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“Addio bimbo mio”, Sinead O’Connor perde il figlio 17enne

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“Riposa in pace figlio mio bellissimo”, “luce della mia vita”, “bambino mio dagli occhi azzurri”. Con un commovente messaggio su Twitter Sine’ad O’Connor ha detto addio al figlio Shane, morto a soli 17 anni. La tragedia piu’ grande in una vita gia’ tribolata, fatta di alti e bassi, per la cantante irlandese che, dopo aver incantato il mondo tra gli anni Ottanta e Novanta con la sua splendida voce, e’ stata oggetto di critiche e attacchi per le sue posizioni provocatorie, spesso intransigenti, e ha abbandonato e poi ritrovato la scena musicale, finendo anche in cura psichiatrica per un disturbo bipolare. Shane e’ stato trovato morto ieri a Wicklow, a sud di Dublino, due giorni dopo la denuncia della sua scomparsa, che aveva spinto la polizia irlandese a lanciare un appello alla popolazione per favorirne il ritrovamento. Il ragazzo aveva manifestato tendenze suicide ed era scappato da un centro psichiatrico nel quale si trovava sotto sorveglianza. Sine’ad, che ha avuto il figlio con il cantante folk Donal Lunny, ha dato notizia della morte sui social. “Il mio bellissimo figlio, Nevi’im Nesta Ali Shane O’Connor, luce della mia vita, ha deciso di porre fine alla sua lotta terrena oggi ed ora e’ con Dio – ha scritto -. Riposi in pace e nessuno segua il suo esempio. Il mio bambino. Ti amo tanto”. Poi ha voluto dedicargli la canzone di Bob Marley Ride Natty Ride, postandone il video. “Questo e’ per il mio Shane – ha scritto ancora -. La luce della mia vita. Il mio bambino dagli occhi azzurri. Sarai sempre la mia luce. Saremo sempre insieme. Nessuna barriera puo’ separarci”.

Il nome di Sinead O’Connor e’ indissolubilmente legato al brano “Nothing Compares to U”, successo mondiale del 1990, scritto da Prince, proposto sul palco fino al 2015, quando l’artista annuncio’ di non volerlo piu’ cantare. La fama, quantomeno Oltremanica, era arrivata gia’ con il primo album del 1985 e poi crebbe con i successivi due che la portarono anche ad esibirsi nel concerto The Wall – Live in Berlin organizzato da Roger Waters e richiamarono migliaia di fan nei tour in giro per il mondo, anche in America. Gia’ all’inizio degli anni ’90 le sue posizioni contro la chiesa cattolica e le sue esibizioni provocatorie sul palco suscitarono piu’ di una contestazione durante i concerti. Nei primi anni Duemila annuncio’ la volonta’ di lasciare l’industria discografica, dopo essere stata ordinata prete da un movimento cattolico indipendente. Tornera’ in realta’ ad esibirsi e a produrre, ma senza lo stesso successo del passato. Dieci anni fa decise di divorziare dopo soli 18 giorni di matrimonio dal marito Barry Herridge, con il quale si era sposata a Las Vegas. Nel 2018 la sua conversione all’Islam e la scelta di cambiare nome in Shuhada Davitt. Una fase complicata della sua vita, quest’ultima, nella quale ha anche pubblicato post disperati sui social che hanno spesso allarmato i suoi fan, fino alla tragica notizia della perdita del figlio.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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