entro metà novembre.

Come mai avete impiegato tanto tempo per arrivare a Napoli?

Il nostro esordio è stato a Milano nel 2015, l’anno successivo Roma e nel 2017 Torino. Ed ora, finalmente, Napoli. È una scelta quella di esordire ogni anno in una città diversa.

Dopo Napoli quale sarà la prossima tappa?

È presto per dirlo, ma posso affermare che Napoli rappresenta l’esordio di MyTaxi al Sud. Il prossimo anno scenderemo ancora lungo lo Stivale. Abbiamo un forte interesse a portare la nostra innovazione tecnologica al Sud.

Quali sono i requisiti per i tassisti per affiliarsi al servizio di MyTaxi?

Lavoriamo soltanto con tassisti con licenza che al momento sono oltre 100mila in tutta Europa. È una scelta di campo, siamo perfettamente in linea con le leggi italiane. Proprio per questo a Napoli stiamo registrando un’ottima risposta da parte dei tassisti, anche perché con l’applicazione si combatte l’abusivismo: chi la usa riceve tutte le in formazioni del guidatore, compreso nome e numero di targa della vettura. C’è un altissimo livello di trasparenza che influisce anche sulla percezione del cliente. Il tassista, poi, non ha nessun obbligo di esclusiva: può rimanere legato alla cooperativa e, in aggiunta, lavorare con MyTaxi. Il requisito fondamentale è unico: avere voglia di lavorare e mettersi in gioco anche perché siamo un app ‘meritocratica’ in quanto dopo la corsa i clienti rilasciano una recensione attraverso l’attribuzione di stelle.

E l’affiliazione è un’opportunità…Giusto?

Esatto. A differenza di altre applicazioni simili noi apriamo società in ogni Paese in cui siamo. Quindi assumiamo persone, portiamo un nuovo tipo di lavoro, estendiamo un servizio che il turista può già usare nella sua città di provenienza e paghiamo le tasse nella Nazione dove operiamo. Il nostro sistema integra le potenzialità̀ delle nuove tecnologie con la tradizione del settore dei taxi, dimostrando che è possibile essere innovativi nel rispetto della legge. Pertanto MyTaxi è l’alternativa legale e reale che permette ai tassisti di far parte di un sistema di chiamate in crescita. Senza costi fissi per i tassisti. I tassisti che vogliono aderire si iscrivono gratuitamente senza obblighi contrattuali né costi fissi. I tassisti pagano una commissione solo sulle corse effettuate tramite la App pari al 7%

Cosa offrite ai tassisti?

Portiamo in dote i nostri clienti. Siamo presenti in tutta Europa ed in una città fortemente turistica quale Napoli capita spesso che i tassisti si ritrovino davanti a vacanzieri che non conosco l’italiano e non sanno indicare bene dove sono o dove vogliono andare. Con la nostra app, perfettamente integrata in Google Maps, ogni problema, incluso quello della lingua, è superato.

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Economia

Euro digitale vs stablecoin Usa: la sfida tra Bce, Apple e Big Tech per il futuro dei pagamenti

L’Europa accelera sull’euro digitale mentre gli Usa puntano sulle stablecoin: la sfida tra Bce, Big Tech e amministrazione Trump ridisegna il futuro dei pagamenti digitali.

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L’amministrazione Trump ha concentrato la sua strategia sulle stablecoin ancorate al dollaro, con il timore europeo che Amazon, Facebook o altre piattaforme Usa possano diventare la porta d’ingresso per una diffusione massiccia degli asset crypto in Europa.
Secondo una fonte finanziaria, il negoziato transatlantico appare fragile: «è come costruire una casa sulle sabbie mobili», viene spiegato, viste le posizioni volubili della controparte americana.

La risposta europea: l’euro digitale entro il 2029

La Bce corre contro il tempo per lanciare entro il 2029 l’euro digitale, uno strumento pensato per:

  • mantenere una moneta pubblica contro l’offensiva delle stablecoin;

  • ridurre la dipendenza dalle carte di credito statunitensi;

  • frenare l’espansione di PayPal, Apple Pay e Big Tech nei pagamenti europei.

L’euro digitale avrà due modalità d’uso:

  1. App su smartphone

  2. Card fisica, simile a una carta di credito

Sarà denaro vero, un “contante dematerializzato” con due tasche: una online e una offline, la seconda costruita su token conservati fisicamente nel telefono, trasferibili avvicinando due dispositivi e garantendo anonimato totale.

Apple nel mirino: la battaglia sull’antenna NFC

Per i pagamenti offline la Bce punta tutto sull’antenna NFC del telefono, ma su iPhone l’accesso al secure element è sempre stato chiuso.
La bozza legislativa europea prevede che tutti i produttori, quindi anche Apple, debbano aprire l’hardware necessario all’euro digitale.

Il Digital Markets Act ha definito Apple un gatekeeper, permettendo alla Commissione europea di imporre l’apertura dell’NFC. In caso contrario, Cupertino rischierebbe persino l’accesso al mercato europeo, che vale il 35% della sua presenza globale.

Le tensioni strategiche

La partita è delicata su entrambi i fronti:

  • Per gli Usa, le stablecoin sono un vettore geopolitico del dollaro.

  • Per l’Europa, l’euro digitale è un argine alla penetrazione americana nei pagamenti.

  • Per Apple, aprire l’ecosistema significa cedere un vantaggio competitivo, ma l’App Store potrebbe guadagnare dai servizi collegati all’euro digitale.

Il confronto si annuncia lungo e complesso, con la Bce determinata a non farsi superare dai colossi tech e dalle mosse di Washington.

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Economia

Eurozona, previsioni d’autunno migliori del previsto: Bruxelles vede crescita oltre l’1% nel 2025

La Commissione europea si prepara a rivedere al rialzo le previsioni d’autunno: la crescita dell’eurozona nel 2025 potrebbe tornare sopra l’1%. Restano incognite geopolitiche, da Trump alla guerra in Ucraina.

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Nonostante un contesto geopolitico fragile, l’eurozona potrebbe crescere più del previsto. La Commissione europea presenterà lunedì le nuove previsioni economiche d’autunno, e rispetto a maggio il quadro appare più luminoso.

Le anticipazioni di Bruxelles

Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha anticipato il filo conduttore delle nuove stime: nel 2025 l’economia dell’area euro “sta registrando risultati migliori delle aspettative e continua a generare crescita”, pur tra ostacoli significativi.

Dalle stime al ribasso al ritorno dell’ottimismo

A maggio la Commissione aveva rivisto al ribasso le previsioni: +0,9% per l’eurozona nel 2025 e +1,4% nel 2026. A pesare era stata la guerra dei dazi con gli Stati Uniti.
L’accordo raggiunto in luglio in Scozia tra Ursula von der Leyen e Donald Trump su una tariffa standard del 15% ha però riportato stabilità. È possibile — in attesa dell’annuncio ufficiale — che le nuove stime riportino la crescita dell’eurozona oltre l’1%.

Le indicazioni di Bce, Ocse ed Eurostat

A settembre la Bce era già stata più ottimista, assegnando un +1,2% all’eurozona nel 2025. Stesse percentuali indicate dall’Ocse per il prossimo anno.
Eurostat, il 14 novembre, ha certificato un +0,2% nel terzo trimestre 2025 per l’eurozona e +0,3% per l’Ue.

Cosa Bruxelles chiederà agli Stati

La Commissione punterà a esortare i Paesi membri a fare di più:

  • semplificazione burocratica,

  • progressi sull’unione bancaria,

  • accelerazione dell’Unione dei risparmi e degli investimenti.

Il contributo dei privati sarà cruciale, come indicato dal rapporto Draghi sulla competitività, tema centrale nel summit Ue del 12 febbraio convocato da Antonio Costa.

I punti critici: Italia, Germania e variabile Trump

Restano ombre significative: Eurostat segnala crescita zero per Italia e Germania nel terzo trimestre. Berlino fatica ancora a uscire dalla crisi industriale.
Sul fronte esterno pesa il fattore Trump: secondo il negoziatore statunitense Jamieson Greer, le tariffe Ue sull’export americano restano “troppo elevate”. Greer sarà a Bruxelles la prossima settimana per un nuovo round di trattative.

Lunedì il verdetto

Le previsioni d’autunno diranno se l’eurozona potrà davvero riprendere slancio, superando il muro dell’1% e lasciandosi alle spalle un anno di incertezza economica.

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Economia

Desertificazione commerciale in Italia: 140mila negozi chiusi in dodici anni, l’allarme di Confcommercio

In dodici anni l’Italia ha perso 140mila negozi. Confcommercio lancia l’allarme: città sempre più svuotate, boom di B&B e ristorazione, rischio di altre 114mila chiusure entro il 2035.

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Il contrario di città, spiegava Renzo Piano (foto Imagoeconomica), «non è campagna, è deserto». È l’immagine che oggi descrive molti centri urbani italiani: periferie spogliate di negozi, botteghe e servizi, sostituite solo in parte da fast food, mini-market, ristoranti e bed and breakfast. Città sempre più simili a luoghi fantasma o a grandi contenitori di case vacanza.

Il crollo del commercio tradizionale

Secondo Confcommercio, negli ultimi dodici anni ha chiuso il 21% dei negozi fisici. Dal 2012 mancano all’appello 140mila attività: 118mila negozi e 23mila imprese ambulanti o artigiane migrate online. Senza interventi urgenti, un negozio su cinque rischia la chiusura, con un saldo negativo previsto del 20% nei prossimi dieci anni.

I cambiamenti nelle abitudini dei consumi

Il boom degli acquisti online — da Amazon a Temu fino a Shein — e il poco sostegno a borghi e periferie hanno modificato la struttura urbana. Cresce la ristorazione (+17,1%) e crollano i bar (-19,1%). Calano anche gli alberghi (-9,5%), mentre bed and breakfast e case vacanza esplodono con un +92,1%, destinato ad aumentare dell’81,9% entro il 2035. Le attività che lavorano prevalentemente via internet sono cresciute del 115%.

I settori più colpiti

Crollano i distributori di carburante (-42,2%), gli articoli culturali e ricreativi (-34,5%), mobili e ferramenta (-26,7%), abbigliamento e calzature (-25%). Anche il commercio non specializzato (supermercati, discount, grandi magazzini) arretra del 34,2%. Crescono invece farmacie (+16,9%) e negozi di informatica e telefonia (+4,9%).

Le città più a rischio

I capoluoghi con la più bassa densità commerciale — e con i cali potenzialmente peggiori entro dieci anni, fino al 38% — si concentrano soprattutto al Nord: Ancona, Ravenna, Trieste, Novara, Reggio Emilia. Nel Centro la situazione più critica è Fiumicino. Tra le città con maggiore densità commerciale figurano Frosinone, Trapani, Cosenza, Nuoro e Cagliari, tutte però esposte a possibili crolli oltre il 25%.

Il rischio 2035

Confcommercio stima che entro il 2035 potrebbero sparire altre 114mila imprese, oltre un quinto di quelle attive oggi. Una perdita che avrebbe «gravi conseguenze per economia urbana, qualità della vita e coesione sociale».

Le proposte per fermare il declino

L’associazione del commercio chiede una strategia nazionale di rigenerazione urbana coordinata con fondi europei, Pnrr e risorse di Comuni e Regioni. Tra le ricette indicate: potenziare i Distretti urbani dello sviluppo economico, siglare patti tra Stato e aziende per rivitalizzare i quartieri, rendere più accessibili gli spazi commerciali sfitti. Sono oltre 105mila i locali utilizzabili ma vuoti, un quarto dei quali inutilizzati da oltre un anno. Per rimetterli in circolo Confcommercio propone canoni calmierati e incentivi pubblici e privati.

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