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La Polonia, ‘militari Nato già a Kiev’. Bufera sul Papa

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A violare il tabù è la Polonia. Militari della Nato sono “già presenti” in Ucraina, ha ammesso il ministro degli Esteri Radoslaw Sikorski. Ma Mosca non si è mostrata più di tanto impressionata: “Lo sapevamo già”, ha risposto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, parlando tuttavia non di truppe schierate in combattimento ma di istruttori e “specialisti” vari. Intanto continua a far discutere l’appello del Papa a Kiev perché abbia “il coraggio della bandiera bianca” e negozi la pace.

Già domenica l’Ucraina lo aveva seccamente respinto ed oggi ha convocato il nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas al ministero degli Esteri per esprimergli “delusione” per le parole del Pontefice. “La resa non significa pace, dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina”, ha affermato da parte sua il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, mentre a Washington un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale ha detto che il presidente Joe Biden “ha grande rispetto per Francesco e si unisce a lui nelle preghiere per la pace”.

Ma “sfortunatamente – ha aggiunto – continuiamo a non vedere alcun segno che Mosca voglia mettere fine a questa guerra e per questo siamo impegnati a sostenere Kiev nella sua difesa contro l’aggressione russa”. Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz non ha fatto mistero di essere in disaccordo con Francesco (“la posizione della Germania è molto chiara, Kiev ha il diritto di difendersi e può contare sul nostro sostegno”) mentre Mosca ha scelto di mantenersi cauta. La posizione del Papa è “abbastanza comprensibile”, ha commentato il Cremlino, tornando ad addossare all’Ucraina la colpa dei mancati negoziati.

Il cardinale Pietro Parolin invece ha chiarito le parole di Bergoglio, sottolineando che il primo passo debba essere fatto dalla Russia. “L’appello del Pontefice è che si creino le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura – ha detto il segretario di Stato della Santa Sede in un’intervista al Corriere della Sera – in tal senso è ovvio che la creazione di tali condizioni non spetta solo ad una delle parti, bensì ad entrambe, e la prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all’aggressione”. Il ministro polacco Sikorski invece non ha precisato quali siano i Paesi di provenienza dei militari Nato già presenti in Ucraina, né quali siano le loro funzioni. Se cioè si tratti di truppe schierate in battaglia o, come ipotizzato da diversi esperti, di consiglieri e tecnici che affiancano gli ucraini per l’utilizzo delle armi sofisticate fornite dai Paesi dell’Alleanza a Kiev. Ma per un’ipotesi di questo genere sembra propendere la portavoce russa.

“Dietro a tutto – ha affermato Zakharova in un’intervista al quotidiano Izvestia – ci sono Washington e Londra, che tra le altre cose hanno reclutato i Paesi della Nato e della Ue per una guerra ibrida contro il nostro Paese. E questa guerra è condotta direttamente sotto la guida di istruttori di forze speciali, esperti e specialisti dei rispettivi dipartimenti militari di Paesi Nato. E’ impossibile nasconderlo ancora”.

Niente truppe in combattimento, dunque, secondo Mosca. Che però denuncia la presenza in Ucraina di “mercenari” provenienti da una cinquantina di Paesi, compresi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. E parla di “discussioni sempre più ampie” sul possibile invio di truppe da combattimento della Nato, tornando a stigmatizzare le parole del presidente Emmanuel Macron a tal proposito. “Questa è una linea molto pericolosa e potrebbe avere conseguenze molto indesiderabili”, ha avvertito il portavoce del Cremlino Peskov, sottolineando che la Russia sta “seguendo molto da vicino” gli sviluppi.

Lo stesso Peskov ha definito “speculazioni” che non meritano alcun commento notizie uscite nei giorni scorsi negli Usa secondo le quali Washington aveva informazioni che nell’ottobre del 2022 la Russia era pronta ad utilizzare armi nucleari tattiche in Ucraina. Uno scenario evocato in un libro del corrispondente dalla Casa Bianca David Sanger, di cui il New York Times ha pubblicato un estratto. Di guerra è tornato infine a parlare anche Viktor Orban dopo il controverso incontro con Donald Trump in Florida nel fine settimana. Il tycoon “non darà un centesimo” all’Ucraina se verrà rieletto presidente degli Stati Uniti, ha assicurato il premier ungherese, e per questo “la guerra finirà, perché è ovvio che Kiev non può reggersi sulle proprie gambe”.

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Zelensky: due i caccia russi abbattuti da droni navali

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Sono due i caccia russi Sukhoi Su-30 abbattuti da droni marittimi ucraini sul Mar Nero in meno di 24 ore, secondo quanto afferma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, citato da Ukrinform. “Ringrazio i nostri ragazzi che stano incrementando le capacità di difesa a lungo raggio dell’Ucraina, sia in aria che in mare”, ha aggiunto Zelensky che ha definito l’operazione “brillante”. Il secondo abbattimento di Su-30 russo sul Mar Nero è stato confermato da Kyrylo Budanov, capo del Servizio d’intelligence militare ucraino (Gur) che operano questi droni navali. Budanov, sempre citato da Urkinform, ha definito la duplice operazione come un “momento storico”.

Secondo Budanov, per l’abbattimento dei due Su-30 sono state utilizzate tre imbarcazioni senza pilota Magura V7, una variante utilizzata come difesa antiaerea del Magura V5. I droni marittimi erano dotati ciascuno di due missili antiaerei Aim-9 Sidewinder di fabbricazione americana, modificati da missili aria-aria (cioè lanciati da un aereo contro un altro aereo) a terra-aria. Il capo del Gur ha riferito che l’equipaggio del primo Su-30 è sopravvissuto ed è stato recuperato nel Mar Nero da una nave civile, mentre non sono sopravvissuti quelli del secondo.

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Hamas, giustiziati diversi saccheggiatori di cibo a Gaza

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Secondo numerose fonti palestinesi da Gaza, Hamas ha giustiziato diversi presunti saccheggiatori dopo diversi incidenti in cui bande armate hanno attaccato depositi di generi alimentari e mense nella Striscia. Ismail Al-Thawabta, direttore dell’ufficio stampa di Hamas, ha reso noto che sono state eseguite diverse “esecuzioni rivoluzionarie” contro “criminali di alto rango” il cui coinvolgimento nei saccheggi è stato dimostrato. Quindi ha spiegato che alcuni saccheggiatori hanno agito sotto l’egida di un clan, mentre altri come gruppi organizzati, alcuni dei quali, secondo lui, hanno ricevuto il sostegno diretto di Israele.

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Harry torna ad attaccare la monarchia: gelo totale con re Carlo dopo l’intervista alla BBC

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harry e meghan

«Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», scriveva Tolstoj. E quella dei Windsor continua a dimostrarlo. Dopo l’intervista rilasciata dal principe Harry alla BBC, i rapporti con re Carlo sono ai minimi storici. Secondo fonti vicine a Buckingham Palace, le parole del duca di Sussex avrebbero ulteriormente inasprito le tensioni familiari, già esplose negli ultimi cinque anni.

LE PAROLE CHE HANNO FATTO INFURIARE BUCKINGHAM PALACE

Nel corso dell’intervista, Harry ha toccato temi delicati, parlando anche della malattia del padre. Un passaggio sul “tempo rimasto” a Carlo è stato giudicato da molti sudditi di pessimo gusto. «Non è il modo per ottenere una riconciliazione», ha commentato un residente di Windsor. In tanti ricordano l’esempio della regina Elisabetta, che mai avrebbe approvato un simile approccio mediatico.

Harry si è detto deluso per la revoca della scorta a lui, Meghan e ai loro figli. Una decisione che ritiene legata alla volontà della Corona di punire la loro scelta di lasciare il Regno Unito. E ha anche accennato velatamente alla morte di sua madre Diana, suggerendo che «c’è chi vuole che la storia si ripeta».

LO STRAPPO CON IL PADRE E LA CORTE

A peggiorare la situazione, la sconfitta di Harry alla Corte d’Appello di Londra, che ha confermato la legittimità della revoca della protezione armata. Il principe sostiene di essere vittima di una trappola governativa, e ha annunciato che scriverà alla ministra degli Interni Yvette Cooper e, se necessario, anche al premier Keir Starmer.

Il Palazzo ha reagito in modo inusuale con un comunicato ufficiale che, senza citare direttamente Harry, ha ricordato che la questione sicurezza è stata più volte valutata dai tribunali, con la stessa conclusione: nessuna protezione speciale per il principe.

IL CONGELAMENTO DEI RAPPORTI FAMILIARI

«Mio padre non mi parla più», ha ammesso Harry. «Ci sono membri della famiglia che non mi perdoneranno mai». Un riferimento diretto all’autobiografia Il minore e ad altre tensioni mai risolte. Harry ha anche detto di conoscere i nomi dei responsabili delle decisioni più dolorose.

Da parte della famiglia reale, la fiducia è ormai compromessa. Le parole del principe avrebbero convinto Buckingham Palace che non è più possibile alcun dialogo riservato. «Le sue dichiarazioni dimostrano che non ci si può fidare di lui», trapela da fonti vicine alla Corona. Il loro ultimo incontro risale al febbraio 2024, quando Harry volò a Londra per vedere il padre dopo l’annuncio della sua malattia. Ma quel fragile momento di riavvicinamento si è dissolto.

UN FUTURO SENZA RICONCILIAZIONE?

Harry ha ammesso di non credere più che potrà portare i suoi figli in Gran Bretagna, farli conoscere al nonno e legarli a quel Paese che pure fa parte del loro patrimonio culturale. A quanto pare, la volontà di normalizzazione a corte è oggi inesistente. E il principe resta, ancora una volta, più lontano che mai dalla sua famiglia.

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