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Morta la moglie di Raiz, Daniela Shualy. Almamegretta: siamo sconvolti e smarriti

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E’ morta, dopo una lunga malattia, Daniela Shualy, moglie del cantante e attore Raiz, frontman degli Almamegretta. A darne l’annuncio è stato proprio il gruppo musicale, con un post su Facebook il giorno di Pasqua: “Sconvolti e smarriti siamo vicini a Raiz per la scomparsa della sua dolce moglie Daniela. Ci mancherà”. Centinaia i messaggi dei fan: “Che splenda vicino al sole. Siete una grande famiglia piena di amore”, scrive, tra gli altri, Sebastiano. Cordoglio anche da tanti colleghi di Raiz, da Clementino a Paola Turci.

La morte di Daniela ha dolorosamente reso evidente il senso di una dedica colma d’amore che Raiz, al secolo Gennaro Della Volpe, 57 anni il prossimo 22 aprile, aveva pubblicato pochi giorni fa sui social in occasione dell’ultima puntata della quarta serie di Mare Fuori, la fiction Rai dei record alla quale il cantante aveva partecipato sia firmando alcuni brani della colonna sonora, sia recitando nei panni del boss della camorra ‘don’ Salvatore Ricci, padre di due dei giovani protagonisti, Ciro e Rosa. Aveva scritto Raiz: “Quanno ‘o veco, nun ‘o credo, nun me pare overo ca ‘a cchiù bella d”e Quartieri fa ammore cu’ mme. Stasera su #rai2 h 21.00 finale di stagione per #marefuori4. La mia dedica personale va a @danielashualy, madre della mia rosa Lea e amore di una vita”. La prima frase è una strofa di “Fa’ ammore cu’ me”, brano del 1999 degli Almamegretta.

Daniela Shualy, come Raiz-Gennaro, aveva origini ebraiche. Ed è stato anche attraverso la moglie, dalla quale sei anni fa ha avuto la figlia Lea, che il cantante, noto per la sua costante ricerca spirituale, si è convertito all’ebraismo. I nonni di Daniela erano ebrei ungheresi, che dopo essere sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti si sposarono per poi far ritorno in Israele. A Tel Aviv, nella casa che era stata dei nonni di Daniela, la coppia ha trascorso lunghi periodi.

Nel 2022, Raiz raccontò in un’intervista a The Wom di avere dedicato la canzone Make it Work, contenuta nell’album appena uscito degli Almamegretta, proprio alla moglie che stava combattendo contro un tumore: “Make it Work è da incoraggiamento per mia moglie e per tutte le persone che stanno affrontando la sua stessa situazione, il brutto male… Nessuno ha il coraggio di chiamare il cancro con il suo nome: brutto male, come se poi esistesse un bel male. Come il diabete o il raffreddore, è giusto chiamarlo con il suo nome per sapere bene con chi si ha a che fare. È la prima cosa che insegnano ai malati di cancro appena prendono coscienza della malattia”. “Nella canzone affronto il tema del cancro in maniera molto ottimista, per esorcizzarlo” – aveva proseguito l’artista – “quello che è rotto, aggiustalo. Il cancro che cos’è? È una cosa che non è un virus e non è un batterio… è una cosa che tu generi. Forse un giorno scopriremo che la genesi del cancro ha molto a che vedere con la psiche”.

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Peppino di Capri, compie 85 anni lo chansonnier napoletano

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Champagne per Peppino di Capri: compie 85 anni sabato 27 luglio uno dei grandi interpreti italiani più amati nel mondo, il primo ‘rivoluzionario’ della canzone napoletana, oltre 65 anni di carriera che si ha sempre voglia di festeggiare. Un compleanno che Peppino, già entrato da tempo nella storia della musica con i suoi quindici Sanremo coronati da due vittorie e il premio alla carriera del 2023, trascorrerà con gli affetti e gli amici più cari sull’amata isola pregustando un ‘regalo’ davvero speciale. La sua straordinaria vita artistica sarà raccontata nella attesa fiction Rai, il cui titolo non poteva che essere che ‘Champagne’, brano evergreen per antonomasia da oltre mezzo secolo.

Le riprese del film tv dureranno cinque settimane con set tra l’isola azzurra e Napoli e partiranno già a settembre. E proprio in questi giorni, fino al 4 agosto, è stato aperto il casting per cercare un ‘enfant prodige’ del pianoforte tra i cinque e gli otto anni, per impersonare il piccolissimo Giuseppe Faiella, questo il vero nome del cantante, che già nel 1943 si esibiva per le truppe americane di stanza a Capri durante la seconda guerra mondiale. La fiction, produzione Rai con O’ Groove, sarà diretta da Cinzia TH Torrini, regista che ha già firmato con successo il film dedicato a Gianna Nannini ‘Sei nell’anima’. E proprio per l’ultimo album della Nannini, che adora Peppino e il suo swing, di Capri ha firmato il brano ‘Stupida emozione’.

Un’onda di affetto, stima e popolarità che si rinnova ad ogni apparizione quella verso l’interprete di decine di successi: dalla fine degli anni ’50, lanciando nuovi classici come ‘Malatia’ all’esperienza con i Beatles nello storico concerto di Milano nel 1965, dalle vittorie sanremesi alle tante hit firmate da Mimmo di Francia, non solo ‘Champagne’ ma anche ‘Tu’ a ‘Me chiamm ammore’, ‘Magari’. Le sue canzoni, dall’immortale ‘Roberta’ a ‘Let’s twist again’ (il disco più venduto) ma soprattutto la voce dal timbro unico, hanno segnato un’epoca che non passa di moda, oltre a ricordi, e amori, di almeno tre generazioni. Come è accaduto lo scorso giugno quando l’artista è stato abbracciato dal pubblico di piazza Plebiscito, ospite del concerto di Renato Zero. Insieme hanno cantato ‘Luna caprese’, inedita delizia che gli assenti possono gustare grazie ai social ufficiali di Peppino. Tra gli omaggi per gli 85 anni in arrivo anche quello di ‘Felicità – La stagione della famiglia’, il magazine su Rai2 di Pascal Vicedomini in onda il sabato alle 12.

Ma la festa per lo splendido 85enne continuerà. Marisa Laurito, direttrice artistica del Trianon Viviani, ha deciso di aprire la prossima stagione del suo teatro della Canzone napoletana nel cuore di Forcella, venerdì 25 ottobre con una serata speciale dedicata a Peppino di Capri che riunirà numerosi artisti. Tra le prime adesioni che sono pervenute a Laurito che sta organizzando l’appuntamento speciale ci sono infatti Peppe Barra, Eugenio Bennato, Rosa Chiodo, Tullio De Piscopo, Christian De Sica, Enzo Gragnaniello, Lorenzo Hengeller, Pietra Montecorvino e Lina Sastri.

 

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John Mayall, leggenda del blues britannico, è morto a 90 anni

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John Mayall, il pioniere del blues britannico il cui collettivo musicale degli anni ’60, i Bluesbreakers, contribuì a inaugurare un periodo fertile per il rock e portò alla ribalta chitarristi come Eric Clapton, è morto all’età di 90 anni. Lo ha annunciato la sua famiglia. Mayall, cantante e polistrumentista soprannominato “il padrino del blues britannico” e arrangiatore di alcuni dei più grandi del genere dell’epoca, “è morto pacificamente nella sua casa in California”, ha pubblicato la famiglia su Facebook, senza specificare la causa della morte.

“I problemi di salute che hanno costretto John a porre fine alla sua epica carriera in tournée hanno finalmente portato la pace per uno dei più grandi guerrieri della strada di questo mondo”, si legge. “John Mayall ci ha regalato 90 anni di instancabili sforzi per educare, ispirare e intrattenere.” L’influenza di Mayall sul rock degli anni ’60 e oltre è enorme. I membri dei Bluesbreakers alla fine si unirono o formarono gruppi tra cui Cream, Fleetwood Mac, Rolling Stones e molti altri. All’età di 30 anni, nel 1963, Mayall si trasferì a Londra dal nord dell’Inghilterra.

Sentendo la rivoluzione nell’aria, abbandonò la sua professione di grafico per abbracciare una carriera nel blues, lo stile musicale nato nell’America nera. Ha collaborato con una serie di giovani chitarristi tra cui Clapton, Peter Green, poi dei Fleetwood Mac, e Mick Taylor che ha contribuito a formare i Rolling Stones. Mayall si trasferì in California nel 1968 e fece un lungo tour in America nel 1972. Negli anni ’60 registrò numerosi album storici tra cui “Crusade”, “A Hard Road” e “Blues From Laurel Canyon”. Ne seguirono altre decine negli anni ’70 e fino al suo ultimo, “The Sun Is Shining Down”, nel 2022. Mayall è stato insignito di un OBE, Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico, nel 2005.

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Addio a Pierluigi ‘Tricò’, lo stilista delle dive

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È morto ieri mattina a Roma, al Policlinico Gemelli, Pierluigi Scazzola in arte Tricò, stilista delle dive che aveva portato Roma alla ribalta internazionale. Nel suo atelier, le sue creazioni in maglia avevano fasciato donne di bellezza divina come Jacqueline Kennedy, Audrey Hepburn, Lauren Bacall, Claudia Cardinale, Allegra Agnelli, le regine di Grecia, Belgio, Danimarca. Era nato a Roma il 21 giugno 1931, scompare il 22 luglio del 2024 a 93 anni. I funerali si terranno domani mattina alle 10.30 nella chiesa di Piazza del Popolo. La sua storia è diventata appena tre anni fa un libro firmato dal nipote Andrea Scazzola e da Francesca Romana Carpentieri, ‘Tricò. lo stilista delle regine’ (Mazzanti Libri).

Tutto parte dall’infanzia dei fratelli Scazzola, ovvero Pierluigi, che frequenta il liceo classico al Convitto nazionale e il fratello Luciano che morirà a 55 anni, matita e anima amministrativa, poi i genitori Giulio e Bianca, e la cognata Fiorenza senza la cui intraprendenza e competenza nulla sarebbe stato uguale. Tutto questo sarà Trico’, ovvero il marchio che diventa una prima autonoma boutique nel 1961 con l’apertura dell’atelier a Via Gianturco, che da quel primo salotto del Flaminio con l’arazzo vola sulla pelle delle donne più belle e famose del mondo a segnarne le curve con eleganza e personalità, coniugando trasgressiva innovazione a semplicità classica. Pierluigi, si sa, non amava la filosofia, preferiva piuttosto disegnare figurine esili di donne sui bordi del libro e dopo diversi anni di studio e di lavoro quella diventerà finalmente la sua vita, ma prima dovrà provare la strada di una laurea in giurisprudenza e un impiego all’Inpdai.

E la magia vuole che dal primo abito, semplicissimo ed unico insieme, creato per la contessa Consuelo Crespi, sia proprio la maglia ad entrare nel dna dello stilista e delle sue collezioni che conquistano il mondo. La prima sfilata alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, allora diretta da Palma Bucarelli, signora dell’arte che da subito aveva creduto in quel ragazzo alto e magro come una scultura di Giacometti. Poi il salto a Parigi grazie a Irene Brin che lo porta sulla passerella di Pierre Cardin. L’apice del successo arriverà a metà degli anni Sessanta, conquistando Parigi, Mosca, New York, per tornare a scendere dalla scalinata di Trinità de’ Monti a Roma. Insomma il Made in Italy è entrato nella leggenda anche grazie a Tricò.

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