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Appunti per il Governo del cambianiente: meglio vivacchiare, tirare a campare o tirare le cuoia?

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Allora, sinteticamente, un pezzo del governo del cambianiente propone di:

abolire l’abuso d’ufficio;

sospendere le norme che rendono impossibili le infiltrazioni mafiose negli appalti;

decapitare il ministro/generale Costa che si oppone all’affare miliardario delle multiutility del Nord nella costruzione e gestione dei termovalorizzatori/inceneritori in Campania e al Sud;

riavviare la grande abbuffata degli appalti per il Tav in Val di Susa;

fermare a chiacchiere l’immigrazione nascondendola con la finzione dei porti chiusi;

fingere che la mafia non esiste e se esiste “non vi preoccupate che la combatteremo”;

neutralizzare il magistrato Nino di Matteo autore dell’inchiesta più devastante sulla trattativa Stato-mafia levandogli le inchieste sulle bombe e sulle stragi;

fiaccare le capacità del presidente Anac Raffaele Cantone di fermare la corruzione pregandolo di togliere il disturbo;

fare la devoluzione che non riuscì a quel truffatore di Umberto Bossi che voleva fottersi il Sud;

introdurre la retromarcia sulle concessioni ad Autostrade per l’Italia messa sotto accusa dopo la strage del Ponte Morandi e indagata in mezza Italia per appalti sospetti finiti per strane congiunzioni astrali anche ad aziende in odore di mafia.

E potremmo andare avanti su altre cose che non citiamo solo perchè recitare il de profundis a casa di chi esibisce il rosario, le Madonne  e San Benedetto per invocare la loro benedizione sull’Italia non sappiamo se fa ridere o piangere. Ha ragione il presidente Giuseppe Conte a dire “basta, non intendo vivacchiare”.  Sono 

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Procura impugna l’assoluzione di Salvini per Open Arms

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Arriva alla Cassazione il caso Open Arms che vede il leader della Lega Matteo Salvini imputato dei reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver negato, nel 2019, lo sbarco alla nave della ong spagnola e ai 147 migranti soccorsi in mare. Dopo l’assoluzione di dicembre scorso e il deposito delle motivazioni della sentenza, la Procura di Palermo ha scelto di ricorrere direttamente davanti ai supremi giudici, ‘saltando’ il giudizio di appello. La reazione del leader del Carroccio non si è fatta attendere. “Ho fatto più di trenta udienze, il Tribunale mi ha assolto perché il fatto non sussiste riconoscendo che difendere i confini non è un reato. Evidentemente qualcuno non si rassegna, andiamo avanti: non mi preoccupo”, ha detto, non nascondendo “un po’ di sorpresa, un po’ di rabbia e di incazzatura se uno ritiene di non aver compiuto nessun reato”.

“Su Open Arms non c’è alcuno scontro tra politica e magistratura, e infatti ringrazio il tribunale di Palermo e sottoscrivo tutte le 268 pagine che motivano la mia totale assoluzione, arrivata dopo decine di udienze e anni di approfondimenti”, ha rilevato il ministro. E’ un processo, ha aggiunto, “che nasce in Parlamento, è un processo politico perché le Sinistre che erano in maggioranza ai tempi del Conte 2 decisero che bloccare gli sbarchi era un reato mentre non lo era né prima né dopo”. Ma cosa ha spinto i pm di Palermo alla prassi inusuale del ricorso diretto in Cassazione? Secondo la Procura, in ballo non c’è la ricostruzione dei fatti contestati a Salvini, tutti riconosciuti dal tribunale che l’ha scagionato, ma il ragionamento giuridico sostenuto dal collegio che, interpretando erroneamente leggi e convenzioni internazionali, per i pm, ha negato che in capo all’Italia gravasse l’onere di assegnare alla nave della ong spagnola il porto sicuro (Pos).

Un assunto che si basava su una sbagliata lettura delle norme, a dire della Procura, che ha fatto venir meno prima il reato di rifiuto di atti d’ufficio, poi, a cascata, quello di sequestro di persona. La questione, dunque, sarebbe tutta di diritto, per cui una valutazione nel merito, fatta in appello, sarebbe superflua. Da qui l’impugnazione davanti agli Ermellini chiamati a decidere sulle eventuali violazioni di legge. Nel ricorso (tecnicamente si chiama ‘per saltum’) i pm sostengono dunque che l’assoluzione sarebbe viziata da violazioni di leggi. “Il Tribunale di Palermo, – si legge nell’impugnazione – ha accolto pienamente le prospettazioni del Pubblico Ministero sulla complessiva ricostruzione dei fatti, divergendo dalla tesi accusatoria solo con riguardo all’individuazione e interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie”.

Nell’impugnazione i pm citano poi la decisione delle Sezioni Unite Civili della Cassazione del 18 febbraio 2025 che ha condannato il ministero dell’Interno per un caso analogo, quello della nave Diciotti, a cui pure fu negato lo sbarco. Anche allora, a causa del mancato rilascio del Pos che il ministero dell’Interno riteneva dovuto da altri Stati, l’imbarcazione rimase in acque territoriali, nei pressi di Catania, e i naufraghi non poterono raggiungere, per più giorni, la terraferma. “Nella pronuncia – scrive la Procura – si è sostanzialmente affermato che il negato sbarco, lungi dall’essere giustificabile alla luce delle procedure previste in tema di search and rescuе, non solo si pone in contrasto con la chiara normativa internazionale sul soccorso in mare che, comunque, si fonda sul generale e cogente obbligo di soccorso e sul dovere di collaborazione solidarietà tra Stati, ma soprattutto viola l’art. 13 della Costituzione e le altre norme sovranazionali che tutelano il medesimo bene giuridico”.

“Di conseguenza, si è affermato – continuano – che i migranti subirono indubbiamente un’arbitraria privazione della libertà personale e che, anzi, la decisione di merito, che non si era confrontata con tali disposizioni di rango superiore, doveva ritenersi priva di una vera e propria motivazione”.

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Il caso Osimhen esaspera i tifosi, striscione della Curva A: ignorante e pezzente, qui ha giocato Maradona

Osimhen non si trasferisce, il Galatasaray tentenna e Napoli esplode: durissimo striscione della Curva A contro il nigeriano. La trattativa è ferma.

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Victor Osimhen non è più un calciatore del Napoli solo sulla carta. Ma finché quella carta non sarà firmata, continuerà a pesare — e non poco — sulle spalle della società azzurra. Il suo passaggio al Galatasaray, ormai da settimane dato per imminente, è ancora bloccato. E intanto a Napoli è esplosa la rabbia. Perché nel frattempo il club non può reinvestire i 75 milioni richiesti per il suo cartellino, e la piazza è stanca, esasperata.

Una telenovela infinita

Il trasferimento dell’attaccante nigeriano, reduce da una stagione mostruosa in Turchia (35 gol in 39 partite, miglior marcatore straniero di sempre, campione nazionale e vincitore della Coppa di Turchia), è diventato una telenovela estiva che Napoli non vuole più vedere. Il nodo, come sempre, è economico. Il Napoli attende che il Galatasaray formalizzi l’offerta e trovi la quadra finanziaria, ma i continui rinvii e le incertezze stanno esasperando ambiente e tifoseria.

Curva A durissima: “Pezzente, qui ha giocato Maradona”

Il livello dello scontro ha ormai superato il punto di non ritorno. Nelle ultime ore la Curva A, cuore pulsante del tifo partenopeo, ha esposto uno striscione durissimo proprio all’esterno del Maschio Angioino, simbolo della città:
“Osimhen, l’ignoranza nella tua vita la farà sempre da padrona… pezzente, ricorda che qui ha giocato Maradona!”
Parole taglienti, che certificano una rottura insanabile tra il giocatore e la tifoseria. Un epilogo amaro per uno dei protagonisti dello scudetto più atteso della storia recente azzurra.

Il Napoli vuole chiudere

In questo scenario, Aurelio De Laurentiis attende solo l’occasione per liberarsi di un ingaggio pesantissimo e di un giocatore che non fa più parte del progetto. Il club ha già definito la strategia per reinvestire il ricavato della cessione: nuovi innesti, un attacco rifondato, e un Napoli che possa tornare a correre. Ma finché Osimhen resta un tesserato, tutto è fermo. E la città non ne può più.

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Esteri

Nuova stretta dell’Ue contro Mosca, ‘colpita al cuore’

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Un colpo durissimo al Cremlino, un passo che segna un prima e un dopo nel percorso delle sanzioni contro la Russia. L’Ue, dopo un lungo negoziato, ha dato il via libera al diciottesimo pacchetto di misure contro Mosca. Lo ha fatto di prima mattina, ad una manciata di minuti dall’inizio del Consiglio Affari Generali, ultima riunione formale dei ministri dei 27 prima della pausa estiva. Nella notte il veto del leader sovranista della Slovacchia, Robert Fico, è caduto. La Commissione ha trovato la quadra per accontentare Bratislava sui potenziali effetti negativi delle sanzioni, che si abbattono potentemente su tutto il settore energetico nelle mani di Vladimir Putin. “Abbiamo colpito al cuore la macchina da guerra russa”, ha sottolineato Ursula von der Leyen.

Il diciottesimo pacchetto è tra i più pesanti messi in campo dall’Ue e segna un importante novità: coinvolge in maniera diretta anche i Paesi terzi. Il price cap messo al petrolio russo, infatti, colpisce le casse del Cremlino rendendo meno vantaggioso, per Stati come India e Cina, importarlo per poi rivenderlo agli Occidentali. A dispetto del passato, quando l’input sulle misure energetiche è partito dal G7, questa volta è stata Bruxelles a fare strada al Club dei Grandi. Il tetto al prezzo del petrolio “è una decisione autonoma presa al di fuori della coalizione del price cap. Ci aspettiamo che i partner del G7 si allineino per rendere la misura più efficace”, hanno spiegato fonti Ue.

L’obiettivo è portare a bordo anche gli Stati Uniti, con i quali tra l’altro le misure sull’energia sono state pensate. Il primo passo è stato della Gran Bretagna, che ha immediatamente annunciato l’allineamento al price cap europeo assieme a sanzioni contro gli 007 russi “per attività maligne di minacce e interferenze recenti contro il Regno e i suoi alleati”. Un dossier, quest’ultimo, sul quale la Nato e l’Ue sono intervenuti con nettezza, promettendo che gli attacchi ibridi non resteranno senza risposta. Con il cosiddetto tetto mobile, il prezzo del petrolio russo passa da 60 a 47,6 dollari a barile, ma è soggetto comunque a un meccanismo dinamico: è fissato in linea generale un prezzo del 15% in meno rispetto a quello medio di mercato del greggio dello zar. La nuova stretta europea smonta inoltre uno dei simboli della dipendenza energetica dell’Ue da Mosca, il Nord Stream 1 e 2. Con il bando totale al transito di gas i due mega-condotti sono destinati presto a diventare archeologia industriale. Parallelamente l’Ue ha prorogato l’obbligo di stoccaggio del gas al 90% delle capacità – ma con potenziali eccezioni – anche per il prossimo inverno. Duro il colpo alle banche russe: il divieto di transazione con gli istituti europei diventa totale, mentre la blacklist si arricchisce di 22 nuove entità per un totale di 45.

Il nuovo pacchetto aggiunge oltre cento imbarcazioni alla lista nera costruita appositamente per la flotta ombra grazie alla quale Putin ha mantenuto attivo il commercio di energia. La mossa di Bruxelles ha fatto andare su tutte le furie il Cremlino. “Le sanzioni sono illegali e ricadranno contro i loro promotori”, ha il portavoce Dmitry Peskov, assicurando che la Russia ha ormai acquisito una “certa immunità” dalle misure europee. Il diciottesimo pacchetto, tuttavia, potrebbe essere davvero incisivo. Per ottenere la luce verde dei 27 la presidente della Commissione ha sottoscritto un impegno scritto con la Slovacchia. Innanzitutto Bruxelles ha assicurato un paracadute legale a Bratislava in caso di ricorsi – e conseguenti, salatissime penali – delle aziende energetiche russe per la risoluzione anticipata dei contratti. Le garanzie Ue, ha spiegato il premier Fico, concerno anche “il prezzo del gas e la sua quantità, oltre alle tariffe di trasporto, nonché l’uso di fondi europei per compensare prezzi del gas eventualmente troppo elevati”. Le sanzioni sono state accolte dal plauso di tutti, Italia compresa. “Manteniamo alta la pressione affinché Mosca si impegni seriamente al tavolo negoziale”, ha sottolineato il ministro per gli Affari Ue Tommaso Foti.

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