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Attacco con i droni nel cuore di Mosca, l’ira di Putin

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In attesa della controffensiva ucraina, tra Mosca e Kiev si scatena la guerra dei droni, e per la prima volta anche la capitale russa viene investita in pieno. Almeno otto velivoli senza pilota sono stati lanciati nelle prime ore di oggi verso la città, e tre hanno colpito grandi torri residenziali in quello che le autorità russe hanno definito un attacco “terroristico” di Kiev. Gli ucraini smentiscono, come fatto per altri episodi precedenti. Ma allo stesso tempo si dichiarano “lieti di guardare e prevedere un aumento del numero di attacchi”, come ha detto il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak.

Le autorità di Kiev denunciano intanto la terza notte di pesanti attacchi contro la capitale ucraina, con un bilancio di almeno un morto e 13 feriti. Secondo le stesse fonti, circa 20 droni iraniani Shahed-136 sono stati lanciati contro la città. Quasi tutti sono stati abbattuti, ma i frammenti di uno dei velivoli sono caduti su un edificio nel distretto di Holosiivskyi provocando un incendio. Quanto agli attacchi su Mosca il ministero della Difesa ha affermato che cinque dei droni utilizzati – che non si sa dove siano stati lanciati – sono stati distrutti dai sistemi contraerei Pantsir. Altri tre hanno deviato dalla loro traiettoria dopo essere stati intercettati dai sistemi di difesa elettronica e sono precipitati su grandi edifici residenziali nel sud-ovest di Mosca: uno sulla Leninsky Prospekt, uno sulla Via Profsoyuznaya e un terzo sulla Via Atlasova, nel sobborgo di Nuova Mosca, fuori dalla grande tangenziale della capitale.

Il sindaco, Serghei Sobyanin, ha parlato di due feriti lievi, mentre una delle torri residenziali, quella sulla Profsoyuznaya, è stata evacuata. Alcuni canali Telegram danno notizia di un numero molto superiore di droni, mentre fonti della testata indipendente Novaya Gazeta affermano che due velivoli sono stati abbattuti nell’area di Rublyovka, ad ovest della città, dove sorgono le ville dell’elite politico-economica, non lontano dalla residenza del presidente Vladimr Putin, a Novo Ogaryovo. Continuano intanto anche gli attacchi ucraini sulla regione russa di Belgorod, dove oggi il governatore ha denunciato un bombardamento che avrebbe provocato morti e feriti tra i cittadini ospitati presso centri di raccolta dopo essere stati evacuati dalle loro case. Il 3 maggio scorso due droni erano esplosi sopra il Cremlino.

Anche in quel caso Kiev aveva negato ogni responsabilità, ma qualche giorno fa fonti d’intelligence americane hanno detto al New York Times che dietro all’operazione c’erano proprio i servizi segreti ucraini. E ieri il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kirill Budanov, aveva parlato degli ultimi raid russi su Kiev per lanciare un avvertimento: “Se ne pentiranno molto presto, la nostra risposta non si farà aspettare”, aveva detto. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, gli attacchi contro Mosca sono stati una rappresaglia per un bombardamento compiuto domenica dai russi su un “centro decisionale” a Kiev. Putin ha identificato tale centro come il quartier generale dei servizi d’intelligence militari ucraini, che a suo dire sarebbe stato colpito “due o tre giorni fa”. Un’affermazione di cui non è possibile avere alcun riscontro da parte ucraina. Obiettivo di Kiev, ha detto Putin, è sì “terrorizzare i russi”, ma soprattutto “provocare una risposta della Russia”.

“Vedremo cosa fare a questo proposito”, ha aggiunto il presidente. Da parte loro gli Stati Uniti – a differenza di Londra – hanno dichiarato di non sostenere gli attacchi all’interno della Russia. “Ci siamo concentrati sul fornire all’Ucraina le attrezzature e l’addestramento di cui ha bisogno per riconquistare il proprio territorio sovrano”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato. Ma Mosca non ci crede e accusa gli Stati Uniti e tutta la Nato di “ipocrisia”, riservandosi “il diritto di adottare le misure più severe in risposta agli attacchi terroristici di Kiev”, ha avvertito il ministero degli Esteri. Quel che è certo è che gli attacchi hanno avuto un forte impatto emotivo sui moscoviti e sui russi in generale, provocando nuovi affondi contro i vertici militari dai critici schierati su posizioni oltranziste. “Perché lasciate che questi droni arrivino a Mosca?”, ha chiesto il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, rivolgendosi ai vertici della difesa con l’epiteto di “sporchi bastardi”. Mentre il comandante ceceno Ramzan Kadyrov ha chiesto nuovamente di introdurre la legge marziale.

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Esteri

Caos eredità Maradona: le figlie accusano l’ex avvocato Morla di frode e chiedono la restituzione di 13 milioni di dollari

Le figlie di Diego Maradona accusano l’ex legale Morla di frode: spariti 13 milioni dai conti esteri. Al centro del caso la società Sattvica e i diritti d’immagine.

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Dove sono finiti 13 milioni di dollari? È la domanda che oggi agita il tribunale di Buenos Aires e infiamma lo scontro tra gli eredi di Diego Armando Maradona e l’avvocato Matías Morla (nella foto con Diego), il rappresentante legale e uomo di fiducia del Pibe de Oro negli ultimi anni della sua vita. A portare la questione in tribunale sono state Dalma e Gianinna, figlie di Diego e di Claudia Villafañe, che accusano Morla di aver sottratto fondi e di aver agito alle spalle degli eredi legittimi.

Secondo le figlie dell’ex campione, il patrimonio occultato ammonterebbe a oltre 13 milioni di dollari, presenti su conti bancari esteri a nome del padre. Le accuse non si fermano qui: Morla avrebbe anche trasferito in modo sospetto il controllo della società Sattvica – che gestisce i diritti commerciali sul nome e sull’immagine di Maradona – alle sorelle di Diego, Rita e Claudia Norma Maradona, eludendo così il passaggio naturale ai figli eredi.

La frode secondo le figlie

Nel dossier presentato in tribunale, i legali di Dalma e Gianinna parlano apertamente di frode post mortem, sostenendo che la firma apposta da Maradona sui documenti che affidavano pieni poteri a Morla potrebbe essere stata falsificata. La società Sattvica, secondo la loro ricostruzione, sarebbe stata solo formalmente intestata a Morla e al cognato Maximiliano Pomargo, ma in realtà sottostava alla volontà di Diego, che ne era il socio occulto. Dopo la morte del Pibe, il rifiuto di Morla di riconsegnare ai figli il controllo della società rappresenterebbe un’ulteriore violazione dei loro diritti.

Conti bancari e attività commerciali

Nel programma argentino “Intrusos”, sono stati resi noti i dettagli dei presunti conti esteri:

  • 1,6 milioni presso Bank Caribbean

  • 1,9 milioni presso la North National Bank di Abu Dhabi

  • 5 milioni presso Paribas

  • 5 milioni presso HSBC

Fondi che, secondo l’accusa, Morla avrebbe occultato e che ora gli eredi chiedono di recuperare e suddividere tra i cinque figli riconosciuti di Maradona: Dalma, Gianinna, Diego Jr, Jana e Diego Fernando.

Il ruolo controverso di Morla

Morla, attraverso il suo legale Rafael Cuneo Libarona, ha rigettato ogni accusa, sostenendo che la gestione dei diritti d’immagine fu affidata alle sorelle di Diego su esplicita volontà del Pibe, che aveva interrotto ogni rapporto con l’ex moglie Claudia e le figlie. Nonostante ciò, la sua figura resta al centro delle polemiche. Nel 2021, in occasione di una manifestazione a Buenos Aires per chiedere giustizia sulla morte del campione, Morla fu duramente contestato, insieme al neurochirurgo Luque, rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio con dolo eventuale.

Il marchio Maradona e Sattvica

Intanto Sattvica, la società al centro della disputa, continua a gestire le licenze commerciali legate a Maradona: abbigliamento, tequila, caramelle, palloni e gadget firmati dal campione. La società ha sede sia in Argentina che in Spagna, e a oggi Morla avrebbe confermato di avere rapporti quotidiani solo con le sorelle del Pibe.

La battaglia legale, appena iniziata, si preannuncia lunga e complessa. Sul piatto non ci sono solo soldi e proprietà, ma anche il controllo del nome e del mito di Diego Armando Maradona, che continua a vivere nei cuori dei tifosi e nei tribunali.

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Esercito Usa crea nuova zona militare a confine Messico

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L’esercito statunitense ha creato una seconda zona militare lungo il confine con il Messico, aggiungendo un’area in Texas dove le truppe possono trattenere temporaneamente migranti o intrusi, dopo che un’altra area simile era stata designata nel New Mexico il mese scorso. Lo scrive l’agenzia Reuters sul suo sito web. Il mese scorso l’amministrazione Trump aveva designato una prima striscia di 440 km quadrati lungo il confine del New Mexico come “Area di Difesa Nazionale”. Ora arriva la “Texas National Defense Area”, una striscia lunga 101 km che si estende a est dal confine tra Texas e New Mexico a El Paso.

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Ok Usa a equipaggiamenti F-16 per l’Ucraina

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Il Dipartimento di Stato americano ha approvato la potenziale vendita di parti e equipaggiamenti del caccia F-16 all’Ucraina per 310 milioni di dollari: lo ha reso noto il Pentagono. Tra i principali appaltatori figurano Lockheed Martin Aeronautics, Bae Systems e Aar Corporation. (

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