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Autostrade ha un piano: un mese per demolire quel che resta del ponte Morandi e 150 appartamenti

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Autostrade presenta un piano per smontaggio, demolizione controllata, utilizzo di esplosivi per rimuovere quel che resta del Ponte Morandi dopo il crollo. Il troncone rimasto in piedi a est, quello con sotto le abitazioni di via Fillak e considerato il più pericolante, verrà picchettato attraverso l’utilizzo di alcune macchine robotizzate alla pila 10; mentre la pila 11 verrà demolita con le micro- esplosioni. Invece il moncone ovest sarà smontato pezzo dopo pezzo con due gru. Tempi previsti per fare tutto, al netto di autorizzazioni e permessi vari: un mese e mezzo. Massimo due mesi in caso di imprevisti. Fine ottobre del ponte Morandi non dovrebbe esserci più nulla. L’ad della concessionaria Autostrade, Giovanni Castellucci, ha presentato il progetto al presidente della Regione Giovanni Toti e al sindaco Marco Bucci. Senza consegnare però un elaborato più specifico. “Abbiamo presentato una serie di opzioni di demolizione e di ricostruzione del viadotto Polcevera, che saranno in parte sovrapposte, confermando sostanzialmente i tempi già annunciati” è scritto in una nota di Autostrade dopo l’incontro con il presidente della Regione Liguria e il sindaco di Genova.

Ponte Morandi. Un mese per demolire tutto quel che resta

Mancano i nomi delle ditte che avranno in appalto il lavoro. Toccherà capire anche se la Procura dare il via libera alla demolizione di quel che resta del ponte. Il tratto di ponte ancora in piedi è ancora sotto sequestro e le perizie non sono ancora terminate.

Se comunque il piano della società verrà approvato – in Regione si dice che in parte sia stato preventivamente concordato proprio con i pubblici ministeri – andrà a due velocità: basterà un giorno per far venire giù il troncone di Levante, circa tre settimane per quello di Ponente. Si è scelto lo “smontaggio destrutturato” a ovest per salvare capannoni e aziende lì sotto. Tra le quali Ansaldo, la quale aveva riaperto oggi ma che comunque dovrà richiudere i cancelli nel periodo dei lavori di demolizione. Altro punto che è stato chiarito, sempre a questo proposito: il crollo a est comporterà la contemporanea distruzione di almeno 150 appartamenti dei 253 ad oggi non più agibili. Anche questo sarà un danno economico ingente di cui si farà carico Autostrade.  Nelle settimane pre- demolizione, nei limiti delle norme di sicurezza, sarà data la possibilità agli abitanti sfollati di rientrare negli appartamenti per qualche ora e portare via alcuni oggetti. Sono 133 su 252 le famiglie rimaste senza casa che ad oggi hanno già trovato una nuova sistemazione. Di queste, 75 hanno ricevuta una nuova casa dal Comune grazie alla disponibilità di enti pubblici e privati, mentre 58 hanno optato per l’ autonoma sistemazione con il relativo contributo mensile regionale. In queste ore, intanto, Autostrade ha iniziato i rimborsi delle rate dei mutui a favore dei cittadini genovesi residenti nella zona rossa mentre oggi verrà annunciata l’ estensione della gratuità dei pedaggi nell’area della città.

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Cronache

Micaela Ramazzotti ritira la querela contro Paolo Virzì, ritrovato l’accordo giudiziario

La vicenda legale tra l’attrice e regista Micaela Ramazzotti e il suo ex marito, il regista Paolo Virzì, giunge a una conclusione inaspettata. Dopo mesi di tensioni e scontri, Ramazzotti ha deciso di ritirare la querela presentata nei confronti di Virzì, chiudendo così l’inchiesta per violenza privata e lesioni.

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Il dramma personale che ha coinvolto Ramazzotti e Virzì risale alla sera del 20 giugno scorso, quando una violenta lite esplose tra i due in un locale, alla presenza della figlia di Virzì, Ottavia, e del nuovo compagno di Ramazzotti, Claudio Pallitto. L’episodio, durato circa mezz’ora, è stato caratterizzato da insulti, minacce e aggressioni fisiche, culminate in graffi, sputi e una serie di atti violenti, come riportato dagli approfondimenti dei Carabinieri coordinati dalla pm Barbara Trotta.

Gli eventi ricostruiti dalle indagini

Secondo la ricostruzione delle indagini, la lite iniziò con una battuta di Ottavia Virzì nei confronti di Micaela Ramazzotti, che scatenò una reazione violenta. Testimoni oculari riferiscono di uno scontro fisico tra Ramazzotti e la figlia del regista, durante il quale sono volati schiaffi, graffi e insulti. Ramazzotti, in particolare, avrebbe strappato gli occhiali a Virzì e continuato ad aggredire Ottavia, mentre quest’ultima tentava di riprendersi con il cellulare.

La situazione degenerò ulteriormente quando Ottavia cercò rifugio in bagno, ma Ramazzotti continuò a colpire la porta, gridando: “Hai paura, vero?”. Anche Paolo Virzì fu coinvolto nello scontro, cercando di separare le due donne, riportando graffi alla testa.

La decisione di ritirare la querela

Nonostante la gravità della lite, le ferite fisiche riportate e le accuse di violenza privata e lesioni, Ramazzotti ha deciso di ritirare la querela contro Virzì. I legali dell’attrice, Annamaria Bernardini De Pace e David Leggi, hanno spiegato che la decisione è stata presa per proteggere la serenità dei figli della coppia e per favorire un ambiente familiare più stabile, soprattutto in un momento delicato come questo.

La legittima difesa e l’archiviazione del caso

L’inchiesta della Procura, che includeva anche il nuovo compagno di Ramazzotti, Claudio Pallitto, ha esplorato il tema della legittima difesa, sottolineando che chi è aggredito non è tenuto a calibrare l’intensità della reazione, a meno che non vi sia una sproporzione evidente tra attacco e difesa. Tuttavia, con la remissione della querela e la chiusura del caso, la vicenda legale sembra destinata a finire nell’archivio.

Un epilogo di pace

L’ex coppia, al centro di una lite furiosa che ha coinvolto anche i loro cari, ha ora ritrovato una sorta di pace giudiziaria, evitando ulteriori strascichi legali e proteggendo i propri figli dall’esposizione mediatica. L’inchiesta si conclude così con meno “ammaccature” del previsto, lasciando spazio alla speranza di una convivenza più serena tra i due, nonostante il tumultuoso passato recente.

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Crispano: tag di localizzazione e stalking, un 43enne arrestato per aver seguito e aggredito l’ex moglie e il suo nuovo compagno

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Un nuovo inquietante caso di stalking si è verificato a Crispano, dove un uomo di 43 anni ha utilizzato un tag di localizzazione per pedinare la sua ex moglie, convinto che stesse avendo una nuova relazione. Questo dispositivo gps, solitamente usato come portachiavi smart, è stato nascosto nell’auto della donna per seguirne ogni movimento, trasformandosi così in uno strumento di controllo ossessivo.

La dinamica dell’aggressione

Non riuscendo ad accettare la fine della loro relazione, l’uomo ha deciso di passare all’azione. Ieri pomeriggio, l’episodio che poteva concludersi in tragedia: la donna, in compagnia del suo nuovo compagno, era parcheggiata presso un’attività commerciale a Crispano, ignara del fatto che il suo ex marito fosse sulle sue tracce. Il 43enne, insieme al fratello, ha spalancato lo sportello dell’auto, armato di mazze e tubi di ferro, e ha cominciato a insultare e aggredire brutalmente le vittime.

Il tentativo di investimento

Non contento dell’assalto fisico, l’aggressore ha poi trascinato le vittime fuori dall’auto e si è messo alla guida, tentando di investire la donna, che è riuscita a salvarsi solo gettandosi sulla ghiaia per poi fuggire. Una situazione che si sarebbe potuta concludere tragicamente, se non fosse stato per la pronta chiamata al 112.

L’arresto e il sequestro del dispositivo gps

Grazie alla rapida segnalazione, i Carabinieri di Caivano sono riusciti a individuare i due fratelli a bordo di una Lancia Y. Il 43enne è stato immediatamente arrestato con l’accusa di atti persecutori, lesioni personali e maltrattamenti, mentre il fratello è stato denunciato per il suo coinvolgimento. Durante la perquisizione dell’auto, i Carabinieri hanno rinvenuto il tag di localizzazione, nascosto nel vano del gancio di rimorchio dell’auto della donna.

Conseguenze e denuncia

Ora, l’ex marito si trova in carcere e la sua ex moglie è ricoverata in ospedale, sotto osservazione, anche se fortunatamente non in pericolo di vita. Questo caso evidenzia ancora una volta l’uso improprio della tecnologia per fini persecutori, trasformando dispositivi come i tag gps in strumenti di controllo e stalking. La vicenda ha scosso profondamente la comunità di Crispano, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza e sull’uso disinvolto di questi dispositivi tecnologici.

Conclusione

Questa drammatica vicenda mette in luce i pericoli derivanti dall’uso inadeguato della tecnologia, come i dispositivi gps, che possono essere utilizzati per violare la privacy e alimentare comportamenti ossessivi e violenti. Grazie all’intervento tempestivo delle forze dell’ordine, è stato possibile evitare che la situazione degenerasse ulteriormente, portando all’arresto dell’aggressore e alla fine dell’incubo per la donna.

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Tentato omicidio a Nola: arrestato un sedicenne per sparatoria davanti a un negozio

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Un episodio di violenza che ha scosso la comunità di Nola, nei pressi della stazione Circum di via Onorevole Francesco Napolitano, è giunto a una svolta. Un sedicenne è stato arrestato e trasferito in un istituto per minori con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. L’episodio risale allo scorso gennaio, quando il giovane, insieme a due amici tredicenni, si è reso protagonista di una sparatoria che ha ferito gravemente il figlio del titolare di un negozio di materiale informatico.

La dinamica della sparatoria

L’episodio è nato da una banale provocazione. I tre adolescenti, passando davanti al negozio, hanno dato un calcio a un birillo stradale posizionato per facilitare la sosta dei clienti. Questo gesto ha scatenato una lite tra i ragazzi e il proprietario del negozio, che li ha rincorsi per qualche metro. Tuttavia, ciò che sembrava un semplice diverbio si è trasformato in tragedia quando il sedicenne ha estratto una pistola e sparato al torace del figlio del titolare, per poi fuggire con i suoi complici.

Le indagini e l’arresto

Le telecamere di videosorveglianza della zona hanno fornito agli investigatori un quadro chiaro dell’accaduto, identificando il colpevole grazie a indizi cruciali, come il giubbotto indossato al momento dell’aggressione. Le indagini condotte dal commissariato di polizia di Nola, coordinato dal primo dirigente Giovanna Salerno, hanno portato all’arresto del sedicenne, accusato di aver esploso i colpi di pistola. I suoi complici, entrambi tredicenni, non sono imputabili a causa della giovane età.

Una comunità sotto choc

La notizia ha riacceso il dibattito sulla sicurezza e sull’uso disinvolto delle armi tra i giovani. L’episodio ha lasciato la comunità di Nola sotto choc, riportando alla memoria un altro tragico evento avvenuto nella città solo poche settimane prima. Il 12 settembre, Antonio Liberti, 44 anni, è morto a seguito di una lite per questioni di viabilità. A causare la sua morte è stato un uomo di 38 anni che ha reagito a una richiesta di chiarimento estraendo un coltello e infliggendo ferite mortali.

La richiesta di giustizia

La moglie di Antonio Liberti ha chiesto giustizia per suo marito, affermando che una semplice richiesta di chiarimento si è trasformata in una trappola mortale. Ha espresso il suo dolore e ha chiesto alle autorità di tutelare la sua famiglia, affinché episodi di violenza simili non si ripetano.

L’arresto del sedicenne per il tentato omicidio di Nola è solo l’ultimo di una serie di episodi di violenza che hanno scosso la città, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza pubblica e l’uso indiscriminato delle armi da parte dei giovani. Le indagini continuano, ma è chiaro che il problema della criminalità giovanile e della violenza urbana necessita di una risposta decisa da parte delle autorità.

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