Collegati con noi

Politica

Se Berlusconi non dà una mano, Salvini non ha i numeri per sfiduciare Conte al Senato. E poi c’è il lodo Grasso che…

Pubblicato

del

Matteo Salvini non convincerà facilmente Forza Italia a combattere al suo fianco la guerra per arrivare a Palazzo Chigi. Salvini sta prosciugando Fi da tempo. L’operazione Toti è figlia di questa attività di svuotamento di Fi. Al Senato, dove verrà discussa la mozione di sfiducia a Conte che dovrebbe aprire la crisi, ben pochi tra i forzisti (che rappresentano il secondo gruppo per consistenza numerica) sono disponibili a pagare una cambiale in bianco al “Capitano”.

Matteo Salvini. Forse ha fatto male i calcoli nell’aprire la crisi al buio perchè non è detto che abbia i voti al Senato per sfiduciare Conte

In ogni caso bisognerà attendere la capigruppo di domani per conoscere i tempi della crisi. Perché, come ha ricordato il presidente della Camera Roberto Fico è quella la sede in cui si decide sui lavori d’Aula. E la scelta della data  ci farà capire se si vuole andare subito alle urne o se la strada sarà più complicata e tranquilla. Le date possibili sono il 13, il 20 o anche il 27 agosto. Meno probabile il 13 agosto, il giorno dopo c’è la commemorazione delle vittime di Genova.  Il presidente Conte ha chiesto nei giorni scorsi di riferire sulla crisi in Parlamento. E sta preparando il suo discorso al Senato, dove chiederà a Salvini di spiegare i motivi della crisi, dopo avergli ricordato una serie di guasti commessi.  È al Senato in ogni caso dove si consumerà lo strappo con Salvini che gli ha chiesto un passo indietro e che ha presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti.
Per togliere di mezzo rapidamente Conte e andare ad elezioni anticipate a ottobre, sarà necessario che la Lega (che a Palazzo Madama è il terzo partito con 58 senatori) convinca la capigruppo, con l’appoggio delle opposizioni e in particolare Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni ad imprimere l’accelerazione che si dicono pure loro prontissimi a sfiduciare il premier e andare al voto rapidamente.
Ma una cosa sono i leader, altro sono i soldati semplici.

Pietro Grasso. L’ex presidente del Senato

L’ex presidente del Senato, Pietro Grasso che sa bene di quali timori siano affollate le notti dei parlamentari che rischiano di non tornare a Palazzo, ha delle idee sulla crisi. “Non vedo perché io e tutti i senatori di opposizione, di LeU, del Misto, del Pd, ma anche di centrodestra dovremmo trasformarci nei ‘volenterosi carnefici’ al servizio di Salvini, e votare allegramente l’assurdo di una mozione di sfiducia al governo presentata da ministri tuttora ipocritamente e vergognosamente in carica e che intendono rimanere tali fino al giorno delle elezioni. Non vedo perché le opposizioni dovrebbero fare il lavoro sporco di un gruppo parlamentare che rappresenta il 17 per cento del voto delle elezioni di marzo 2018”. Per impedirlo – suggerisce – basta poco: non partecipare al voto di sfiducia. A quel punto i tempi della crisi passeranno dalle mani del presidente del Consiglio e soprattutto del presidente della Repubblica. La mossa di Grasso ha colpito l’ immaginazione di quelli che sperano che la legislatura vada avanti e pure di quelli che vogliono far capire ora a Salvini quanto sia prezioso il loro voto.
Poi c’è il Pd che vuole innanzitutto votare la mozione di sfiducia al ministro dell’Interno. Che i dem, almeno l’ala renziana, vogliono discutere prima di ogni altra questione.
Una mossa che farebbe guadagnare tempo in vista di possibili accordi per fare almeno la manovra e la legge elettorale. E perchè no, anche tagliare i parlamentari. In fondo Renzi lo fece ma poi la sua riforma fu bocciata ai referendum. E Zingaretti? Ritiene prioritario non avere Salvini al Viminale a ridosso delle urne che il segretario dem continua a invocare. Anche se in molti sono convinti che “non le voglia a tutti i costi. E soprattutto mai si metterebbe contro il Capo dello Stato, Sergio Mattarella se dal Colle dovesse essere indicata la strada di un governo del presidente”.

Advertisement

Politica

Napoli laboratorio politico: consiglieri e assessori pronti a candidarsi alle regionali, Manfredi prepara il rimpasto

Pubblicato

del

Alle elezioni regionali d’autunno la città di Napoli potrebbe trasformarsi in un vero e proprio laboratorio politico. Almeno dieci consiglieri comunali e tre assessori dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Gaetano Manfredisono pronti a scendere in campo, con lo stesso Manfredi che guarda già al rimpasto di Giunta dopo il voto. Si preannuncia dunque una rivoluzione politica tra gli scranni di Palazzo San Giacomo e nei futuri equilibri regionali.

Il fronte progressista: la coalizione plurale e l’ipotesi Fico

Nel campo del centrosinistra, il candidato alla presidenza della Regione Campania potrebbe essere Roberto Fico, ex Presidente della Camera. Una candidatura che ha il sostegno del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Manfredi stesso, garante di una coalizione plurale. Il nome di Fico rassicura sia per il suo profilo istituzionale, sia per la capacità di dialogo trasversale: d’altronde fu incaricato dal presidente Sergio Mattarella di tentare due esplorazioni di governo.

Manfredi accompagnerà la candidatura con un’agenda politica centrata su Napoli e la sua area metropolitana, che rappresentano il 60% del peso elettorale regionale. Ogni partito presenterà la sua lista, e in caso di vittoria del centrosinistra, il risultato determinerà anche la spartizione degli incarichi.

I nomi nella lista del presidente e i candidati dei partiti

Nella lista del Presidente, che sarà il contenitore civico a sostegno della coalizione, correranno diversi volti noti dell’amministrazione Manfredi. Tra i sicuri candidati ci sono:

  • Nino Simeone, presidente della commissione Infrastrutture;

  • Walter Savarese d’Atri, in ticket con Angela Cammarota;

  • Fulvio Fucito, in uscita dalla lista Manfredi sindaco;

  • Roberto Minopoli, in quota centrista.

Tra gli assessori, Edoardo Cosenza (Infrastrutture) potrebbe sostenere Simeone, mentre la candidatura della vicesindaca Laura Lieto appare poco probabile, vista la sua centralità nei progetti urbanistici.

Il M5S dovrebbe candidare Luca Trapanese (Politiche sociali), Emanuela Ferrante (Sport), e i consiglieri Salvatore Flocco e Claudio Cecere. Ci pensa anche Enza Amato, presidente del Consiglio comunale.

Nel Pd spinge Salvatore Madonna, vicino a Mario Casillo, mentre Avs schiererà Rosario Andreozzi e Luigi Carbone, affiancato da Roberta Gaeta. In campo anche Pasquale Sannino per il Psi e un possibile ticket moderato tra Annamaria Maisto e Armando Cesaro.

Il centrodestra tra incertezze e scommesse

Sul fronte opposto, Forza Italia dovrebbe puntare su Salvatore Guangi, con forti pressioni su Catello Maresca, ex magistrato e nome spendibile anche per ruoli di vertice, sponsorizzato dal deputato Cosimo Silvestro. La Lega schiererà Domenico Brescia e Bianca D’Angelo, moglie dell’ex parlamentare Enzo Rivellini. Ancora nessun nome certo per il candidato presidente.

L’effervescenza politica napoletana, trasversale agli schieramenti, preannuncia una campagna elettorale caldissima e piena di incroci tra Palazzo San Giacomo e la futura sede del Consiglio regionale.

Continua a leggere

Politica

Gianni Petrucci: “Non mi candido, ma il Coni ha bisogno di cambiare rotta”

Pubblicato

del

L’ex presidente del Coni rompe gli indugi in un’intervista al Corriere della Sera: “Serve più dialogo con la politica e meno autoreferenzialità. E vi dico chi dovrebbe entrare in Giunta”

A un mese esatto dalla chiusura delle candidature per la successione a Giovanni Malagò alla presidenza del Coni, Gianni Petrucci, storico numero uno dello sport italiano per 14 anni e attuale presidente della Federbasket, rompe il silenzio e interviene nel dibattito con la sua consueta schiettezza.

“Non mi candido, ma voglio dire la mia”

«Non mi interessa la presidenza, né un ruolo di vice, né la Giunta. Ho già dato. Sono uno spirito libero e posso permettermi di dire quello che penso e che provo», chiarisce subito Petrucci. Una risposta definitiva? «Sì, soprattutto se le cose vanno avanti come stanno andando: male».

“Rapporto col governo da ricostruire”

Petrucci denuncia una classe dirigente sportiva troppo autoreferenziale e in contrasto permanente con la politica: «Il Coni non è più quello di una volta. Ora la cassa la tiene lo Stato, e con lo Stato bisogna dialogare. Soprattutto le piccole e medie federazioni, che vivono di contributi pubblici».

Contesta anche i trionfalismi: «Non sono i dirigenti a vincere medaglie, ma atleti, tecnici, società e lo Stato che li finanzia. Dobbiamo essere meno presuntuosi e capire che la nostra autonomia è di secondo grado».

“Il prossimo presidente? Serve discontinuità”

Chi si candiderà dovrà “ripassare Einstein”, dice ironico: «Bisogna cambiare quando necessario. Basta guerre con la politica. Serve autorevolezza e pesi massimi in Giunta».

E qui Petrucci fa nomi e cognomi: «Gravina o Marotta vicepresidente, e in Giunta Binaghi e Barelli, dirigenti di federazioni che funzionano. Come puoi pensare a un Coni forte senza di loro?».

“Buonfiglio? Ha coraggio, ma serve un altro profilo”

Senza citarlo apertamente, Petrucci mette in discussione la candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Canoa e sponsorizzato da Malagò: «Conosco il curriculum degli ex presidenti del Coni in rapporto al suo. Se ha i voti, buon per lui. Ma il concetto che il presidente debba essere “uno dei nostri” è provinciale. Dobbiamo aprirci».

“Abodi? Servono impianti. E un piano quadriennale”

Al ministro dello Sport Petrucci chiede «un programma chiaro e aiuti per gli impianti, che sono in condizioni disastrose». E su Diana Bianchedi taglia corto: «Mi sembra già dimenticata». Su Luca Pancalli: «Ci sono rimasto male quando non ci ha dato i paralimpici, ma vedremo il programma».

“Malagò promosso sul piano umano, ma…”

Il giudizio su Malagò è diplomatico: «Promosso per il rapporto umano e per la sua conoscenza dello sport, ma sul piano politico mi astengo». E chiude con una battuta sul padre del presidente uscente: «Un grandissimo dirigente sportivo. Da lui ho comprato un’auto nuova, non usata».

Continua a leggere

Cronache

Molestie al Concertone del Primo Maggio, Piantedosi: “Espelleremo i tre studenti tunisini”

Pubblicato

del

Il Concertone del Primo Maggio a San Giovanni è stato macchiato da un grave episodio di violenza sessuale. Tre studenti tunisini — due di 25 anni iscritti al Dams, e uno di 22 che studia Ingegneria a Roma Tre — sono stati arrestati con l’accusa di molestie sessuali di gruppo nei confronti di una ragazza italiana di 25 anni originaria di Caserta. Il fatto ha provocato una bufera politica e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’avvio della procedura di espulsione: «Per i tre cittadini stranieri è stato chiesto il nulla osta al magistrato per procedere all’espulsione», ha dichiarato.

Convalidato l’arresto, ma solo obbligo di firma

I tre sono stati giudicati per direttissima presso il tribunale di Piazzale Clodio. Nonostante la richiesta di custodia cautelare della Procura, il giudice ha convalidato l’arresto ma ha disposto l’obbligo di firma in attesa del processo. Una decisione che ha innescato una vasta ondata di reazioni politiche e sociali, con prese di posizione molto dure da parte di esponenti della maggioranza e dell’opposizione.

La politica si divide: accuse incrociate tra destra e sinistra

La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella (FdI) ha accusato il centrosinistra di non aver preso posizione: «Dispiace che non ci sia stata una condanna corale». Il senatore Maurizio Gasparri (FI) ha parlato di «sinistra ipocrita», mentre Filippo Sensi (Pd) ha replicato in modo durissimo su X: «Perché i 3 molestatori siano liberi stento a capirlo. Le polemiche della destra mi fanno schifo».

“Serve un segnale chiaro”: l’intervento dei sindacati

I sindacati Cgil, Cisl e Uil, organizzatori dell’evento, hanno definito l’episodio «grave e intollerabile», soprattutto perché avvenuto durante una manifestazione per i diritti e le libertà. Dura anche la reazione della capogruppo di Italia Viva al Senato, Raffaella Paita, che ha ricordato come il caso richiami per dinamiche il famigerato “taharrush gamea” verificatosi a Milano a Capodanno.

Salvini e la Lega: espulsione immediata e nuova legge

Il vicepremier Matteo Salvini ha invocato l’immediata espulsione dei tre stranieri, mentre Laura Ravetto (Lega) ha rilanciato la proposta di legge per inasprire le pene in caso di violenza di gruppo, definendola una pratica legata a «subculture incompatibili con i valori occidentali». Il capogruppo leghista al Campidoglio Fabrizio Santori ha chiesto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri di spostare il Concertone da Piazza San Giovanni, definendolo «dannoso per un luogo di alto valore storico e religioso».

La testimonianza della vittima: tra urla e solidarietà

Infine, è stato smentito il racconto secondo cui la folla sarebbe rimasta indifferente. Secondo la testimonianza della stessa vittima, molte persone hanno collaborato con le forze dell’ordine per rintracciare i tre sospettati e l’hanno confortatadopo l’aggressione. La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha parlato di un’«indifferenza agghiacciante», ma il racconto della ragazza offre uno scenario più sfumato, sebbene l’episodio resti gravissimo e abbia lasciato un segno profondo sull’opinione pubblica.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto