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Politica

Meloni torna a Roma e promuove la sorella e Fazzolari

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Lunedì il primo consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, poi sette giorni più tardi Giorgia Meloni terrà una riunione di maggioranza indicando le linee guida della manovra. La presidente del Consiglio ha lasciato la masseria di Ceglie Messapica e concluso le vacanze in Puglia: dopo due settimane lontana da Roma, si prospetta una rapida full immersion verso un autunno che per sua stessa ammissione non sarà semplice. Forse anche in quest’ottica ha dato un ritocco alla sua squadra, promuovendo la sorella Arianna a capo della segreteria politica con la responsabilità delle adesioni a FdI, e affidando a Giovanbattista Fazzolari, già sottosegretario all’attuazione del programma, il compito di tenere allineata e coordinata la comunicazione fra gli uffici della stessa presidente del Consiglio, di Palazzo Chigi, del governo e del partito.

Una doppia mossa varata a inizio agosto, insieme alla ristrutturazione dei vari dipartimenti di FdI, ma emersa ora grazie a un articolo de Il Foglio. Di fatto, spiega Giovanni Donzelli, responsabile Organizzazione, “si formalizza il ruolo che già stava ricoprendo Arianna Meloni”, che è anche moglie del ministro Francesco Lollobrigida. Sorelle d’Italia, le chiamano dentro e fuori il partito. Sarà un incarico più organizzativo che politico, dicono da FdI, che finora non aveva un dipartimento per il tesseramento: sarà un po’ come quello che aveva in An Donato Lamorte, capo della segreteria politica e uomo di fiducia di Giorgio Almirante prima e Gianfranco Fini poi. Di nessuno Meloni si fida più che della sorella.

“Ti accompagnerò sul monte Fato a gettare quell’anello nel fuoco, come Sam con Frodo”, le prometteva Arianna dopo la vittoria alle elezioni. E in questi mesi è stata sempre al suo fianco nei passaggi cruciali, così come altre due figure del ‘cerchio magico’ meloniano, la segretaria personale Patrizia Scurti e la storica portavoce Giovanna Iannello. Dallo staff di Palazzo Chigi è in uscita da settembre il capo dell’ufficio stampa Mario Sechi (si parla di un approdo alla direzione di Libero), ma questo nulla c’entra, viene assicurato, con la nuova missione di Fazzolari. Non c’è una nomina formale, in ambienti di Palazzo Chigi viene definita una questione organizzativa interna, e dentro FI e Lega sono certi che non inciderà nel rapporto fra alleati.

Di fronte alla necessità di adeguare la struttura di FdI a una realtà più articolata e complessa come quella affrontata ora dalla squadra di governo del primo partito di maggioranza serviva una mossa di questo tipo, viene spiegato. Cortocircuiti comunicativi e sgrammaticature non sono mancati nei mesi scorsi, anche in occasione della prima manovra, sulle accise dei carburanti, fino ad alcune oscillazioni interne sul caso del generale Roberto Vannacci. E all’orizzonte ci sono scelte su cui la narrativa politica sarà fondamentale, a partire dalla legge di bilancio e dalla ratifica del Mes, senza dimenticare la modifica del Patto di stabilità. Per coordinare la strategia comunicativa, Meloni ha deciso di puntare sul suo fidato braccio destro, che negli anni scorsi è stato l’anima dell’ufficio studi di FdI. Ora è guidato da Francesco Filini, che diventa anche responsabile del Programma. Fra le novità, anche la promozione sul campo per Andrea Moi, alla guida del dipartimento Comunicazione, mentre al sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi va il Coordinamento autonomie locali.

Il dipartimento Immigrazione viene scorporato da Legalità e sicurezza e affidato a Sara Kelany, deputata alla prima legislatura, figlia di padre egiziano e madre italiana, anche lei molto vicina a Meloni. All’assessora piemontese Elena Chiorino va invece il dipartimento Lavoro e crisi aziendali, e viene creato quello dello Sport, guidato da Paolo Marcheschi. Dopo questa tornata di nomine riparte la spinta per un congresso nazionale da quell’ala di FdI che fa riferimento a Fabio Rampelli. “Le correnti non verranno mai legittimate”, avverte Donzelli, memore della spirale che si innescò in An: “Un congresso nazionale – dice – ora avrebbe senso se ci fosse una candidatura alternativa a quella della Meloni. Non possiamo distrarla adesso. Non escludo però che si ipotizzino congressi a livello locale”.

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L’Anac, corruzione rafforza mafie e inquina la democrazia

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“La corruzione mortifica legittime aspettative, deteriora la qualità dei servizi pubblici, rafforza le mafie, inquina la democrazia. Ha un costo, quindi, sociale, civile e umano, oltre che economico”. Nel decennale della sua nascita, l’Autorità Nazionale Anticorruzione consegna al Parlamento la tradizionale relazione evidenziando problemi e criticità di un Paese che – per usare le parole del presidente Giuseppe Busia – ha “il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Unione Europea, stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata”. La corruzione, dunque, continua a essere uno dei mali di cui soffre l’Italia e ha inevitabili ripercussioni in ogni ambito, dal lavoro alla salute, dagli appalti all’occupazione. In Parlamento, Busia ha provato a sintetizzare un anno in cui l’anticorruzione ha gestito 1.294 istruttorie, oltre ad aver avviato 395 procedimenti e gestito 441 istanze di precontenzioso.

“Anche quando non uccide – spiega il presidente dell’Anac -, la corruzione arreca danni inestimabili, affinando le sue armi con mezzi sempre più subdoli. Opere non ultimate, o completate con smodati ritardi e sperpero di risorse pubbliche. Imprese sane che falliscono a causa di un mercato poco aperto e trasparente. Giovani eccellenze costrette a cercare all’estero chances di realizzazione professionale, sottratte in patria da concorsi poco trasparenti”. Nella relazione, inevitabile è il passaggio sui fondi del Pnrr che – spiega Busia – ha dato impulso alla contrattualistica pubblica “con un valore complessivo degli appalti avviati di importo pari o superiore a 40.000 euro che si attesta attorno ai 283,4 miliardi di euro”. Si tratta di un aumento, scrive il presidente, “del 36,4% a confronto con il 2021, e addirittura del 65,9% rispetto al 2019”. Questi numeri, avverte però Busia, “non dicono tutto”.

“Avviare un procedimento non significa che si sarà in grado di chiuderlo in tempo, come aprire un cantiere non basta ad assicurare il completamento dei lavori in tempo utile e in modo adeguato”. Ecco perché “la strada è ancora lunga”. E con l’avvicinarsi della scadenza del 2026, “la salita diverrà sempre più ripida e per percorrerla – è il monito e l’invito – servirà lo sforzo congiunto di tutte le istituzioni, ai diversi livelli territoriali”. La relazione contiene anche numerosi appelli al legislatore, compreso quello per una disciplina organica sulle lobby.

“Una normativa che, rifuggendo da tentazioni criminalizzatrici – è il ragionamento dell’Anticorruzione – si ponga l’obiettivo di garantire piena trasparenza sull’attività dei portatori di interesse, anche mediante la creazione di canali digitali, accessibili a tutti, attraverso i quali tanto le lobby più organizzate e strutturate, quanto quelle dotate di mezzi minori, possano far pervenire le proprie proposte ed osservazioni”. Nel suo intervento, Busia, ha tenuto anche a ricordare le vittime della corruzione, “persone alle quali la corruzione ruba opportunità, prospettive, benessere, talvolta persino la vita”.

“Sono vittime della corruzione, intesa in senso amministrativo e non solo penalistico – scrive -, le donne e gli uomini sepolti vivi sotto le macerie di infrastrutture ed edifici costruiti con la sabbia al posto del cemento; i lavoratori schiacciati o soffocati nei cantieri perché chi avrebbe dovuto vigilare sulla loro sicurezza è stato indirizzato verso altri obiettivi; i pazienti che scontano la scarsa qualità di attrezzature sanitarie acquistate attraverso procedure opache; i bambini malnutriti, nei Paesi più fragili, a causa di aiuti umanitari che si perdono nelle pieghe di torbidi intrecci tra burocrazia e malaffare”.

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Cybersicurezza: odg Costa, l’uso del Trojan va regolamentato

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“Si impegna il Governo a prevedere l’introduzione, nel primo provvedimento utile, di una disciplina organica del captatore informatico che rifletta il miglior bilanciamento tra le esigenze investigative e i principi di cui agli articoli 14 e 15 della Costituzione” cioè la tutela del domicilio e il principio della riservatezza. E’ quanto prevede l’ordine del giorno che il deputato di Azione Enrico Costa ha appena presentato al ddl sulla cybersicurezza. Un odg in cui si chiede di fatto una precisa e più severa regolamentazione dell’uso del Trojan, il captatore informatico usato in molte inchieste giudiziarie come quella ligure.

Nell’ordine del giorno di Enrico Costa, firmato anche dalla deputata di Italia Viva, Maria Elena Boschi e dal capogruppo di FI in Commissione Giustizia PIetro Pittalis, si dice anche che “risulta necessario prevedere una disciplina organica che, da un lato, indichi le gravi forme di criminalità per le quali ammettere l’utilizzo del captatore informatico e, dall’altro, dettagli le condizioni applicative e le modalità operative di utilizzo, con l’obiettivo di bilanciare l’accertamento delle ipotesi delittuose ed i principi costituzionali previsti dagli articoli 14 e 15 della Costituzione”.

Dopo aver definito il Trojan “un sistema dissimulato, inoculato da remoto, che invade il terreno della riservatezza penetrando anche nelle sfere più intime e private”, Costa sottolinea come il captatore informatico sia anche “uno strumento itinerante, che si sposta di “ambiente” in “ambiente”, potenzialmente in grado di accendere la webcam, di attivare il microfono e di captare conversazioni, di leggere qualsiasi dato venga archiviato all’interno del cellulare (dagli indirizzi in rubrica, agli sms, ai messaggi whatsapp, agli appunti salvati nelle note), di visualizzare le fotografie, di registrare la “tracciabilità” del possessore del cellulare funzionando da GPS, di catturare segretamente tutto ciò che viene digitato nel dispositivo, potendo quindi risalire anche ad eventuali password o numeri di carte di credito”.

Costa pertanto racconta anche la storia di questo strumento di indagine, a cominciare dalle sentenze della Cassazione che ne parlano e dagli interventi che ci sono stati da parte del legislatore negli anni, chiedendo con il suo ordine del giorno che il legislatore intervenga per “disciplinare” la materia visto che a suo avviso il Trojan è molto “più invasivo” delle normali intercettazioni. L’ordine del giorno, secondo quanto si apprende, potrebbe ricevere il parere favorevole del governo e pertanto venire approvato.

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De Luca: straordinaria vittoria sui fondi per la Campania

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“Il Consiglio di Stato ha confermato pienamente le tesi della Campania, ha censurato i ritardi, e stabilisce l’inaccettabilità delle procedure messe in campo dal Governo. E’ il risultato della battaglia di civiltà e di dignità nella quale si sono impegnati in questi mesi centinaia di sindaci, amministratori, semplici cittadini. E’ un motivo di grande speranza e di grande soddisfazione per quanti hanno creduto nella giustizia amministrativa del nostro Paese”. Così il governatore Vincenzo De Luca sulla decisione del Consiglio di Stato in relazione ai fondi per la Campania, giudicata una “straordinaria vittoria” dopo mesi di polemiche.

Il Consiglio di Stato, ricorda ancora De Luca, “ha considerato pretestuosa la sopravvenienza dell’articolo 10 del Decreto coesione: smantellata la norma che surrettiziamente introduceva la vicenda Bagnoli nel Fondo di sviluppo e coesione”. “Ci si augura che a questo punto sia terminata la lunga e vergognosa catena di pretesti, di dilazioni, di ritardi strumentali, che ha penalizzato e penalizza le imprese, le famiglie, i Comuni della Campania. Ci si augura di poter cominciare a lavorare nell’interesse delle nostre comunità”, conclude il presidente della Regione.

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