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Ambiente

Su Nature in Ecology & Evolution le priorità degli scienziati: protezione degli ecosistemi marini profondi

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Grazie ad uno studio condotto da Roberto Danovaro, Presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn, unitamente ad oltre 100 tra i più esperti biologi marini a livello mondiale, sono state identificate le aree prioritarie di intervento per le future strategie di conservazione e gestione del pianeta. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature in Ecology & Evolution e vedono, tra gli elementi individuati, le indicazioni fondamentali per condure futuri monitoraggi dei grandi animali e di specie che formano l’habitat, come i coralli, oltre agli impatti che sono provocati dalle attività umane. Per classificare le componenti ecologiche e biologiche più importanti e per monitorare la salute del mare profondo, il professor Roberto Danovaro, insieme ai suoi colleghi, ha inviato un sondaggio basato su questionari a scienziati di tutto il mondo. Un lavoro ad ampio spettro che ha previsto l’analisi delle risposte di 112 scienziati internazionali, affinché si producesse un elenco di priorità su ampi aspetti della conservazione e della gestione delle acque profonde.

Sappiamo che il mare profondo (oltre i 200 metri), rappresenta il tipo di ambiente o bioma più grande, ma tuttavia meno esplorato del Pianeta. Esso ospita molte specie rare, ecologicamente uniche e in larga parte completamente sconosciute, che sono sempre più minacciate da molteplici fattori: cambiamenti climatici, inquinamento, plastica, pesca a strascico, le costanti attività estrattive industriali. Sono proprio le specie che formano habitat, come i coralli profondi, da considerarsi tra le più importanti per promuoverne la conservazione, assieme agli organismi di grandi e medie dimensioni. Le Nazioni Unite hanno dichiarato il decennio 2020-2030 “il Decennio della scienza dell’oceano per lo sviluppo sostenibile”. La salute dell’oceano globale è fondamentale per lo sviluppo economico e ha garantito un obiettivo esplicito di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDG 14) per “conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile”.

Allo stesso modo, l’SDG 13 su Climate Action riconosce che gli oceani profondi svolgono un ruolo fondamentale nella modulazione del clima e che la produttività e la biodiversità degli ecosistemi sono sensibili e vulnerabili ai cambiamenti globali. Il Consiglio dei Ministri della Scienza del G7 ha identificato la salute degli oceani profondi come una delle 3 principali priorità di ricerca del futuro. In quest’ottica, il lavoro del Professor Danovaro fornisce gli strumenti e la standardizzazione necessari per un coordinamento e una cooperazione a favore della ricerca negli oceani profondi:
“”Gli abissi comprendono oltre il 50% della superficie del pianeta e rappresentano la più grande riserva di biodiversità, di minerali preziosi di idrocarburi e di altro materie prime pregiate presenti sulla terra. Un uso sostenibile degli oceani, come quello previsto dalle Nazioni Unite per il prossimo decennio, richiede un attento monitoraggio e una politica di protezione degli habitat più vulnerabili.  

Questo lavoro, condotto da oltre 120 scienziati, definisce, per la prima volta, le linee guida e identifica le priorità per uso sostenibile degli ambienti profondi del Pianeta per il prossimo decennio”, ha spiegato il Presidente SZN Roberto Danovaro. Lo sviluppo di variabili e indicatori essenziali per stabilire adeguate “strategie basate sugli ecosistemi” su scala di bacino per il monitoraggio, la gestione e la conservazione degli oceani profondi, è vitale per l’attuazione delle politiche e degli obiettivi AICHI nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD).

Tali risultati sono necessari perché potrebbero essere utilizzati per condurre le ricerche in futuro, per promuovere la conservazione e il monitoraggio degli ambienti abissali. L’adozione di queste “variabili ecologiche essenziali” da parte dell’industria, dei governi e delle organizzazioni non governative è lo strumento prioritario per una gestione più sostenibile degli oceani.

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Stop al solare nei campi ma salve le opere già previste

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Sul solare avanti tutta riguardo la norma per lo stop ai pannelli fotovoltaici sui terreni coltivati, inserita nella bozza del decreto sugli aiuti all’agricoltura atteso lunedì in Consiglio dei ministri, ma con qualche primo distinguo. “Niente macchie nere a terra”, ma sì all’agrivoltaico su grandi aree come i tetti delle stalle e delle industrie, per le quali il ministero dell’Agricoltura “ha finanziato solo quest’anno 13.500 aziende” con una prospettiva di 26mila. In più le opere a terra che già erano previste, e “che non sono in numero eccezionale, verranno realizzate” per tutelare le imprese che hanno investimenti in corso, così come ci saranno altre aree agricole ritenute “utilizzabili”, come quelle accessorie alle grandi arterie di circolazione ferroviaria e autostradale, le aree che sono agricole, ma che non vengono utilizzate e non possono essere usate come agricole, ad esempio le cave.

Il giorno dopo la querelle sollevata dalle imprese del solare e dal Mase sulla bozza del provvedimento elaborato dal ministero dell’Agricoltura, il ministro Francesco Lollobrigida ribadisce la sua posizione e difende il testo, definendo la norma “di buonsenso”. E da Torino, a margine della prima tappa del Giro E-24, rassicura anche sul rapporto con Gilberto Pichetto Fratin. “Non solo siamo colleghi, siamo amici e ci sentiamo costantemente. È uscito che ci siano divergenze tra me e lui, ma non c’è alcun tipo di fondamento. Pichetto da agricoltore sa bene quanto è rilevante la tutela del territorio”, ha detto Lollobrigida ai giornalisti. Dopo un’iniziale presa di distanze, nel tardo pomeriggio di ieri il titolare dell’Ambiente aveva precisato che sull’agrivoltaico si stava lavorando “per la migliore formula, per tutelare gli agricoltori e i target di decarbonizzazione” e una telefonata questa mattina tra i due sembra aver ammorbidito ulteriormente le posizioni nella ricerca di una mediazione. Poi riunioni tecniche tra i due ministeri avrebbero analizzato i dettagli per una “soluzione condivisa”. In vista del consiglio di lunedì, resta però alta la preoccupazione da parte degli operatori.

Con il blocco delle realizzazioni degli impianti fotovoltaici “si perdono 60 miliardi di euro” di cui almeno 45 di investimenti privati diretti, afferma Italia Solare, l’associazione delle imprese del fotovoltaico, in una lettera inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a Pichetto Fratin. Secondo l’associazione i pannelli coprirebbero solo lo 0,24% della superficie agricola nazionale, “e anche sotto questi sarebbe possibile coltivare e far pascolare”. Secondo la norma all’articolo 6 della bozza di Decreto sui sostegni all’agricoltura, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Ma per Italia Solare “vanno salvaguardate le aree già classificate idonee a questo scopo”. L’energia pulita, dice dal canto suo Lollobrigida “va prodotta bene, non riesco a immaginare la nostra Italia violentata da un modello di sviluppo senza razionalità”.

“Sottrarre terreno agricolo – aggiunge il ministro – significa speculare, per questo stiamo lavorando a un articolo che ponga limiti serissimi a questo tipo di sviluppo senza freni e garantisca produzione energetica”. Le previsioni del governo precedente sono state moltiplicate per quattro: “Siamo stati premiati con 830 milioni in più dalla Commissione per investimenti sul solare, quindi sappiamo fare le cose”, ha detto Lollobrigida. Appoggio al titolare del Masaf arriva intanto anche dalla Lega con il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, responsabile Agricoltura e Turismo. Mentre da parte degli agricoltori, la Cia è contraria ai pannelli a terra sui terreni coltivabili “che devono servire per produrre cibo” ma “in alcune aree marginali con terreni non coltivabili pensiamo che l’agrivoltaico possa andare”.

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Sulle spiagge italiane 705 rifiuti ogni 100 metri

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Settecentocinque rifiuti ogni 100 metri di spiaggia, il 79% di plastica: bottiglie e tappi, sigarette, stoviglie monouso e anche reti da pesca. Sugli arenili si trova di tutto. Lo rivela l’indagine “Beach litter” di Legambiente, basata sul monitoraggio di 33 lidi in 12 regioni italiane. Gli attivisti dell’associazione ambientalista hanno contato 23.259 pezzi di spazzatura su 179.000 metri quadri di spiagge. Tra i rifiuti rinvenuti, quasi la metà (il 40,2%) appartiene a cinque tipologie di oggetti. In pole position ci sono i mozziconi di sigarette: 101 ogni 100 metri.

A seguire pezzi di plastica, tappi e coperchi, ma anche materiale da costruzione. Quinta posizione invece per le intramontabili stoviglie usa e getta, nonostante la direttiva europea che bandisce prodotti in plastica monouso (Single use plastics, Sup) sia in vigore in Italia dal 2022. I prodotti in Sup insieme a reti e attrezzi da pesca e acquacoltura rappresentano ancora il 56,3% del totale dei rifiuti monitorati. Un andamento che negli ultimi anni non ha mostrato segni di riduzione importanti, rappresentando in media circa il 50% del totale. Un dato che preoccupa l’associazione. La plastica, si legge ancora nel rapporto, è onnipresente sulle nostre spiagge, con quasi l’80% degli oggetti recuperati.

Tra i prodotti monouso, quasi tutti appartengono al gruppo di reti e attrezzi da pesca e acquacoltura abbandonati: i volontari ne hanno contati 4.589. Bottiglie e recipienti sono il 20% della plastica sulle nostre spiagge. Su 100 rifiuti, 4 sono sacchetti e altrettanti sono contenitori per alimenti. I bicchieri, invece, sono 3 ogni 100. Non mancano poi i cotton fioc, il 3% dei rifiuti in plastica, seguiti da cannucce e agitatori per cocktail (il 2%).

Secondo l’indicatore che definisce la pulizia delle spiagge, il Clean coast index, solo il 6,6% dei 33 lidi italiani ha una valutazione particolarmente negativa, pari a “spiaggia sporca” o “molto sporca”. Un dato in miglioramento, ma che non fa fermare l’allarme inquinamento dei nostri mari. Dal 10 al 12 maggio i volontari di Legambiente torneranno sulle spiagge italiane per pulirle dai rifiuti. Un appuntamento annuale che prende il nome di “Spiagge e Fondali Puliti”. La tre giorni nazionale si aprirà a Napoli. Poi ci saranno una serie di incontri in tutto lo stivale, da Cagliari a Bari e Maratea, passando anche da Messina e Genova. Negli stessi giorni Legambiente organizza anche una versione internazionale dell’evento, “Clean up the med”, in 12 Paesi del Mediterraneo.

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Procida, la Corricella sulla copertina di Lonely Planet

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Una bellissima foto della Marina Corricella, il suggestivo e policromo borgo dei pescatori dell’isola di Procida, è sulla copertina della guida Lonely Planet nella edizione dedicata al Sud Italia appena pubblicata. L’immagine dall’alto dell’anfiteatro di case dipinte di mille colori che si affaccia sul Tirreno è stata scelta dai curatori della guida tustistica più famosa del mondo per rappresentare esaustivamente “Il sud essenziale e sbiancato dal sole dell’Italia è il paese nella sua forma più antica, piena di sentimento e sensuale. Quaggiù le rovine sono più antiche, i pranzi più lunghi, i paesaggi più selvaggi e intensi”. La copertina di Lonely Planet arriva pochi giorni dopo l’annuncio che, sempre la Corricella, è stata scelta dalla Accademia Europea del Cinema presieduta da Juliette Binoche, tra gli otto nuovi “Tesori della cultura cinematografica europea”, luoghi simbolici per il cinema del nostro continente e da preservare per le generazioni a venire.

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