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Arrestati 10 componenti della “banda dei finti carabinieri”, facevano rapine e sequestri di persona a Napoli in provincia

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Erano professionisti del furto in abitazione e delle rapine. Non disdegnava sequestri di persona pur di mettere a segno  i loro colpi. E spesso si travestivano o si presentano come carabinieri per poter entrare in esercizi commerciali e poi rivelarsi volgari criminali e rapinatori. La banda composta da almeno dieci persone è finita in cella grazie al lavoro dei Carabinieri (veri) della Stazione di Napoli Marianella, a conclusione di una complessa e articolata attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli. Le accuse per tutti è di rapina, detenzione e porto abusivo d’arma da fuoco, sequestro di persona e furto in abitazione. I provvedimenti scaturiscono da un’indagine avviata dopo una violenta rapina in abitazione perpetrata in danno di un imprenditore nel settembre dello scorso anno nel quartiere di San Carlo Arena. L’attività investigativa  aveva consentito di documentare l’operatività di un gruppo criminale dedito alle rapine e ai furti in abitazione, consumati tra settembre e dicembre 2018, in diversi quartieri di Napoli e nelle città di Afragola e Marcianise. Alcuni componenti dell’organizzazione (4 soggetti) erano stati già colpiti da analoga misura cautelare lo scorso 23 gennaio al termine di un primo filone dell’inchiesta: erano ritenuti gli autori di 3 rapine a mano armata, due in abitazione ed una in danno di una sala scommesse.
Le investigazioni seguite ai primi arresti hanno portato all’identificazione di altri 6 componenti del sodalizio criminale a carico dei quali sono emersi indizi di colpevolezza in ordine alla consumazione di un furto in abitazione e di 3 rapine. Una delle quali sventata grazie all’intervento di una pattuglia di Carabinieri.

In dettaglio, il furto in abitazione è stato perpetrato nell’appartamento del vicino di casa di uno dei componenti del gruppo. In tale circostanza, per ritardare il rientro a casa della vittima, i malviventi avevano forato gli pneumatici della sua auto. Le due rapine, invece, sono state perpetrate ai danni del titolare di un bar di Scampia e di un dipendente di un centro scommesse dello stesso quartiere.
La terza rapina, quella tentata, era stata pianificata all’interno di un’abitazione di Marcianise.

In questo caso, una dipendente di un negozio di parrucchiera aveva suggerito ai rapinatori, quale vittima possibile, una cliente particolarmente facoltosa. La donna era stata pedinata per molti giorni, le sue abitudini quotidiane studiate.  Il proposito criminale del gruppo è stato però bloccato sul nascere. Anche loro erano seguiti ma dai Carabinieri. Bloccati e arrestati prima che entrassero in azione,  il loro materiale è stato interamente sequestrato: guanti, passamontagna, fascette per bloccare i polsi e una pistola giocattolo, fedele riproduzione di un’arma vera.
Le indagini hanno, inoltre, permesso di evitare che i componenti della banda riuscissero a portare a termine ulteriori furti e rapine in abitazione.

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Autovelox non omologati, nelle città a rischio 40 milioni incassi a sbafo

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Torna a tenere banco la questione autovelox. Dopo il botta e risposta tra Mit e Anci circa l’atteso decreto sull’omologazione degli apparecchi, l’unica certezza, al momento, è quella sulla data del 12 giugno, termine entro il quale i comuni di tutta Italia dovranno adeguarsi alle nuove regole sulla collocazione degli strumenti di rilevazione automatica della velocità varate dal ministro Salvini nel 2024. A ricordarlo è il Codacons, che al tempo stesso sottolinea gli incassi milionari garantiti dagli autovelox ai comuni italiani, introiti che rischiano di andare incontro ad una tagliola.

“Il caos giurisprudenziale in tema di omologazione degli autovelox rischia di portare ad un crollo verticale dei proventi da multe stradali incamerati dai comuni – spiega il Codacons – Solo nelle principali 20 città italiane le sanzioni da autovelox hanno garantito nel 2023 (ultimo dato disponibile) incassi complessivi da oltre 65 milioni di euro, ma la sentenza della Cassazione che ha dichiarato fuorilegge gli apparecchi approvati ma non omologati rischia di rappresentare una tagliola di proporzioni abnormi: il 59,4% di dispositivi fissi installati lungo le strade italiane risulta infatti validato prima del 2017, data che fa da spartiacque in tema di omologazione e possibile utilizzo degli apparecchi, mentre per quelli mobili la percentuale sale al 67,2%.

Questo significa che solo nelle grandi città oltre 40 milioni di euro di sanzioni elevate tramite gli autovelox sono a rischio, entrate cui le amministrazioni dovranno rinunciare in assenza di un decreto che fissi le regole per l’omologazione degli apparecchi approvati prima del 2017” – calcola il Codacons. L’associazione ricorda poi come il prossimo 12 giugno scadrà il termine entro cui gli enti locali dovranno adeguarsi al decreto autovelox del Mit dell’aprile 2024. Un’altra tegola per le amministrazioni che, spiega il Codacons, pone sui Prefetti il compito di “stabilire i tratti stradali dove installare gli autovelox e solo se ricorrono una o più delle seguenti condizioni: elevata incidentalità da velocità nel quinquennio precedente; impossibilità o difficoltà di procedere alla contestazione immediata della violazione; velocità dei veicoli in transito mediamente superiore ai limiti consentiti”.

Regole più stringenti anche su distanza tra un apparecchio e l’altro, segnaletica agli automobilisti, limiti di velocità. Una situazione che, come sottolinea invece Assoutenti, dalle Dolomiti al Salento rischia di lasciare questa estate molte strade delle vacanze senza gli autovelox: “Ad esempio in Salento, meta ambitissima per le vacanze estive degli italiani, i comuni hanno registrato fino a 23 milioni di euro all’anno grazie alle sanzioni elevate tramite gli autovelox installati sulle strade che collegano i vari paesi della zona – spiega Assoutenti – 2,3 milioni di euro gli incassi di soli tre comuni ubicati lungo la “temibile” strada statale 372 Telesina che da Caianello porta a Benevento, mentre sul percorso Rovereto-Garda, lungo un tragitto di appena 56 km, sono state segnalate le scorse estati circa 15 postazioni autovelox; nel tratto Bolzano-San Candido (circa 100 km) gli autovelox segnalati erano oltre 10″. “In assenza di regole certe si rischia il caos sulle strade delle vacanze – afferma il presidente Gabriele Melluso – I comuni che adottano apparecchi non omologati dovranno infatti disattivarli, pena una raffica di ricorsi da parte degli automobilisti, con conseguenze non indifferenti sul fronte della sicurezza stradale e sulle casse degli enti locali”.

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Torre Annunziata, la Guardia di Finanza propone lo scioglimento del Comune: «Non è sanzione, ma misura preventiva»

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Un nuovo terremoto istituzionale potrebbe abbattersi su Torre Annunziata, a meno di un anno dalla fine del commissariamento imposto dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose della precedente amministrazione. Un dossier della Guardia di Finanza, già trasmesso alla Prefettura di Napoli, propone lo scioglimento dell’attuale Consiglio comunale guidato dal sindaco Corrado Cuccurullo, invocando il ricorso all’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali, non come sanzione, ma come misura preventiva, in linea con la giurisprudenza consolidata e il parere del Consiglio di Stato.

Un’amministrazione nel mirino: tre informative e un’indagine per false dichiarazioni

Il dossier delle Fiamme Gialle non è isolato. Altri due rapporti informativi, uno dei Carabinieri e uno della Polizia municipale, completano il quadro di elementi già all’attenzione della Prefettura. Al centro, anche un’indagine giudiziaria per falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, che vede coinvolti tre consiglieri comunali e un ex assessore. I quattro avrebbero dichiarato falsamente l’assenza di cause di incompatibilità, pur avendo pendenze economiche con il Comune, condizione che avrebbe dovuto comportare l’incandidabilità e l’inconferibilità.

Irregolarità e pressioni: nomine sospette, assunzioni anomale e sgomberi ostacolati

Il dossier non si limita all’aspetto penale, ma evidenzia una lunga serie di scelte discutibili sotto il profilo dell’opportunità amministrativa. Tra le criticità:

  • La volontà dell’amministrazione di far passare la processione della Madonna della Neve in zone sconsigliate dalle forze dell’ordine, perché frequentate da soggetti legati a clan camorristici, poi fortunatamente annullata.

  • La frequentazione irregolare degli uffici comunali da parte di persone non autorizzate, alcune delle quali successivamente assunte nello staff del sindaco. Tre soggetti avrebbero lavorato per mesi senza titolo, occupando postazioni e partecipando a riunioni. Tra questi, anche una persona sentimentalmente legata alla figlia di un’esponente del clan Gallo-Cavalieri.

  • Pressioni da parte di esponenti dell’amministrazione per ritardare alcuni sgomberi che interessavano famiglie vicine o imparentate con consorterie criminali.

Ombre sul consiglio comunale: legami con la criminalità organizzata

Un altro passaggio del dossier ricorda come diversi consiglieri comunali risultino legati a clan camorristici, secondo quanto già emerso nella precedente relazione della commissione d’accesso che aveva portato allo scioglimento del 2022. In tale contesto, l’ipotesi di una nuova commissione d’accesso appare sempre più concreta.

Il silenzio del sindaco

Il sindaco Corrado Cuccurullo, nonostante sia stato interpellato dai giornalisti, ha scelto per ora di non commentarele rivelazioni contenute nei dossier. Un silenzio che pesa, mentre la Prefettura valuta se avviare ufficialmente la procedura per un nuovo scioglimento.

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Roberto Saviano: “Vivo come in un ergastolo. Ho pensato anche al suicidio, ma scrivere è la mia unica salvezza”

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Roberto Saviano (le foto sono di Imagoeconomica) torna a parlare. Lo fa in una lunga e intensa intervista rilasciata al Corriere della Sera, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro L’amore mio non muore (Einaudi). Dall’esperienza ai funerali di Papa Francesco alla memoria dolorosa della sua zia scomparsa, dal prezzo pagato per la scrittura alla condanna della solitudine, Saviano racconta senza filtri la sua vita da recluso, il senso di colpa, il peso degli attacchi e l’ossessione per la verità.

“Ho partecipato ai funerali di Francesco, come a quelli di Wojtyla. Ma lì c’era la camorra a vendere i panini”

La sua presenza in Vaticano ha destato curiosità. Ma Saviano spiega: «Ero stato anche ai funerali di Wojtyla, da cronista. Seguivo la vendita dei panini, organizzata dal clan». E sottolinea quanto la figura di Francesco, a differenza delle autorità presenti, abbia voluto essere toccata dagli ultimi.

“Mi sento in colpa. La mia famiglia ha pagato tutto. Io ho scelto, loro hanno solo perso”

Saviano ammette il dolore più intimo: la scomparsa recente della zia, vissuta in solitudine. «Ho la sensazione di aver sbagliato tutto», confessa. «I miei genitori si sono sradicati da Caserta per proteggermi. Io ho fatto carriera, loro hanno solo pagato».

E ancora: «Pensavo di cambiare la realtà con i libri, di accendere una luce. Ma ho solo generato isolamento».

“Il simbolo è di pietra. Non puoi sbagliare, non puoi contraddirti. Non sei più uomo, ma solo rappresentazione”

La condizione di scrittore-simbolo lo opprime: «Esisto per quello che rappresento, non per quello che sono». E il suo ruolo pubblico – protetto, attaccato, giudicato – ha inciso su tutto: amicizie, amore, libertà. «Quando vuoi bene a qualcuno, quella persona deve restare fuori dalla gabbia in cui tu sei chiuso. Nessun amore sopravvive così».

“Ho pensato di farla finita. Ma il corpo ha reagito. E ho capito che la fine non era quella”

Parla anche di pensieri estremi: «Ho pensato al suicidio. Volevo mettere il punto. Poi, guardandomi allo specchio, ho capito che non era quella la soluzione». E oggi convive con crisi di panico, insonnia, ansia. «Alle 5 del mattino non respiro. E mi chiedo: dove vado adesso?».

“Rushdie è vivo solo perché l’attentatore non sapeva usare il coltello. Ma almeno ora nessuno può dire che la minaccia era inventata”

L’amicizia con Salman Rushdie è per Saviano un nodo emotivo forte. L’attacco subito dallo scrittore anglo-indiano ha svelato la verità del pericolo: «È vivo per miracolo, e ora nessuno può più dire che la fatwa era un’esagerazione. Lui almeno ha avuto una liberazione. Io no: sono ancora dentro».

“Vorrei sparire. Cambiare nome. Prendere un camion e guidare lontano. Ma so che non posso”

L’idea della fuga è ricorrente: «Vorrei una nuova identità, un’altra vita. Ho preso la patente per il camion. Sogno di fare come Erri De Luca, partire per una missione umanitaria». Ma aggiunge con amarezza: «Non ne uscirò mai. Sono un bersaglio».

ROBERTO SAVIANO

“In Italia, se non muori, ti dicono che il pericolo non era reale. La scorta diventa uno stigma, non una protezione”

Saviano riflette sull’ossessione per la scorta: «In Italia, se non ti uccidono, allora vuol dire che hai esagerato». Racconta l’episodio surreale di una signora che lo accusa in aeroporto di aver mentito sul pericolo perché era da solo.

“Con Gomorra ho illuminato l’ombra. Ora racconto Rossella, uccisa dall’amore e dalla ’ndrangheta”

Il suo nuovo libro ricostruisce la storia di Rossella Casini, ragazza fiorentina scomparsa nel 1981 perché si era innamorata del figlio di un boss. Una tragedia sommersa, raccontata con sguardo letterario e civile. «Una Giovanna d’Arco ingenua e lucida. Il suo corpo non è mai stato trovato. La sua colpa: amare dissidenti».

“Michela Murgia mi ha insegnato la libertà nei legami. E mi ha donato vita. Ora mi manca anche l’amore”

Commuove il ricordo dell’amicizia con Michela Murgia: «Mi ha insegnato a tagliare i lacci ai sentimenti». E confessa: «Mi manca l’amore. Ma come si ama, se vivi da prigioniero? L’amore ha bisogno di leggerezza. Io sono pesante, ormai».

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