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Cronache

Arrestato dai carabinieri il medico di Messina Denaro: Tumbarello sapeva che era il boss latitante

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Ha personalmente visitato il boss latitante “più ricercato al mondo”, è stato il primo a diagnosticargli il tumore, gli ha prescritto, in quasi due anni, più di un centinaio di farmaci e analisi mediche intestandole ad un proprio assistito, che in realtà godeva di ottima salute, sapendo perfettamente di avere davanti Matteo Messina Denaro. Reggono davanti al gip le accuse che la Procura di Palermo contesta ad Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara, paese in cui il padrino si è nascosto nell’ultimo periodo della latitanza, arrestato oggi per concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico.

Nelle 31 pagine della misura cautelare disposta dal giudice Alfredo Montalto, su richiesta del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e dei pm Piero Padova e Gianluca De Leo, il magistrato ribadisce più volte che il professionista, da qualche mese in pensione, era “consapevole e informato della reale identità del paziente”. Per il gip, a carico del medico ci sono esigenze cautelari tali da superare il fatto che abbia più di 70 anni e il carcere è la sola misura adeguata. In cella insieme a Tumbarello, ma con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravate dall’aver favorito Cosa nostra, è finito anche un altro abitante di Campobello, Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato l’identità a Messina Denaro.

A lui i pm contestano di aver fatto la spola con lo studio di Tumbarello per consegnare al boss le ricette mediche e al professionista i documenti sanitari che il padrino di volta in volta gli sottoponeva. Tumbarello “continua a svolgere l’attività professionale di medico nonostante il pensionamento e soltanto con la più grave misura coercitiva può essergli impedito di prodigarsi ancora a favore di altri esponenti mafiosi”, scrive il giudice che ha voluto sottolineare il passato del dottore, protagonista “di un rapporto ben più risalente (sino agli anni novanta del secolo scorso) e diverso da quello più strettamente professionale con Messina Denaro”.

Il nome di Tumbarello spunta, infatti, in una vecchia indagine sull’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, già condannato per traffico di droga e morto poi di Covid. Vaccarino, massone, amico della famiglia del boss, si rivolse proprio al medico per organizzare un incontro con Salvatore Messina Denaro, fratello dell’ex latitante e mafioso di spicco. Durissime le parole dei pm che nella richiesta di arresto del medico e del factotum del boss stigmatizzano l’omertà diffusa di Campobello.

“Tutte le indagini ancora in pienissimo e frenetico svolgimento sulla ricostruzione delle fasi che hanno preceduto la cattura di Messina Denaro hanno innanzitutto offerto uno spaccato dell’assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello di Mazara che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura, o addirittura complicità, ha consentito impunemente al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo di affrontare almeno negli ultimi due anni cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà”, scrivono nella richiesta di misura cautelare del dottore.

Il riferimento è alla rete di fiancheggiatori solo in parte già svelata, che ha portato all’arresto dell’autista del padrino e del geometra Bonafede, entrambi di Campobello. Per quest’ultimo il tribunale del Riesame oggi ha ribadito il carcere respingendo la richiesta di revoca della misura avanzata dal legale. “Sorprende e ferisce leggere di ‘assordante silenzio dell’intera comunità campobellese’. Se la presenza del superlatitante a Campobello era così palese ed evidente a tutti, mi chiedo come mai non sia stato trovato prima?” ha replicato il sindaco Giuseppe Castiglione.

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Cronache

David Knezevich morto in carcere: era accusato dell’omicidio di Ana Maria Henao

David Knezevich, accusato della sparizione della ex moglie Ana Maria Henao, si è tolto la vita nel carcere di Miami. Resta il mistero sul corpo della donna scomparsa.

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David Knezevich, 37 anni, accusato del sequestro e dell’omicidio della ex moglie Ana Maria Henao, è stato trovato morto nella sua cella a Miami, in Florida. A confermare il decesso, avvenuto per suicidio secondo i media americani, è stato il suo avvocato. Knezevich era detenuto in attesa di giudizio, dopo essere stato arrestato a maggio 2024 per il presunto coinvolgimento nella misteriosa sparizione della milionaria, avvenuta a Madrid.

Il giallo internazionale e le ricerche nel Vicentino

La vicenda aveva assunto da subito i contorni di un intrigo internazionale, coinvolgendo Stati Uniti, Spagna, Serbia e Italia. L’Fbi aveva seguito le tracce del sospettato fino a Cogollo del Cengio, in provincia di Vicenza, dove si erano concentrate le ricerche del corpo di Ana Maria Henao. Gli inquirenti avevano individuato la zona grazie ai tracciamenti di un’auto noleggiata da Knezevich a Belgrado. Nonostante gli sforzi, le operazioni di perlustrazione non avevano portato al ritrovamento del cadavere.

La ricostruzione delle accuse

Secondo gli investigatori, il 29 gennaio 2024 Knezevich aveva noleggiato un’auto senza GPS a Belgrado, recandosi poi a Madrid. Dopo aver rubato una targa per camuffare il veicolo, sarebbe stato ripreso dalle telecamere mentre metteva fuori uso i sistemi di sorveglianza dell’appartamento di Ana Maria. In seguito sarebbe entrato nell’abitazione con una valigia per uscirne nove minuti dopo: l’ipotesi è che avesse nascosto il corpo della donna, minuta e dal fisico esile, nella stessa valigia.

Durante il rientro verso la Serbia, una sosta prolungata nei boschi vicentini aveva insospettito gli investigatori, che avevano concentrato lì le ricerche senza tuttavia trovare alcun risultato.

Le accuse e i procedimenti legali

Nonostante l’assenza del cadavere, nei confronti di Knezevich era stata formalizzata l’accusa federale di omicidio. Parallelamente, la famiglia di Ana Maria aveva intentato una causa civile per «morte ingiusta», trasferimenti fraudolenti e sofferenza estrema, coinvolgendo anche il fratello, la madre e un cugino dell’imprenditore serbo. Gli accusati erano sospettati di aver aiutato Knezevich nella copertura del delitto o nell’occultamento delle prove.

Con la morte di David Knezevich, il procedimento penale a suo carico si chiude definitivamente, ma restano aperte le indagini sugli eventuali complici. Il mistero della scomparsa di Ana Maria Henao, intanto, rimane senza una soluzione definitiva.

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Medvedev: Zelensky farà una triste fine, abbattere regime Kiev

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Il numero due del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha dichiarato che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “finirà nel modo più triste” e che le truppe russe devono concludere “con una vittoria” l’invasione dell’Ucraina e “distruggere” quello che lui, seguendo la definizione della propaganda del Cremlino, definisce “il regime neonazista di Kiev”. Lo riporta l’agenzia di stampa ufficiale russa Ria Novosti.

“Quando il capo di uno Stato, anche uno così particolare come l’Ucraina, e un tipo così patologico come questo personaggio, si vanta di queste cose, significa solo una cosa: che alla fine anche lui finirà nel modo più triste”, ha detto Medvedev, commentando la notizia, ripresa anche dalla Reuters, secondo cui Zelensky avrebbe elogiato l’intelligence ucraina per l’uccisione di alcuni alti ufficiali russi ma senza riferimenti a casi specifici.

“Innanzitutto, dobbiamo completare l’operazione militare speciale in Ucraina con una vittoria e dobbiamo distruggere il regime neonazista di Kiev, ma il regime, non lo Stato, il cui destino è una questione del futuro”, ha detto poi l’ex presidente russo usando la dicitura “operazione militare speciale” con cui il Cremlino indica l’aggressione militare contro l’Ucraina. La Russia di Putin ha invaso l’Ucraina sostenendo di volerla “denazificare”, ma la tesi di Mosca secondo cui il governo di Kiev sarebbe “neonazista” è considerata del tutto infondata dalla stragrande maggioranza degli analisti politici.

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Ischia ritrova la sua giustizia: il Tribunale torna operativo con le udienze del giovedì

Il Tribunale di Ischia riapre le udienze del giovedì grazie al decreto del presidente vicario Scoppa. Una vittoria per avvocati, cittadini e istituzioni locali dopo mesi di proteste.

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Una notizia attesa con speranza dai più ottimisti e insperata da altri, ma che segna un passaggio decisivo nella lunga battaglia per la tutela del presidio giudiziario dell’isola verde. Il presidente vicario del Tribunale di Napoli, Gianpiero Scoppa, ha disposto il ripristino delle udienze a Ischia, restituendo piena funzionalità alla sezione distaccata locale.

Una decisione che accoglie le istanze dell’Associazione Forense dell’isola di Ischia e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, protagonisti di una mobilitazione decisa culminata nello sciopero del 5 aprile scorso e nel ricorso al TAR presentato con il sostegno dei sei Comuni isolani.

Il decreto del giudice Scoppa: ritorno alla normalità

Il provvedimento firmato da Scoppa prevede l’assegnazione provvisoria del giudice onorario Ciro Ravenna al settore civile della Sezione distaccata di Ischia, in qualità di Giudice dell’Esecuzione, con il compito di gestire le udienze precedentemente seguite dalla giudice Criscuolo.

Nel decreto si evidenzia che Ravenna, rientrato in servizio nel 2025 dopo un incarico all’Ufficio del Giudice di Pace, aveva espressamente chiesto di essere destinato a una sezione civile in virtù della propria formazione professionale. La sua collocazione a Ischia rappresenta dunque una soluzione funzionale per sopperire alle gravi carenze d’organico che affliggono il Tribunale isolano.

Il decreto ha effetto immediato, garantendo il ripristino delle udienze del giovedì e segnando una svolta dopo mesi di polemiche, disservizi e disagi per professionisti, cittadini, testimoni e imputati costretti agli spostamenti sulla terraferma.

La soddisfazione dell’Assoforense e dell’avvocatura

«Quello ottenuto è un risultato importante», ha commentato Alberto Morelli, presidente dell’Assoforense Ischia. «Scoppa aveva già dimostrato attenzione e sensibilità alla nostra situazione. Ora arriva un passo concreto che ridà dignità alla nostra professione e servizio alla cittadinanza».

Anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli esprime soddisfazione per l’esito di un lavoro di sinergia tra istituzioni e avvocati, premiato da un risultato tangibile dopo mesi di diplomazia e pressione istituzionale.

La battaglia continua: si attende la stabilizzazione definitiva

Sebbene l’assegnazione di Ravenna rappresenti una boccata d’ossigeno, resta ancora aperta la questione della stabilizzazione definitiva del Tribunale di Ischia, promessa più volte dal Governo centrale ma mai concretamente attuata.

Il clima ora è più disteso, ma solo un atto definitivo potrà chiudere quella che gli avvocati dell’isola definiscono «una lunga parentesi di giustizia precaria».

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