Collegati con noi

Economia

A parità di lavoro, gli italiani guadagnano 15mila euro meno dei tedeschi

Pubblicato

del

Le retribuzioni italiane restano basse e, anzi, si amplia il divario salariale con altri grandi Paesi Ue, come la Francia e la Germania. Con i francesi la differenza in busta paga supera i 10 mila euro in un anno, ma e’ con i tedeschi che lo stacco e’ maggiore e raggiunge i 15 mila euro. A rilevare la stagnazione dei salari ed il gap retributivo in Italia e’ il rapporto della Fondazione Di Vittorio della Cgil, in un confronto con le principali economie dell’Eurozona. Proprio nel giorno in cui la Germania da’ il via libera definitivo ad un salario minimo da 12 euro all’ora. Milioni di lavoratori tedeschi ne avranno diritto a partire dal primo ottobre. La legge e’ stata approvata dal Bundesrat, il Senato federale tedesco: si tratta di una delle misure cardine del programma di governo, voluta dai socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz. Mentre nel nostro Paese prosegue il dibattito dopo l’accordo sulla direttiva europea per il salario minimo, in attesa che vada avanti l’esame in commissione Lavoro del Senato del disegno di legge che propone i 9 euro l’ora, di cui e’ prima firmataria l’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (M5s), che ora, dopo l’ok tedesco, sostiene non ci sia piu’ alcun “alibi in Italia”. Un tema su cui certamente intervenire, come ribadito dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, secondo cui con la direttiva europea “siamo piu’ forti”. L’obiettivo e’ “avvicinarci ai Paesi con salari piu’ alti e contenere i fenomeni di dumping salariale”. Come farlo e’ il nodo da sciogliere tra le forze politiche e sociali, ma certamente la definizione di un salario minimo anche in Italia non potra’ che passare per “il dialogo sociale”, ripete il ministro. Mentre le forze politiche restano divise: il M5s in primis insiste sulla necessita’ di approvare la legge, rimarca il presidente Giuseppe Conte. Obiettivo che il Pd, con il segretario Enrico Letta, auspica si possa raggiungere “prima della fine di legislatura”. Il centrodestra no. Altro tema da affrontare quello delle pensioni: la legge Fornero “va cambiata”, afferma Orlando, per costruire flessibilita’ in uscita, incidere sui lavori piu’ gravosi e tenere conto del lavoro anche familiare che le donne sono costrette ad affrontare. Tra dinamiche occupazionali che vedono l’exploit dei contratti a termine, il proliferare dei contratti ‘pirata’ e i rinnovi da portare a casa cercando di recuperare l’inflazione alle stelle, le retribuzioni italiane segnano il passo. E restano sotto la media dell’Eurozona. In Italia, secondo il rapporto della Fondazione della Cgil, il salario lordo annuale medio, pur recuperando dai 27,9 mila euro del 2020 ai 29,4 mila euro del 2021, rimane ad un livello inferiore a quello pre-pandemico (-0,6%). Nel 2021, nell’Eurozona si attesta invece a 37,4 mila euro lordi annui (+2,4%), in Francia supera i 40,1 mila euro, in Germania i 44,5 mila euro. Il risultato e’ che i salari medi italiani segnano cosi’ una differenza di 10,7 mila euro in meno rispetto ai francesi e di -15 mila rispetto ai tedeschi. Un andamento negativo su cui influisce anche l’alta percentuale di lavoratori poveri: sono 5,2 milioni i dipendenti (il 26,7%) che nella dichiarazione dei redditi del 2021 denunciano meno di 10 mila euro annui, rileva ancora la Fondazione Di Vittorio. Una “piaga”, dice la Cgil, che va sconfitta combattendo il lavoro precario e rafforzando la contrattazione. Di qui, la posizione sul salario minimo da definire – rimarca – attraverso il Trattamento economico complessivo (Tec) dei Ccnl firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative (come sostenuto anche da Cisl e Uil). Il riferimento al centro della proposta di Orlando, su cui dovra’ andare avanti il confronto. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ripete che i contratti dell’associazione “sono tutti superiori” ai 9 euro l’ora previsti dalla proposta di legge sul salario minimo. “Se il Governo lo vuole fare, non depotenzi la contrattazione nazionale”. Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, torna invece a sottolineare come l’introduzione sarebbe “uno shock positivo” soprattutto per quei settori che soffrono di piu’ la carenza di manodopera, come il turismo e la ristorazione.

Advertisement

Economia

Giovanni Petrella nuovo presidente di Banca Sella Holding

Pubblicato

del

Maurizio Sella passa il testimone della presidenza di Banca Sella Holding al preside della facoltà di Scienze Bancarie della Cattolica Giovanni Petrella (foto Imagoeconomica in evidenza) e mantiene la presidenza di Banca Sella e Banca Sella Patrimoni. Lo si legge in una nota diffusa a seguito dell’assemblea annuale di Banca Sella Holding, nel corso della quale Maurizio Sella ha affermato che “è il momento giusto per cambiare la presidenza della capogruppo, senza far venire meno il mio contributo alla crescita e alla governance, presente e futura del gruppo”. A guidare la capogruppo è stato confermato Pietro Sella, al vertice di Banca Sella Holding dal 2004.

I cambiamenti apportati – spiega Banca Sella Holding – si inseriscono “nel solco della tradizione e della lunga storia imprenditoriale della famiglia Sella, che ha sempre privilegiato l’interesse dell’azienda e la capacità di innovare e crescere in modo solido e duraturo”. In quest’ottica si inserisce la decisione presa “con “spirito lungimirante” da Maurizio Sella, che ha compiuto 83 anni. Sella ha ritenuto infatti che fosse arrivato il “momento giusto” per cambiare la presidenza di Banca Sella Holding, “senza naturalmente far venire meno il lavoro, la visione, la competenza, l’esperienza e la passione umana e imprenditoriale, nonché il suo apporto all’impresa e alla governance presente e futura del gruppo”.

“Su sua proposta – viene spiegato – egli è stato quindi nominato vicepresidente della capogruppo Banca Sella Holding, mantenendo la presidenza di Banca Sella e di Banca Patrimoni Sella, dove è stato rieletto nei giorni scorsi”. Quanto al presidente Giovanni Petrella il gruppo ne sottolinea la “grande competenza”, la “conoscenza approfondita del gruppo” e la “piena condivisione dei suoi valori fondanti e identitari”. Petrella siede nel consiglio d’amministrazione di Banca Sella Holding dal 2012, è membro del comitato rischi, che ha presieduto per 6 anni, e dal 2016 è presidente di Sella Sgr. Ad affiancare Giovanni Petrella e Maurizio Sella siedono nel Cda della Holding Eva D’Onofrio, Andrea Lanciani, Giuseppe Marino, Laura Nieri, Alessandro Rinaldi, Ernesto Rizzetti, Cristina Santucci, Caterina Sella, Pietro Sella e Sebastiano Sella.

Continua a leggere

Economia

A 15 anni in azienda, l’opposizione insorge

Pubblicato

del

Alla vigilia del primo maggio e nelle ore in cui anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna a puntare il dito contro la mancata sicurezza nei luoghi di lavoro, spunta una norma al decreto Pnrr-Scuola, ora all’esame della Commissione Cultura del Senato, in cui si anticipa l’alternanza scuola – lavoro al primo biennio degli istituti tecnici. “Cioè quando si hanno 15 anni e si è ancora in età di obbligo formativo”, spiega la senatrice del M5S Barbara Floridia, la prima a denunciare questa misura messa a punto dal governo.

Nel decreto, esattamente nell’allegato B del provvedimento, si dice testualmente che “nel primo biennio, oltre alle attività orientative collegate al mondo del lavoro e delle professioni, è possibile realizzare, a partire dalla seconda classe, i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”, cioè i Pcto che è l’acronimo usato per definire l’alternanza Scuola-Lavoro. Il che significa, insiste Floridia, che si potranno “spedire adolescenti sui luoghi di lavoro”, potenzialmente anche “in cantieri o ambienti ad alto rischio”, quando “dovrebbero essere protetti, formati, tutelati”. Significa, insomma che l’Esecutivo intende “mettere la logica dell’impresa prima di quella dell’ istruzione, della sicurezza e dei diritti”.

E nel dir questo, cita “tragedie” come quelle che “hanno colpito proprio studenti in alternanza come Giuseppe Lenoci e Lorenzo Parelli”. Anche i sindacati, nelle varie audizioni in Commissione, hanno espresso forti perplessità nei confronti del decreto e della misura che anticipa i tirocini a 15 anni. La più dura è stata la Flc Cgil secondo la quale in questo modo “si privilegiano i raccordi con il mondo del lavoro e i contesti produttivi, mentre le attività didattiche risultano culturalmente impoverite, subordinate e funzionalizzate alle istanze formative avanzate dal contesto socioeconomico di appartenenza”. Ma non basta. Oltre a considerare gli studenti “solo in termini di braccia per lavorare” e non di persone alle quali va trasmessa una cultura e una formazione di base, come afferma il senatore di Avs, Tino Magni, la norma “esprime tutta la visione classista del governo e in primis del ministro della Scuola Valditara”, sottolinea il già ministro del Lavoro Andrea Orlando. “Anticipare il momento della scelta alla fase in cui un ragazzino è molto giovane – osserva Orlando – significa schiacciarlo nella sua dimensione di provenienza, alla sua origine sociale”.

Con buona pace della discussione sulla riforma della scuola, continua l’esponente Dem, che puntava proprio “a posticipare la scelta per evitare automatismi sociali”, cioè che il figlio dell’operaio fosse costretto a fare per forza l’operaio. Dice no ad una “professionalizzazione precoce di ragazze e ragazzi” anche la capogruppo Pd in Commissione, Cecilia D’Elia, che chiede, come Floridia, il ritiro della norma, mentre invita a investire di più “sul capitale umano, cioè su cultura e scuola”. “A 15 anni, ancora in età da obbligo formativo – insiste Magni – si deve stare a scuola e non in fabbrica o nelle aziende”. Un “ritorno” alla “scuola di classe” dove “c’era chi poteva studiare, mentre gli altri erano braccia per lavorare”, non è accettabile. “In vista del primo maggio”, è l’appello del capogruppo M5S in Commissione, Luca Pirondini, “Meloni trovi il coraggio” e “chieda al suo ministro Valditara il ritiro immediato di questa norma indecente”, perché “la scuola non è un serbatoio di forza lavoro gratuita. È il luogo in cui si formano i cittadini”.

Continua a leggere

Economia

Campi Flegrei, il Consiglio dei Ministri approva misure urgenti: sospesi tributi, mutui e versamenti fino al 31 agosto

Pubblicato

del

Il Consiglio dei Ministri ha approvato una serie di misure urgenti per far fronte agli ulteriori effetti dei recenti fenomeni bradisismici che continuano a interessare l’area dei Campi Flegrei, nel Napoletano. Le decisioni sono contenute nella seconda parte di un decreto che introduce interventi di natura economica e fiscale per sostenere cittadini e imprese colpiti dall’emergenza.

Sospensione di tributi e contributi

Tra i provvedimenti più rilevanti è prevista la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari e contributiviin scadenza dal 13 marzo 2025 al 31 agosto 2025. Il governo ha deciso di alleggerire la pressione fiscale per chi vive e opera in un’area messa duramente alla prova dai continui episodi di sollevamento del suolo.

Stop anche alle ritenute e alle addizionali

Nello stesso periodo sono sospesi i termini dei versamenti delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Una misura che punta ad alleggerire ulteriormente il carico economico per lavoratori e famiglie residenti nella zona.

Mutui e finanziamenti bloccati senza sanzioni

Il decreto prevede inoltre la sospensione del pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere erogati dalle banche, sempre dal 13 marzo al 31 agosto 2025, senza applicazione di sanzioni o interessi. Si tratta di una misura fondamentale per evitare che il peso degli impegni finanziari aggravi la già delicata condizione di numerose famiglie.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto