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L’Iran colpisce anche in Pakistan, caos in Medio Oriente

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L’intero Medio Oriente è ormai una polveriera: dopo Gaza, il Libano ed il Mar Rosso, il perimetro delle turbolenze continua ad estendersi. L’Iran nello spazio di 24 ore ha prima lanciato attacchi in Siria e Iraq e poi si è spinto fino al Pakistan, a caccia di “terroristi” e “spie del Mossad”. Provocando le proteste dei Paesi confinanti e la minaccia di ritorsioni. L’iniziativa di Teheran è un’altra miccia innescata dal cosiddetto Asse della Resistenza, che dal 7 ottobre moltiplica focolai di crisi sfidando gli “apostati” sunniti amici dell’Occidente, lo Stato ebraico e gli Stati Uniti, e mettendo sempre più in crisi proprio la pax americana. In questo fronte sciita in ebollizione l’Europa guarda con particolare preoccupazione agli Houthi in Yemen, per i danni prodotti al commercio marittimo dai loro raid ai mercantili.

La risposta che si profila è una nuova missione militare dei 27, dedicata alla protezione delle navi civili. Il raid iraniano in Pakistan è stato condotto martedì contro un “gruppo terrorista” che aveva “cercato di infiltrarsi sul nostro territorio per compiere sabotaggi”, ha riferito il governo di Teheran. Il blitz, con droni e missili, ha preso di mira il quartier generale del Jaish al-Adl, movimento separatista sunnita del Baluchistan che darebbe ospitalità ai miliziani iraniani. La tensione è subito salita alle stelle perché Islamabad ha denunciato la morte di due bambini ed ha convocato il rappresentante diplomatico della Repubblica islamica per protestare contro “una violazione ingiustificata del suo spazio aereo”. Annunciando poi di “riservarsi il diritto” di rispondere.

I due governi si sono spesso accusati a vicenda di consentire ai combattenti ribelli di operare dal territorio dell’altro per lanciare attacchi, ma secondo alcuni analisti un’operazione oltreconfine di questa portata da parte dell’Iran non ha precedenti. L’escalation tra Iran e Pakistan ha creato allarme a Pechino, che ha lanciato un appello ai due Paesi alleati alla “moderazione”. Eppure Teheran in questa fase sembra intenzionata a voler dare un segnale di forza per rimettersi al centro dello scacchiere regionale, sullo sfondo della guerra a Gaza e dell’eterna contrapposizione con Usa e Israele.

Come dimostrano anche i raid in Siria e nel Kurdistan iracheno che hanno preceduto l’attacco in Pakistan. Fino ad ora il regime degli ayatollah si era limitato a benedire gli attacchi contro lo Stato ebraico dei suoi alleati, gli Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e le milizie sciite irachene e siriane. Proprio gli Houthi sono tornati a sfidare gli alleati dello Stato ebraico, affermando che continueranno a colpire i mercantili nel Mar Rosso, mentre gli Usa li hanno nuovamente inseriti nella lista dei terroristi. Ed in serata l’autorità britannica che monitora i traffici nella zona ha reso noto che un drone ha colpito un’imbarcazione a sud-est del porto yemenita di Aden, provocando un incendio che poi è stato domato.

La sicurezza di quest’area sarà tra i temi prioritari del G7 a presidenza italiana, e proprio Roma è impegnata con i partner europei per creare una nuova missione navale da schierare a protezione dei cargo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha spiegato che “insieme con Parigi e Berlino stiamo formalizzando una proposta da presentare” agli altri Stati membri, e l’obiettivo è una “via libera politico” già lunedì prossimo, al Consiglio Esteri in programma a Bruxelles. “Per rendere operativa la missione il prima possibile”, ha sottolineato il titolare della Farnesina.

Lo schema a cui si lavora è un ampliamento del mandato della missione già attiva nello Stretto di Hormuz, la Agenor, lasciando ad Atalanta i compiti anti-pirateria per i quali era nata. L’operazione anti-Houthi avrebbe compiti difensivi (al contrario della coalizione anglo-americana, che si è spinta ad attaccare in suolo yemenita), e non viene esclusa la partecipazione di alleati extra-Ue, come la Norvegia, mentre i Paesi arabi sono stati invitati al Consiglio Esteri del 22 gennaio.

Prima che arrivi l’ok formale (forse al Cae del 19 febbraio), si dovrà affrontare la questione del comando e del quartier generale. L’auspicata continuità operativa e strategica con l’operazione Agenor permetterebbe di utilizzare il Quartier generale della Forza basato ad Abu Dhabi, mentre il Quartier generale operativo dovrebbe essere in Europa: all’Italia potrebbe essere richiesto di ospitarlo, ma nulla ancora è stato deciso. La procedura europea ha i suoi tempi ma nel frattempo ci sono le altre missioni operative e soprattutto, viene sottolineato, Roma ha le navi della sua Marina militare che operano in autonomia in funzione nazionale in un braccio di mare così strategico anche per l’economia italiana.

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Kiev: distrutto per la prima volta un caccia Su-57 russo

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L’Intelligence militare ucraina (Gur) ha annunciato di avere distrutto ieri il più avanzato dei caccia russi, un Sukhoi Su-57: è la prima volta dall’inizio della guerra che le forze di Kiev colpiscono uno di questi aerei. Lo riporta Rbc-Ucraina. “L’8 giugno, un caccia multiruolo Su-57 dello Stato aggressore è stato colpito sul territorio dell’aeroporto di Akhtubinsk, nella regione di Astrakhan, nella Federazione Russa, situato a 589 chilometri dalla linea di combattimento”, si legge in un comunicato. Il Gur pubblica immagini satellitari che mostrano l’aereo in questione parcheggiato nell’aeroporto russo. “Le immagini mostrano che il 7 giugno il Su-57 era integro e l’8 giugno c’erano i segni dell’esplosione vicino ad esso e le caratteristiche macchie di fuoco derivanti dai danni provocati dall’incendio”, aggiunge l’intelligence militare di Kiev. L’Su-57 è il caccia russo più moderno, in grado di lanciare missili Kh-59 e Kh-69.

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Squali affamati in Florida attaccano i bagnanti, spiagge chiuse

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Tre bagnanti sono stati attaccati da squali in due episodi distinti in Floirda tanto che le autorità hanno deciso di chiudere temporaneamente alcune popolari località turistiche. Lo riportano i media americani. Nel primo incidente, una donna di 45 anni è stata aggredita al largo della costa di Walton, nella parte orientale dello Stato, riportando ferita al busto e al braccio sinistro, una parte del quale le è stata amputata. Circa un’ora e mezza dopo, a soli 6 chilometri dal luogo della prima aggressione, due ragazze di 15 e 17 anni sono state attaccate da uno squalo mentre facevano il bagno con un gruppo di amici. Le autorità hanno chiuso le due spiagge della contea e anche nelle immediate vicinanze i bagnini hanno avuto l’ordine di tenere le persone fuori dall’acqua. Nonostanti siano rari, la Florida è il luogo al mondo con più aggressioni di squali, più dell’Australia.

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Blitz dell’Esercito di Israele, liberati quattro ostaggi rimasti 246 giorni in mano ad Hamas

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La stanchezza negli occhi, ma il sorriso sulle labbra. I quattro ostaggi israeliani liberati con un blitz dell’esercito nel centro della Striscia di Gaza, sbarcati dall’elicottero militare e scortati in ospedale a Tel Aviv, hanno riabbracciato le loro famiglie dopo 246 giorni nelle mani di Hamas.

I medici li hanno trovati provati, ma in generali buone condizioni di salute. A bordo di un pulmino, Noa Argamani, 26 anni compiuti sotto sequestro, guarda il padre negli occhi prima di abbandonarsi sulla sua spalla sicura, poi le foto di rito che li ritraggono entrambi sorridenti. La giovane ha ricevuto per prima la telefonata di Benyamin Netanyahu e del presidente Isaac Herzog. “Neppure per un minuto abbiamo smesso di pensare a te e non ci siamo mai arresi”, le ha detto il premier. Sarebbe stato impossibile, del resto, dimenticare l’urlo disperato di Noa, “non uccidetemi!”, mentre i terroristi la portavano via dal Nova Festival a bordo di una moto: il video del suo rapimento diventò uno dei simboli dell’orrore del 7 ottobre. Il suo fidanzato Avinatan Or, anche lui rapito, è ancora prigioniero di Hamas.

A Netanyahu, la giovane di origine cinese, studentessa all’università Ben Gurion del Negev, ha confidato nell’immediato: “Sono molto emozionata, non parlo ebraico da così tanto tempo…”. Sua madre Liora, gravemente malata di cancro, aveva lanciato un disperato appello, anche al presidente americano Joe Biden, per poterla riabbracciare prima di morire. Tutti e quattro erano alla festa della musica di Reim: Andrey Kozlov, cittadino russo di 27 anni, immigrato in Israele da appena un anno e mezzo senza la sua famiglia, lavorava alla security del rave.

Il consolato israeliano a San Pietroburgo si è subito messo in contatto con i suoi genitori per assisterli nel viaggio verso Tel Aviv, dove arriveranno domani mattina. Il più giovane tra gli ostaggi liberati è Almog Meir Jan, ventiduenne di Or Yehuda. Doveva cominciare a lavorare in un’importante società di high-tech proprio l’8 ottobre, il giorno dopo il massacro. Chi lo conosce lo descrive come un ragazzo “sempre gentile e disponibile con tutti”. Il più anziano è invece Shlomi Ziv, 41 anni, che come Andrey lavorava alla sicurezza del Nova Festival. Nelle prime parole alla moglie Miren, ha chiesto di vedere Yanai e Aviv Eliyahu, due fratelli che erano con lui al rave: il primo è sopravvissuto, il secondo è stato ucciso dai terroristi. “Ne parliamo dopo”, le ha risposto la moglie. Ora è il momento della gioia. (

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