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Appello di Biden, in gioco futuro della democrazia Usa

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Una poltrona per tre. Nell’ultimo weekend prima delle Midterm, Joe Biden, Barack Obama e Donald Trump si ritrovano tutti in Pennsylvania per tirare la volata ai rispettivi partiti in uno degli Stati cruciali di queste elezioni, dove i democratici rischiano di giocarsi il controllo del Senato nonostante l’ottimismo ostentato dal presidente che da Philadelphia ha lanciato un appello agli americani ad andare a votare pensando al “futuro della democrazia americana”.

Biden si è affidato alla ‘magia’ del suo ex capo che, nei comizi tenuti in questi giorni, ha dimostrato di avere ancora un carisma ineguagliabile per spingere gli elettori del ‘Keystone State’ a votare al Senato John Fetterman, ancora non del tutto guarito dalle conseguenze di un ictus. Il gigante buono in calzoncini e felpa che, sul corpo ha tatuati tutti i nomi delle persone morte nel suo Stato a causa della violenza delle armi, sfida il candidato del tycoon Mehmet Oz, il celebre ‘dottore televisivo’ reso famoso da Oprah Winfrey che tuttavia in questi giorni gli ha voltato le spalle dichiarando il suo sostegno a Fetterman.

Nell’altra corsa, quella per il governatore il democratico Josh Shapiro affronta il repubblicano Doug Mastriano. “Queste elezioni sono un momento decisivo per la democrazia americana”, ha detto Biden rivolgendosi alle migliaia di persone riunite alla nell’anfiteatro della Temple University nella città simbolo degli Stati Uniti. “Andate a votare pensando al futuro della democrazia”, è stato l’appello del presidente. “Il potere dell’America è nelle vostre mani”. Anche Obama ha insistito sulla posta in gioco l’8 novembre nell’intervento che ha chiuso l’evento elettorale.

“I diritti fondamentali, la verità ed un’economia giusta sono in ballo. La democrazia stessa è in gioco in queste elezioni”, ha sottolineato l’ex presidente. “Le elezioni di medio termine non sono uno scherzo, la nostra democrazia è un lavoro di squadra, un presidente non può agire da solo. Voi avete un presidente incredibile alla Casa Bianca e può continuare a fare cose grandiose se votate. Può fare anche di più, ma dipende da voi”, ha aggiunto esortando tutti ad andare a votare per chi “è disposto a lottare per voi”. “Chi proteggerà le vostre famiglie?”, ha chiesto Obama ad un folla in delirio. “I repubblicani che vogliono riempire le strade di armi o i leader democratici?”.

Per il presidente quasi 80enne salire sul palco con il suo ex capo è stato l’evento clou di un vero e proprio tour de force intrapreso nell’ultima settimana che l’ha portato da una costa all’altra degli Stati Uniti. Ma in Pennsylvania non sono andate in scena soltanto gli appelli finali per le Midterm. Il fatto che Biden e Trump si siano ritorvati a poche ore e pochi chilometri di distanza ha tutta l’aria di essere la prova generale per una nuova sfida alle presidenziali del 2024. Fu proprio grazie alla vittoria in Pennsylvania che il presidente si assicurò la Casa Bianca due anni fa e i suoi 20 grandi elettori, il numero più alto di tutti i 50 Stati, fanno molta gola anche al tycoon in previsione di una nuova candidatura, quasi scontata.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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