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Esteri

Amnesty chiede la liberazione di Emirlendris Benítez: detenuta e torturata in Venezuela da sette anni

Amnesty International denuncia la detenzione arbitraria di Emirlendris Benítez in Venezuela, arrestata nel 2018 e condannata a 30 anni per il presunto attentato a Maduro.

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Amnesty International ha lanciato un nuovo appello al presidente del Venezuela Nicolás Maduro per la liberazione di Emirlendris Benítez, definita “prigioniera politica” e arrestata arbitrariamente nel 2018, durante quello che il regime ha definito il “caso dei droni”, il presunto attentato contro Maduro durante la celebrazione della Guardia Nazionale del 4 agosto.

“Ricordiamo che ieri ha compiuto sette anni di crudele detenzione. È una madre, sorella e lavoratrice che è stata sottoposta a torture. Esigiamo la sua libertà e cure mediche urgenti”, ha scritto Amnesty sui suoi canali social.

Condannata a 30 anni senza prove

Benítez, all’epoca 38enne, fu arrestata in un posto di blocco della polizia a Caracas mentre lavorava come tassista con il compagno Yolmer Escalona. Le autorità l’hanno accusata, senza prove concrete, di aver preso parte al piano per assassinare Maduro. Nel 2022 è stata condannata a 30 anni di carcere, nonostante nessun elemento la colleghi direttamente all’attentato.

Secondo la giornalista Kaoru Yonekura, “Benítez fu arrestata, fatta sparire, torturata mentre era incinta, e ha perso il bambino. Oggi cammina a malapena. Non c’è nulla che possa cancellare questi sette anni. Va liberata”.

Misure cautelari ignorate e condizioni di salute gravi

La Commissione interamericana dei diritti umani aveva già concesso a Benítez misure cautelari nel 2019 per il suo grave stato di salute, ma le autorità venezuelane hanno ignorato ogni appello. Amnesty ora insiste: la sua detenzione è una palese violazione dei diritti umani.

OSA: “Repressione e opacità elettorale in Venezuela”

Intanto, la stessa Commissione interamericana ha denunciato anche un contesto di repressione sistematica in Venezuela, formalizzando una denuncia davanti al Consiglio permanente dell’Osa a Washington. Secondo la relatrice Gloria Monique de Mees, il governo venezuelano non ha ancora pubblicato i verbali ufficiali delle elezioni presidenziali del 28 luglio 2024, vinte da Maduro, in violazione delle normative interne e degli standard internazionali.

Il rapporto documenta:

  • Oltre 2.000 arresti legati alle proteste post-elettorali

  • 25 morti, 24 dei quali per colpi d’arma da fuoco

  • Centinaia di casi di detenzione arbitraria e torture, spesso su giovani e civili

  • Arresti e intimidazioni nei confronti di giornalisti e operatori dei media

Silenzi e tensioni diplomatiche

Il dossier ha ottenuto il sostegno esplicito di Argentina, Stati Uniti, Canada, Paraguay, Costa Rica, Perù, Guatemala ed Ecuador. Al contrario, Messico, Colombia e Bolivia hanno mantenuto un “silenzio diplomatico”, mentre il Brasile ha invocato il principio della non ingerenza.

Una posizione che lascia isolate le vittime di una repressione che, secondo molte ONG internazionali, non conosce pause né giustificazioni.

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Il capo del Pentagono Hegseth condivide video su donne che non dovrebbero votare

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Il capo del Pentagono ha postato un video su una chiesa nazionalista cristiana in cui diversi pastori affermano che alle donne non dovrebbe essere più permesso di votare. Nel post Pete Hegseth commenta un servizio di Cnn su Doug Wilson, fondatore della Comunione delle Chiese Evangeliche Riformate. Nel servizio la Cnn intervistava alcuni pastori della chiesa di Wilson convinti che il diritto di voto delle donne andrebbe abrogato e che in un mondo ideale le persone dovrebbero votare come famiglie. “Tutto Cristo per tutta la vita”, ha scritto Hegseth accompagnando il video.

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Cbs, Putin consegnato a Witkoff onorificenza per funzionario Cia

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Vladimir Putin ha consegnato a Steve Witkoff, l’inviato speciale di Donald Trump, un’onorificenza da consegnare a un alto funzionario della Cia il cui figlio è stato ucciso in Ucraina mentre combatteva a fianco delle forze russe. Lo riporta Cbs citando alcune fonti, secondo le quali il premio era destinato a Juliane Gallina, vice direttrice della Cia per l’innovazione digitale. Suo figlio, Michael Gloss, è stato ucciso nel 2024.

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Trump-Putin, vertice in Alaska il 15 agosto per fermare la guerra in Ucraina

Il 15 agosto Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno in Alaska per discutere di un cessate il fuoco in Ucraina. Attese decisioni cruciali per la pace.

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Il 15 agosto, nel silenzio gelido dell’Alaska, Donald Trump e Vladimir Putin si siederanno uno di fronte all’altro per discutere del destino dell’Ucraina. Un vertice che segna il ritorno del leader del Cremlino negli Stati Uniti dopo quasi dieci anni e che potrebbe aprire uno spiraglio nella guerra più sanguinosa d’Europa dal 1945.

Il cessate il fuoco al centro dell’agenda

Sullo sfondo delle tensioni internazionali e di un conflitto che ha già ucciso decine di migliaia di persone, l’obiettivo dichiarato è chiaro: fermare le armi. Trump, tornato alla Casa Bianca il 20 gennaio, punta a ottenere un cessate il fuoco immediato come primo passo verso una trattativa più ampia. Putin arriva con la consapevolezza che il confronto diretto con Washington potrebbe ridisegnare le linee del conflitto e i futuri equilibri geopolitici.

Scambi territoriali e zone demilitarizzate

Nell’agenda dei lavori, secondo indiscrezioni, ci saranno anche possibili scambi territoriali, la creazione di zone demilitarizzate e meccanismi di garanzia internazionale. Un terreno minato, sul quale si misurerà la volontà politica di Mosca e Kiev di fermare le ostilità.

Un incontro dal peso storico

L’Alaska, un tempo territorio russo, diventa ora simbolo di un ponte fragile tra due potenze in rotta di collisione. “Il mondo ci sta guardando”, ha dichiarato il governatore Mike Dunleavy, pronto ad accogliere il vertice con il massimo della sicurezza e dell’attenzione mediatica.

Attese e incognite

Trump e Putin si sono già incontrati sei volte durante il primo mandato del presidente americano. Ma mai il tavolo è stato così carico di aspettative. Il 15 agosto, sulle rive gelide dell’oceano, il mondo intero attenderà un segnale. Pace o guerra: la risposta potrebbe arrivare dall’Alaska.

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