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Politica

Bonaccini media sul Jobs act, ma riformisti in tensione

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Parola d’ordine: smussare. Il presidente del Pd Stefano Bonaccini, leader dei riformisti del partito, ha provato a mediare sul Jobs act, dopo che molti della sua area hanno definito “una forzatura” la decisione della segretaria Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil. “Evitiamo di schiacciare il dibattito su una iniziativa referendaria – ha detto Bonaccini – Ciascuno è libero di firmare o meno sugli specifici punti”. In vista delle europee, non c’è troppa voglia di alzare i toni, ma la minoranza del partito resta sul chi va là. Il sostegno della segretaria al referendum “mi sembra una cosa coerente con la storia politica di Elly Schlein – ha rilevato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, candidato per Bruxelles – Siccome firmare sarebbe totalmente incoerente con la mia storia politica, io sicuramente non firmerò”.

Non si è invece smarcato il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Se firmerò il referendum come ha fatto la segretaria del Pd Schlein? Ci sto pensando. Schlein ha lasciato libertà di decidere”. Ma crepe ci sono anche nel fronte di chi ha sostenuto la segretaria al congresso. Come il deputato ed ex ministro del lavoro Andrea Orlando: “Sto riflettendo se firmare per il referendum sul Jobs act. Francamente penso che i parlamentari possono anche esimersi. Le mani ci vanno messe e il Parlamento deve fare il proprio mestiere. C’è un mio disegno di legge per modificare la normativa”. Un clima non nuovo nel partito. “Il Pd fa i congressi e li fa davvero, discute e poi definisce una linea – ha assicurato Schlein – Questo non significa che non sia un partito plurale. Legittimamente altri non firmeranno il referendum sul jobs act. Non vedo un partito diviso e frammentato come tanti raccontano, ma un partito in grado di recuperare sei punti nei sondaggi. Il Pd è in buona salute”.

Insomma, anche il dibattito sul Jobs act restituisce il trambusto di un riequilibrio interno. Non è la prima volta che l’area di Orlando ha posizioni diverse da quelle di Schlein. E’ successo anche sul patto di stabilità: in Ue il Pd si è astenuto mentre Orlando aveva chiesto un voto contrario. E non è la prima volta che l’area di Bonaccini non appare allineata al suo leader. L’ultimo episodio è stato in direzione, sulla proposta di mettere il nome di Schlein nel simbolo per le europee. La illustrò Bonaccini, ma molti dei suoi dissero “no”. Stavolta Bonaccini ha provato a indicare la via d’uscita. O di fuga dalle sirene dei centristi: “Non ci schiacciamo su proposte che vengono da altri – ha detto il governatore dell’Emilia Romagna – Liberamente chi vuole nel Pd può firmare il referendum della Cgil, ma dobbiamo stare sulle battaglie che stiamo facendo in Parlamento, dove le opposizioni, e lo dico anche a Renzi, potrebbero trovare unità”. Schlein tira dritto: l’obiettivo è dare un’identità chiara al partito.

ù”Nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18″, il referendum “è un punto di ricucitura rispetto ad alcune scelte sbagliato del passato, che anche i nostri elettori non ritengono corrette”. Pd unito invece contro il premierato, a breve in Aula al Senato. La riforma non piace nemmeno all’area riformista anche extra dem. Un gruppo trasversale di costituzionalisti ha formulato due emendamenti per “migliorare” e “colmare alcune lacune” della riforma. Li hanno illustrati a Palazzo Madama Peppino Calderisi, Stefano Ceccanti, Gaetano Quagliariello, Nicola Drago, Claudia Mancina ed Enrico Morando.

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Politica

Schlein: non capisco Meloni, cancella libertà persone

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Guerra, stop ai nazionalismi, un altro modo di pensare l’Ue, e una risposta lapidaria all’avversaria politica. Meloni “sta cancellando la libertà delle persone”. La presidente del Consiglio ‘chiama’, o meglio attacca, e la segretaria Pd risponde. Elly Schlein da Milano ha rispedito al mittente le accuse arrivate direttamente dalla premier, dal palco di FdI a Roma. “Sto leggendo delle cose, faccio fatica a capire che lingua sta parlando Giorgia Meloni, che film sta vedendo. Vede un altro Paese”. Così la dem da Milano, ha replicato alle parole della presidente. “L’altro giorno mi ha attaccata dopo aver detto che la sinistra cancella l’identità – ha aggiunto a margine dell’evento Pd in vista delle europee a Milano -. Io ho risposto che lei non si rende conto che in un anno e mezzo che governa sta cancellando la libertà delle persone”.

La presidente del Consiglio da piazza del Popolo, riprendendo le parole del candidato socialista alla Commissione europea Nicolas Schmit, aveva sollecitato una presa di posizione della dem: “Non sono democratica? Schlein non scappi e risponda”, aveva incalzato Meloni. La segretaria ha rimarcato le distanze: La piazza del Pd “è sempre per qualcosa, prima di essere contro qualcuno”. E ancora: “Non ce ne facciamo nulla di una premier donna che non si batte per i diritti di tutte le donne”. Schlein è stata netta: sanità, salario minimo, migranti, e una posizione diversa in Ue: “Diremo ai nazionalisti quello che Giorgia Meloni non ha il coraggio di dire”. Al capo del governo ha risposto a distanza anche Giuseppe Conte: “Meloni in questi minuti attacca il M5S su tutto e addirittura sulla coerenza”, ha scritto su Facebook il leader M5S, insinuando, con un lungo elenco, l’incoerenza della premier: “Giravolte su giravolte, ci gira la testa Giorgia!”.

Mancano sette giorni al voto, e i partiti si scaldano per l’ultimo rush finale, per la corsa alle europee. E come campo di battaglia usano anche le regole della comunicazione elettorale. Se Riccardo Magi di Più Europa chiede un intervento dell’Agcom, denunciando una violazione di palazzo Chigi nel ripubblicare i contenuti elettorali di Meloni, Cateno De Luca, leader di Sud Chiama Nord, assieme alla sua vice Laura Castelli,arriva a sollecitare un ‘azione del Colle, proprio contro l’Agcom: “Presidente scriviamo a Lei, garante della nostra carta Costituzionale, in quanto sta succedendo un fatto molto grave che, incidendo fortemente sulla visibilità mediatica della nostra lista, rischia di falsare le elezioni europee. L’Agcom nell’enunciare un chiaro criterio nella delibera, non lo ha poi adottato” nella tabella diffusa.

“O meglio: lo ha adottato per tutti tranne che per la lista Libertà”, le parole dei due leader nella lettera a Mattarella. “Ci appelliamo a Lei affinché l’Italia non si distingua in chiave Europea come Paese di regime – hanno affermato gli esponenti, candidati nella lista Libertà – che invece di tutelare il pluralismo, lo sopprime”. Non solo tra ‘competitor’, ma anche nella stessa maggioranza, arrivano stoccate. E così è Antonio Tajani che con un monito ‘velato’ ha rimesso in riga il segretario leghista: “Salvini dice Forza Trump? Io dico solo Forza Italia. Che ci sia Biden, Trump, Obama o Bush” con gli Usa” c’è un rapporto strategico” che “non può essere messo a repentaglio” per “nostre simpatie”.

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Cronache

Nardella e le accuse a Schmidt di essere un po’ razzista su Torre del Greco

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In “questo volantino che sta girando a Firenze della lista civica di Schmidt che dice che ci vogliono più alberi e che ‘Firenze non è Torre del Greco’”, “è evidente l’intento derisorio, discriminatorio, anche un po’ razzista contro una città che – guarda caso – è la mia città natale. Ora io sono orgoglioso delle mie radici come sono orgoglioso di tutta la vita che ho passato a Firenze ,la città più bella del mondo che io amo con tutto me stesso.

Il problema è che Schmidt non offende me… facendo girare questo volantino offende l’idea, la storia, l’identità di Firenze che da sempre è una città aperta, è la città di Giorgio La Pira, sindaco siciliano. E’ una città che ha sempre accolto tutti nel mondo”. Lo afferma il sindaco di Firenze Dario Nardella in un video.

“Io non so cosa penseranno tutti i campani che vivono e lavorano a Firenze – e sono moltissimi – e che andranno a votare. Certo – conclude Nardella – ancora una volta Eike Schmidt dimostra di non conoscere Firenze e di non essere minimamente all’altezza di questa città così universale e aperta”. Nardella ha esordito nel suo video-intervento dicendo che “oggi Eike Schmidt, il candidato della destra di Salvini e Meloni ci ha regalato due perle”. L’altra critica è su affermazioni relative alla partenza del Tour de France da Firenze.

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Lavoro

Landini: ci sono 7/8 milioni di lavoratori poveri

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Ci sono 7/8 milioni di lavoratori che pur lavorando sono poveri. Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini parlando alla trasmissione “Che sarà” su Rai3 rispondendo a una domanda sulle affermazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sulla crescita dell’occupazione. Landini ha sottolineato che l’occupazione cresce ma ci sono quattro milioni di lavoratori part time che spesso non arrivano a 10mila euro l’anno e tre milioni con contratti a termine oltre a un aumento delle partite Iva. “Se ci sono persone che pur lavorando sono povere, ha detto, vuol dire che il sistema non funziona. Non so di che mondo sta parlando”.

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