Facciamo una premessa: non ci occupiamo mai di suicidi. Per l’effetto emulativo, perchè si procura altro dolore a chi resta e non capisce la scelta di chi decide di andarsene da questo mondo in modo violento. In questo caso, però, è un suicidio che si porta con sé una carica di mistero, di imponderabile, di cose difficili da capire. Ecco perchè ci raccontiamo la storia di Samuele Savoldi, 27 anni, un ragazzo pieno di vita che decide di togliersela al rientro dal viaggio di nozze.
Il matrimonio ad aprile. Mercoledì il ritorno dal viaggio di nozze. Lunedì si è impiccato nella cella frigo della macelleria di famiglia. Senza una spiegazione. Samuele Savoldi, 27 anni di Lonato del Garda, nel Bresciano, si è ucciso apparentemente senza un perchè. Si è ucciso allo stesso modo in cui si era ucciso il suo papà Sergio, 14 anni fa. Si era tolto la vita annegandosi in un canale. Suicida anche suo nonno Giacinto, 63 anni fa. Aveva scelto di suicidarsi gettandosi sotto un treno. Anche il papà e il nonno di Samuele avevano lasciato un messaggio per spiegare quel gesto estremo. Nulla.
Nonno, padre e figlio suicidi all’improvviso. Nessuno di loro era depresso o malato. Persone normali. Lonato e Montichiari, dove Samuele si era trasferito dopo le nozze, adesso sono impietriti e non sanno come spiegare l’ abisso di un mistero, o affrontare il dolore. Centinaia le persone che ieri pomeriggio si sono incontrate nella camera ardente, al piano terra del ristorante Santellone, lungo la strada per Ghedi, zona aeroporto militare.
Il locale è gestito dalla moglie della vittima, Giulia Garatti di 27 anni, e proprio qui la coppia aveva scelto di vivere insieme. «L’ ultimo regalo che gli ho fatto – dice Giulia – è metterlo vicino al suo papà. Samuele non si era rassegnato al distacco, adesso l’ha ritrovato. Dopo la cremazione, deporrò le ceneri nella tomba del padre”. Come è stato scoperto il suicidio? I carabinieri di Desenzano, lunedì attorno alle 14 l’hanno trovato impiccato in azienda. Samuele aveva trascorso la mattina con due fratelli. Avevano macellato manze e maiali del loro allevamento di Lonigo, come sempre, per le consegne della settimana in tutta Italia.
Era poi rimasto in azienda con il veterinario e cinque operai, per gli ultimi controlli. “Lo aspettavo per pranzo a Montichiari – dice la moglie – si era infortunato ad un dito e alle 15 avevamo appuntamento dal medico. Non rispondeva al telefono, ho mandato il cugino a vedere dov’era”. Lo hanno trovato nel frigo dove si appendono le mezzene fresche.
Per farla finita ha usato la corda con cui si tirano le mucche per una zampa. L’ha legata a un gancio per le bestie e ha spostato la cassa di plastica su cui era salito.
“Una pugnalata incomprensibile – dice Stefano, il fratello maggiore di sei – pochi minuti prima di sparire nel frigo era con noi, sorridente e sereno. Mi ha salutato dandomi appuntamento al pomeriggio”. Suo nonno Giacinto, contadino, nel 1956 si era infilato sotto un treno tornando a casa a piedi da una visita medica. In famiglia si dice gli avessero diagnosticato un tumore. A sconvolgere Samuele è stata però la fine del padre Sergio, quando aveva 52 anni. Il figlio ne aveva solo 13 e la mattina il papà, fondatore di allevamento e macelleria, lo aveva accompagnato a scuola. In auto avevano riso insieme. Davanti al cancello il genitore gli ha detto: “Ciao, ci vediamo alle 14, torno io a prenderti. Comportati bene”.
Non l’ha più visto. Pochi minuti più tardi l’uomo ha parcheggiato la macchina e si è immerso in un canale. Samuele lo ha atteso invano davanti a scuola. A Lonigo e a Montichiari oramai la chiamano “la maledizione dei Savoldi”. Suicidi inspiegabili e mai spiegati.
Matteo Messina Denaro e la sua amante, Laura Bonafede, lo chiamavano Solimano, come Solimano il Magnifico, il sultano che ha guidato l’impero ottomano per quattro decenni. E, almeno nell’ultimo periodo, non gli risparmiavano critiche rimproverandogli di essere venuto meno ai patti. “Ci ha distrutto”, scriveva la Bonafede in un pizzino fatto avere al boss. Eppure, Antonio Messina, 79 anni, avvocato, massone in sonno con una sfilza di precedenti, per un ventennio aveva fatto affari con tutta la mafia trapanese e sovvenzionato la lussuosa latitanza del padrino di Castelvetrano coltivando le relazioni pericolose che oggi gli sono costate l’arresto per associazione mafiosa.
Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell’esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un’intercettazione, su proposta del boss Leoluca Bagarella e avrebbe frequentato e fatto affari con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell’ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità.
“Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l’attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall’altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata”, scrisse di lui già anni fa, la corte d’assise di Trapani. Ma a un certo punto l’idillio con Messina Denaro era venuto meno. “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”, scriveva la Bonafede in un pizzino trovato dopo l’arresto del padrino. Ed è stata proprio la donna a svelare agli investigatori, nel corso di singolari dichiarazioni spontanee rese al suo processo, che dietro al nomignolo si celasse l’avvocato.
Dal tenore del biglietto “si comprendeva che, evidentemente, – scrivono i pm nella richiesta di arresto di Messina – entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l’avidità, l’ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato. Dalle indagini che hanno portato al suo arresto è emerso che Messina aveva cercato di mettere le mani anche su un bene confiscato alla mafia e che avrebbe avuto un ruolo primario nella gestione della “cassa” della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, alimentata anche dai proventi di una delle aziende gestite da Cosa nostra: l’oleificio “Fontane d’Oro s.a.s.” del boss Franco Luppino.
Si avvicina la bella stagione, e con essa anche le gite fuori porta del Primo Maggio, spesso celebrate con un picnic all’aria aperta. Ma c’è un dato sorprendente che riguarda uno dei simboli della gastronomia italiana: il 68% dei consumatori commette errori nel consumare la Mozzarella di Bufala Campana Dop. Lo rivela un’indagine realizzata da Fattorie Garofalo, primo produttore mondiale del celebre latticino, su un campione di 1.200 consumatori europei nei principali aeroporti e stazioni italiane.
Tra gli errori più comuni, tagliare la mozzarella a fette come fosse un formaggio qualsiasi, gesto che compromette l’equilibrio tra la sapidità della crosta esterna e la dolcezza del cuore. Altri sbagli diffusi? Consumare il prodotto appena tirato fuori dal frigorifero, senza lasciarlo tornare a temperatura ambiente, oppure immergerlo in acqua del rubinetto, alterandone salinità e struttura.
Anche negli abbinamenti si notano cadute di stile gastronomico: vini troppo tannici o pane troppo saporito, che sovrastano la delicatezza della mozzarella. C’è poi chi esagera con condimenti, erbe e spezie, snaturando la semplicità e purezza che rendono unica la Bufala Campana Dop.
Secondo Fattorie Garofalo, l’ideale sarebbe consumarla con le mani, e se proprio è necessario tagliarla, usare coltelli in ceramica a lama liscia per non strapparla e rispettarne la fibra naturale.
L’indagine, realizzata in vista della partecipazione alla fiera TuttoFood 2025 (in programma dal 5 all’8 maggio a Milano), ha anche stilato la classifica dei popoli europei più attenti al consumo corretto della mozzarella:
Tedeschi – meticolosi e informati
Spagnoli – attenti alla temperatura e sobri negli abbinamenti
Francesi – abili nell’inserirla in piatti freddi e raffinati
Italiani – penalizzati da superficialità e disattenzione
Belgi – ancora inesperti ma in crescita
Un dato che fa riflettere: gli italiani, patria della mozzarella di bufala, non brillano nella corretta valorizzazione del proprio prodotto d’eccellenza, dando per scontato ciò che richiede invece attenzione e rispetto.
Il cardinale Angelo Becciu il prossimo 7 maggio non entrerà in conclave. La sua comunicazione ufficiale, dopo le indiscrezioni della giornata di ieri, è arrivata questa mattina: “Avendo a cuore il bene della Chiesa, che ho servito e continuerò a servire con fedeltà e amore, nonché per contribuire alla comunione e alla serenità del conclave, ho deciso di obbedire come ho sempre fatto alla volontà di Papa Francesco di non entrare in conclave pur rimanendo convinto della mia innocenza”. Poche righe per ribadire la sua posizione, ovvero che è innocente, ma anche per fare quel passo indietro che non solo i suoi avversari, ma all’ultimo momento anche i cardinali a lui più vicini, gli avevano chiesto, per evitare voti e spaccature. Secondo quanto si apprende la decisione è rimasta aperta fino alla tarda serata di ieri. Poi il cardinale ha deciso di mettere lui stesso fine alla vicenda conclave.
Questo non chiude tuttavia lo strascico di polemiche e indiscrezioni che ha sempre accompagnato la vicenda giudiziaria del cardinale sardo. Il programma le Iene di Mediaset in scaletta ha un audio teso a dimostrare il “complotto”, come lo definisce il fratello Mario che rilancia sui suoi profili social l’annuncio della nuova puntata. Ed è questa solo la prima uscita, a poche ore dall’annuncio dello stesso cardinale sulla sua non partecipazione al conclave. Già il quotidiano Il Domani aveva pubblicato le chat, che erano state omissate dai magistrati vaticani, tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale di mons. Alberto Perlasca, Genoveffa Ciferri, nelle quali Chaouqui anticipava i dettagli dell’inchiesta e degli interrogatori.
Era metà aprile e Becciu commentava: “Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine”. Questa sera a Le Iene anche audio inediti sempre nel filone, spinto dai legali del cardinale, che vuole dimostrare che il maxi-processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede era inquinato dall’inizio. Ma il Papa nei giorni del ricovero al Gemelli comunque aveva deciso che il cardinale Becciu non doveva entrare in conclave e aveva siglato con un ‘F’ la disposizione in tal senso, mostrata in questi giorni al cardinale da Pietro Parolin. Becciu per tutto il pomeriggio di ieri sarebbe stato chiuso con i suoi avvocati che, secondo quanto si apprende, ponevano dubbi sul fatto che quell’appunto del Papa bastasse sotto il profilo del diritto canonico a tenere Becciu fuori dall’elezione del nuovo Papa. Poi è prevalsa la decisione di farsi da parte, comunicata ufficialmente appunto stamattina, anche perché gli stessi cardinali più vicini lo avrebbero consigliato in questo senso
. Il voto rischiava di spaccare il collegio prima ancora di entrare nella Sistina per il conclave. Questa mattina, all’ingresso della congregazione generale, trapelava una certa insofferenza da parte dei cardinali per il perdurare di questa situazione. “Dovete chiedere a lui”, ha risposto il cardinale argentino Angel Sixto Rossi, ai giornalisti che chiedevano lumi sul caso, considerato che in quel momento non era arrivata ancora una nota ufficiale. “Di Becciu non possiamo parlare”, diceva il cardinale di Baghdad, Raphael Sako. Mentre il cardinale austriaco Cristoph Schoenborn dribblava i cronisti con una battuta: “Avete visto che bel tempo c’è oggi?”.