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Cronache

Addio a Pasquale Pistorio, il padre dell’Etna Valley e pioniere della microelettronica

È morto a 89 anni Pasquale Pistorio, l’ingegnere siciliano che trasformò la Sgs-Thomson in StMicroelectronics, creando l’Etna Valley e aprendo l’Italia alla rivoluzione tecnologica.

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È morto a 89 anni Pasquale Pistorio (foto Imagoeconomica), l’ingegnere siciliano che immaginò una Silicon Valley ai piedi dell’Etna, trasformando la Sgs-Thomson in StMicroelectronics, oggi tra i leader mondiali della microelettronica. Nato ad Agira, in provincia di Caltanissetta, laureato al Politecnico di Torino, Pistorio ha lasciato un segno profondo nello sviluppo industriale e tecnologico italiano.

Dall’esperienza in Motorola alla guida della Sgs

La sua carriera inizia nel 1963 in Motorola, dove diventa nel 1970 direttore marketing per l’Europa. Dopo anni negli Stati Uniti, nel 1980 torna in Italia come presidente e ceo della Sgs, unica società italiana di microelettronica. Nel 1987 guida la fusione con la francese Thomson, da cui nasce la Sgs-Thomson Microelectronics.

La nascita dell’Etna Valley

Il rientro in Sicilia segna la sua svolta. Pistorio trasforma lo stabilimento di Catania, allora in perdita, nel secondo centro produttivo mondiale di StMicroelectronics, creando un polo tecnologico che darà vita alla cosiddetta Etna Valley. Nel 1994 la società si quota al New York Stock Exchange e a Parigi, per poi approdare anche a Piazza Affari l’anno successivo.

Innovatore e anticipatore

Pistorio lascia la guida operativa della Stm nel 2005, diventandone Honorary Chairman. Già allora sottolineava la centralità della responsabilità d’impresa e della transizione ecologica: “Chi produce consumando meno energia fa prodotti più competitivi”, diceva citando il Protocollo di Kyoto.

L’eredità

Oggi StMicroelectronics è partecipata pariteticamente da Italia e Francia e continua a investire in Sicilia: nel 2022 ha annunciato un piano da 730 milioni di euro in cinque anni per un nuovo impianto a Catania.

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso lo ha ricordato come colui che “ha reso possibile il sogno dell’Etna Valley” e ha proposto che la nuova fabbrica catanese porti il suo nome, “nel segno del suo insegnamento”.

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Cronache

La Nuova Orchestra Scarlatti annuncia lo stop: “Senza sostegno chiuderemo nel 2026”

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La Nuova Orchestra Scarlatti ha scelto la musica per raccontare la sua crisi. Il 12 ottobre, alle ore 19, nella Basilica di San Giovanni Maggiore a Napoli, l’ensemble terrà un concerto straordinario che sarà anche un momento di denuncia pubblica. L’orchestra, fondata nel 1993 dal maestro Gaetano Russo, ha annunciato che senza un sostegno strutturale da parte delle istituzioni chiuderà le attività nel 2026, dopo 32 anni di storia.

Le parole di Gaetano Russo

I giovani del nostro settore musicale stanno andando via da Napoli: rischiamo di perdere un tesoro di saperi, passione e cultura non ripetibile”, ha dichiarato Russo, 73 anni, fondatore e direttore artistico dell’orchestra. L’appello è diretto in particolare al Ministero della Cultura, alla Regione Campania, alla Città Metropolitana e al Comune di Napoli. “Con De Luca non siamo mai stati ascoltati – ha aggiunto – ma invitiamo tutti i rappresentanti istituzionali a partecipare. Non è un appello, è un’informazione al pubblico”.

Un patrimonio musicale a rischio

L’orchestra è composta da una cinquantina di musicisti e ha dato vita anche all’Orchestra Scarlatti Junior, con circa 100 giovani elementi. Proprio loro rischiano ora di lasciare Napoli e la Campania, seguendo la strada di tanti coetanei che hanno già scelto di emigrare per costruire una carriera musicale.

Un bilancio e una denuncia

Il concerto sarà a ingresso libero e alternerà brani a momenti di riflessione, nei quali Russo illustrerà i risultati raggiunti in tre decenni di attività e le ragioni della scelta di fermarsi. “Non vogliamo illudere i giovani, né continuare senza le condizioni minime per garantire un futuro stabile. Napoli rischia di restare l’unica grande città europea senza un’orchestra sinfonica permanente”, ha detto Russo.

Il nodo del sostegno istituzionale

Russo ha ricordato come in Italia ed Europa molte orchestre ricevano un sostegno economico pubblico che ne garantisce la continuità, mentre a Napoli la situazione resta precaria. Da qui l’annuncio di un “saluto sereno e felice al pubblico” nel 2026 se non arriveranno risposte concrete.

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Cronache

L’ex procuratore Mario Venditti indagato: le ombre sulle indagini del caso Garlasco

L’ex procuratore di Pavia Mario Venditti, già pm antimafia a Milano, è indagato per corruzione in atti giudiziari. Al centro anche le sue archiviazioni sulle nuove indagini per il delitto di Chiara Poggi a Garlasco.

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Mario Venditti, 72 anni, nato a Benevento, è stato per anni alla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, dove si è occupato di importanti inchieste contro la ’ndrangheta, prima di arrivare a Pavia. Nel 2018 diventa procuratore aggiunto e successivamente procuratore facente funzione. Dopo il pensionamento, nel luglio 2023, assume la presidenza del Casinò di Campione.

Il caso Garlasco e le archiviazioni su Sempio

Venditti si è occupato a lungo anche del delitto di Chiara Poggi a Garlasco. In particolare, archiviò due volte le nuove indagini che ruotavano attorno ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. La prima indagine si concluse nel 2017, con l’archiviazione firmata dal gip Fabio Lambertucci. La seconda, avviata su elementi forniti dai Carabinieri di Milano, fu archiviata nel luglio 2020 dal gip Pasquale Villani.

Alle accuse di lentezza nell’iter dell’archiviazione, Venditti replicò polemicamente che avrebbe potuto chiudere il fascicolo anche in “21 minuti o 21 secondi”, ritenendo prive di fondamento le presunte nuove prove scientifiche, le intercettazioni e lo scontrino del parcheggio, elementi su cui insisteva chi chiedeva un nuovo processo.

I casi seguiti a Pavia

Tra le inchieste più delicate coordinate da Venditti figura quella sul piccolo Eitan, unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, portato in Israele dal nonno materno. Venditti seguì anche il caso Massimo Adriatici, l’ex assessore leghista di Voghera che sparò e uccise Youns El Boussettaoui davanti a un bar: inizialmente contestò l’eccesso colposo di legittima difesa, poi i giudici derubarono l’accusa in omicidio volontario.

L’indagine per corruzione in atti giudiziari

Ora il nome di Venditti torna d’attualità perché i pm di Brescia lo hanno indagato per corruzione in atti giudiziari. Parallelamente, la Procura di Pavia guidata da Fabio Napoleone, con l’aggiunto Stefano Civardi, ha aperto diversi filoni di inchiesta che hanno coinvolto ex carabinieri della polizia giudiziaria che lavoravano in Procura negli anni passati.

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Cronache

La morte della dottoressa Carta riaccende l’allarme sul superlavoro dei medici di famiglia

La morte della dottoressa Maddalena Carta, medico di famiglia a Dorgali, riaccende il dibattito sui carichi di lavoro insostenibili dei medici di base. Fnomceo e sindacati: “Una morte sul lavoro, basta lasciare i medici soli”.

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La morte di Maddalena Carta, medico di famiglia di 38 anni a Dorgali (Nuoro), ha riaperto con forza il dibattito sui carichi di lavoro insostenibili dei medici di base. La giovane professionista, unico punto di riferimento per circa 5mila pazienti, sarebbe deceduta dopo aver trascurato un malessere, temendo di lasciare soli i suoi assistiti vista l’assenza per malattia degli altri due medici della zona.

L’allarme di Fnomceo e dei sindacati

Il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, ha parlato di “un’altra inaccettabile morte sul lavoro”:

“Alla sua salute ha anteposto la cura dei pazienti e questo le è costato la vita. Lo Stato ha il dovere di evitare tragedie come questa”.

Anelli ha ricordato che la Cassazione ha sancito la legittimità del risarcimento per danno biologico da superlavoro, stabilendo che la tutela della salute del medico deve coincidere con i limiti di orario.

Anche la Fimmg ha lanciato un duro monito:

“Questo è il volto disumano del sovraccarico assistenziale. La morte della dottoressa Carta deve far riflettere su carichi di lavoro insostenibili, soprattutto nei territori con carenze enormi”.

Un problema che riguarda tutta Italia

Il caso della Sardegna è emblematico, ma la carenza di medici di famiglia è un fenomeno diffuso in molte aree del Paese. La Simg ha definito la vicenda “un monito per riforme e investimenti necessari”, chiedendo un sostegno concreto con personale amministrativo e infermieristico, oltre a una revisione strutturale della medicina generale.

Una comunità senza medico

Carta sosteneva il carico di 1.800 pazienti propri più quelli rimasti scoperti, per un totale di circa 5mila persone. La sua morte lascia un vuoto enorme in un territorio già fragile e mette in luce l’urgenza di soluzioni immediate.

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