È un Aurelio De Laurentiis in gran forma quello che rompe il silenzio stampa dopo 129 giorni:“Il covid ha creato al calcio mille problemi”. “Napoli – Verona, delusione per tutti”. “Il mercato: dovrei prima vendere per poi comprare, oppure comprare senza aver comprato. Nessuno è incedibile per delle offerte appropriate”. Sono solo alcuni del temi toccati dal presidente del Napoli in una conferenza svoltasi con i giornalisti dall’Hotel St. Regis di Roma.
Si delinea il Napoli del futuro con il nuovo allenatore, Luciano Spalletti, e il rientro di interlocutori che a Napoli hanno già vissuto una esperienza significativa. Dopo Francesco Sinatti (preparatore atletico con Sarri) e Francesco Calzona (che di Sarri era stato il secondo coach) è rientrato nello staff del Napoli anche Beppe Santoro, team manager ai tempi di Walter Mazzarri.
Passato, presente e futuro, il patron azzurro rompe gli indugi e dialoga sui temi più disparati.
Le difficoltà create dal Covid e l’appello al Governo di Draghi. “Sono stati momenti difficili per la pandemia, non ci aspettavamo, ci ha colti impreparati. Stagione complessa lo scorso anno, idem l’anno in corso. Che senso ha programmare i campionati europei, senza riposo vero, ritiro vero e mercato vero? Dobbiamo fare la corsa per un assist agli “istituzionalisti” che non investono nel calcio ma sono nei loro ruoli grazie a noi e non ci tutelano, ma ci creano altri problemi. Leggevo del problema del Premier inglese, che ha castigato i protagonisti della Superlega, ma variante o non variante si accorda la finale a Londra con 25mila spettatori. Come se giocare una partita fosse più importante che preservare la salute dei popoli”.
DeLa ne ha anche per il premier Draghi: “Tra poco pubblicheremo i calendari, Draghi deve prendere atto che ci sono più di 30milioni di italiani che trovano nel calcio una valvola di sfogo. Perchè Draghi che ha un peso così importante in Europa si disinteressa al mondo del calcio e non convince i suoi colleghi a resettare i campionati posticipando l’inizio ad una data che dia maggiore serenità perché più conforme al piano vaccinale? Il Covid – secondo il presidente azzurro- è la terza guerra mondiale, subdola, ineluttabile. Draghi ha fatto dell’economia la sua politica e ha la credibilità assoluta degli italiani. Il calcio ha un’importanza economica enorme e a causa del covid il calcio è sotto di un miliardo e mezzo ma il governo non se ne è interessato. Non ci si è chiesti come sanare i bilanci in rosso. Caro Draghi, c’è tanto da lavorare nel calcio. Non è stato mai fatto nulla. C’è una legge sbagliata mai corretta, dicono che ci deve pensare il Governo e non la Federazione. Ma il governo fino ad oggi non ha fatto nulla. Oggi decidiamo di partire dal 20/21 agosto senza sapere se avremo negli stadi la possibilità di ospitare i tifosi. Vorrei che ci fosse la consapevolezza anche da parte di altri club di non partire.
Poi Aurelio De Laurentiis tocca un argomento che sta molto a cuore ai tifosi che sono ancora in collera proprio perchè finora non se ne era mai parlato: la partita con il Verona, l’ultima di campionato. Che cosa è successo nella partita Napoli – Verona? C’è da rimproverarsi qualcosa?
“Rimproverare altri è la strada più corta, puoi aggiustare i cocci ma se li riaggiusti si rivedono sempre. È stato un anno e mezzo improprio, tra il Covid e senza il pubblico che è il 12° uomo in campo, le gare sembrano giocate in un acquario. La presenza fonica delle voci degli allenatori quasi stordenti, lì dove la squadra – dopo essere stata preparata in settimana la partita – deve trovare da sola la sua miglior rappresentazione del gioco. In ogni gara non solo del Napoli, invece, c’era questa situazione irreale dove le voci dei tecnici impetuosamente diventavano protagoniste. Quando c’è il tifo questo non accade, se non a gesti degli allenatori, tant’è che ad ogni fallo un tecnico chiama il giocatore vicino per dargli indicazioni. Rimproverarmi qualcosa no, è stato un campionato falsato per tutti, poi non è mia abitudine fare dietrologie. Il fatto dell’ultima partita, una grande delusione: io sono andato negli spogliatoi per suonare la grancassa all’intervallo, mi ha fatto piacere vedere il gol fatto, ma non mi ha fatto piacere vedere il pareggio. Tu arrivi alla fine di un campionato così negativo e complesso sulla tensione nervosa, giochi sul filo di lana con la tensione e dove anche il risultato degli altri conta, dove sei stato già bastonato più volte durante l’anno in partite dove si meritava di più… Poi c’è l’episodio del Cagliari che già ci aveva creato patemi d’animo. Io non ho nulla da recriminare, è stato un anno e mezzo falsato, facendo un assist solo agli Europei. È chiaro che sono tutti ragazzi giovani, dei nipoti più che dei figli: in una cena a Dimaro o a Castel di Sangro è una conversazione che vorrò avere, con delle risposte che non arriveranno nel senso in cui volete voi”.
“Con i tifosi mi posso scusare io, ma qualsiasi scusa dei giocatori o del capitano può sembrare una cosa voluta. Io dialogo con i tifosi, ci sono quelli che mi amano, altri che mi odiano, il tifoso ha sempre ragione, non ha interesse alla salvaguardia dei conti economici, vuole vincere e basta e non gli interessa niente, non c’è una logica societaria. C’è anche chi a freddo poi ragiona. Il silenzio stampa è stata una panacea. Ma io l’ho deciso dopo aver sentito cose inappropriate, allora meglio mettere uno stop. Non è stato tolto per l’ultima partita dopo tre mesi a difesa dell’allenatore. Voi l’avreste massacrato”.
Capitolo Gattuso: “Per quanto riguarda Gattuso, prima della partita -dando per scontato l’accesso alla Champions- avevo preparato un saluto a lui col club in cui doveva andare, la Fiorentina, poi al pareggio ci siamo guardati e non abbiamo potuto mandare il saluto. Potevo essere molto arrabbiato, inquieto, ma il fatto di smettere con Gattuso risaliva alla scorsa estate, non c’era tempo, l’avevo preso per tamponare l’uscita di Ancelotti. Anche se lui avesse vinto il campionato, la sua mission si sarebbe conclusa. Mendes è un amico, ceniamo insieme, abbiamo parlato anche del rinnovo ma non ci siamo trovati in linea, ci siamo firmati due righe, poi quando finiscono ai legali diventano 27 righe di troppo e allora dissi soprassediamo e vediamo. Purtroppo abbiamo perso partite che non avremmo dovuto perdere, altre le abbiamo vinte quando potevamo avere problemi, questo disequilibrio, la mancanza di continuità, per me hanno rappresentato la riconferma che dovevo ad un certo punto interrompere quella collaborazione anche se fossimo arrivati in Champions”.
Sulla Superlega: “Florentino Perez non mi ha mai contattato. Ma non sono mai stato d’accordo. Io ne faccio una questione economica, facendo un torneo a 12 dove inviti gli altri a giocare non risolvi i problemi economici del calcio. Florentino ha il merito non di aver inventato la Superlega ma di aver detto che le competizioni europee non sostengono i bilanci se non le istituzioni che governano il calcio e che dovrebbero solo svolgere un’opera di segretariato ed invece comandano. Ritengo che serva un campionato europeo più equilibrato, dove non si va per estrazione da Montecarlo con le vecchie glorie. I 5 paesi più importanti sono quelli che fatturano di più, possono permettersi dei calciatori più importanti e costosi, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania. Queste nazioni meriterebbero un campionato europeo infrasettimanale dando la possibilità democratica alle prime 6 di ogni campionato di poter competere. Cioè ad esempio se l’Udinese il Verona o la Fiorentina arrivano tra i primi 6 hanno diritto a partecipare al campionato europeo. 29 gare secche? Sono meno le partite perché non si scontrano quelle dello stesso paese altrimenti si crea un duplicato dei campionati nazionali. Così eviti l’Europa League con 156 mln di stipendi. Come va a finire la Superlega? Dovrebbe prevalere il buon senso, in quel caso la cosa più auspicabile è che tutti gli attori si possano sedere intorno ad un tavolo, ma se io faccio giocare la Juventus col Crotone, che nessuno si offenda, è difficile che possa batterlo, però lei mi dirà c’è una democraticità che va rispettata, lo sport è questo, però io le rispondo che Veltroni nel ’96 ha sancito che le società non sono dei club ma delle società per azioni, delle spa con bilanci e finalità lucrative. Se lei mi crea un torneo scompensato per capacità economiche, quindi poco omogeneo, lei non sta rispettando il concetto veltroniano”.
Mondiale 2022 in pieno inverno. “Non condivido, sono interessi nati ad opera del Qatar e quello che era valido pre-Covid, ora non è più valido. L’impresa privata sa dimensionare gli investimenti ed il mercato, l’impresa pubblica si basa solo su rapporti e strette di mano, non immaginando i danni a cascata per gli altri. Io ho sempre detto ai miei colleghi perché dobbiamo dargli i giocatori? Ce li pagano quanto noi dovremmo avere? Ne se qualcuno si fa male mi ridanno gli 80mln che valeva e che forse non valgono più? Ma di questo non parla nessuno. Io faccio un mercato, addirittura quest’anno li volevano per le olimpiadi, io gli ho detto ora ci guardiamo tutto in tv e manco giochiamo la Serie A e poi dicono che io ho negato Fabian alle olimpiadi con la Spagna, ma stiamo scherzando? Le istituzioni potevano rinviare tutto a dicembre se ci sono tutte queste competizioni, non è un problema nostro. Poi però vogliono le 20 squadre perché devono votare, quello non puoi farlo però devi giocare sempre”.
Il futuro con Spalletti. E Insigne? “Ho sempre stimato Spalletti, prima che allenasse la Roma, mi venne a trovare e mi disse che non poteva muoversi dalla Russia e virammo non mi ricordo su Benitez o su Sarri. Lo trovo giusto per il Napoli, sa allenare bene, contro di lui non è mai stato facile. Ha saputo gestire anche situazioni difficili, pure alla Roma, in tempi dove la mancanza della proprietà non chiariva le cose nello spogliatoio e lui si è comportato molto bene. Insigne? Non ci siamo proprio visti, la necessità di finire il campionato, il ritiro con la nazionale. Finito l’Europeo ci incontreremo, parleremo e sarà quello che sarà”.
La parabola discendente delle ultime 2 stagioni:“Non è un problema di non essere andato in Champions, il problema è che siamo passati da 30mln di stipendi a 50, a 75, a 120 ed oggi a 156mln. E’ ovvio che bisogna innanzitutto sanare questo problema, il Napoli spende cifre che non fattura e deve rivedere gli stipendi in base a ciò che guadagna. Altro punto: il Napoli deve in un mercato in cui sono tutti afflitti per le perdite, ad esempio c’è chi fattura più di noi e che da 2 anni non mi paga o mi sta pagando solo adesso. Bisogna differenziare il lato economico e finanziario. Sono stato sempre stato considerato un esempio virtuoso: i miei pagamenti avvenivano prima e non dopo. Non c’è un ridimensionamento, ma c’è una presa di coscienza che da un punto di vista del bilancio occorre rivedere il budget, altrimenti fallisci. Se tu il Napoli lo vuoi riportare sul binario giusto, devi tagliare le spese eccessive, non c’è niente da fare. Poche aziende nel calcio sono sane”.
30 giugno spartiacque, si chiude la vecchia stagione e parte la vecchia. Il Mercato
“Forse non basterà, ma bisognerà vendere quei giocatori che hanno aumentato a dismisura la loro parte salariale. Due acquisti non avrei dovuti farli, o alcuni spostamenti, dicendo a me stesso ‘calma, c’è il Covid, il campionato è falsato come ho detto, congeliamo tutto e sopravviviamo’ ed invece da ultra-ottimista ho investito troppi soldi e dalla parte degli sponsor mi dicevano ho 2 o 5 anni di contratto ma non possiamo rispettarlo…e lì soffri, e vai avanti, però commettendo l’errore di valutazione che spesso faccio, ovvero che pensino come me, e non è così.
Stabiliremo con l’allenatore cosa sostituire e cosa non sostituire, solo dopo aver capito come operare, vedremo il mercato se permetterà di operare in uscita per poi in relazione alle uscite opereremo in entrata. Io vedrò Spalletti venerdì, ci siamo dati appuntamento alle 12.30 a Castel Volturno, dal 1° luglio è con noi, il mercato inizia domani effettivamente. Forse non arriveranno proposte indecenti, magari ci fossero. La risposta vera: nessuno è incedibile per proposte appropriate.
Verona-Napoli (girone andata), tornando indietro cosa cambierebbe?
“Ad un certo punto, visto che il mister non si sentiva nella forma perfetta ho pensato che fosse meglio il silenzio stampa perché avevo intenzione di andare avanti così fino alla fine. Convocai una riunione al Britannique, c’era anche Lombardo, il medico, l’amministratore delegato, tutta la squadra. Non ho mai voluto esonerare Gattuso. Un paio di volte per problemi fisici non era presente nella panchina effettiva, ad un certo punto mi sono dovuto preoccupare, ho dovuto dire cosa accade se la situazione dovesse precipitare? Chiamai Spalletti per chiedergli la sua disponibilità, qualora fosse stato necessario ma non lo è stato. Raccontavo di quella sera al Britannique perché dissi potrei pagarvi in ritardo, ma ve lo sto pagando in anticipo lo stipendio di gennaio, però sappiate che il tecnico rimane, va rispettato, seguito, e non sento storie. A Rino chiesi di restare”.
In questo calcio così problematico può infiltrarsi la criminalità come è stato paventato dal libro del procuratore Cantone?
“Non è di Cantone, ma del 2007, volevo prendere i diritti per una serie tv, Cantone ne fece un’altra, viene fuori che il calcio è tutto corrotto, siamo abituati a Calciopoli ma calciopoli fa ridere in confronto a questi testi dove si parla con un nomignolo di operatività da Singapore, insieme alla ‘ndrangheta, con i messicani, passando per la Russia per gestire il calcioscommesse, girando fino a fermarsi a Napoli, girano 500 mld in nero all’anno e con questi soldi si possono persino far eleggere presidenti di stati importanti, figuriamoci nel calcio mondiale. E’ scritto lì, ci sono partite ed arbitri citati, allora io vi dico voi ricordate i risultati, le espulsioni, siete indottrinati, possibile non abbiate letto questi saggi e documenti? E’ un problema che si lega al disamore dei giovanissimi verso il calcio giocato e le istituzioni calcistiche sono vecchie”.
Obiettivo per la prossima stagione? “Io devo far quadrare i conti e tornare in Champions”.
Ritornare in Champions e far quadrare i conti, è un ossimoro? Qual è la strategia?
“E’ molto semplice, se non avessimo fatto giocare solo 5 minuti quei giocatori ora avremmo modo di fare certe valutazioni e sostituire magari alcuni più affermati, alleggerendo perdite e costi salariali. Oggi come oggi servono grossi ragionamenti con l’allenatore, poi l’impossibile si fa con il piede in due scarpe, dovrei prima vendere per poi comprare, oppure comprare senza aver comprato, il giocoliere finanziario, qualcosa che i direttori sportivi difficilmente fanno perché abbiamo sempre avuto capacità economiche in tempi diversi. Il Covid ha cambiato tutto, ad un certo punto mi sono buttato nei gelati, durante un film mi bloccarono il product placement e mi comprai direttamente l’azienza. Oppure un giorno mi sono detto ci facciamo noi da sponsor tecnico: tutti mi hanno detto sei pazzo, ma come Nike, Adidas, ci metto la faccia e ci lavoro. Ieri sono stato in fabbrica a lavorare su questo, stamattina parlavo con la Cina, devi creare delle svolte, magari ci rimetti dei soldi, ma hai creato una nuova realtà che si stacca dal costante passato”.
Stadio Diego Armando Maradona, Napoli
Sul settore giovanile. Il centro sportivo e le sponsorizzazioni. “Assolutamente sì, ma nella vita post-Covid le priorità sono altre, non possiamo distrarre denaro. Non è un problema di strutture, avevamo il vivaio a Castel Volturno, ma decidemmo che non era bello ai 14-15-16enni far vedere quelli con la Ferrari, spostiamoci da un’altra parte e trovammo un posto niente male con palestra, piscina che poi è andato fallito. Cercai di prenderlo dal Comune, non hanno avuto questa intenzione e mi sono spostati al Kennedy, ho provato a comprarlo, ma ho capito che non tutto era ok e ho detto aspettiamo, ci sono altre priorità. Quando comprai per 34mln il Napoli, non c’erano calciatori, uffici, centro, nulla. Per quel che riguarda il vivaio, non tutti i genitori immaginano la permanenza in Campania se vi offrono il Lazio o altro”.
Il VAR può essere richiamato dalle squadre nelle situazioni più difficili?
“Sono anni che li richiedo senza essere ascoltato. Anche con la classe degli arbitri vale lo stesso discorso del centro di potere! L’evoluzione del VAR si è visto adesso con gli Europei. Prima si aveva paura di andare a controllare, temendo di aver sbagliato. Adesso è il contrario, si aspetta sempre l’ok. La Federazione dovrebbe far partecipare solo squadre che hanno i conti ben quadrati ma non accadrà mai. Tra tre anni saremmo ancora più indietro”.
Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.
Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»
Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.
«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».
Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»
Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.
«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».
Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica
Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.
Lontano dalle suggestioni populiste, fermamente contro gli “estremisti di destra e di sinistra che non sono a favore della pace ma sono amici di Putin”, per usare le parole di Ursula Von der Leyen. E’ il Partito popolare europeo che si è ritrovato al Congresso di Valencia forte di una stagione di successi elettorali, a trazione sempre più tedesca, convinto di essere il motore propulsore di un’Europa che vuole rilanciarsi ed essere sempre più protagonista anche fuori dai confini dei 27. L’Europa disegnata dai popolari è un’entità politica capace di difendere i propri interessi nei confronti dell’alleato tradizionale, gli Usa, ma anche in grado di aprirsi nei confronti dei mercati emergenti, dalla Cina all’India, dall’Australia ai Paesi del Mercosur. Impegnata a voltare pagina sul fronte della difesa comune, della crescita e della lotta ai clandestini. L’asse formato da Ursula Von der Leyen, l’applauditissimo cancelliere in pectore Merz e il neo eletto presidente del partito, Manfred Weber tiene banco e dà la linea. “L’Europa è la nostra casa. E la nostra prima missione è proteggere il luogo che tutti chiamiamo casa”, ha sintetizzato Ursula Von der Leyen.
“Abbiamo vinto le ultime europee – ha detto Manfred Weber – grazie all’allargamento della famiglia del Ppe: non sono più conservatori o liberali ma stanno con noi. Il Ppe è il partito dell’Europa, dello stato di diritto. Viktor Orban se ne andrà in pensione e la nuova Ungheria sarà popolare”, ha aggiunto Weber tra gli applausi. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha concordato sulla necessità per l’Unione europea di “voltare pagina”, a partire dalla lotta contro l’eccesiva burocratizzazione legislativa. E soprattutto chiudendo quanto prima la stagione del Green Deal, lasciandosi alle spalle “quella visione di Timmermans e di Greta Thunberg che – ha osservato il leader azzurro – aveva creato una sorta di dea natura, una forma di panteismo che non teneva conto della presenza dell’uomo, facendo perdere decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Dalla pace in Ucraina, alla tensione con Trump sui dazi, dalla lotta contro l’immigrazione clandestina alla partita sulla crescita, il Ppe serra le file sulla responsabilità della leadership europea, consapevole che l’Unione, con i suoi valori e la sua storia, è destinata ad avere un ruolo centrale, in prima fila, nel mondo del futuro. L’Europa a guida popolare lancia poi un monito a Trump: “I mercati globali – ha ammonito Von der Leyen – sono scossi dall’imprevedibile politica tariffaria dell’amministrazione Usa. I loro dazi sul resto del mondo sono ai massimi da un secolo a questa parte. Le tariffe sono come le tasse. Fanno male sia ai consumatori che alle imprese. Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo accada”.
Un partito popolare e una Commissione europea che oggi può incassare la discesa in campo di una sua nuova e fondamentale supporter, la Germania a guida Merz, il cui intervento è stato quello più applaudito nella sede della Fiera di Valencia. “Se altri Paesi mettono in discussione la legittimità della difesa dei confini e della sovranità – ha ammonito Merz – noi lotteremo ancora più forte a favore di questi valori”. Molto determinato anche sul dossier difesa: “Dobbiamo lavorare insieme come mai prima, con una sola voce, soprattutto sulla difesa: dobbiamo essere pragmatici nel nuovo progetto. Tutto deve avvenire nella cornice Nato ma dobbiamo essere capaci di difenderci meglio che nel passato”, ha concluso tra gli applausi.
La guerra dei dazi fa salire la tensione fra Donald Trump e Jeff Bezos. Mentre Amazon lancia la sfida a Starlink mandando in orbita il suo primo lotto di satelliti internet, la Casa Bianca critica duramente il colosso delle vendite online per essere pronto – secondo le indiscrezioni di Punchbowl – a evidenziare nei prezzi dei suoi prodotti l’impatto dei dazi. “E’ un atto politico e un atto ostile”, ha detto senza mezzi termini la portavoce Karoline Leavitt, chiedendosi come mai la società non lo abbia fatto “quando l’amministrazione Biden ha fatto salire l’inflazione ai massimi da 40 anni”.
Le pesanti critiche sono state seguite dalla smentita di Amazon. “Il team che gestisce il nostro negozio ultra low cost Amazon Haul ha preso in considerazione l’idea di indicare i costi di importazione su alcuni prodotti. Ipotesi che non è mai stata approvata e non verrà attuata”, ha detto un portavoce sottolineando l’idea “non è mai stata presa in considerazione per il sito maggiore di Amazon”. La spiegazione di Amazon, secondo quanto riportato da Cnn, sarebbe stata preceduta dalla telefonata ‘frustrata’ di Trump a Bezos, il miliardario in prima fila al giuramento del presidente insieme alla sua futura moglie Lauren Sanchez. Una telefonata confermata dal presidente: “E’ stato fantastico, ha risolto il problema molto rapidamente e ha fatto la cosa giusta. Ho apprezzato”.
I rapporti di Trump e Bezos si erano distesi con il secondo mandato presidenziale: se nei primi quattro anni alla Casa Bianca il tycoon non ha risparmiato critiche al fondatore di Amazon, soprattutto per il suo controllo del Washington Post, ora invece fra i due ci sarebbe un legame vero. Bezos è andato diverse volte a Mar-a-Lago e ha visitato più volte la West Wing della Casa Bianca per incontrare Trump, oltre ad aver messo il bavaglio alla pagina degli editoriali del quotidiano del Watergate, ordinando che si scriva soltanto di “libertà personali e libero mercato”. Per Bezos la posta in gioco è alta considerato che il ‘first buddy’ Elon Musk è il maggiore rivale nella sua corsa allo spazio. Dopo anni di ritardo, Amazon ha finalmente lanciato i suoi satelliti internet del Progetto Kuiper nel tentativo di recuperare il terreno perso con Starlink. Bezos ha investito più di 10 miliardi di dollari nel progetto e intende utilizzare questa rete di satelliti per fornire un accesso a internet ad altissima velocità da ogni angolo del mondo, comprese le aree remote e le zone di guerra o disastrate.
Un’impresa non facile visto lo strapotere spaziale di Musk che, però, rischia di pagare anche con Starlink la sua vicinanza a Trump. Lo scontro (rientrato) fra Trump e Bezos mostra, secondo molti osservatori, il pugno duro della Casa Bianca contro qualsiasi società che metta in dubbio le sue mosse. Se Amazon avesse messo in evidenza l’impatto dei dazi nei prezzi dei suoi prodotti, decine di altre aziende avrebbero seguito la stessa strada per difendere la loro reputazione dalla possibile ira dei consumatori contro i rincari, con il rischio di alimentare le critiche a Trump e minare la sua agenda. Per cercare di attenuarne l’impatto Trump ha firmato un ordine esecutivo per allentare la pressione dei dazi sulle case automobilistiche mentre la Casa Bianca lavora ad accordi commerciali.
“Penso che abbiamo un accordo con l’India”, ha detto il presidente criticando allo stesso tempo al Cina. In un’intervista a Abc di cui sono stati diffusi degli estratti, il presidente ha messo in evidenza che Pechino “merita” tariffe al 145%. “Abbiamo una cornice di intesa con la Corea del Sud. Le trattative vanno bene anche con il Giappone”, ha aggiunto il segretario al Tesoro Scott Bessent. A chi gli chiedeva di come andassero i negoziati con l’Ue, Bessent ha risposto: “Posso rifarmi alle dichiarazioni di Henry Kissinger, ovvero chi chiamo? Alcuni Paesi europei”, come la Francia e l’Italia, “hanno imposto ingiuste tasse sui servizi digitali per i nostri internet provider. Altri Paesi non le hanno. Vogliamo veder queste tasse ingiuste rimosse”.